La Compagnia dell'indie 09 - Mecenate Povero: "Fumetto autoprodotto, comunità viva"
Ultimo appuntamento con La Compagnia dell'Indie prima della pausa estiva. Stavolta nel nostro spazio corale dedicato all'esplorazione della scena indie fumettistica contemporanea vi proponiamo un'intervista a Mecenate Povero, progetto nato alcuni anni fa per condividere la passione per il fumetto autoprodotto con il maggior numero di persone possibile.
Con il team di Mecenate abbiamo parlato della missione di divulgazione culturale, ma anche dei progetti di archiviazione e storicizzazione del mondo del fumetto autoprodotto, delle loro riviste cartacee (e in particolare di Selfume), dei festival e di tanto altro.
FESTIVAL, CALL ED EVENTI
Come ormai saprete se ci seguite da un po', dal 19 al 21 agosto a Pisticci (Mt) torna lo Sputnik Festival, uno degli eventi più interessanti per il fumetto (e la musica) indipendente (ne abbiamo parlato qui). Questa edizione ruota attorno al tema “Fame e Resistenza”, un titolo che è al tempo stesso denuncia e invito all’azione, e che nasce dalla collaborazione con Rise Against Hunger, organizzazione internazionale impegnata nella lotta alla fame nel mondo. Nell’ambito di questa iniziativa, Sputnik Festival lancia una grande asta benefica di 20 opere inedite.
Ad agosto è in arrivo anche la sesta edizione del BiComix, sempre a Bisceglie e sempre più grande e più ricca di novità interessanti. Come media partner della manifestazione stiamo presentando sulla nostra pagina Instagram i vari collettivi che animeranno la Self Island del Festival il 23 e 24 agosto sul Porto Turistico. Nella sezione "Nuove uscite e crowdfunding" vi segnaliamo anche l'uscita di un volume speciale inedito a fumetti, al quale hanno partecipato i collettivi e le realtà del fumetto autoprodotto presenti al festival. Per ulteriori informazioni seguite il festival su Instagram.
A Treviso, dal 26 al 28 settembre, torna il Treviso Comic Book Festival. È attualmenre aperto il bando per INKitchen, la Self Area del TCBF, che ospiterà come sempre autoproduzioni, microeditoria e piccoli editori indipendenti: si possono inviare le candidature entro mercoledì 20 Agosto. Tutte le info e il bando qui.
Domenica 5 ottobre 2025 torna Microeditoria del fumetto, festival dedicato al fumetto e all'illustrazione che, «rinnovando la sua attitudine itinerante e vagabonda, ha trovato una nuova casa nella città fuviale di Palazzolo sul'Oglio», negli spazi liberty di Villa Lanfranchi, all'interno del Parco delle tre ville. L'illustrazione della locandina è di Adriana Riccardi e qui trovate la loro Open call.
Torna a Bologna dal 19 al 23 novembre A occhi aperti, il festival di illustrazione e fumetto a cura dell'associazione culturale Hamelin. Mondi accanto è il titolo di questa terza edizione, che avrà come protagonista il lavoro di Nicole Claveloux, fumettista, illustratrice e disegnatrice francese tra le più influenti degli ultimi quarant’anni, a cui sarà dedicata la prima grande retrospettiva italiana. Potete seguire gli aggiornamenti sull'evento sul loro sito.
Ultimo ma non non meno importante, a dicembre al Bloom di Mezzago (Mb) torna Bombetta!Fest (ne riparleremo più in là, ma intanto segnatevi la data di domenica 7 dicembre).
NUOVE USCITE E CROWDFUNDING
Precariato Infinito è un volume a fumetti sul tema (molto attuale) del precariato «declinato attraverso le “quattro A della precarietà” individuate dall’economista Guy Standing: alienazione, anomia, ansia ed “anger”, ovvero rabbia», nato dalla collaborazione tra La Revue e il festival Bicomix, al quale hanno partecipato diversi collettivi e realtà del fumetto autoprodotto, ovvero: Acid Free, Bangarang!Comics, Blekbord, Collettivo Anquilla, Collettivo Nausea, Collettivo Viscosa, DPS Comics, Ester, GiaTra Comics, Profondissima Press, Ragdoll – Fumetti Scomposti, Sara Dealbera, Sottobosco, Uffa Fumetti, Wabbit Hunting Season; la cover è di Criminaliza. Due delle storie contenute nell'albo, scelte da una giuria d'eccezione composta da Criminaliza, Miguel Vila e Caparezza, verranno pubblicate su uno dei prossimi numeri de La Revue. Trovate il volume direttamente al festival o con la Membership 2025-26 de La Revue.
