Speciale Dylan Dog #34 - La grande consolazione
"...la morte che vive, la vita che muore,
la morte, la morte, la morte e l'amore
che aspettano insieme il grande giudizio,
e non hanno mai fine, non hanno mai inizio." *
"Funzionano così le ossessioni... Non le lasci andare finché non ti lasciano loro."
Di ossessioni, ma anche di maschere, di specchi e infine - ultima ma non ultima - di morte parla La grande consolatrice, il nuovo magistrale tassello della saga del Pianeta dei Morti di Dylan Dog portata avanti con rara intensità da Alessandro Bilotta, stavolta accompagnato da un altro fumettista d'eccezione: Carlo Ambrosini.
L'episodio affonda le sue radici nella storia editoriale di Dylan Dog, in particolare nel memorabile numero 10, Attraverso lo specchio di Tiziano Sclavi e Giampiero Casertano: il modo in cui Bilotta si inserisce tra le pieghe di quell'episodio, evitando di rinarrarlo semplicemente ma ampliandone il significato, è da manuale. Senza anticipare nulla a chi non ha ancora letto l'albo, questa storia rappresenta al tempo stesso un prequel ma anche un sequel di quella che molti ritengono la prima vera pietra angolare della saga di Dylan Dog, nella quale Tiziano Sclavi iniziava a dare pienamente sfogo al suo estro inaugurando quell'umana commedia di cui è stato innumerevoli volte interprete profondo e inimitabile (ne avevamo parlato nel dettaglio qui).
La rielaborazione di Bilotta non si limita al semplice omaggio. Lo sceneggiatore romano si muove tra le pieghe di quella storia, in una sorta di dialogo costante con l'opera dell'ideatore di Dylan Dog, facendo cenno in maniera evidente alla trama di Attraverso lo specchio ma fornendo anche nuove chiavi di lettura e donando ai personaggi un background comprensibile e coerente. Da grande conoscitore dello stile del maestro di Broni, Bilotta ne riprende anche in maniera più o meno esplicita le citazioni letterarie, cinematografiche e artistiche. Su tutte, inevitabile parlando di specchi, il riferimento al seguito di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, quel Through the Looking-Glass, and What Alice Found There che ha reso celebre Charles Lutwidge Dodgson, alias Lewis Carroll. Come per gli omaggi alle opere sclaviane, Bilotta ne sfrutta alcuni concetti per rendere sì omaggio all'opera ma in maniera del tutto personale (e con un collegamento tematico e narrativo splendidamente gestito nel finale, che si concretizza nell'identità del Bianconiglio).
È la storia della giovane Beth, la quale continua a chiedersi "Chi ha deciso il mio destino?" a mo' di refrain, in un'irrequeta ricerca che riecheggia nel corso dei secoli, a partire dal Medioevo e fino ad arrivare al futuro. Bilotta si muove dunque tra passato e futuro, tra fisico e metafisico, tra orrore e poesia, per restituirci personaggi, atmosfere e parole che indagano su una protagonista imprescindibile dell'opera sclaviana: la Morte.
Da Edgar Allan Poe a François Villon (con i suoi allievi Brassens e De André), da Cesare Pavese a Ingmar Bergman (con la partita a scacchi che inevitabilmente richiama anche Partita con la morte di Chiaverotti & Roi), tutte le suggestioni letterarie, poetiche e cinematografiche presenti nell'opera sclaviana vengono sublimate in una visione al tempo stesso romantica e umana dell'Oscura Mietitrice, che contiene intrinsecamente anche quelle caratteristiche di ineluttabile senso di sconfitta che permeano la poetica di Sclavi.
È nei dialoghi, nelle azioni e nella progressiva definizione della stessa identità della "grande consolatrice" che Bilotta raggiunge uno dei punti più alti della sua opera di narratore. Del resto, è il rapporto con la Morte a definire i vari personaggi nella saga del Pianeta dei morti: Dylan non ha avuto il coraggio di uccidere il suo miglior amico e di conseguenza ha condannato il pianeta alla non-vita eterna (e se stesso a un insopportabile senso di colpa); Xabaras continua la sua irrefrenabile ricerca di un modo per vivere in eterno; i Flagellanti, come lui, sono ossessionati dalla vita eterna e studiano il sangue dei Ritornanti, arrivando perfino a iniettarselo (con risultati disastrosi) pur di non morire; gli Immorti, infine, sono sfuggiti all'appuntamento con l'Oscura Mietitrice.
