Dylan Dog 666: anticipazioni e ipotesi sul futuro dell'old boy

Un nuovo ciclo, un nuovo assistente, un nuovo look: come ci siamo arrivati e cosa potrebbero significare?


È stata diffusa ieri, tramite un post sui social del curatore e sceneggiatore Roberto Recchioni, la cover di Gigi Cavenago per Dylan Dog #401, albo in uscita a fine gennaio in cui inizierà il nuovo ciclo post-meteora (segnalato dal "666" accanto al logo della testata, rielaborato da Fabrizio Verrocchi).
La presenza di Gnaghi, personaggio nato nel romanzo di Tiziano Sclavi dal titolo Dellamorte Dellamore (e poi diventato nel 1994 un film diretto da Michele Soavi e interpretato da Rupert Everett), abbinata alla posa dei personaggi, ci permette di fare alcune analisi che, quando abbiamo recensito Dylan Dog #400 alcune settimane fa, ci eravamo volutamente tenuti da parte.

[Quanto segue contiene spoiler sulla trama del n. 400, in particolare sulle ultime due pagine dell'episodio: ritenetevi avvisati!]




Partiamo proprio dall'albo celebrativo, E ora, l'Apocalisse!, realizzato da Roberto Recchioni e Angelo Stano (con il contributo di Corrado Roi per le tavole finali e di Giovanna Niro per i colori dell'edizione da edicola), con alcune considerazioni sul significato stesso dell'episodio.
Uno dei temi principali (anzi, forse persino il tema principale) della storia è il rapporto che hanno gli autori (e di riflesso, i lettori) con il Dylan Dog di Tiziano Sclavi.
"La quantità e la qualità della sua produzione sono una montagna che si erge davanti a qualsiasi autore che provi a interpretare i suoi personaggi": così si esprime Recchioni il quale, con la complicità dei pennelli di Angelo Stano, sceglie di raffigurare Sclavi come una montagna, un Kingpin in versione Bill Sienkiewicz che sovrasta Dylan con la sua imponenza, fisica ma anche metaforica.
Lo stesso sceneggiatore romano aggiunge, nella postfazione dell'edizione in volume, che la storia rappresenta "un commiato dalla sua straordinaria eredità, così ingombrante e inarrivabile da essere diventata un peso per tutti gli autori che si sono cimentati con il personaggio". Un peso che purtroppo nel corso della storia editoriale del personaggio è stato impossibile non avvertire a più riprese, rendendo palese la difficoltà per molti sceneggiatori nel rielaborare e declinare in maniera personale elementi così profondamente legati alla vena autoriale sclaviana.
Ed è anche questo quindi il significato intrinseco della storia: provare a percorrere strade nuove, svincolandosi dalle zavorre dei sentimenti reverenziali verso il "padre".


Fino a questo punto eravamo già giunti nella succitata recensione.
Ebbene, un altro dei messaggi impliciti della storia è quello permettere al lettore di dire addio - inevitabilmente a malincuore - a uno di quei personaggi a cui non avrebbe pensato mai e poi mai di dover rinunciare: Groucho.
L'intero viaggio raccontato nel quattrocentesimo episodio potrebbe essere interpretato anche come una sorta di percorso di elaborazione da parte di Dylan della sua perdita, con il desiderio di compiere un ultimo viaggio assieme, dai connotati verosimilmente immaginari o metaforici.
Come ben sa chi ha già letto il numero 399, infatti il baffuto e simpatico assistente dell'Indagatore dell'incubo è stato fatto fuori e ovviamente al momento non ci è dato sapere se sparirà del tutto dalla circolazione (o meglio, dalla serie regolare) o se eventualmente gli autori troveranno il modo di farlo ritornare...
È ipotizzabile altresì che ritorni non solo nei Maxi Old Boy, dove continueremo a leggere storie inedite dell'Indagatore dell'incubo delle origini, ma anche nei Color Fest estivi a lui dedicati (abbiamo recensito il primo qui) e in altre pubblicazioni non in continuity.
Sta di fatto che questa perdita ha tutte le potenzialità di rappresentare un avvenimento che ci farà facilmente differenziare i primi 400 numeri di Dylan Dog da tutti gli episodi a venire (e qui già immaginiamo tutti a dire "erano meglio i primi 400").