The Magical Mystery Circus è un fumetto indipendente scritto da Marco Orlando e disegnato Toni Viceconti, un giallo che «mischia le atmosfere misteriose del Circo dei primi del Novecento, con l’immaginario e le canzoni dei Beatles». Lo trovate qui.
Maleparole di Antonio Galota è il prossimo fumetto di Renape in arrivo dal 6 Settembre (e in anteprima a Modena Nerd) ed è attualmente in preorder. Ambientato nella Sicilia di qualche decennio fa, Maleparole è «una piccola storia di rivalsa contro il sentito dire e le voci che girano incontrollate nei piccoli paeselli di provincia e una bella storia d'amore».
È partita la campagna di crowdfunding per Earl Foureyes - Giù nel Multiverso, volume che «vuole raccontare le imprese degli alter ego del detective mutante nelle dimensioni parallele. Storie brevi scritte e disegnate da diversi autori, ma racchiuse in un’unico grande affresco interdimensionale attraverso le tavole di raccordo create da Stefano Zattera, creatore del personaggio e ideatore e coordinatore del progetto». Potete partecipare al crowdfunding a questo link.
INTERVISTA
Abbiamo intervistato Mecenate Povero, progetto nato dalla volontà di due appassionatз di fumetto indipendente che, dopo aver scoperto questo meraviglioso mondo eterogeneo, hanno deciso di condividerlo con il maggior numero di persone possibile. Vanessa e Marco fondano così il Mecenate Povero, che nel 2018 inaugura su Facebook e Instagram una serie di rubriche dedicate ad autorз indipendenti, autoproduzioni, crowdfunding e recensioni (e che qualche anno fa aveva dato vita anche a una collaborazione audace con la rubrica Mecenate Audace). Al team si sono aggiunt* poi Barbara ("prezioso braccio destro soprattutto durante gli eventi") e Keefer (super appassionato di fumetti, affettuosamente chiamato “Lo Stagista”).
Attualmente il Mecenate Povero continua la sua missione di divulgazione culturale anche attraverso la Collezione del Mecenate, una raccolta di autoproduzioni liberamente consultabile, ma anche dei video periodici su YouTube, delle riviste cartacee, l'organizzazione di festival e tanto altro.
Ne parliamo con loro in questo lungo (e, ci auguriamo, interessante) dialogo sul mondo delle autoproduzioni e sul loro modo di raccontarlo.
Chi è Mecenate Povero, oggi? È ancora lo stesso di quando è nato o si è trasformato nel frattempo?
Vanessa: Sicuramente non è lo stesso, anche perché sono cambiate le intenzioni iniziali. Nel 2018 Mecenate Povero voleva semplicemente parlare di autor* indipendenti e di fumetti autoprodotti, spesso tramite recensioni più o meno brevi e con segnalazioni tramite post sui social. Era anche un progetto che esisteva solo in forma digitale. Oggi continuiamo a voler parlare di fumetti autoprodotti (anche se preferiamo il format della chiacchierata su Youtube a quello della recensione tradizionale), ma ci piace molto organizzare cose nel “mondo reale” ad esempio portando in giro per fiere e festival la Collezione del Mecenate, la nostra raccolta di fumetti indipendenti che cerchiamo di mettere a disposizione del pubblico quanto più spesso possibile con un’area lettura, o anche organizzando festival e aree dedicate come il BOMBETTA!fest e l’Area Indie di Belgioioso Comics. Anche la parte di ricerca e di censimento sta diventando sempre più importante per noi: i database del Fumetto Indipendente e la rivista Selfume ne sono la prova. Personalmente il ruolo dell’”archivista” mi piace molto, devo dire xD
Keefer: Decisamente trasformato e oserei dire migliorato nel tempo grazie alla presenza di nuov3 fantastich3 stagist3 <3
Il vostro nome non è solo un ossimoro curioso ma anche una dichiarazione d’intenti, giusto? Come nasce e in che modo vi rappresenta oggi? Quanto c’è di ironico e quanto di reale in questa dicotomia?
