Eternity, la nuova serie Bonelli scritta da Alessandro Bilotta

L'insostenibile pesantezza del vuoto interiore


"Ma guarda!... Era una vita che non passavo da qui..."
"L'Eternity. Te lo ricordi?"

È un dialogo tra due personaggi di un fumetto, ma potrebbe tranquillamente essere uno squarcio di futuro tra due lettori che, tra qualche anno, torneranno con la mente su queste pagine (in tal caso, la risposta sarebbe "Sì, me lo ricordo eccome!").

Eternity è la nuova serie Bonelli immaginata da Alessandro Bilotta, che ha fatto il suo esordio in libreria a novembre (dopo l'anteprima a Lucca Comics & Games 2022) con un primo volume dal titolo La morte è un dandy, firmato ai disegni da Sergio Gerasi e ai colori da Adele Matera (aggiungo, perché credo siano importanti, la supervisione ai colori del "solito" Emiliano Mammucari, la grafica di Fabrizio Verrocchi e il lettering di Marina Sanfelice).

In breve, la storia è ambientata in una Roma al contempo nostalgica e con un piede nel futuro, nella quale si aggira Sant'Alceste (il cui vero nome è Alceste Santacroce), giornalista di un settimanale di gossip, L'infinito. Il suo mondo fatto di spettacolo, di ricerca di notorietà, di illusioni e di fragorose cadute nell'oblio si interseca con il nichilismo cosmico di Lucrezia, giovane donna con cui intraprende una relazione. Un rapporto non semplice, che evolverà durante il racconto in maniera alquanto inattesa.

Se già dalle anteprime e dalla trama questo poteva essere uno dei fumetti Bonelli (e non solo) più attesi dell'anno (quanto meno dal vostro affezionatissimo Sommo di quartiere), leggerlo non ha deluso affatto le aspettative.

Eternity si integra appieno nell'etichetta Audace dell'editore di via Buonarroti, una linea editoriale che già negli ultimi anni ha permesso di sperimentare e di cogliere spunti differenti rispetto al canone bonelliano. Questa nuova serie s'inserisce poi in un filone contemporaneo che viene indagato simultaneamente anche da Mr. Evidence e Simulacri, altre due serie (non a caso) presentate a Lucca e fortemente volute dal direttore editoriale Michele Masiero con l'intenzione di accostarsi alla realtà che ci circonda e di esplorare l'interiorità dei protagonisti, in maniera distante (anzi, persino antitetica) rispetto a quanto classicamente avviene nelle pagine di Tex: non più l'Avventura a farla da protagonista ma la psicologia e la caratterizzazione forte dei personaggi.

Sono serie "audaci" anche nel linguaggio, per ciò che ci viene mostrato (e non parlo solo di violenza o di sesso, ma anche dello spessore e della profondità psicologica degli avvenimenti) e per la possibilità di non avere particolari freni e poter raccontare con una buona libertà autoriale (e spesso in maniera innovativa) i vari argomenti, a detta degli stessi autori coinvolti.

Tornando a Bilotta, chiunque abbia seguito il fumetto seriale italiano negli ultimi anni saprà quanto la critica abbia apprezzato l'esperienza editoriale sublime e fuori dal coro di Mercurio Loi, un personaggio incredibilmente approdato in edicola quando ancora sembrava di poter popolare le edicole stesse di serie sperimentali e anomale (in seguito, come avvenuto con Eternity, dirottate completamente verso il mercato librario, almeno in prima battuta, salvo poi mantenersi aperto il "recupero" in formato economico da edicola, come per K-11 ad esempio).

In Eternity ritroviamo lo stesso team di sceneggiatore e disegnatori (oltre ai già citati Bilotta e Gerasi, nel prossimo numero troveremo Matteo Mosca - ideatore grafico di Mercurio Loi - e in futuro anche Sergio Ponchione, con l'inserimento di ulteriori artisti come Francesco Ripoli). Rispetto a Mercurio Loi, Bilotta dimostra un'ulteriore maturazione nel sapersi focalizzare sin da subito sul cuore della narrazione e nel distillarla in un minor numero di pagine (la foliazione passa dalle 94 tavole di Mercurio Loi alle 60 di Eternity, riducendosi di circa un terzo), mantenendo come punto cruciale inequivocabile un luogo: Roma.

Facile rintracciare in Eternity un percorso cinematografico che va da Federico Fellini a Paolo Sorrentino, con omaggi più o meno diretti e comunanza d'intenti. Eppure, pur tenendo presente quella lezione e metabolizzandola a dovere, qui Bilotta e Gerasi vanno oltre.

"Il logo è un luogo", suggeriva in un post Fabrizio Verrocchi, autore appunto sia del logo che del progetto grafico di Eternity. Mi sembra di poter aggiungere che si tratta anche di un luogo dell'anima, un mood, qualcosa che sembra poter andare oltre i resti dell'antica Roma e il fascino fuori dal tempo della città eterna e che accomuna chiunque avverta quel senso di inadeguatezza nei confronti di un certo modo di vivere la contemporaneità.

