Letture Seriali: Dov'era il corpo

Un crime che sa di nostalgia, dal "Dinamico Duo" del fumetto americano: Ed Brubaker e Sean Phillips

Scommetto che anche voi avete perso il conto. Delle graphic novel (anche se io amo chiamarli fumetti, punto) scritte da Ed Brubaker per le matite del sodale Sean Phillips, intendo. Persino io faccio fatica a dire con sicurezza quante Letture Seriali ho già dedicato a questi due autori, e francamente me ne importa pure relativamente, perché quando leggo i loro nomi sulla copertina, "I'm seated", come dicono sui social, pronto ad ascoltare la loro nuova sinfonia delittuosa.

Non può perciò fare eccezione Dov'era il corpo, la loro più recente incursione nel catalogo Saldapress, che propone questo fumetto completo nel suo catalogo Maèstro, e d'altronde di questo parliamo, ovvero di due maestri, che ogni volta, un poco per volta, si divertono a sperimentare, consci di avere ormai una sintonia costruita su fiducia e rispetto reciproco, con le parole di uno che si sposano coi disegni dell'altro e viceversa. Per quella che è una storia sull'Amore e la Nostalgia.

Sì, lo so: in copertina ci sta un cadavere, in quella posa che hanno solitamente i cadaveri nei film, e il titolo è abbastanza esplicito su questo punto, anche in originale.

Eppure Where The Body Was, per quanto sia una storia che ruota intorno ad un uomo morto, finisce per essere tutt'altro, raccontando persino con un pizzico d'ironia un intero quartiere di personaggi, ognuno con qualcosa da dire, letteralmente.

Nella postfazione del volume, infatti, Brubaker svela come questo racconto sia debitore, ancora una volta, dei libri pulp anni '40, o meglio di un loro preciso dettaglio, ovvero la legenda e la mappa. Difatti Dov'era il corpo inizia proprio così, con la mappa di questa enorme zona residenziale, di quelle con giardino e steccato, e un ritratto di tutti i personaggi coinvolti, manco fossimo davanti ad una partita di Cluedo.

Anche se, in effetti, questo è anche un fumetto-puzzle, per come incastra tutti i personaggi, i dettagli e i piani temporali, sfruttando così le molteplici voci per imbastire una storia con cui divertirsi a scoprire moventi ed inganni e che, se fosse un prodotto streaming di qualche tipo, condividerebbe certe dinamiche con le docuserie, ovviamente crime, voce narrante inclusa.

Ognuna delle persone coinvolte, infatti, proprio come se fosse un fatto realmente accaduto (e idealmente, come spiega sempre Brubaker, lo è davvero, seppur non così), rievoca quell'estate, rievoca quei giorni e lo fa come se stesse parlando ad un'invisibile telecamera.

Ma andiamo con ordine, prima di perderci anche noi. È il 1984. Giornate calde si susseguono nella placida esistenza di un quartiere come mille altri in America. Ma si sa, ogni finestra, dietro le tende, nasconde un segreto, e partendo da un giovane sbandato che, all'ennesimo atto violento, viene allontanato in malo modo dal poliziotto che abita da quelle parti, si innesca un susseguirsi di vicende che lega l'uomo ad una casalinga annoiata ad una giovane aspirante supereroina (tranquilli, niente ragni radioattivi, solo una bambina con tanta immaginazione) ad una coppia di tossici ad un barbone reduce di guerra ad uno psicologo e ad un investigatore privato.

Quarant'anni dopo, eccoli a ricordare la catena di cose accadute, in un andirivieni in cui la prospettiva e le dinamiche cambiano ogni volta, come le varie versioni dei fatti, finendo per parlare di tanto altro che non quel cadavere ritrovato sul marciapiede.

Si parla di tradimento, di gioventù bruciate e di amori mai davvero esplosi, di seconde occasioni, di sesso e romanticismo, di aspirazioni e sogni, di maschere e mascherine, di inganni e tentati omicidi, di distintivi e di rancori sopiti, di giochi di bambini e giochi di adulti, il tutto avvolto in questa costante aura di nostalgia, che con gli anni '80 è sempre così, hanno questa patina che proprio non gli si riesce a levare (e d'altronde perchè farlo?).

Così, quello che dovrebbe essere un crime finisce per diventare un racconto romantico, di natura dolceamara persino, erotica e smaliziata, ma anche innocente e riflessiva, che ti fa guardare indietro ad altre estati, le nostre personali, e a quanto conosciamo del mondo che ci gira intorno, delle anime dall'altra parte della strada, dalla vicina impicciona alla ragazzina iperattiva e sempre pronta a ficcare il naso dove non dovrebbe.

