Dylan Dog #402 - Il tramonto rosso
Dylan Dog Year One: il reboot orchestrato da Roberto Recchioni prosegue con un episodio di notevole bellezza
Dopo il nuovo inizio inaugurato nel numero precedente, Il tramonto rosso porta avanti l'operazione di rinnovamento della testata orchestrata da Roberto Recchioni con il supporto di Corrado Roi, al quale si vanno ad aggiungere in quest'albo le firme di Francesco Dossena per i flashback e di Nicola Mari per le scene finali e per "l'antipasto" del prossimo episodio.
[Quanto segue potrebbe contenere piccoli spoiler]
Credo possa essere interessante innanzitutto ripercorrere le intenzioni iniziali e analizzare le soluzioni narrative di questo reboot.
Come sappiamo, il Dylan Dog del 1986, il personaggio presente nei primi numeri sceneggiati da Tiziano Sclavi, aveva un carattere leggermente differente da quello dell'Indagatore dell'incubo che si è poi sedimentato nella cultura popolare moderna: più strafottente, un po' più cinico, non già astemio, più incline ad avere un rapporto particolarmente sfacciato con le donne.
Queste caratteristiche vengono riprese da Recchioni, il quale manifesta l'intenzione di renderle coerenti con lo sviluppo successivo del personaggio e di giustificarne l'evoluzione che l'ha portato a cambiare nel corso del tempo, trovandogli delle motivazioni che fossero il più possibile aderenti alla natura del personaggio.
A queste caratteristiche d'origine, lo sceneggiatore romano aggiunge alcuni tasselli intriganti: il Soprintendente Bloch è suo padre, l'agente di polizia Rania Rakim la sua ex moglie. Dylan, oltre a essere un ex poliziotto è anche un ex guardiano di un cimitero (periodo che viene approfondito nei tre splendidi flashback disegnati da Dossena e che richiama in maniera esplicita Dellamorte Dellamore, come abbiamo suggerito qui). E poi c'è Gnaghi, personaggio al quale è difficile non affezionarsi.
Inoltre, c'è qualcosa di segreto, ancora da scoprire nel suo passato, un mistero che tinge ancor di più la storia di un alone oscuro e dalle sfumature hard-boiled: un evento che viene svelato a poco a poco (e probabilmente non in maniera completa) in questa storia, narrato in alcune tra le pagine più coinvolgenti a livello emotivo dell'intero episodio.
Entriamo nel merito dei cambiamenti, già emersi nel numero precedente e approfonditi in questo episodio soprattutto tramite i dialoghi tra Dylan e Sybil. Essi risultano sostanzialmente coerenti con la natura del personaggio: di fatto, Bloch ha sempre rappresentato una figura paterna per l'Indagatore dell'incubo, un rapporto certo non privo di conflitti ma molto bello e impossibile da scindere (questa relazione verrà comunque sviscerata appieno nel Magazine in uscita a marzo).
Anche la rivelazione su Rania, sulla quale probabilmente Recchioni tornerà in futuro, si basa sull'assunto della completa assenza di pregiudizi e di qualsivoglia cenno di razzismo che da sempre caratterizza l'Old boy, capace di innamorarsi indistintamente di donne di ogni tipo (chi dimenticherà mai il suo rapporto con Bree?).
Interessanti anche le rivelazioni sugli universi paralleli, che sottolineano l'idea che ci siano infinite varianti degli stessi personaggi e confermano che ciò che vediamo è il frutto di quanto avvenuto nelle pagine finali del numero 400.
Viene inoltre ripreso in maniera sorprendente e originale un altro personaggio chiave della poetica sclaviana, proveniente da quel filone di storie sceneggiate da Sclavi e disegnate da Angelo Stano che comprende L’alba dei morti viventi (Dylan Dog #1), Morgana (Dylan Dog #25), Storia di nessuno (Dylan Dog #43) e La storia di Dylan Dog (Dylan Dog #100), episodi chiave per la definizione del personaggio e delle sue origini, scolpiti nella memoria dei fan. La presenza di quest'altro character, che non menzioniamo per evitare eccessivi spoiler, rende di fatto questa storia più di un semplice remake de L’alba dei morti viventi: è una sorta di vera e propria rielaborazione di diverse storie, unite e ricongiunte in base alle esigenze di una trama che va ben oltre la semplice riproposizione degli avvenimenti.
