L'identità, il retaggio culturale e il valore della diversità - Il press café di Gene Luen Yang
Sabato 3 novembre, in quella che è stata la penultima giornata del Lucca Comics & Games 2024, si è tenuto l’incontro con la stampa dedicato a Gene Luen Yang, autore americano pluripremiato di fumetto per ragazzi. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo American Born Chinese (il primo graphic novel a essere nominato per un National Book Award e il primo a vincere il Printz Award dell’American Library Association), Dragon Hoops, Superman Smashes the Klan (con i quali ha vinto ben quattro Eisner Award), Boxers & Saints e i fumetti della saga di successo Avatar The Last Airbender, di cui è sceneggiatore. Quest’anno, inoltre, Gene Luen Yang è tra i 265 candidati al prestigioso Premio Astrid Lindgren come autore e come promotore della lettura tra le giovani generazioni, uno dei premi più importanti nel mondo della letteratura per ragazzi.
Tunué, il suo principale editore italiano, ha deciso di portarlo in Italia in occasione della pubblicazione del suo ultimo graphic novel, di cui è coautore assieme a LeUyen Pham, Un anno per amarti: una rom-com che racconta, con delicatezza e semplicità, la difficoltà e il coraggio necessari per aprirsi alle sfide dell’amore.
L’incontro, di carattere molto intimo, si svolge con estrema naturalezza, grazie anche alla grande disponibilità dell’autore a rispondere a qualsiasi tipo di domanda, da quelle più personali a quelle prettamente inerenti alla sfera professionale. Dopo una breve introduzione, la prima domanda, come vuole la prassi in questi casi, verte sul suo ultimo graphic novel. Una componente fondamentale dei fumetti di Gene Luen Yang è da sempre la sua vita, e anche in questo caso sono molti gli spunti narrativi derivanti da elementi autobiografici. Nello specifico, Un anno per amarti nasce proprio dalla relazione con quella che sarebbe poi diventata sua moglie.
“Quando avevamo vent’anni, iniziammo a uscire insieme. Lei detestava San Valentino: pensava che fosse una trappola, una fregatura, una festa consumistica il cui solo scopo era quello di farti spendere soldi in cioccolatini, dolcetti e regali. Io, invece, volevo assolutamente uscire e invitarla a cena. Ero innamorato perso di lei. Per convincerla, mi venne in mente un escamotage: siccome San Valentino e il Capodanno lunare (in Occidente generalmente noto come Capodanno cinese, n.d.r.) cadono molto vicini, la invitai fuori per festeggiare il nuovo anno. Lei accettò. Da allora il Capodanno ha, per me, una connotazione romantica, che ho sempre sognato di raccontare all’interno di uno dei miei fumetti.”
Il titolo originale del graphic novel, Lunar New Year Love Story, fa riferimento proprio a quanto Gene Luen Yang ha raccontato. Leggendo il fumetto, le sue parole sembrano quasi rivelatorie, perché la protagonista (ma non solo) impara ad amare, e ad amarsi, proprio abbracciando la sua cultura. Nello specifico, è la Danza del Leone, momento importantissimo di ogni festeggiamento che si rispetti del Capodanno lunare, il mezzo attraverso il quale compie il suo personale percorso di crescita.
A riguardo, nel corso dell’incontro, Gene Luen Yang ha fornito molti dettagli. Incredibilmente, è venuto fuori come nelle prime bozze del libro non comparisse nemmeno.
“Mi ci sono voluti mesi per arrivare a questo elemento. Non so, in effetti, perché ci abbia messo tanto: la Danza del Leone è un evento importantissimo del Capodanno lunare. Se prima non riuscivo a trovare la quadra, la storia ,così, ha finalmente cominciato a funzionare. Dopotutto, la Danza del Leone consiste proprio in due persone che diventano una cosa sola, un’unica creatura: un leone, per l’appunto. Sotto un costume pesantissimo, devono muoversi in perfetta coordinazione al ritmo di un tamburo che simboleggia il battito del cuore dell’animale. Due persone che vanno a formare una sola entità. Due cuori che diventano uno. Cosa c’è di più romantico?”
Alla luce di tutto ciò, non stupisce che le tavole dedicate alla Danza del Leone siano le più significative (e potenti) di tutto il volume. Per realizzarle, Gene Luen Yang ha raccontato di come abbia progettato, per ognuna di esse, degli storyboard abbozzati (sketch rapidi a matita), che poi ha passato a LeUyen Pham, solo per darle una traccia da cui partire. Era importante, sì, essere allineati, ma soprattutto che lei avesse sufficiente libertà per esprimersi al meglio.
