Letture seriali: Cobra Commander
Prosegue la "Road to G.I. Joe"
«Il Cobra non è un Serpente»
Ok ok, posso vedere il vostro sopracciglio alzato da qui, ma se non mi concedo di iniziare citando la Rettore nel parlarvi di Cobra Commander, nuovo tassello dell'Energon Universe di Robert Kirkman e della sua Skybound, non saprei proprio quando.
Anche stavolta, "Qualità Saldapress", con questo bel cartonato che propone l'intera miniserie scritta da Joshua Williamson e disegnata da Andrea Milana (per la tavolozza di Annalisa Leoni), quarto pezzo dell'EU ad arrivare sui nostri scaffali e secondo tassello della "Road to G.I. Joe", dopo Duke.
Ed è proprio lo sceneggiatore di quest'ultima, pronto poi a prendere le redini della serie dei Joes, a scrivere questa introduzione ad uno dei più iconici Big Bad del franchise, ovvero appunto Cobra Commander, in un mondo che ancora non ha visto la nascita dei Cobra, inteso come organizzazione, una storia che inizia su un paesaggio innevato.
Un diner in un giorno come un altro, sinché non entra quello strano avventore. Un lungo cappotto, un cappello a tesa larga, è lì in cerca di un veicolo. Parla strano, con quella S sibilata, al punto che subito attira il tono canzonatorio di uno degli uomini al bancone. Sarà la sua ultima battuta. La misteriosa figura lo segue all'esterno, e di fronte al suo gatto delle nevi, lo uccide con violenza. Non vediamo cosa gli accade, ne "sentiamo" solo le urla sotto forma di onomatopea, sino a che il sangue non esplode sullo "schermo".
Basta questa veloce sequenza di quattro tavole per prendere le misure dell'atmosfera del racconto di Cobra Commander, giocata tra il prima e il dopo, perché con un flashback veniamo portati indietro al cospetto di Golobulus, a Cobra-La, e soprattutto veniamo a scoprire il vero scopo del losco personaggio noto come Cobra Commander, qualcosa che ha a che fare con quello che sappiamo essere l'Energon e con quel Robottone alle sue spalle nella copertina di Jonboy Meyers.
Perché dobbiamo sempre tenere presente, che poi è proprio quello a farci salire l'acquolina in bocca, che tutto questo si lega a doppio nodo coi Transformers, e il bello è vedere come gli autori coinvolti da Kirkman si siano divertiti con questi veri e propri giocattoli Hasbro.
Ritorniamo così al presente, alla missione del Comandante per ottenere potere e ristabilire l'ordine delle cose e del mondo (almeno, secondo la sua distorta visione di ordine), che lo porta in Florida, nelle Everglades, tra alligatori e bifolchi sin troppo armati e sin troppo violenti, che nulla possono però contro la vera arma segreta di Cobra Commander: il suo cervello, la sua arte da stratega, capace di instillare il dubbio, farlo... serpeggiare e poi diffonderlo come un veleno, per scamparla sempre.
Il personaggio, nella descrizione che ne fa Williamson, è un villain purosangue, votato alla propria visione, al Male senza sfumature di grigio, eppure mai monodimensionale, sempre pronto ad intrigare il lettore in modo da fascinarlo, sempre ammantato di quel carisma dovuto in parte anche al fatto che non lo vediamo mai in volto.
Questo, se vogliamo, è un altro asso nella manica del character design. Non certo raro, come escamotage (anche all'interno di questo stesso franchise, tra l'altro, e non parlo solo di Void Rivals, se capite chi intendo), ma rimane un abile trucco, anche narrativo.
Cobra Commander infatti "recita" senza mai veramente mostrarsi in viso, elemento questo che sceneggiatore e disegnatore sfruttano in ogni sfizioso modo possibile nel racconto, come in quella che chiamerò la "sequenza dello smile", che capirete leggendo.
Una caratteristica semplice in teoria, ma che nelle mani del disegnatore sbagliato può rivelarsi controproducente nella pratica: fortuna che Andrea Milana è la matita giusta per il compito, e il Comandante Cobra dell'artista romano calca la scena da vero primattore.
A lui il compito di definire graficamente la personalità del personaggio, le sue movenze, il suo essere implacabile, imperturbabile anche di fronte alla tortura, malvagio quanto avido di potere e supremazia. Non c'è tavola in cui la sua presenza non ne sia il centro focale.
Milana poi adotta con efficacia particolari soluzioni visive, come il punto di vista attraverso il casco crepato, le onomatopee per le scene violente che diventano vere e proprie urla che "fuoriescono" dalla pagina (idea che, oltre che nel citato incipit, ritorna anche più avanti nella storia), ma non pensiate che, di misura, Cobra Commander risparmi sulle sequenze ad impatto: a differenza di Duke, infatti, qui l'atmosfera è più densa, tesa e maligna.
Se quello era un racconto d'avventura e azione, questo appare invece più inquieto, votato a penetrare sotto la pelle del lettore con una prepotenza, anche grafica appunto, perturbante, seppur nei limiti imposti da un fumetto di questo tipo.
Qui intervengono allora i colori di Annalisa Leoni, perché "Italians do it better", e la colorista nostrana è ben nota nei corridoi di Skybound: mi basti solo citare il suo mirabile lavoro per Oblivion Song (sempre catalogo Saldapress se volete - e dovete - recuperare la serie).
A lei il compito di valorizzare l'atmosfera di cui sopra, quella del fuoco e della palude, facendo trasparire il calore bruciante del primo e l'umidità fastidiosa della seconda, elevando al massimo i momenti più sanguinosi e "cattivi".
E in parallelo con Duke, anche questo capitolo della "Road to G.I. Joe" è fondamentale non solo per conoscere meglio un carattere, quello del villain, definirne motivazione e "raison d'être", ma anche per costruire intorno a lui narrazione e alleanze, perché gli eroi si vedono anche da quanto sono forti i loro nemici, e quelli dei Joes sono... serpi davvero molto infide.
Così, sulle fasi finali, ecco entrare in scena un altro protagonista della maxitrama, un'altra pedina della scacchiera che è a suo modo uno dei collanti di tutta l'operazione: a lui il compito di prendersi la ribalta col prossimo volume. Non dico volutamente il nome.
Anche in questo caso, una miniserie autonoma, ma sino ad una certa, perché poi la prospettiva si amplia, e ciò che qui viene detto è destinato a riverberarsi in un futuro ancora non meglio precisato, ma che sappiamo arriverà. L'ultima tavola è un esempio perfetto, che se questo fosse un film per il cinema, di fatto, sarebbe la famigerata "post-credits".
Una lettura, quella di Cobra Commander, che vive di una sua impronta personale, eppure sempre coerente con il resto dell'Energon Universe: un universo che si dimostra sfaccettato, non circoscritto ad una sola gamma, ma capace di far coesistere diverse sfumature, per meglio accrescere la propria natura e riverlarsi intrattenimento mai fine a sé, come spesso possono sembrare queste opere che, ciecamente, qualcuno chiosa come "fanservice".
Un universo che, alla bisogna, sa come... cambiare pelle, se mi concedete un ultimo gioco di parole!