L'innaturale ricerca di un modo per sconfiggere la morte continua a tenere banco in queste storie, una lotta contro i mulini a vento che affonda le radici in vari tòpoi classici dell'horror, declinati in chiave esistenzialista: in fin dei conti, è un modo sublime per narrare la vita, l'amore e l'esperienza umana.
Oltre alla Morte, vera e propria protagonista, Bilotta ci regala delle caratterizzazioni del tutto efficaci di personaggi come l'ispettore Osmond, il quale si guadagna un giusto spazio nella trama anche grazie alle sue interessanti riflessioni e ai risvolti delle sue indagini. Fa la sua comparsa anche l'ex ispettore Bloch, una figura lontana da quella che siamo abituati a riconoscere, certamente destinata a ricoprire un ruolo di rilievo anche negli episodi a venire.
Assolutamente memorabile la scena iniziale, con un Groucho rappresentato emblematicamente in vignette senza sfondo e senza bordi, mentre calca un palcoscenico, in una sequenza che introduce il concetto delle maschere e gioca con le aspettative dei lettori (in considerazione del ruolo e dell'evoluzione particolare di Groucho in questa saga). Lo specchio, le maschere e la rappresentazione teatrale nel fumetto sono peraltro particolarmente centrali in un'altra opera del Bilotta più recente: parliamo ovviamente dell'indimenticabile miniserie dedicata a Mercurio Loi, già a partire dal secondo episodio, non a caso disegnato da Giampiero Casertano (sì, il disegnatore di Attraverso lo specchio, tanto per chiudere il cerchio di riferimenti concentrici).
Fondamentale il contributo di Carlo Ambrosini per i disegni. Pur mantenendo tutta l'elaborata eleganza e il realismo quasi pittorico del suo stile, negli ultimi anni l'ideatore di Napoleone e Jan Dix ha abbandonato progressivamente la linearità espressiva che caratterizzava storie come Il lungo addio per concedersi un tratteggio sempre più espressionistico e sempre meno votato all'immediatezza. L'evoluzione artistica di Ambrosini meriterebbe un'ampia trattazione specifica, ma ci basta rimarcare come la sua firma fosse effettivamente una scelta decisamente azzeccata per rendere una storia così tanto sui generis e poco ancorata ai labili parametri della realtà che ci circonda. In casi come questo, il sottoscritto si sente di poter affermare però che la qualità di stampa non rende pienamente giustizia allo stile di Ambrosini, anche basandosi solo su quanto abbiamo potuto ammirare nelle anteprime online delle sue tavole, talmente piene di dettagli da essere difficili da riprodurre fedelmente sul materiale cartaceo.
Molto suggestiva poi la cover di Marco Mastrazzo, fumettista che ormai non è più una rivelazione e che si sta affinando anno dopo anno in cover sempre più evocative.
Abbiamo avuto insomma il piacere di leggere uno degli episodi più riusciti dell'intera saga, un'elaborata commistione tra varie esigenze diverse mescolate in un unicum incredibilmente equilibrato. La grande consolazione non è solo un altro grande omaggio di Alessandro Bilotta alle opere di Tiziano Sclavi, al suo stile e al suo modo di pensare il fumetto, ma è anche un albo in cui tutte le trame proposte finora vengono portate avanti e intersecate in maniera coerente con il corpus di storie dylaniate, aggiungendo al tempo stesso un'analisi concettuale dei desideri dell'uomo, del suo modo di affrontare il tempo e la morte. Il tutto avendo accanto Carlo Ambrosini, uno dei fumettisti che con il loro stile hanno segnato l'immaginario dei lettori di Dylan Dog non solo con storie che lo vedono unicamente nel ruolo di disegnatore (su tutte, il già citato Il lungo addio, Dylan Dog #74, ), ma anche come autore completo (da Il guardiano della memoria ai più recenti Una nuova vita e Lacrime di pietra).
Come accade pressoché sempre con le storie sceneggiate da Bilotta, quest'albo va assaporato a piccoli sorsi e lasciato sedimentare con calma nei recessi della mente, per poter comprendere appieno le sfaccettature tridimensionali di un racconto che porta a riflettere sulla natura profonda della vita e, come specchio riflesso, della morte.
Giuseppe Lamola
* Tratto da Dellamorte Dellamore di Tiziano Sclavi (filastrocca in parte presente anche in alcuni numeri di Dylan Dog, tra i quali anche Attraverso lo specchio).
** Qui trovate un riassunto delle puntate precedenti e una piccola anteprima della sequenza d'apertura dell'albo.
DATA: settembre 2020
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Carlo Ambrosini
COPERTINA: Marco Mastrazzo
Tutte le immagini © 2020 Sergio Bonelli Editore.