Un lavoro certosino e impegnativo, anche per quanto concerne l’enorme documentazione che ha richiesto. Affinché il risultato fosse il più potente possibile, Gene Luen Yang e LeUyen Pham si sono avvalsi della consulenza di una grande artista marziale, Sifu Mimi Chan, famosa ai più per essere stata la modella per il personaggio di Mulan nell’omonimo film della Disney. Le numerose riunioni via Zoom sono state fondamentali, durante le quali la maestra mostrava loro, nella sua palestra di Orlando, la Danza del Leone. In seguito, lei stessa li mise in contatto con un altro maestro, Richard Ow, che LeUyen Pham andò addirittura a visitare, occasione in cui poté indossare il costume tradizionale della Danza del Leone.
L’aspetto su cui si è concentrato maggiormente l’incontro è sicuramente quello dell’identità, tema centrale della quasi totalità dei suoi lavori. L’importanza del sapersi accettare, del comprendere e abbracciare il proprio retaggio culturale, del vedere ricchezza nella diversità, è fondamentale in opere come Boxers & Saints o American Born Chinese, ma anche nello stesso Un Anno per Amarti, come spiegato in precedenza. Una necessità che riflette un’infanzia difficile, come ha confessato l’autore.
“Da bambino e adolescente mi sono spesso sentito in imbarazzo, anche solo per ciò che mangiavo, per l’accento dei miei genitori, o addirittura per il mio aspetto, che era così diverso da quello dei ragazzi che frequentavo. Nel luogo in cui sono cresciuto, non c’erano molti altri figli di immigrati asiatici. È stato molto difficile riuscire ad accettarmi per ciò che sono. Questa tensione emotiva è stata una componente centrale della mia vita, e per questo la ripropongo con naturalezza nelle mie opere.”
Come molti adolescenti nella sua stessa situazione, in gioventù ha cercato di rinnegare e rifiutare le sue radici; ora, da adulto, non solo le ha accettate pienamente, ma ha anche compreso l'importanza che ricoprono nella vita di un individuo. A proposito di radici, se la cultura cinese è spesso presente nei suoi lavori, lo stesso vale per la cristianità, talvolta in maniera marginale e altre volte con un ruolo pressoché centrale, come in Boxers and Saints. Anche Un Anno per Amarti non fa eccezione, con la protagonista tormentata dallo spirito di un santo che, trattandosi di una commedia romantica, non poteva che essere San Valentino.
“Mia madre, quando i miei genitori si trasferirono negli Stati Uniti, si convertì al cattolicesimo. Così, in America, crebbi come cattolico. Il problema era che spesso la cultura cristiana entrava in conflitto con il mio retaggio familiare, quello cinese. Avevo la sensazione che le mie radici fossero un ostacolo, intrecciate in malo modo con quella che era diventata la mia nuova vita."
Il tema dell’identità nei lavori di Gene Luen Yang è affrontato anche attraverso la lente del genere. A riguardo, durante l’incontro ci si è soffermati sulla sua parentesi da sceneggiatore di fumetti supereroistici, che lo ha visto creare, insieme a Viktor Bogdanovic (ai disegni), il personaggio di Kong Kenan, il cosiddetto “Superman cinese”. Un’esperienza non semplice, come lui stesso ha raccontato: il rischio di creare una copia posticcia dell’originale era dietro l’angolo. Per evitare ciò, il passaggio fondamentale era rendere questo nuovo Superman veramente cinese. Gene Luen Yang ha spiegato come, nel concepire il personaggio, sia stato guidato da un pensiero fisso: indagare quali elementi della cultura americana e di quella cinese potessero essere analoghi, compatibili, sovrapponibili. In particolare, trattandosi di fumetto supereroistico, all’autore interessava studiare la cultura ebraico-americana. Non va dimenticato che Superman, così come Batman, Captain America, i Fantastici Quattro e molti altri, sono tutti frutto delle menti e delle mani di artisti di origine ebraica, spesso immigrati europei in cerca di un futuro migliore.
Detto ciò, a prescindere dagli sforzi, è chiaro che inizialmente sarebbe stato percepito come una pallida imitazione. È qualcosa di inevitabile quando un genere, in questo caso quello dei supereroi, si sposta da una cultura all’altra.
“Pensiamo, ad esempio, al rap, un genere nato negli anni Settanta all’interno delle comunità afroamericana e latino-americana di New York, che poi, col tempo, si è diffuso in tutto il mondo. Inizialmente, ovunque era solo una pallida copia, un tentativo di riprodurre l’originale. Col tempo, ha cominciato a distanziarsi dalla sua matrice, prendendo una strada propria e acquisendo identità sempre più distinte e specifiche del contesto in cui si sviluppava. Tornando al mio Superman cinese, all’inizio è quasi inevitabile che sembri un’imitazione, una copia. La speranza, per chi deciderà di leggere tutti e 24 i numeri, è che possa prendere una strada propria e diventare un personaggio a tutto tondo.”