Keefer: essendo l’ultimo arrivato lascio all3 anzian3 la origin story. Trovo però nel nostro nome l’estrema sintesi perfetta di ciò che siamo e facciamo: “mecenate” esprime la nostra volontà di concentrarci sull3 artist3, “povero” chiarisce subito il nostro status sociale haha l’ironia di fondo si sposa bene con la difficoltà del nostro obiettivo: ci è impossibile conoscere tutto e non abbiamo i soldi per supportare economicamente tutti i progetti che scopriamo, ma siamo innamorat3 del fumetto autoprodotto e continueremo a parlarne finché avremo voce ;)
Vanessa: Keefer ha riassunto bene la dicotomia mecenate/povero, bravo stagista! xD Non volevo che il nome del progetto fosse troppo “serio”, anche perché veniva da una persona (e poi più persone che condividevano lo stesso spirito) che semplicemente si stava innamorando del fumetto autoprodotto ed era consapevole del fatto che ci sono centinaia di persone che ne sanno più di lei, quindi l’ironia del nome è e rimane essenziale. E, a meno che il Ministero della Cultura non decida a caso di darci dei soldi, la povertà continuerà a contraddistinguerci xD
Kayden: Aggiungo che il concetto dietro il nome era quello di “supportare anche con poco, come si può”: condividendo quello che ci piace, parlandone, facendo conoscere alle altre persone il mondo dell’autoproduzione. Ma più prosegue il progetto, più troviamo significati e più ci sentiamo affini al nome che abbiamo scelto.
In un’epoca in cui tutti parlano di community, come definireste la vostra? Chi è il vostro “pubblico” e chi vorreste che fosse? Avete in programma di ampliarlo in qualche modo?
Vanessa: Ogni tanto parliamo tra di noi del fatto che le persone a cui ci rivolgiamo (scusate, proverò a non usare il termine “community” perché mi fa venire l’orticaria xD) sono davvero una super nicchia, praticamente quasi tutte sono persone attive nel mondo del fumetto autoprodotto come “persone che creano fumetti”. Vorrei raggiungere di più le “persone che leggono fumetti”, anche perché prima di creare Mecenate Povero avevo notato tra i banchetti di fiere decisamente più piccole di Lucca Comics (come ad esempio la Fumettopolis di Novara, che non esiste più da anni ma all’epoca mi fece scoprire le prime realtà indipendenti) lettor* appassionat* proprio di autoproduzioni, perché solo in autoproduzione si trovano certe cose. Quindi sì, vorrei raggiungere di più le persone che leggono fumetti autoprodotti, ma anche chi legge fumetti editi per spingerl* nel rabbit hole che è l’autoproduzione. Poi in realtà secondo me si possono avvicinare al fumetto autoprodotto persone che di fumetti normalmente non ne leggono affatto: quando facciamo banchetto nelle fiere più “generaliste” o che magari hanno più un focus su illustrazione e hobbistica noto tanta curiosità. Potremmo fare di più su questo aspetto e in un futuro vicino questo argomento risalterà fuori in qualche riunione, credo.
Keefer: Sicuramente ci rivolgiamo molto spesso a una bolla dentro a una bolla. Il mondo del fumetto è in continua espansione ma, nella maggior parte dei casi, parla a una nicchia di persone, figuriamoci il fumetto indipendente e autoprodotto. Il nostro lavoro di divulgazione arriva quindi a persone fortemente appassionate di fumetto, lettori o lettrici super onnivori, o ancora più frequentemente ad autori e autrici che già si muovono in questo ambiente. Personalmente vorrei espandere questa bolla quantomeno a persone che già leggono fumetti e che non conoscono l’autoproduzione, che troppo spesso dall’esterno viene presa per un “fumetto di serie B”. Penso che quello che facciamo possa essere un perfetto trampolino per tuffarsi in questo panorama fatto di storie libere e pazzissime: ce ne sarà sempre almeno una in grado di parlarti. Ma passando oltre a queste statistiche improvvisate, e parlando quindi della community che già ci segue e sta attorno a Mecenate Povero, possiamo dire che è bellissima? Il fumetto indipendente è una casa estremamente inclusiva e accogliente e il supporto che riceviamo ogni volta che siamo a fare banchetto da qualche parte ci scalda sempre il cuore <3
Cosa significa per voi oggi fare editoria indipendente? Secondo voi l’autoproduzione è ancora controcultura o è diventata una nuova norma editoriale?
