Speciale Superman: le origini

Un personaggio fatto “della stessa materia di cui sono fatti sogni”

Ogni hobby, ogni passione ha degli anfratti oscuri e perigliosi dove è poco sicuro addentrarsi. Minuzie, tecniche, conoscenze oscure ed arcane le cui complessità potrebbero rendere folle il più sano degli uomini, argomenti e dibattiti infiniti su quale sia il metodo più o meno interessante per approcciarsi a queste ultime... e poi c'è il mainstream. 

C'è il gelato alla vaniglia, c'è la maglietta nera coi jeans, la scelta basica quasi noiosa che tutti conoscono. 

Forse.

Perché quando si parla di un qualcosa che tutti conoscono, qualcosa che viene semplificato a tal punto da poter esser spiegato in quattro disegni e meno di 20 parole, si pensa che la magia sia tutta lì nella semplicità. E non fraintendetemi, non è del tutto falso. Però...

Nel 1933 l'americano Jerry Siegel e il canadese Joe Shuster andavano assieme al liceo di Cleveland, in Ohio. Erano entrambi figli di immigrati, figli di sarti, entrambi occhialuti ed entrambi timidi ma con una grande passione nel raccontare storie che venivano però tutte rifiutate dalle case editrici a cui le proponevano. Così, con l'aiuto di un mimoscopio la coppia produrrà una fanzine dal titolo Science Fiction: The Advance Guard of Future Civilization, o Science Fiction per gli amici, che durerà ben 5 numeri. 

Nel numero 3 di questa antologia, Jerry e Joe daranno vita ad una storia distopica chiamata Il Regno di Super-Man (il trattino derivava dal fatto che il nome del personaggio fosse posto in mezzo alla piegatura della rivista) dove il senzatetto Bill Dunn otteneva enormi poteri psichici grazie ad una pozione sperimentale e li usava ovviamente per il male, trovandosi però di nuovo ad essere un uomo come gli altri una volta che gli effetti della pozione si affievolivano.

Il nome “Super-Man” era già stato utilizzato come epiteto per grandi eroi pulp dell'epoca come Doc Savage, vista la grande riscoperta della filosofia di Nietzsche e la popolarizzazione del termine “Übermensch” che stava prendendo piede nelle coscienze del mondo occidentale, ed era stato usato anche riferito al Tarzan di Edgar Rice Burroughs, di cui Siegel era grande appassionato (e che sosterrà esser stato da sempre sua grande fonte di ispirazione).

Fatto sta che l'idea di un uomo con enormi poteri piaceva alla coppia di amici, che deciderà quindi di riproporlo sotto un'altra forma: quella di fumetto. 

Detto ciò, all'inizio Jerry e Joe non pensavano di certo a pubblicare le loro idee nel formato comic book, i soldi veri dopotutto si facevano con un altro tipo di carta stampata: i quotidiani.

I fumetti pubblicati sotto forma di strisce giornaliere sui più grandi periodici made in USA infatti erano i veri eroi della scena: non solo pagavano meglio, ma se la striscia andava bene si aveva anche diritto ad uno stipendio tutto sommato fisso e ad un riconoscimento su scala nazionale.

I nostri eroi si metteranno così al lavoro per creare un Superman positivo, che potesse reggere una serie da solo... che Shuster brucerà dopo aver ricevuto l'ennesimo rifiuto. 

L'unica cosa che sopravvisse all'incendio delle prime prove di quel nuovo uomo straordinario fu la copertina della serie, che Siegel salvò dalle fiamme, e che spingerà poi la coppia a riprovare a proporre la loro striscia ad una casa editrice che li aveva accolti già altri volte, quando avevano presentato personaggi diversi: la National Comics

L'editore, visto il primo soggetto, chiamerà il progetto di Jerry e Joe “ridicolo”, ma la copertina di un uomo che sollevava un'automobile senza sforzo colpirà così tanto lo staff che il personaggio verrà comprato, e pubblicato sul primo numero di una nuova testata chiamata Action Comics, un antologico dove le 13 pagine mensili di Superman erano il piatto forte di una nuova offerta editoriale che avrebbe cambiato il mondo del fumetto americano per sempre. 

Dopotutto, una tipica espressione american è “Third time's the charm” ovvero “La volta buona è la terza”, forse è vero che nella saggezza popolare c'è un fondo di verità.

Questo nuovo Superman (senza trattino) era strano. 

Le sue prime storie erano in effetti montate come strisce per i quotidiani, dando vita ad una sensazione di un fumetto un po' legnoso ed impacciato. Shuster era un disegnatore a dir poco grezzo: non ricercava il classicismo come Alex Raymond, non era folle come Fletcher Hanks, non provava a far cose matte come Will Eisner, era diretto e semplice. 

Perciò anche grazie a questa apparente semplicità, l'impostazione e le idee prodotte da Jerry e Joe si riveleranno per citare dei grandi “più veloci di un proiettile, più potenti di una locomotiva, in grado di superare un palazzo con un solo balzo”. 