Discutendo dell’identità, si è inevitabilmente parlato anche di American Born Chinese, il primo graphic novel a vincere il Printz Award dell’American Library Association. Nel 2023, il libro ha ricevuto un adattamento televisivo, una serie live-action per Disney+. Nonostante molti colleghi lo avessero messo in guardia, raccontandogli le loro pessime esperienze con Hollywood, Gene Luen Yang ha deciso di accettare la proposta dei produttori Melvin Mar e Kelvin Yu. In effetti, l'ipotesi che qualcosa potesse andare storto era più che plausibile, anche solo per la decisione di trasformare il graphic novel in una serie invece che in un film. Fortunatamente, come raccontato dall’autore durante l’incontro, l’esperienza si è rivelata più che positiva, nonostante i necessari accorgimenti per adattare la storia.
“Per esempio, se nel libro i genitori del protagonista non compaiono mai, nella serie sono molto presenti. Allo stesso modo, il personaggio di Michelle Yeoh, Guanyin (il bodhisattva associato al concetto di compassione nel buddismo dell'Asia orientale, n.d.r.), non appare nell’opera originale, mentre nell’adattamento occupa un ruolo di rilievo. Detto ciò, una parte consistente del lavoro è stata adattare la mia storia, la mia esperienza, a ciò che significa far parte della comunità asiatico-americana oggi. Molte cose sono cambiate. Nonostante ciò, Kelvin Yu ha fatto un ottimo lavoro nel riuscire a carpire, riprendere e proteggere il nucleo emotivo del mio graphic novel, riuscendo al contempo a integrare le numerose differenze. La considero una cosa molto interessante! Un altro esempio che mi viene in mente è che, mentre nel libro il protagonista (spoiler, n.d.r.) non riesce a baciare la ragazza, nella serie ce la fa. È una differenza non da poco!”
Sempre sulle differenze tra ieri e oggi, l'autore ha condiviso anche aspetti della sua sfera privata, parlando dei suoi figli e di quanto siano diversi da lui, di quanto siano altre le difficoltà che si trovano ad affrontare giornalmente.
“I miei figli sono molto diversi da me. Sono cresciuti in una zona in cui le persone di origine asiatica costituiscono la maggioranza della popolazione. Non sentono mai di essere fuori posto, di essere degli estranei. Conoscono la mia storia e leggono con piacere i miei libri, ma non riescono proprio a connettersi fino in fondo con i temi trattati, perché, in effetti, non li riguardano direttamente.”
A riguardo, ci ha raccontato un aneddoto curioso che riguarda proprio il mondo del fumetto. Anni fa, leggendo i fumetti di Hulk scritti da Greg Pak, si imbatté in una storia dove Amadeus Cho (nei panni di Hulk) riunisce i supereroi di origine asiatica per una missione. Al termine, tutti si ritrovano attorno a un barbecue coreano e, alla fine, litigano addirittura per pagare il conto. Per Gene Luen Yang, vedere il mondo supereroistico americano così contaminato dalla cultura asiatica, fu qualcosa di straordinario.
“È pazzesco leggere una cosa del genere. È rivoluzionario. Mi ricordo che, col fumetto in mano, andai subito dai miei figli. Volevo che lo vedessero anche loro, ma, con mio stupore, non riuscirono a capire il mio entusiasmo. Per loro era tutto normale.”
Continua: “Quando vado in giro a parlare dei miei libri, noto che chi riesce a empatizzare pienamente con le mie storie sono i ragazzi figli di immigrati. Loro sono gli unici che possono davvero capire cosa ho passato. Non importa né la nazionalità, né il paese in cui i genitori hanno deciso di emigrare. Possono essere storie di vita completamente diverse, ma le emozioni, le sensazioni e le tensioni più profonde sono le stesse.”
Un incontro interessante, il press cafè di Gene Luen Yang: una lunga chiacchierata di oltre un’ora in cui l’autore non si è risparmiato, raccontando e raccontandosi, senza paura. I suoi libri traboccano di umanità: trattano con ironia e con una delicatezza rara tematiche importanti, che devono essere veicolate ai più giovani. Per fare ciò, come sottolineato dall’autore, il fumetto è il mezzo giusto: può catturare l’attenzione dei ragazzi e indurli alla lettura. Può riuscire a distoglierli, anche se per poco tempo, dai social network. A dirla tutta, ci ha raccontato come in America sia già così, come gli insegnanti usino i fumetti proprio a scopo educativo. Da intrattenimento di bassa lega a strumento sociale. Ne hanno fatta di strada i “giornaletti”.