Vanessa: Ah-ah, questa domanda meriterebbe come risposta un saggio di 200 pagine e oltre xD Tenendo comunque a mente che quando si decide di fare autoproduzione si sta facendo un atto politico, anche inconsapevolmente, non sono più così sicura del fatto che TUTTA l’autoproduzione sia controcultura. Scegliere di fare, stampare e distribuire il tuo fumetto in autonomia è una scelta forte all’interno di un sistema che ci vede o come consumator* passiv* o come autor* professionist* che vengono riconosciut* come tali in base a determinati criteri (avere un titolo di studio ufficiale, seguire determinate regole mentre si crea la propria opera, ecc…), ma quando mi guardo intorno nelle Self Area non credo di vedere sempre e solo controcultura. Alcuni collettivi sono organizzati in modo da fare della loro attività uno “small business” e molte delle realtà che troviamo in Self Area propongono fumetti che non stonerebbero poi così tanto in libreria, se fossero pubblicati da una casa editrice, sia per formato che per contenuto. Poi magari nelle intenzioni sono totalmente anarchici e non firmerebbero mai un contratto con una casa editrice e sono molto orgogliosi della propria indipendenza. Quando ci penso, mi dico che la parola “autoproduzione” ne può contenere tante altre, come “controcultura”, “underground” e “fanzine”, ma non per questo un fumetto autoprodotto fa per forza “controcultura”, così come non tutti i fumetti autoprodotti sono “underground” o “fanzine”. È una riflessione che mi trovo spesso a fare, solo che poi mi perdo in pensieri che diventano sempre più astratti, il mio cervello non ne può più e allora mi metto a leggere uno dei tanti fumetti autoprodotti che non ho ancora letto, che è meglio xD C’è anche da considerare il fatto che l’autoproduzione può essere vista come “trampolino di lancio” verso l’editoria e, quando una persona inizia ad autoprodurre i propri fumetti con questa intenzione, mi viene difficile da immaginare che possa creare “controcultura”. È come se in autoproduzione ci fossero due “anime”, che spesso frequentano festival diversi e che poche volte si incrociano. Poi magari l’anno prossimo rileggerò questa intervista e mi dirò: “Ma che cazzate ho scritto?!” xD
Keefer: Partiamo dalla base: fare editoria indipendente significa stare fuori dalle logiche di mercato e di trend che dominano la grossa editoria (che visto il tema dell’ultimo Selfume mi viene da definire “intensiva”) e le narrazioni mainstream. È un modo di raccontare la propria storia senza alcun compromesso narrativo, espressivo o di formato. L’autoproduzione poi è un mondo in espansione e i numeri di Selfume stanno iniziando a testimoniarlo; nonostante ciò io penso si possa ancora parlare di controcultura. Sarà forse la mia visione a essere leggermente distorta, ma io non riesco a non trovarci, in ogni autoproduzione, una scelta politica: sia che tu non voglia sia che tu non riesca a stare dentro al mercato mainstream, hai comunque deciso di raccontare e raccontarti attraverso uno strumento e uno spazio che hai sentito l’esigenza di crearti. Questa presa di posizione ha un valore enorme e la percepisco come controcultura, in opposizione (o anche semplicemente in un altro luogo) rispetto all’editoria dominante.
Kayden: Se come cultura nel mondo del fumetto intendiamo quello che viene proposto tramite quei canali che vengono ritenuti “ufficiali” come le case editrici, l’autoproduzione è controcultura per il semplice fatto che non passa da quei canali. Se allarghiamo lo sguardo e consideriamo quello che nella nostra società riteniamo cultura, ovvero quel set di regole, comportamenti, rituali, … che comunemente vengono riconosciuti come “norma”, allora sicuramente una fetta di fumetto autoprodotto fa controcultura ma anche una fetta, sicuramente minore, di fumetto edito. Fermo restando che non esiste mai “bianco e nero”, è tutta una sfumatura. Fare editoria indipendente è un modo per prendersi il proprio spazio, i propri tempi, per comunicare quello che si desidera, senza troppe mediazioni e con i filtri che si vogliono applicare, usando i mezzi che si riescono a raggiungere e, intanto, imparare qualcosa. È una pratica sana, che ci fa bene, sia come persone creative/creatrici che come lettori e lettrici.
Quali sono le difficoltà meno visibili del vostro lavoro quotidiano? Quelle di cui si parla troppo poco?
Kayden: (La mancanza di fondi XD) La costante ricerca e le difficoltà di organizzare e coordinare eventi/incontri sull’autoproduzione.
Vanessa: Il tipo di lavoro organizzativo che richiede una rivista come Selfume. Di solito diciamo che la lavorazione di Selfume inizia a fine dicembre e poi termina con l’uscita del numero nuovo in primavera, ma in realtà lavoriamo a Selfume TUTTO L’ANNO xD C’è la parte di “rassegna”, praticamente quotidiana (o vorrei che lo fosse xD), in cui ci spulciamo i profili social di decine e decine di collettivi e autor* che si autoproducono, raccogliamo le nuove uscite in blog e in live mensili (il mecenaTG), andiamo a vederci l’elenco dei banchetti delle Self Area e dei festival indipendenti per cercare di non perderci troppi titoli e poi, quando arriva il momento di fare il censimento per Selfume, ogni volta per ogni fumetto dobbiamo chiederci: è davvero autoproduzione? O è microeditoria? Ha senso provare a tracciare una linea netta tra autoproduzione e microeditoria? Insomma, è un continuo rimettere in discussione il concetto di autoproduzione a fumetti e al momento non mi sento di trovare una risposta definitiva che possa andare bene per quello che facciamo da qui a per sempre. Ah, ci facciamo tutto questi sbatti perché ci piace. Il mio bisogno di provare a catalogare cose difficili da catalogare, pur senza avere una formazione in catalogazione, grazie a Mecenate Povero è pienamente appagato xD Concludo con: più che mancanza di fondi citata da Kay, lamento la mancanza di tempo xD
Keefer: Direi che Vane e Kay hanno detto tutto, si vede che ne sanno quell3 due!