In questo contesto gli eventi si svolgono in maniera differente da come il lettore li ricorda (parliamo ovviamente dei fan che già conoscono il personaggio, mentre i neofiti completi possono comunque leggere la storia senza ulteriori sovrastrutture). Suggestivo in tal senso il ruolo di Xabaras, personaggio cardine della serie. Egli sembra infatti porsi dalla stessa prospettiva del fan dylaniato della prima ora: sa già come dovrebbe andare a finire la storia (come se avesse già vissuto ciò che è stato narrato nel primo numero di Dyd o nel suo precedente remake ad opera di Recchioni & Mammucari) e non solo: vuole fare in modo di evitare che la vicenda si concluda allo stesso modo. Siamo dinanzi a un interessante rapporto personaggio/lettore e soprattutto a una figura dalle caratteristiche non banali, il quale peraltro esprime interessanti punti di vista sulla società nella quale viviamo e sui veri mostri d'oggi.
Riguardo le citazioni, Recchioni riprende il gusto di richiamare film, canzoni, album e quant'altro e citare testualmente alcuni dialoghi o versi, con un approccio simile a quello dello Sclavi onnivoro e in grado di pescare dalle opere più disparate.
Va ricordato che Dylan Dog #402 rappresenta la seconda parte di una saga in 6 episodi che complessivamente ripercorreranno i primi storici numeri della serie (molto interessante in tal senso è l'introduzione della "preview" del prossimo episodio a fine albo, già presente alla fine del numero 400 e alquanto inedita per la serie di Dyd, che rende globalmente l'idea di un'unica storia che prosegue nei vari albi).
Il progetto che si sviluppa in queste pagine assume i connotati di un vero e proprio reboot: una ridefinizione delle origini del personaggio con l'intenzione di attualizzarle e ricollegarle al presente.
In questi termini, l'operazione sembra richiamare una consuetudine del mercato fumettistico statunitense, ovvero quella di rinarrare (anche più volte, periodicamente) la genesi del personaggio e i primi passi che lo condurranno a diventare quello che conosciamo. Si tratta in genere di storie incentrate su personaggi iconici (tra i quali l'Indagatore dell'incubo rientra a pieno titolo), dei quali spesso i lettori conoscono anche bene le origini: proprio per questo le nuove storie funzionano fino in fondo quando riescono a innestare all'interno di un canovaccio "già visto" degli elementi di modernità che risultino però coerenti e interessanti, arricchendo le trame con spunti inediti da sfruttare anche negli anni a venire. Un grandioso esempio in tal senso può essere il Batman Year One di Frank Miller e David Mazzucchelli, una delle storie del Cavaliere Oscuro più apprezzate da pubblico e critica: non è un caso, probabilmente, se la storia sembra essere citata esplicitamente da Recchioni e Sergio Gerasi in una delle tavole diffuse in anteprima per Anna per sempre (numero 404 della serie regolare di Dyd in uscita ad aprile, che richiama sin dal titolo Il fantasma di Anna Never).
Risultano poi molto interessanti alcune recenti dichiarazioni di Roberto Recchioni. Il curatore ha lasciato intendere che la serie mensile di Dylan Dog si svilupperà in archi narrativi simili alle run che caratterizzano le testate del mercato statunitense: storie dalla durata predefinita che si susseguono tra loro, con una continuity interna più serrata di quella comunemente presente in Dyd. In questo caso le run verranno affidate a singoli sceneggiatori come Claudio Chiaverotti, Paola Barbato e lo stesso Recchioni (e forse altri, che verranno annunciati col tempo). Ciò permetterà di sviluppare delle "miniserie nella serie", modificando l'approccio narrativo alle storie e rendendo la narrazione più vicina a quella che caratterizza ad esempio la serialità in ambito televisivo.