La trama, i dialoghi, i personaggi, le scelte, il ritmo, l'atmosfera, tutto contribuisce a creare un senso di straniamento riguardo alla realtà circonda chi legge e conduce a riflessioni su ciò che è davvero oggi la fama, su ciò che siamo disposti a fare pur di apparire e su come, in fin dei conti, "siamo niente", come suggerisce Lucrezia durante la storia. Il distacco estremo del protagonista rispetto a tutto ciò che lo circonda rende questo effetto ancor più evidente, ancor più straniante.

Il cinismo, i falsi sorrisi, le ipocrisie, le maschere (ancora una volta, in Bilotta, il tema ricorrente di ciò che nascondiamo sotto il tappeto delle apparenze), tutto viene condensato in pagine intense, senza alcuna scena fuori posto, dove tutto funziona in modo certosino anche grazie all'incredibile sinergia con un altro grande esponente del fumetto italiano contemporaneo, ovvero Sergio Gerasi.

Difficilissimo scindere i contributi dei due autori in sezioni separate, ma soprattutto complicato considerarli qualcosa di diverso rispetto a un autore unico: Gerasi è uno degli interpreti visivi più azzeccati per esprimere i sentimenti e le sfumature delle sceneggiature di Bilotta. Il suo tratto nervoso, in costante evoluzione, qui si cimenta con la sfida di rendere riconoscibile il protagonista e anche la sua caratterizzazione in poche pagine, così come di raccontarci una Città eterna al contempo riconoscibile e anomala.

In questo viene incontro il lavoro incredibile svolto da Adele Matera (su supervisione di Emiliano Mammucari, come dicevamo) per una colorazione diversa, efficace e diretta. I colori "squadrati" delle tavole non riportano ogni dettaglio semplicemente in modo realistico ma ne sottolineano la funzione narrativa e rendono tutta l'ambientazione ancor più peculiare, costituendo un plus rispetto a una semplice aggiunta di colori sul bianco e nero.

Aggiungo alcune considerazioni (spoiler, per chi non l'ha letto!) sulla scena con il team-up con Mercurio Loi (esplicitato anche metafumettisticamente nei dialoghi).

L'incontro tra questi due personaggi nati dalla penna di Bilotta avviene in maniera sorprendente tanto quanto naturale e rappresenta anche un modo per sottolineare analogie e distanze tra i due, ma anche per riportare alla mente dei lettori affezionati il volto peculiare (e l'eccezionale parentesi editoriale) di Mercurio.

Ad esempio, entrambi i protagonisti si stagliano sul resto dei personaggi che popolano le loro storie per il loro essere distanti, inarrivabili, quasi a far diventare tutti gli altri un semplice "loro" indistinguibile (salvo poi rendersi conto delle sfumature che caratterizzano la variegata umanità che si va a raccontare, come quando i comprimari hanno letteralemente rubato la scena a Mercurio Loi in alcjni episodi). Proprio come il professor Loi, anche il decadente protagonista di Eternity ama girovagare in un luogo eterno di una bellezza immortale, sebbene la collocazione temporale sia diversa così come il contesto che li circonda.

Allo stesso modo, a livello autoriale, Bilotta, con il contributo determinante di Gerasi, predilige perdersi in sentieri letterari e artistici senza regole prefissate o già note, descrivere storie che non seguono il canone dell'Avventura classica e in entrambi i casi rappresentano un modo per raccontare un mondo esteriore ma anche e soprattutto interiore.

Peraltro la scena di pagg. 44 e 45 ci mostra Mercurio e Ottone non come erano nella loro Roma Papalina Ottocentesca bensì intercalati nel mondo di Eternity, quasi a volercene fornire una versione alternativa in quel contesto, un What If...?. La scena richiama amche una storia precisa di Mercurio Loi (il quarto episodio, Il cuoco mascherato), abilmente giocata sulle sensazioni che il cibo è in grado di evocare e, non a caso, firmata dalla coppia Bilotta/Gerasi.

Tornando a Eternity, aggiungo che ci sono vari indizi di questo desiderio di andare oltre, di non rimanere all'interno della rigida gabbia (della tavola bonelliana? Delle convenzioni in generale? Di ciò che si può o non si può teoricamente rappresentare in un fumetto?). Un esempio lampante è a pag. 58, che mostra Alceste arrampicarsi non solo sul muro ma anche sullo spazio bianco tra una vignetta e l'altra e oltrepassarlo.

Ecco, è anche questo il senso della grandezza del percorso autoriale condiviso tra Bilotta & Gerasi: conoscere e amare il fumetto seriale popolare (sono pur sempre gli stessi autori di alcune delle più belle storie di Dylan Dog degli ultimi anni, per intenderci), ma andare oltre. Consci delle regole del seriale, sono pronti a modellarle in base alle esigenze narrative e alla volontà di spingersi oltre.

Ed Eternity è davvero oltre. In tutti i sensi. Leggere per credere.

(Giuseppe Lamola)

N.B. Ringrazio Francesco Cascione e Giovanni Dacò per i dialoghi comuni su Eternity e per aver "vissuto" questi audaci esordi bonelliani in sinergia. Grazie!




Eternity vol. 1 - La morte è un dandy
 
Sergio Bonelli Editore, novembre 2022

Testi: Alessandro Bilotta
Disegni: Sergio Gerasi
Colori: Adele Matera
Supervisione colori: Emiliano Mammucari
Grafica: Fabrizio Verrocchi
Lettering: Marina Sanfelice


Tutte le immagini © 2022 Sergio Bonelli Editore.

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