Cosa vi manca (se vi manca) del fumetto mainstream? E cosa invece non vi manca per niente?
Kayden: da lettore non mi manca nulla perché l’autoproduzione ha tutto e di più. Mi piace anche che sia inaspettata, ammetto che non è sempre stato così, è un “muscolo” che ho dovuto allenare, ma sono contentissimo così. Di fumetti editi ormai ne leggo davvero pochi e non li cerco: spesso li leggo perché me li consigliano delle persone di cui mi fido.
Vanessa: Mmmhh non credo che mi manchi qualcosa del fumetto mainstream. Una volta avrei potuto rispondere che in autoproduzione, nel caso di fumetti seriali, bisogna tenere le dita incrociate e sperare che prima o poi la serie continui fino ad un vero e proprio finale. Oggi non la penso più tanto così: ci sono tante serie valide autoprodotte che non so nemmeno se avranno una fine, ma va bene così perché è bello che siano iniziate e continuate anche solo per un po’. Non arriveranno mai alla fine? Pazienza, capita anche per le serie edite (gli esempi che mi vengono in mente sono tutti manga xD). Un aspetto che non mi manca per niente, invece, è la tendenza nell’editoria a pubblicare fumetti più lunghi di quanto “serva” alla storia, specialmente quando si tratta di quelle che definiamo graphic novel. Non so quante volte mi è capitato di pensare: “Questo fumetto poteva durare 1/3 delle sue pagine totali e sarebbe stato meglio!” ”Annacquare” le storie non ha molto senso, se non per seguire specifiche regole di mercato… che in autoproduzione non si è tenuti a seguire. Se una storia deve durante 28 pagine, che duri 28 pagine, non 280. Alcuni dei miei fumetti autoprodotti/indipendenti preferiti sono di pochissime pagine.
Keefer: Amo il fumetto e cerco di leggere un po’ di tutto, a prescindere che sia edito o autoprodotto. Penso che questi due mondi non debbano essere visti come due cose totalmente staccate e tra loro incomunicabili, spesso anzi uno racconta molti aspetti dell’altro. Detto questo, quando giro tra banchetti indipendenti o leggo storie autoprodotte non mi manca nulla, quando mi addentro nell’editoria mainstream e nelle sue storie mi manca, ormai sempre di più, quella totale libertà di espressione tipica dell’underground.
Cosa vuol dire autoprodursi nel 2025? Cosa ha di rivoluzionario, cosa ha di sfiancante?
Vanessa: Rispondo per (una parte di) Mecenate Povero, perché sicuramente ogni fumettista ha il suo pensiero in merito. Per me autoprodurre le nostre riviste è una cosa “rivoluzionaria” perché, banalmente, prima non esisteva qualcosa di simile (che io sappia almeno xD). Dedicare così tanto tempo a una cosa come il fumetto autoprodotto, che la maggior parte delle persone manco sa cos’è, è qualcosa che magari definire rivoluzionaria è troppo ma mi piace scatenare nelle persone la domanda “Ma chi ve lo fa fare?!” Banalmente, la cosa più sfiancante forse è farmi i weekend a fare banchetto dopo una settimana di lavoro… xD Provando a immaginare il punto di vista di divers* fumettist*, autoprodursi nel 2025 ha un aspetto rivoluzionario che ha sempre avuto la stampa autoprodotta: il non dover chiedere il permesso a nessuno per vedere stampata la propria opera. Nel 2025 (ma anche prima) a questo discorso si potrebbe aggiungere questo pezzettino: a che pro stampare con un editore, se tanto non ci faccio nemmeno mezzo stipendio e l’editore non è in grado di promuovere a dovere la mia opera? A questo punto la stampo da me, con i miei tempi e le mie possibilità, decidendo io come farlo circolare e dove. Questo discorso vale sia per opere che comunque non verrebbero mai pubblicate da un editore tradizionale (per contenuto, stile di disegno, alta presenza di bestemmie, ecc… ), sia da opere che sarebbero “adatte” anche per le linee editoriali di molte case editrici. Di sfiancante, beh, abbiamo notato intervistando tant* autor* per il BOMBETTA!zine che a nessun*, ma proprio nessun*, piace occuparsi della comunicazione xD realizzare un fumetto da zero richiede già abbastanza energie, occuparsi pure dei social è una piaga… e negli ultimi anni ancora di più, anche perché i social non funzionano più così tanto bene per promuovere progetti personali (specialmente di un certo tipo, vedi “algoritmi e intelligenze artificiali di aziende malvagie”). Le persone (tutte, non solo chi fa fumetti) devono cercare e ricrearsi dei nuovi luoghi digitali, capire come funzionano, se funzionano, ecc… Poi c’è anche chi se ne sbatte di questa parte di comunicazione e fa solo bene xD
Kayden: Sì, bisognerebbe fare questa domanda alle migliaia di persone che fanno parte di questo mondo, difficile rispondere per tutt.