Tornando a Dyd #402, va detto che la storia ci ha entusiasmato ancor più della precedente. Appassionante, profonda, piena di spunti e di citazioni, si fa leggere davvero con vero gusto: una bellezza intrinseca che ci fa ben sperare per la qualità dell'intero ciclo 666.
Se vogliamo, uno degli aspetti forse meno convincenti della storia è rappresentato dal concentrarsi di numerose situazioni, eventi e personaggi nell'arco di un numero di pagine relativamente esiguo, a dare un po' l'impressione che siano avvenute tante cose e non tutte con un ritmo tale da permettere al lettore di metabolizzare adeguatamente gli avvenimenti.
Va rimarcato l'importante lavoro ai disegni di tutti e tre gli artisti coinvolti. Corrado Roi prosegue nel solco di straordinaria efficacia già mostrato nel numero precedente, conferendo a ogni singola scena una notevole rappresentazione visiva. L'alone di oscurità che pervade le sue tavole si tinge di un'intensa aura gotica, che filtra attraverso le pagine e regala al lettore un'atmosfera di tenebra impalpabile e al tempo stesso concreta, efficace, coinvolgente. Splendida ad esempio la resa dello scenario della cittadina di Undead, davvero lugubre.
È lo stesso Roi di UT nonché delle sue ultime prove dylaniate, un artista sempre riconoscibile eppure costantemente in grado di ricercare soluzioni inedite (si vedano ad esempio le tavole con gabbia a 9 vignette o le scene di sesso, rese con uno stile e una grazia che solo i grandi artisti possiedono).
Dal canto suo Francesco Dossena, al suo esordio sulla testata, realizza 21 tavole incredibili, nelle quali il suo stile spigoloso e lugubre si sposa in maniera impeccabile con il contesto cimiteriale e con la rappresentazione del rapporto tra Dylan e l'Oscura Mietitrice. I volti scavati, le figure longilinee, le inquadrature ricercate: tutto il repertorio migliore dell'artista rende speciale un debutto che certamente lo colloca tra gli autori più adatti a occuparsi dell'Old boy.
Infine, Nicola Mari. Autore (non a caso) anche dei disegni del prossimo numero, dal titolo La lama, la luna e l'orco, nelle 15 tavole a sua disposizione conferma di essere semplicemente una delle matite più gotiche e straordinarie al mondo. Il livello di sintesi visiva ed espressiva che ha raggiunto è ormai indiscutibilmente elevato e ogni sua tavola è un gioiello da leggere e rileggere.
Insomma, tre artisti, un comune denominatore: la qualità intrinseca di tavole nelle quali è davvero arduo trovare difetti di sorta.
Ultima ma non ultima, l'eccezionale cover di Gigi Cavenago, artista in grado di superare se stesso ogni mese e di sorprendere con copertine evocative e insuperabili (sui riferimenti dell'illustrazione ci siamo già soffermati nella recensione del numero 401).
Il logo fluo della cover è un effetto carino ma non è altro che un orpello rispetto al contenuto: questa storia, che se un giorno venisse pubblicata negli States avrebbe probabilmente il nome complessivo di Dylan Dog Year One, è un vero gioiello narrativo, visivo ed editoriale.
Ovviamente non abbiamo ancora la certezza che questa sarà d'ora in poi la nuova continuity ufficiale del personaggio o se invece sono previste nuove rivoluzioni narrative o altro alla fine del ciclo 666, ma quel che è certo è che gli spunti fin qui forniti sono davvero tanti e in gran parte dalle notevoli potenzialità. Non vediamo l'ora di vedere come verranno sfruttati.
"Il tramonto rosso"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 402
DATA: febbraio 2020
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Corrado Roi, Francesco Dossena e Nicola Mari
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2020 Sergio Bonelli Editore.
Dopo il nuovo inizio inaugurato nel numero precedente, Il tramonto rosso porta avanti l'operazione di rinnovamento della testata orchestrata da Roberto Recchioni con il supporto di Corrado Roi, al quale si vanno ad aggiungere in quest'albo le firme di Francesco Dossena per i flashback e di Nicola Mari per le scene finali e per "l'antipasto" del prossimo episodio.