Al di là dell'affezione che giocoforza ogni lettore di Dylan Dog ha per il personaggio, Groucho ha rappresentato da sempre una delle sfide maggiori per gli sceneggiatori delle storie dylaniate (come rivelato da numerosi scrittori che nel corso degli anni si sono avvicendati ai testi). Non solo: l'adorabile sosia di Groucho Marx è stato anche l'ostacolo maggiore per ogni evoluzione nei mercati esteri del personaggio, per una questione di diritti legati all'attore di cui ha le fattezze.
D'ora in poi invece prevedibilmente la Bonelli potrà pensare di programmare praticamente tutto: film, serie tv e tante altre eventuali espansioni del concept e qualsiasi ulteriore strategia slegata da marchi di cui non la SBE non è diretta proprietaria.


Questo guardando la questione da un punto di vista editoriale ed oggettivo.
Sul fronte personale ed emotivo, è impossibile non diventare immediatamente nostalgici e desiderosi di tornare a leggere le battute di Groucho in un nuovo albo. Sigh!

Ma veniamo, appunto, a chi lo sostituirà, Gnaghi, con tutto quello che comporta. Il legame tra Dylan Dog e Francesco Dellamorte è complesso ma, come molti fan dylaniati ben sanno, sostanzialmente l'Indagatore dell'incubo è "figlio" del personaggio poi interpretato sul grande schermo (con buon gioco di rimandi incrociati) da Rupert Everett.


Il romanzo Dellamorte Dellamore risale infatti a diversi anni prima della nascita di Dylan Dog, ma pare che il manoscritto fosse andato perduto e il romanzo rimase inedito (come riportato in varie biografie di Sclavi e anche qui). Sclavi però riesumò Francesco Dellamorte, custode del cimitero di Buffalora, nel terzo Speciale Dylan Dog, Orrore Nero, dove veniva presentato come una sorta di alter ego dell'Indagatore dell'Incubo. Il romanzo venne poi fortunatamente rinvenuto e pubblicato nel 1991 da Camunia Editore: leggendolo si può capire che Dellamorte ha rappresentato per Sclavi una prova generale per Dylan Dog.
Ciò che forse alcuni non sanno è che anche Francesco Dellamorte era destinato a vivere le sue avventure su carta, per la precisione sulle pagine della rivista Orient Express, con testi di Sclavi e disegni di Claudio Villa. Prima che questi ultimi portassero a termine il primo episodio, la rivista chiuse, e di quell'esperienza rimangono unicamente due tavole completate e alcuni schizzi.


Le due tavole di prova per la serie a fumetti di Dellamorte Dellamore, realizzate nel 1985 da Claudio Villa per Orient Express. Testi di Tiziano Sclavi (fonte: tizianosclavi.it).

Guarda caso, tornando alla splendida cover di Cavenago per Dylan Dog #401, uno di quegli sketch di Villa ha fornito l'ispirazione per le pose dei personaggi.



Comunque sia, il nostro quinto senso e mezzo si è attivato. L'idea di fondere in qualche modo i due universi narrativi è affascinante e ci auguriamo possa portare verso nuovi sentieri narrativi, permettendo agli autori di sviluppare una sorta di "what if...?" editoriale, ovvero: cosa sarebbe successo se, al posto di Dylan, Sclavi avesse continuato a sviluppare la serie a fumetti dedicata a Dellamorte?
È presto per sapere se questo sarà effettivamente uno dei filoni percorsi da Roberto Recchioni nel nuovi ciclo di 6 episodi che debutterà a gennaio, ma intanto possiamo goderci alcune immagini in anteprima del nuovo look del personaggio (che già non ha mancato di far discutere e dividere i fan della serie).

Corrado Roi.

Gigi Cavenago.

Gigi Cavenago.

Nicola Mari.
Eravamo partiti affermando che il percorso autoriale attuale sembrava voler portare Recchioni e il team di artisti lontano dal "padre" di Dylan Dog, quasi a cercare di prendere il volo senza sfruttarne la scia, mentre in effetti dobbiamo concludere che gli indizi ci riportano proprio lì, sulle strade di uno degli scrittori più geniali degli ultimi decenni, ideatore di storie che oltrepasseranno senza dubbio i confini del tempo.

Il sommo Audace 
(con un contributo del buon Fosco)


Tutte le immagini © 2019 Sergio Bonelli Editore (ad eccezione dell'immagine tratta dal film, di proprietà degli aventi diritto).

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