Parliamo di Selfume: che cos’è per voi? Una performance collettiva, la riappropriazione di uno spazio, una forma di espressione libera?
Kayden: una rivista 😐 XD
Vanessa: La rivista che avrei voluto che esistesse, ma non c’era e quindi l’abbiamo fatta noi xD
Keefer: Sul serio raga?! Vorrei dare più spazio a questa domanda quindi ora partirò per la tangente…
Di formazione sono paleontologo: uno degli obiettivi del mio campo di studi è quello di ricostruire la storia della vita sul nostro pianeta in quel lunghissimo periodo chiamato comunemente “preistoria”, ossia fino al momento in cui una particolare forma di vita, Homo sapiens, ha inventato la scrittura, strumento per raccontare sé stessa e molto altro. È chiaro che capire che diamine sia successo prima è difficilissimo, specie se tutto ciò che hai a disposizione sono una manciata di scheletri, delle orme e della cacca fossile nell’arco di interi milioni di anni… Ora pensate quanto tutto sarebbe più semplice se un T-rex a caso avesse deciso di inventare una rivista che catalogasse gradualmente la comparsa e la scomparsa di specie!
Veniamo al presente e notiamo come per studiare la storia dell’autoproduzione si parta dalle stesse premesse: si vuole ricostruire una realtà evanescente, in cui puoi trovare fanzine stampate in poche decine di copie che, una volta finita la tiratura, molto spesso scompaiono senza lasciar traccia.
Per me Selfume è un’occasione per raccogliere l’enorme biodiversità del fumetto autoprodotto, immortalandola anno per anno. Pensate che lusso anche per le persone che in futuro decideranno di studiare questo periodo, si ritroveranno con uno strumento in più!
Se doveste scegliere tre parole per descrivere Selfume a una persona che non ha mai visto niente di simile, quali sarebbero?
Kayden: Almanacco sul fumetto autoprodotto: raccogliamo informazioni su tutte le auto pubblicazioni a fumetti che riusciamo nel territorio italiano e le pubblichiamo accompagnate da storie a fumetti e articoli.
Keefer: “Utile per orientarsi”: il fumetto autoprodotto è una realtà vasta ed estremamente sfuggente. Selfume dà l’opportunità di potersi muovere un po’ più coscientemente all’interno di quel panorama, mostrandone la diversità narrativa e stilistica grazie alle storie che includiamo e all’elenco di tutte le pubblicazioni che riusciamo a scovare.
Vanessa: Potrei usare l’espressione che ha usato Samuel Daveti nell’introduzione del primo numero, dove paragonava Selfume alla “fotografia di una saetta”, ma immagino che se lo presentassi così in fiera la gente mi guarderebbe abbastanza confusa. L’espressione “Almanacco sul fumetto autoprodotto” di Kay mi piace.
Avete dichiarato che Selfume è "incompleto e imperfetto". È una poetica o una pratica?
Kayden: Poetica e pratica: Selfume lo fanno delle persone che non hanno accesso a tutte le opere che vengono pubblicate nel mondo dell’autoproduzione oltre a essere posizionate geograficamente vicine fra loro e quindi non avere un’uguale copertura su tutto il territorio italiano. Lo specifichiamo perché stiamo raccogliendo e pubblicando dei “dati” sul fumetto indipendente ma sono informazioni che sappiamo essere incomplete (spesso nel tempo stesso in cui la rivista va in stampa a quando ci arriva abbiamo già scoperto altre pubblicazioni che sarebbero state da includere e continuiamo a scoprirne) e non vorremmo fossero citate come “la verità assoluta” sul fumetto indipendente. Abbiamo bias, siamo esseri umani con tempi e risorse limitate e non abbiamo la presunzione di essere esaustiv e di avere la verità in mano. Siamo un mezzo tramite il quale si può scoprire l’autoproduzione e finire con lo scoprire anche cose che noi non conosciamo.