Difficile individuare stavolta un personaggio cardine o un solo protagonista che spicca sugli altri: forse l'onore di questa ribalta spetta proprio al cadavere, fosse solo per quel suo volersi prendere la copertina, perchè tutti gli altri sono innegabilmente sullo stesso piano.

Ma forse, nella loro universale normalità, ognuno di loro sa rendersi interessante a suo modo, perché ogni versione di questa trama, ogni prospettiva da cui la si guarda, nasconde ogni volta un lato della faccenda che non avevamo minimamente considerato poche pagine prima.

Potrei, ad esempio, svelarvi il segreto del poliziotto, e di come questo lo renda il meno indicato a rappresentare la Legge e l'Ordine. Oppure la cotta segreta della giovane eroina sui pattini, oggi diventata una donna di successo, ben lontana da quelle fantasie. Ma sarebbe, come sempre coi fumetti di Brubaker, il vero delitto sottinteso.

Perché anche stavolta lo sceneggiatore di Fatale, Incognito e Night Fever ricerca una particolare atmosfera, un particolare sentire che rende ancora una volta l'esperienza di lettura simile ma diversa dalle precedenti.

Ci sono la sua proverbiale verbosità, quella di dialoghi su dialoghi, didascalie e voci fuori campo che ci guidano lungo la via. Ci sono i tanti personaggi, come detto, e c'è la cornice, in questo caso ben lontana dagli eccessi pulp degli anni che furono o da alcuna deriva fantastica, riuscendo però sempre a trascinarci in una dimensione da tempo altro (e il fattore temporale, in alcuni frangenti, sceglie di seguire una logica tutta sua).

Cosa che gli riesce bene perché può contare sul "partner in crime" Sean Phillips: c'è una sicurezza quasi divertita nel modo in cui il disegnatore raffigura i vari personaggi.

Come in un'ipotetica commedia degli equivoci, ognuno di loro sfiora sempre la macchietta, senza mai davvero sfociare nel ridicolo. Per quello, ci pensano le loro azioni.

A colpire è proprio il modo in cui li plasma come creta attraverso il segno, attraverso la china: quando ce li mostra invecchiati, intenti a dare la loro versione dei fatti, nessuno di quei ritratti può essere confuso, ogni ruga è pienamente plausibile, al pari dello sguardo di rimpianto o rimorso di molti di loro.

Spesso ci ha abituato a volti da duro, a femme fatale la cui sensualità traspare in ogni singola linea, personaggi fittizi in ambienti di amarcord che vivono di finzione narrativa. Ma non stavolta: queste sono "persone reali", la vicina dalle forme abbondanti, il ragazzo con gli occhiali e la scatola piena di fumetti in garage, la vicina impicciona. La normalità del vivere quotidiano, del tempo che passa, e di storie personali non così straordinarie.

Eppure non riesci a mollare il fumetto sino all'ultima, sardonica pagina, grazie anche alla precisa scelta cromatica di Jacob Phillips, che si occupa dei colori ancora una volta: toni di rosso, giallo, ocra, verde e blu amplificano la fascinazione della narrazione, anche dove in teoria non ci sarebbe altrimenti nulla per cui appassionarsi.

È qui che trovo calzante, come scritto sopra, la scelta dei Saldatori di inserire all'interno di "Maèstro" quest'opera: perché in mano ad altri, questo sarebbe stato solo un "Giallo da Casalinghe Disperate". Divertente, certo, ma di difficile equilibrio. In mano a due Maestri, invece, diventa una lettura appassionante, un esperimento vinto e l'ennesima riprova che il talento sa riconoscere il talento.

Perché Brubaker scrittore può realizzare sceneggiature per tanti artisti, così come Phillips può disegnare le più svariate idee di altrettanti sceneggiatori, eppure solo quando si ritrovano insieme quell'intesa è così forte da intrigare anche il lettore più restio.

Persino se Where The Body Was diventasse un film, incorrerebbe nello stesso pericolo, richiedendo una regia e degli attori altrettanto talentuosi, altrimenti sfocerebbe presto nel solito Direct-To-Video che ti dimentichi nel giro di un pomeriggio.

Un cammino artistico, quello di Brubaker e Phillips, iniziato ben 25 anni fa, quando il disegnatore si occupò delle chine di Scena del Crimine: da allora questo duo scandisce il proprio rapporto fruttuoso di volume in volume, di delitto in delitto.

Prossimamente, ci attendono horror e sette sataniche con Houses of the Unholy, e lo sapete voi e lo so io: ha già Lettura Seriale scritto sopra!

Il Nerdastro