[Quanto segue potrebbe contenere piccoli spoiler]
Credo possa essere interessante innanzitutto ripercorrere le intenzioni iniziali e analizzare le soluzioni narrative di questo reboot.
Come sappiamo, il Dylan Dog del 1986, il personaggio presente nei primi numeri sceneggiati da Tiziano Sclavi, aveva un carattere leggermente differente da quello dell'Indagatore dell'incubo che si è poi sedimentato nella cultura popolare moderna: più strafottente, un po' più cinico, non già astemio, più incline ad avere un rapporto particolarmente sfacciato con le donne.
Queste caratteristiche vengono riprese da Recchioni, il quale manifesta l'intenzione di renderle coerenti con lo sviluppo successivo del personaggio e di giustificarne l'evoluzione che l'ha portato a cambiare nel corso del tempo, trovandogli delle motivazioni che fossero il più possibile aderenti alla natura del personaggio.
A queste caratteristiche d'origine, lo sceneggiatore romano aggiunge alcuni tasselli intriganti: il Soprintendente Bloch è suo padre, l'agente di polizia Rania Rakim la sua ex moglie. Dylan, oltre a essere un ex poliziotto è anche un ex guardiano di un cimitero (periodo che viene approfondito nei tre splendidi flashback disegnati da Dossena e che richiama in maniera esplicita Dellamorte Dellamore, come abbiamo suggerito qui). E poi c'è Gnaghi, personaggio al quale è difficile non affezionarsi.
Inoltre, c'è qualcosa di segreto, ancora da scoprire nel suo passato, un mistero che tinge ancor di più la storia di un alone oscuro e dalle sfumature hard-boiled: un evento che viene svelato a poco a poco (e probabilmente non in maniera completa) in questa storia, narrato in alcune tra le pagine più coinvolgenti a livello emotivo dell'intero episodio.
Entriamo nel merito dei cambiamenti, già emersi nel numero precedente e approfonditi in questo episodio soprattutto tramite i dialoghi tra Dylan e Sybil. Essi risultano sostanzialmente coerenti con la natura del personaggio: di fatto, Bloch ha sempre rappresentato una figura paterna per l'Indagatore dell'incubo, un rapporto certo non privo di conflitti ma molto bello e impossibile da scindere (questa relazione verrà comunque sviscerata appieno nel Magazine in uscita a marzo).
Anche la rivelazione su Rania, sulla quale probabilmente Recchioni tornerà in futuro, si basa sull'assunto della completa assenza di pregiudizi e di qualsivoglia cenno di razzismo che da sempre caratterizza l'Old boy, capace di innamorarsi indistintamente di donne di ogni tipo (chi dimenticherà mai il suo rapporto con Bree?).
Interessanti anche le rivelazioni sugli universi paralleli, che sottolineano l'idea che ci siano infinite varianti degli stessi personaggi e confermano che ciò che vediamo è il frutto di quanto avvenuto nelle pagine finali del numero 400.
Viene inoltre ripreso in maniera sorprendente e originale un altro personaggio chiave della poetica sclaviana, proveniente da quel filone di storie sceneggiate da Sclavi e disegnate da Angelo Stano che comprende L’alba dei morti viventi (Dylan Dog #1), Morgana (Dylan Dog #25), Storia di nessuno (Dylan Dog #43) e La storia di Dylan Dog (Dylan Dog #100), episodi chiave per la definizione del personaggio e delle sue origini, scolpiti nella memoria dei fan. La presenza di quest'altro character, che non menzioniamo per evitare eccessivi spoiler, rende di fatto questa storia più di un semplice remake de L’alba dei morti viventi: è una sorta di vera e propria rielaborazione di diverse storie, unite e ricongiunte in base alle esigenze di una trama che va ben oltre la semplice riproposizione degli avvenimenti.
