è un titolo che rompe gli stereotipi del genere letterario, va oltre il filone degli amori adolescenziali (che, comunque, continuano a piacere molto a chi scrive) e svela come lo shoujo abbia ancora moltissimo da offrire, anche tra i titoli più datati. La trama si colloca a metà strada tra sci-fi, dramma familiare e thriller d’azione, raccontando la storia di due gemelli – Sei e Rin – e intrecciandola a misteriosi piani di eugenetica che minacciano il genere umano.
L’opera di Akimi Yoshida è così fuori dalle righe che molti provano a spacciarla per un seinen, prova che le etichette, spesso, hanno poco valore in sé ma giocano un grande ruolo nel consolidarsi dei nostri pregiudizi.
Takopi è una creatura non ben definita simile a un polpo, abitante del pianeta Happi con lo scopo di diffondere la felicità nell’universo. Il suo obiettivo è la Terra, dove incontra la piccola Shizuka, vittima di un vissuto familiare a dir poco devastante oltre che bersaglio di atti di bullismo reiterati senza pietà dalla sua compagna Marina. Takopi dispone di diversi happy gadget coi quali può aiutare Shizuka, tentando ogni cosa per rendere più lieve la sua vita. Non tutto però va come sperato e Takopi deve quindi affrontare le conseguenze della sua disarmante ingenuità, che fa da netto contrasto a una narrazione horror profondamente tragica e a tratti sconvolgente, costellata di rivelazioni dure e disturbanti sull’esistenza di tre giovani intenti a sopravvivere ogni giorno.
La gravità della storia è ben comunicata da disegni impeccabili e da una regia mai banale ricca di chiaroscuri che guida le emozioni al passo del testo, con la medesima crudezza e nella claustrofobica sensazione che il male sia una catena genealogica senza fine.
Daniel Warren Johnson è una continua conferma come autore completo: lo ha dimostrato sin da Extremity, lo ha reso chiarissimo con Murder Falcon e Terra Morta, mettendo mano ad un'icona come Wonder Woman (e su questo versante, imperdibile il suo Transformers attualmente in corso in America), e a sancire una volta di più il concetto, ecco questa miniserie sul wrestling che saldaPress ha proposto in un bel volumone cartonato.
Passione personale, su cui innesta elementi fantastici e un cuore grande quanto un ring: sono proprio i colpi all'anima quelli che, ancora più delle devastanti mosse, riprodotte con stile e violenza grafica tonante, lasciano il lettore tramortito, e pronto al colpo di grazia finale, mentre, pagina dopo pagina, si dipana la storia di un lutto e di un'eredità difficile da sostenere, mentre rimpianti e preoccupazioni dell'essere genitore regalano sfumature inedite ed importanti.
Sembravano solo "Botte da Orbi", e si finisce per pensarci ancora, tempo dopo averlo riposto in libreria: uno di quei knockout che riescono solo ai veri talenti!
LA SCELTA DI CRISTIANO BRIGNOLA
Nel 1933, un oggetto volante non identificato, con tanto di piloti alieni, si schianta in un piccolo paese in Lombardia, portando il regime fascista a dover prendere in carico la gestione di un
proto-Roswell. È da questa leggenda urbana che Lorenzo Palloni e Miguel Vila prendono ispirazione per il loro
Fortezza volante.
Cosa succederebbe se un evento straordinario fosse gestito da una dittatura corrotta, in mano a gente pavida e ammantata da violenti sogni di gloria? Ecco che un disco volante diventa la chiave di una vicenda corale, in cui si muovono fascisti rozzi e arrivisti, ribelli sotto copertura e un Guglielmo Marconi mai dipinto così gelido e disumano.
Mentre la sceneggiatura di Palloni non fa sconti a nessuno, mostrandoci da entrambe le parti personaggi fragili e pieni di punti di rottura, i disegni di Vila giocano con la sintesi e l’espressività dei volti e con una composizione particolarissima delle tavole, forse (unico difetto) un po’ sacrificate dal formato editoriale.
Fumettomachìa: un mattoncino
cartonato in cui ogni autorǝ (o team di autorǝ) ha rivisitato in chiave
parodistica un classico del fumetto in appena quattro pagine, sfruttandone in
modo intelligente e irriverente le caratteristiche stilistiche.