Il personaggio di Superman era un qualcosa di folle e familiare: in apparenza un normalissimo giornalista timido che nascondeva però origini aliene che gli davano una forza prodigiosa ed un corpo quasi indistruttibile. Eppure, pur avendo moltissimo potere, questo Superman lo usava tutto, per gli altri. Combatteva la corruzione, difendeva le vittime di violenza, cercava in un modo comunque naif e fanciullesco di risolvere i problemi del suo mondo, ovvero l'America degli anni 30. Il tutto condito da un sottotesto molto forte di quel sogno americano di Paese “Melting pot”, quell'aspetto di convivenza di diverse culture dove non importa da dove provieni, ma se fai del tuo meglio per il Paese verrai comunque accettato ed apprezzato. Di nuovo, molto naif, ma le buone intenzioni c'erano.

Inoltre, ovviamente, nel sottotesto era presente anche una forte componente di cultura ebraica. È complesso non trovare molti punti in comune fra il primo Superman ed il biblico Mosè, come è complesso non vederci riferimenti alla mitologia greca, o alle storie folkloristiche americane.

Insomma, volendo raccontare una storia sul Melting pot (e su un tizio che può rovesciare un carrarmato col mignolo), Jerry e Joe avevano fatto un melting pot a loro volta, creando un qualcosa che era più grande della somma delle sue parti. 

Nel 1939 Superman era così famoso da avere già uno show alla radio; sempre nello stesso anno i suoi epigoni spiuntavano come funghi rendendo il genere supereroistico il più popolare in tutto lo stato; nel 1940 era protagonista di una serie ad alto budget di cartoni animati e ad un certo punto la stessa casa editrice si farà chiamare “Superman National Comics”. Insomma, il mondo era stato davvero conquistato, dalla creatura di Jerry e Joe.

Come molte storie a fumetti però, ovviamente c'è un retroterra complesso, strutturato ed in molti casi molto amaro. Dopotutto, uno dei più grandi di tutti lo diceva sempre che “I fumetti ti spezzeranno il cuore, ragazzo”.

Siegel e Shuster venderanno i diritti del personaggio di Superman alla National per circa 130 dollari (quasi 3000 di adesso), vedendo negli anni solo una frazione degli introiti del personaggio, e sebbene dopo anni di battaglie legali e sfortune personali nel 1975 la National (ora DC) offrirà ad ambo i creatori di un tassello fondamentale del mondo del fumetto uno stipendio fisso di circa 30mila dollari l'anno, resta il fatto che si trattava di una frazione di quello che Superman portava effettivamente all'azienda. 

Definire Superman come il primo supereroe è probabilmente una falsità, o come minimo un argomento di discussione per un altro momento, ma è innegabile come la sua importanza, la sua stessa presenza sia universale. 

Ad oggi, Superman è forse più famoso del concetto di supereroe stesso. Se uscite per strada, e chiedete a 10 persone se saprebbero riconoscere Superman da un disegno, almeno 9 sarebbero in grado di farlo senza troppi problemi.

E questo è un dono che hanno pochissimi personaggi di fantasia così recente.

Certo, il successo non è, e non sarà mai nel parere di chi scrive, una virtù: il semplice fatto che Superman venga riconosciuto non è sinonimo della qualità delle sue storie. 

Quella è un riconoscimento che va conquistato sul campo, e con più di 10mila apparizione a fumetti, possiamo dire con tranquillità che... Non tutte le storie di Superman sono belle. Però, il potenziale, l'idea primigenia che ci ha portato alla nascita di questo personaggio è una miniera d'oro per qualunque artista che voglia raccontarne la sua versione: un personaggio che, messo di fronte alla scelta di doversi svegliare ogni giorno e dover scegliere ogni singolo giorno cosa essere, sceglie di essere una brava persona, e deve venire a patti con l'idea che pur potendo fare molto non può fare tutto. Si può scegliere la via più noiosa del mondo e mostrarci un Superman malvagio, o la più innovativa del mondo e raccontarci di nuovo le origini del personaggio mettendo il personaggio sullo sfondo, oppure ucciderlo e vedere come il mondo non possa vivere senza un Superman.

Quello che importa è che Jerry e Joe hanno fatto un qualcosa che mi ricorda sempre la prima regola della magia: far credere che qualcosa di molto complesso sia molto semplice, e questo qualcosa è stato creare una leggenda. Un personaggio creato della stessa materia della quale sono stati creati i sogni e le favole, figlio di speranza ed immaginazione. Per dirla in modo più semplice,  e nelle parole di un altro grande autore di Superman “Della stessa materia di cui sono fatti sogni”. 

Perché quando tutto sembra perduto, le luci si spengono, e la speranza sembrava estinta, lui è arrivato. Perché? Perché sembrava proprio un lavoro per Jerry e Joe.

Giovanni Campodonico

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