In questo contesto gli eventi si svolgono in maniera differente da come il lettore li ricorda (parliamo ovviamente dei fan che già conoscono il personaggio, mentre i neofiti completi possono comunque leggere la storia senza ulteriori sovrastrutture). Suggestivo in tal senso il ruolo di Xabaras, personaggio cardine della serie. Egli sembra infatti porsi dalla stessa prospettiva del fan dylaniato della prima ora: sa già come dovrebbe andare a finire la storia (come se avesse già vissuto ciò che è stato narrato nel primo numero di Dyd o nel suo precedente remake ad opera di Recchioni & Mammucari) e non solo: vuole fare in modo di evitare che la vicenda si concluda allo stesso modo. Siamo dinanzi a un interessante rapporto personaggio/lettore e soprattutto a una figura dalle caratteristiche non banali, il quale peraltro esprime interessanti punti di vista sulla società nella quale viviamo e sui veri mostri d'oggi.
Riguardo le citazioni, Recchioni riprende il gusto di richiamare film, canzoni, album e quant'altro e citare testualmente alcuni dialoghi o versi, con un approccio simile a quello dello Sclavi onnivoro e in grado di pescare dalle opere più disparate.
Alcune in particolare sono difficili da non rilevare, come il dialogo tra Dylan e Sybil in bicicletta che richiama Il sorpasso di Dino Risi, o le parole dell'Old boy nel flashback che rievocano i versi di Morire per delle idee di Fabrizio De André (traduzione di Mourir pour des idées di George Brassens) o ancora la posa dei protagonisti che cita la cover di The Freeweelin' Bob Dylan (peraltro già omaggiata in un passato più o meno recente, sia nelle storie dell'Indagatore dell'incubo che in altri albi Bonelli come Mister No Revolution). Questo senza menzionare ciò che i personaggi vedono al cinema o in tv (attenzione in particolare a quella scena nel flashback!).
Va ricordato che Dylan Dog #402 rappresenta la seconda parte di una saga in 6 episodi che complessivamente ripercorreranno i primi storici numeri della serie (molto interessante in tal senso è l'introduzione della "preview" del prossimo episodio a fine albo, già presente alla fine del numero 400 e alquanto inedita per la serie di Dyd, che rende globalmente l'idea di un'unica storia che prosegue nei vari albi).
Il progetto che si sviluppa in queste pagine assume i connotati di un vero e proprio reboot: una ridefinizione delle origini del personaggio con l'intenzione di attualizzarle e ricollegarle al presente.
In questi termini, l'operazione sembra richiamare una consuetudine del mercato fumettistico statunitense, ovvero quella di rinarrare (anche più volte, periodicamente) la genesi del personaggio e i primi passi che lo condurranno a diventare quello che conosciamo. Si tratta in genere di storie incentrate su personaggi iconici (tra i quali l'Indagatore dell'incubo rientra a pieno titolo), dei quali spesso i lettori conoscono anche bene le origini: proprio per questo le nuove storie funzionano fino in fondo quando riescono a innestare all'interno di un canovaccio "già visto" degli elementi di modernità che risultino però coerenti e interessanti, arricchendo le trame con spunti inediti da sfruttare anche negli anni a venire. Un grandioso esempio in tal senso può essere il Batman Year One di Frank Miller e David Mazzucchelli, una delle storie del Cavaliere Oscuro più apprezzate da pubblico e critica: non è un caso, probabilmente, se la storia sembra essere citata esplicitamente da Recchioni e Sergio Gerasi in una delle tavole diffuse in anteprima per Anna per sempre (numero 404 della serie regolare di Dyd in uscita ad aprile, che richiama sin dal titolo Il fantasma di Anna Never).
Una tavola del Batman di David Mazzucchelli. |
Risultano poi molto interessanti alcune recenti dichiarazioni di Roberto Recchioni. Il curatore ha lasciato intendere che la serie mensile di Dylan Dog si svilupperà in archi narrativi simili alle run che caratterizzano le testate del mercato statunitense: storie dalla durata predefinita che si susseguono tra loro, con una continuity interna più serrata di quella comunemente presente in Dyd. In questo caso le run verranno affidate a singoli sceneggiatori come Claudio Chiaverotti, Paola Barbato e lo stesso Recchioni (e forse altri, che verranno annunciati col tempo). Ciò permetterà di sviluppare delle "miniserie nella serie", modificando l'approccio narrativo alle storie e rendendo la narrazione più vicina a quella che caratterizza ad esempio la serialità in ambito televisivo.