Ok, ora che ho dato una definizione più o meno esaustiva di questa fatica del
collettivo Blekbord, è arrivato il momento di iniziare questa recensiomachìa. Quindi ora spenderò il
90% dello spazio di questa recensione a parlarvi della trama, citando per nome
e cognome tutti i personaggi che appaiono, persino quelli che si intravedono
solamente per un paio di vignette. Poi sprecherei giusto due parole sui
disegni, che si sposano così bene con la trama (qualsiasi cosa voglia dire) e
farei una summa dei pregi e dei difetti, sottolineando però di più i pregi per
non offendere nessuno. Ah, senza dimenticare il mio codice sconto per comprarlo
scontato su Amazon!
Per fortuna scrivere una recensiomachìa di
Fumettomachìa è impossibile. Prima di tutto è un’autoproduzione, quindi non
si trova su Amazon. E poi dentro non troverete un singolo fumetto, bensì molti fumetti, amati e anche odiati: una
gigantesca dichiarazione d’amore e, allo stesso tempo, una grande presa per il…
Insomma, un’antologia che ogni appassionato non potrà fare a meno di apprezzare
(oh dai, almeno sono riuscita a inserire una generalizzazione!).
Più che un racconto di fantascienza, l'ultima fatica di David Rubin si rivela essere un vero e proprio dramma umano, scritto con una sensibilità ed eleganza rara.
Un asteroide più grande di quello che cancellò i dinosauri è in rotta di collisione con la Terra. Alexander Yorba, famoso architetto di mezza età, è l’ultima salvezza per l’umanità, incaricato di ideare e costruire con la massima urgenza una colonia lunare. Un incipit classico, che Rubin riesce a interiorizzare per raccontare un'apocalisse prima di tutto personale. Yorba è un uomo contemporaneo, con tutte le sue contraddizioni e i suoi scheletri nell’armadio, che si cela dietro un’aura di perfezione pronta a sgretolarsi come tutte le sue certezze di fronte a una fine ineluttabile.
Rubin ci accompagna con calma, tavola dopo tavola, consentendo di concentrarci su ogni singolo attimo della narrazione. Lo fa attuando una vera e propria rivoluzione del suo stile, soprattutto per quanto concerne regia e vignettatura, pur mantenendo un’impronta inconfondibile, rinunciando al dinamismo e al virtuosismo che ha contraddistinto le sue opere precedenti come Beowulf, L’eroe, Grand Hotel Abisso.
Un po’ Gianni De Luca, un po’ Andrej Tarkovskij, molto David Rubin.
Una vera e propria perla.
LA SCELTA DI GIUSEPPE LAMOLA (IL SOMMO)
La serie italiana che più di ogni altra riesce costantemente a stupire, numero dopo numero, e a osare, cercando nuove strade e spunti inediti, senza rinnegare la lunga tradizione del fumetto popolare ma tentando al contempo di rilanciare le produzioni seriali verso vette inesplorate.
Raffinata, colta, enigmatica, affetta da toni cupi e da una straniante atmosfera atemporale (eppure ben delineata in un'affascinante epoca distopica), Eternity si arricchisce via via di significati e sfumature, tanto da richiedere tempo per rifletterci, per lasciar sedimentare il racconto con le sue escursioni su temi ampi e intriganti come l'importanza dell'arte, l'evanescenza della notorietà, l'ossessione di parlare con i propri defunti e i tanti modi per elaborare un lutto, che sono poi un modo per (non) affrontare la morte e per illudersi di avere il controllo del tempo.
Una di quelle letture che vorresti continuare a lungo e che invece finisce puntualmente sempre troppo presto. Del resto, come scrive lo stesso Bilotta, "a volte l'eternità passa in un momento".
Ci si interroga su cos'è il fumetto praticamente da quando questo medium è nato: tante spiegazioni che sembrano sempre lasciar fuori qualcosa di importante e che quindi vengono ridiscusse e riaggiustate. Poi arrivano fumetti come Il colore delle cose e si potrebbe ricominciare il dibattito da capo.
Una storia di formazione in periferia, a suon di botte, coca cole e gioco d'azzardo ai danni di Simon, un adolescente sovrappeso bullizzato dalla vita e da chi lo circonda. E fin qui niente di mai visto. Se non fosse che, già dalle prime pagine, ci si parano davanti infografiche e letture a scorrimento come dal cellulare. Niente facce, solo cerchi colorati. Che roba è? Fumetto, che, ancora una volta, va oltre le definizioni convenzionali, si reinventa e si rimodella pur restando in un tracciato familiare e comprensibile.
Panchaud plasma un microcosmo di cerchietti, diagrammi di flusso e visuali aeree in cui, a discapito delle apparenze, chi legge si muove senza fatica emotiva e si sente coinvolto in una storia tra dramma e comicità in cui le uniche espressioni visibili sono quelle di un unicorno su una torta e di un coniglietto su una tazza.