Per Selfume avete scelto la datazione “HE – Human Era”. È un modo per invitarci a ripensare le coordinate della narrazione culturale?
Vanessa: Scommetto che Kay risponderà alla grande a questa domanda, dato che l’idea è venuta a lui. Aggiungo solo che mi piace che per le nostre riviste abbiamo deciso di adottare questa datazione e anche l’uso del linguaggio plurale (normalmente viene definitivo “linguaggio inclusivo”): sono segno del fatto che sono stampate in un’epoca precisa in cui c’è bisogno (almeno, noi lo abbiamo) di staccarsi da certe “convenzioni” ed è bello manifestarlo anche solo nella “forma” in riviste che non affrontano questi specifici argomenti nei contenuti. Interessante comunque il fatto che pochissim* notino questa datazione xD o almeno, se viene notata non capita spesso che ci chiedano il motivo.
Kayden: Assolutamente. Esistiamo come umani da molto più di 2000 anni (ma anche di 12000 anni) e questa datazione, oltre ad essere più inclusiva, mette in una prospettiva migliore quella che è la storia nostra e delle nostre culture.
Keefer: Sottolineo anche che non ci siamo inventati noi questa datazione, ma è la datazione olocenica definita e proposta da Cesare Emiliani nel ‘93 proprio per scardinare l’idea che la nostra storia come umanità vada avanti solo da duemila anni.
Come si fa a rendere sostenibile un progetto che si basa sullo stare fuori dal mercato senza essere divorati dal mercato stesso?
Vanessa: Rispondo prima come persona che fa parte di Mecenate Povero: Mecenate Povero non è sostenibile, o meglio, si potrebbe dire che continua a sostenersi finché abbiamo un lavoro che ci permette di pagare altro e non solo le bollette xD (poi sappiamo che ritorneremo di alcune spese nel medio-lungo periodo, penso alla stampa dei BOMBETTA!zine e dei Selfume). Non credo che corriamo un rischio di essere divorati dal mercato, anzi, mi sa che il mercato starà sempre alla larga da quello che facciamo perché non ci guadagnerebbe niente xD Parlando più in generale, il mercato di massa da un certo punto in poi ha sempre attinto nuovi linguaggi dalle controculture per rinnovare se stesso e trovare nuovi pubblici paganti, nuovi “target” che non aveva ancora individuato prima. Spesso si dice anche che nell’autoproduzione si trovano “le autrici e gli autori di domani”… Ciononostante, quando il mercato prova a ingerire le storie, gli argomenti e le novità dell’autoproduzione, il risultato sono spesso prodotti annacquati, addomesticati, depotenziati.
Kayden: Per renderlo sostenibile economicamente dovrebbe essere finanziato da chi dovrebbe occuparsi di culture e poi distribuito gratuitamente. Noi siamo fortunat ad avere delle persone che credono nel lavoro che facciamo e alcune ci aiutano supportandoci su Patreon. Non ragioniamo troppo con e per il mercato, altrimenti non sarebbe neanche partito come progetto. Tra l’altro anche molti dei progetti che vediamo in libreria sono ugualmente insostenibili, solo che è più difficile vedere chi ci rimette: autor e professionist sottopagat, pratiche di stampa e distribuzione insostenibili, socialmente ed ecologicamente. Da dove partire a misurare la sostenibilità? Le nostre scelte ricadono per la quasi totalità su noi stess e abbiamo molto controllo anche sull’impatto dei nostri lavori.
Riviste, eventi, podcast... vi date molto da fare, c’è ancora qualcosa che vi manca da esplorare e cosa invece non vi interessa proprio?
Vanessa: Mi piacerebbe che prima o poi iniziassimo a portare avanti non solo i Selfume del presente, ma anche quelli degli anni passati, quindi partendo dal 2022 e poi sempre più indietro, fino probabilmente agli anni Sessanta. Sarebbe bellissimo e sappiamo che prima o poi lo faremo, solo non sappiamo quando. Mi chiedo anche se esistono realtà simili alla nostra all’estero, incentrate solo sul fumetto autoprodotto. Se esistessero, mi piacerebbe che collaborassimo! Sarebbe bello anche partecipare a festival stranieri per conoscere meglio il fumetto autoprodotto fuori dall’Italia e portare in giro le autoproduzioni italiane fuori dai confini nazionali (qualche etichetta indipendente già lo fa con i propri titoli). Un aspetto che ho capito non interessarmi molto, anche se a volte ce lo chiedono, è quello di far diventare Mecenate Povero anche una distro, ossia non limitarsi a collezionare e archiviare i fumetti autoprodotti ma mettersi anche a venderli. Mi sa che non avrò mai voglia di occuparmi di questo aspetto, anche se potrebbe essere interessante e utile, che so, vendere alle fiere e ai festival del Nord Italia fumetti di realtà attive al Sud Italia e viceversa.