Tornando a Dyd #402, va detto che la storia ci ha entusiasmato ancor più della precedente. Appassionante, profonda, piena di spunti e di citazioni, si fa leggere davvero con vero gusto: una bellezza intrinseca che ci fa ben sperare per la qualità dell'intero ciclo 666.
Se vogliamo, uno degli aspetti forse meno convincenti della storia è rappresentato dal concentrarsi di numerose situazioni, eventi e personaggi nell'arco di un numero di pagine relativamente esiguo, a dare un po' l'impressione che siano avvenute tante cose e non tutte con un ritmo tale da permettere al lettore di metabolizzare adeguatamente gli avvenimenti.
Va rimarcato l'importante lavoro ai disegni di tutti e tre gli artisti coinvolti. Corrado Roi prosegue nel solco di straordinaria efficacia già mostrato nel numero precedente, conferendo a ogni singola scena una notevole rappresentazione visiva. L'alone di oscurità che pervade le sue tavole si tinge di un'intensa aura gotica, che filtra attraverso le pagine e regala al lettore un'atmosfera di tenebra impalpabile e al tempo stesso concreta, efficace, coinvolgente. Splendida ad esempio la resa dello scenario della cittadina di Undead, davvero lugubre.
È lo stesso Roi di UT nonché delle sue ultime prove dylaniate, un artista sempre riconoscibile eppure costantemente in grado di ricercare soluzioni inedite (si vedano ad esempio le tavole con gabbia a 9 vignette o le scene di sesso, rese con uno stile e una grazia che solo i grandi artisti possiedono).
Dal canto suo Francesco Dossena, al suo esordio sulla testata, realizza 21 tavole incredibili, nelle quali il suo stile spigoloso e lugubre si sposa in maniera impeccabile con il contesto cimiteriale e con la rappresentazione del rapporto tra Dylan e l'Oscura Mietitrice. I volti scavati, le figure longilinee, le inquadrature ricercate: tutto il repertorio migliore dell'artista rende speciale un debutto che certamente lo colloca tra gli autori più adatti a occuparsi dell'Old boy.
Infine, Nicola Mari. Autore (non a caso) anche dei disegni del prossimo numero, dal titolo La lama, la luna e l'orco, nelle 15 tavole a sua disposizione conferma di essere semplicemente una delle matite più gotiche e straordinarie al mondo. Il livello di sintesi visiva ed espressiva che ha raggiunto è ormai indiscutibilmente elevato e ogni sua tavola è un gioiello da leggere e rileggere.
Insomma, tre artisti, un comune denominatore: la qualità intrinseca di tavole nelle quali è davvero arduo trovare difetti di sorta.
Ultima ma non ultima, l'eccezionale cover di Gigi Cavenago, artista in grado di superare se stesso ogni mese e di sorprendere con copertine evocative e insuperabili (sui riferimenti dell'illustrazione ci siamo già soffermati nella recensione del numero 401).
Il logo fluo della cover è un effetto carino ma non è altro che un orpello rispetto al contenuto: questa storia, che se un giorno venisse pubblicata negli States avrebbe probabilmente il nome complessivo di Dylan Dog Year One, è un vero gioiello narrativo, visivo ed editoriale.
Ovviamente non abbiamo ancora la certezza che questa sarà d'ora in poi la nuova continuity ufficiale del personaggio o se invece sono previste nuove rivoluzioni narrative o altro alla fine del ciclo 666, ma quel che è certo è che gli spunti fin qui forniti sono davvero tanti e in gran parte dalle notevoli potenzialità. Non vediamo l'ora di vedere come verranno sfruttati.
Il sommo Audace
"Il tramonto rosso"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 402
DATA: febbraio 2020
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Corrado Roi, Francesco Dossena e Nicola Mari
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2020 Sergio Bonelli Editore.