"Partita con la Morte" Dylan Dog #66
Quando il fumetto è d’autore, colto e raffinatissimo
Quante volte vi sarà capitato di guardare un film, leggere un libro, una poesia o un fumetto e pensare: «Ma io questa storia la conosco già, ma non riesco a ricordarmi proprio né dove né quando mi sia capitata davanti agli occhi». A me tante, troppe. Capita quando si entra nel circuito che è giustissimo definire d’autore, dove gli autori – tutti coltissimi – si divertono a imbastire trame e a usare immagini citando più o meno limpidamente un illustre predecessore (poco importa se l’altare della musa presso il quale si portano i doni sia il medesimo).
Qualcosa di simile è capitato a chi scrive, quando si è trovato ad ammirare (non ci sono altri verbi così calzanti) un film di uno dei più grandi geni della cinematografia mondiale, Ingmar Bergman. Di recente ho visto per la prima volta “Il Settimo Sigillo” (“Det Sjunde Inseglet”), pellicola scritta e diretta dal maestro svedese nel lontano 1957. Inutile dirvi che si tratta di uno dei film più belli che io abbia mai visto ed è universalmente riconosciuto come uno dei capolavori della settima arte.
Mai mi permetterei di anticiparvi alcunché sulla trama di questa meraviglia (che – nel caso non l’aveste capito – vi sto invitando a visionare ops… ammirare quanto prima) ma vi basti sapere che gli spunti di riflessione presenti nell’albo dylaniato non temono il confronto con quelli bergmaniani e le citazioni che il Divo Claudio (Chiaverotti) ha inserito sono – come al solito – azzeccate e mai ruffiane.
Parlavo del Divo Claudio non a caso: infatti è proprio lui l’autore dei testi (suo è il soggetto e sua è la sceneggiatura) di “Partita con la morte”, uno dei vertici assoluti del periodo aureo dell’epopea dell’Indagatore dell’Incubo.
Uscito nel marzo 1992, l’albo è disegnato magistralmente dall’amatissimo Corrado Roi, il signore delle ombre alla sua terza fatica sulla serie regolare per i testi di Chiaverotti dopo il macabro “Il Mistero del Tamigi” n° 49 dell’ottobre 1990 e il surrealista “La clessidra di pietra” n° 58 del luglio 1991.
Quella narrata è la storia di Harvey Burton, uomo d’affari sospeso nel limbo tra la vita e la morte (infatti è in coma) che decide di sfidare la Morte in persona a una partita a scacchi per avere salva la vita (ma sarà proprio così? Infondo all’albo – nel solito finale al cardiopalma chiaverottiano – la risposta).
Da antologia il dialogo introduttivo tra il protagonista e la Morte, ve ne diamo un assaggio.
Morte: «Mmm… Sei un buon giocatore?»
Burton: «Mettimi alla prova, non te ne pentirai.»
Morte: «Oh, io non mi pento mai di nulla… Ma sì… tanto mi annoio sempre, qui… Facciamo un partita! Prendi tu i bianchi. Io preferisco i neri, per affinità di colore… Le regole le conosci: se vincerai la partita, la tua vita sarà salva… Ma, a ogni pezzo che io ti mangerò, escluse le pedine, dovrai assegnare l’identità di una persona che ti è cara… e quella persona, ovviamente, morirà… E non cercare di ingannarmi dandomi dei nomi fasulli… la pagheresti cara. Chiaro?»
Burton: «Sì»
Morte: «Bene. Allora possiamo cominciare. Non ci sono limiti di tempo. Tanto, il tempo è tutto mio. A te la prima mossa…»
Ma le citazioni colte del nostro Chiaverotti non si limitano al Bergman de “Il Settimo Sigillo”, ma vanno ancora indietro nel tempo e precisamente al 1951 quando venne pubblicata – dopo il suicidio del suo autore – la raccolta di versi “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” dell’immenso Cesare Pavese (mio autore preferito di sempre). In questo esile ma imprescindibile libricino sono contenute alcune delle liriche più profonde di tutta la storia della letteratura e, tra le altre, spicca quella che dà il titolo alla raccolta. Vorrà pur dir qualcosa se solo il maestro Vittorio Gassman ha avuto l’ardire di recitarla, di interpretarla meravigliosamente, nel corso della sua carriera.
Ecco, per chi non la conoscesse, la lirica pavesiana.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
Le tematiche pavesiane dello specchio («sarà […] come vedere nello specchio riemergere un viso morto»; osservate i disegni di Roi alle pp. 29 e 76), del gorgo («Scenderemo nel gorgo muti»; andate a p. 97), della morte che ha uno sguardo per tutti («Per tutti la morte ha uno sguardo»; un po’ in tutto l’albo: specie quando la Morte va a fare visita ai protagonisti della storia) sono presenti sia a livello grafico sia a livello testuale, eccone un esempio:
Verrà la Morte e con sé porterà
un po’ di tristezza un po’ di pietà…
La vita è fuggita, la vita sognata,
la Morte è venuta, la Morte è passata.
Davanti a tante morti orribili (le vittime sono tutte conoscenti di Burton) il nostro Dylan si troverà a indagare sulla vita del protagonista e per risolvere il suo incubo dovrà varcare il confine che separa la vita dalla morte.
Una storia mozzafiato che racconta la vendetta di Burton e della sua partita con la Morte (chi ne uscirà vincitore? Chi fa il doppio gioco? Chi inganna chi? O meglio, chi crede di ingannare chi?), le citazioni del film di Bergman e della lirica di Pavese… che altro si può chiedere a un autore di fumetti?! Niente di più, credo.
Immenso Chiaverotti, semplicemente immenso.
E li chiamano giornalini…
ROLANDOVELOCI
in breve >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Dylan Dog
Numero: 66
Data: Marzo 1992
Sergio Bonelli Editore
“Partita Con La Morte”
Copertina: Angelo Stano
Testi: Claudio Chiaverotti
Disegni e Chine: Corrado Roi