Mercurio Loi #2
Lo specchio che (dà da) riflette(re)
“Roma nel 1826 è una città di maschere.
Bilotta sembra insomma aver intrapreso una via personale e riuscita per un fumetto colto e popolare, pieno di stimoli letterari e tematiche affrontate in maniera mai banale, andando oltre il puro intrattenimento per suggerire riflessioni esistenziali e profonde.
“La legge del contrappasso”
SERIE: Mercurio Loi
NUMERO: 2
DATA: giugno 2017
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Giampiero Casertano
COLORI: Stefano Simeone
COPERTINA: Manuele Fior
Per le immagini: © 2017 Sergio Bonelli Editore.
“Roma nel 1826 è una città di maschere.
Tutti hanno due identità.
E proteggono quella segreta mettendo qualcosa sulla faccia,
nascondendola dietro la porta di casa,
mimetizzandola nel buio della notte.”
E proteggono quella segreta mettendo qualcosa sulla faccia,
nascondendola dietro la porta di casa,
mimetizzandola nel buio della notte.”
Con
queste parole, sul sito Bonelli viene presentato “il mondo di Mercurio Loi”, un
microuniverso fatto di maschere e intrighi, teatro ideale per lo straordinario
gioco di specchi messo in scena ne La legge del contrappasso, che vede
il contributo di Giampiero Casertano
ai disegni e di Stefano Simeone ai
colori. Così, dopo il gradito esordio
con Roma dei pazzi, il Mercurio
Loi di Alessandro Bilotta torna
a stupirci e soprattutto, ed è questo davvero il bello della serie, a stupirsi
per i misteri che colorano di rosso (sangue, ovviamente) le strade principali e
i vicoli bui della Roma ottocentesca.
Consapevoli del valore
del suo ideatore e autore, eravamo indotti a pensare che questa nuova collana
mensile (tutta a colori) della Casa dei Sogni di via Buonarroti ci avrebbe
regalato momenti di altissima letteratura. Abbiamo apprezzato sin da subito le
potenzialità nel panorama fumettistico italiano contemporaneo di una serie dal
protagonista anomalo, diversamente bello, estremamente intelligente e al
contempo certamente non privo di fragilità interiori, seppure ben celate, che
si muove in un contesto vivo e stimolante, denso di potenzialità narrative e in
grado di costituire un affresco storico e sociologico di assoluto rilievo.
In quest’albo Bilotta, da
consumato filologo sclaviano, approfitta delle matite del maestro Casertano e
gioca con quell'immortale capolavoro che è Attraverso
lo specchio di Tiziano Sclavi (da noi recensito qui, in occasione della
recente ristampa de Il Dylan Dog di
Tiziano Sclavi), episodio che si apriva con una magnifica festa in maschera.
Non è un caso dunque che proprio all’artista milanese sia stata affidata questa
storia, ambientata durante il Carnevale romano, che contiene più di un elemento
in comune con Attraverso lo specchio.
Chissà se anche Bilotta
avrà scritto a Casertano nella sceneggiatura della tavola del carnevale a p. 63
"Divertiti!", così come fece Sclavi per la scena iniziale del ballo
in maschera di Dylan Dog #10. È fuori
di dubbio che in queste tavole il maestro Casertano si sia sbizzarrito a trarre
il meglio del proprio stile denso di umanità. La teatralità della storia si
sposa infatti egregiamente con l’espressività e la gestualità di cui le chine
dell’artista milanese sono capaci, facendone l’autore di una prova, come
sempre, maiuscola. La colorazione, a cura di Stefano Simeone, ha il difficile
compito di non appiattire le matite corpose e le chine spessissime di
Casertano: il risultato è pregevole, in linea con quanto visto nel primo
numero, in cui avevamo apprezzato le scelte cromatiche di Francesca Piscitelli.
Dopo le prime due pubblicazioni, possiamo ipotizzare che l'uso del colore
continuerà a essere al servizio dei disegni, della storia e, soprattutto, delle
splendide ambientazioni romane.
Tornando alla storia, abbiamo evidenziato finora due elementi che la ricollegano ad Attraverso lo specchio: l'autore dei disegni e le maschere. Ma il passaggio dai riferimenti alle maschere (e quindi al doppio o, per meglio dire, alla doppiezza insita in tutti noi) ad arrivare allo "specchio" il passo è breve. Se vogliamo trovare una vera chiave di volta della narrazione bilottiana, è in questa direzione che dobbiamo cercare. Gli specchi sono i veri protagonisti di questa storia e il loro intelligentissimo utilizzo da parte del narratore conferma quanto Bilotta abbia fatto proprie, non solo la lezione dello Sclavi più introspettivo, ma anche quelle del D'Annunzio meno roboante e più delicato, del Pirandello meno "pirandelliano" e più scrutatore d'anime e del Belli meno corrosivo e più attento ai drammi dei romani.