Kayden: FURGONEEEHH! XD Uno dei miei sogni è sempre stato quello di girare per l’Italia (e non solo) con un furgone pieno di autoproduzioni, mostrarle e raccoglierle in ogni posto dove ci fermiamo. Non stiamo lavorando attivamente per rendere questa follia una realtà ma, chissà, magari un domani…
Cosa sogna Mecenate Povero per sé nei prossimi cinque anni? E cosa sogna per l’editoria indipendente?
Vanessa: Sarebbe bello avere una sede ufficiale di Mecenate Povero, aperta quasi quotidianamente, con la Collezione del Mecenate sempre a disposizione di tutt*, con degli spazi per la “redazione” e per un “reparto di ricerca” sull’autoproduzione, oltre che per organizzare presentazioni e mostre senza dipendere da altre realtà (posto che collaborare ci piace :)).
Per il futuro dell’editoria indipendente, spero che continui a esistere quello spirito punk fanzinaro do-it-yourself del “lo posso fare anch’io!” e che l’ambiente dell’autoproduzione non si “professionalizzi” troppo. Col fatto che stampare un fumetto costa sempre di meno, anche un fumetto di un certo tipo meno simile a una fanzine e più simile a una graphic novel cartonata, è sempre più comune trovare autoproduzioni “pregiate”, simili ai volumi che si possono trovare in libreria. Capito che in autoproduzione si può fare quello che l’editoria già fa, e anche meglio, spero che chi fa fumetti autoprodotti non si accontenti di questo ma che continui a sperimentare senza accontentarsi delle forme standard (”forme” sia di formato che di narrazione). Inoltre ci sono tant* fumettist* professionist* e aspiranti tali che fanno autoproduzione (non a caso molti dei nuovi collettivi provengono dalle scuole di fumetto), ed è bello scoprire e leggere quello che fanno, ma spero che autor* amatorial*, autodidatt* o che non escono da scuole dedicate al fumetto (e a un certo “modo” di fare fumetto) continuino ad avere i propri spazi e a creare le proprie opere.
Spero anche che questo “trend” dei fumetti cartonati e dei progetti costosoni non sarà in costante crescita, ma qui è il mio povero portafoglio a parlare xD
Kayden: FURGONEEEH! XD Scherzi a parte, Vane ha già detto tutto. È praticamente impossibile che la fiamma dell’autoproduzione si spenga del tutto ma sicuramente ci saranno delle oscillazioni in questo mondo. Anche se al momento c’è tanto da dire, tanto da essere arrabbiat, tanto da dimostrare ed è dura che vedremo un calo a breve.
Ci sono altre realtà che sentite come vostri fratelli e sorelle artistici ideali con cui vi piacerebbe collaborare?
Vanessa: Abbiamo collaborato e continuiamo a collaborare con “spiriti affini”, come La Fanzinoteca La Pipette Noir, Edizioni del Frisco, La Scimmia Blu, L’Altro Fumetto e anche con voi Audaci :D In futuro ci piacerebbe collaborare con festival che hanno a cuore l’autoproduzione (come il Treviso Comic Book Festival e l’ARF!, anche per allontanarci un po’ dalla Lombardia), ma anche con realtà come il Centro Fumetto Andrea Pazienza, Fumetto Vago e la rivista Keiko. Spoiler: con qualcuno di questi nomi forse forse stiamo già iniziando a collaborare ;)
Grazie mille e a presto!
Intervista di Wendy Costantini
Prima di chiudere, segnaliamo che nelle scorse settimane abbiamo parlato di realtà indipendenti e autoproduzioni anche nei reportage dal Festival Bande de Femmes (trovate il pezzo, a cura di Raffaella Migliaccio, sulle pagine audaci) e dal Muso Festival (potete leggere il reportage di Claudia Carrozzino qui), oltre alla recensione di Trame - Fili nel Labirinto, fumetto nato dall'incontro tra Archiviodiferro e il Gruppo di Volontariato Carcerario dell’Ex OPG Occupato - Je so' pazzo, un percorso artistico fatto di dialogo, di confronto, di condivisione.
A presto!
Rubrica a cura di Wendy Costantini, Giuseppe Lamola, Cristiano Brignola, Mattia Mirarco e Luca Frigerio
N.B. Se volete segnalarci un festival, un fumetto autoprodotto o un crowdfunding in corso, scriveteci all'indirizzo gliaudaciredazione@gmail.com