Il primo specchio fa capolino già a p. 8, quando una donna vi si riflette mestamente dopo aver pronunciato le seguenti parole: "Che sventurata!... Anche colui che mi ama non mi conosce per quella che sono per davvero…". Viene così introdotto sin da subito il tema dell’identità, che si concentra soprattutto in Eleonora, una delle tre protagoniste femminili della storia: tra p. 6 e p.8, in ogni pagina indossa abiti diversi e interpreta ruoli differenti, a suggerire il suo rifiuto dell’attuale esistenza che è “costretta” a vivere. Eleonora è un'aiutante sarta nella bottega di un maestro sarto appena finito in carcere. Rimasta sola in negozio, tutto il lavoro ricade sulle sue spalle e tende man mano a tornare sempre più tardi a casa dal mariti e dai due figli. Una sera le capita raccogliere per strada una figura mascherata, un giustiziere chiamato Il Contrappasso, al quale Loi e il colonnello Belforte stanno dando la caccia, e di prendersene cura. Ciò che l'attrae è la voglia di evasione, di fuga da una realtà che la opprime nel profondo e che nega la più intima natura del suo essere. La famiglia, il matrimonio, i figli, il lavoro sono un peso che le impedisce di seguire il suo sogno e di essere se stessa: non importa quale, forse neanche lei lo sa bene (come dimostra la già citata sequenza iniziale). Che questa storia sia impregnata di riflessioni sul dualismo lo apprendiamo sin dalla primissima vignetta: due volti che si affrontano e che nelle vignette successive diventano tanti, nessuno e centomila.
A questo va aggiunto un altro tema decisamente delicato per i tempi in cui la storia è ambientata: l'omosessualità femminile, che Bilotta affronta usando un realismo meno trasfigurato rispetto ad altri temi e con una naturalezza decisamente convincente.
Tornando agli specchi, la loro ricorrenza nell’arco della storia è quanto meno emblematica.
A p. 21 è uno specchio a segnalare la magistrale ripresa della stessa scena già raccontata da un punto di vista differente a p. 9 (un modo molto riuscito di raccontare due volte lo stesso istante).
Dopo sole due pagine, a p. 23, un altro specchio ci mostra Mercurio e il sarto, con le mani insanguinate, anche qui facendoci addemtrare nell’oscura profondità dell’animo del personaggio.
A seguire, a p. 29, è il giovane Ottone a tornare – a parole - sul concetto di specchio, citando testualmente alcune frasi che lo stesso Bilotta aveva utilizzato ne La terra dei vigliacchi, Le Storie #42 (“La coscienza è uno specchio. Almeno stesse fermo… Invece, più lo fissi e più trema.”). Bilotta affida poi la ripresa di tali concetti prima alle parole di Eleonora, a p. 46 (“Purtroppo lo specchio ci riflette solo al contrario… Quindi chi sa come siamo veramente?”), poi alla bocca di Amalia, a p. 58, con parole pressoché identiche (“Il fatto è che lo specchio ci riflette solo al contrario… Non ci vediamo come siamo veramente”). Quest’ultima, la fidanzata di Mercurio, è protagonista insieme allo stesso Mercurio di una delle scene più significative dell’episodio (tra pp. 53 e 58), con un dialogo in cui vengono ripercorse tutte le tematiche centrali dell'albo e in cui torna il tema del doppio, tanto caro a Bilotta. In questa sequenza, mentre Mercurio e Amalia sono in carrozza, ogni personaggio di cui parla Mercurio viene mostrato mentre si riflette allo specchio e si rende conto della propria reale condizione (colonnello Belforte, il sarto, Eleonora), a eccezione di Ottone, che si specchia nell’acqua, e del Contrappasso, che invece “indossa” come maschera uno specchio, quasi che il suo ruolo (o uno dei suoi ruoli) nella vicenda fosse quello di riflettere l'immagine delle sue vittime, fargli rendere conto delle (e restituirgli e farli ritrovare nudi davanti alle) loro malefatte.
È una storia molto teatrale, sembra che tutti i personaggi siano su un palcoscenico e che stiano recitando. Persino i mattoni della volta del soffitto della sartoria sembrano una cornice perfetta per accogliere attori e spettatori.
Le citazioni dell'autore romano non si fermano ovviamente qui, e potremmo parlarne a lungo: a p.40 i pensieri del colonnello Belfotte richiamano il concetto proustiano della madeleine; a p. 41 Mercurio fa ironia sui supereroi (la "Mercurio mobile") e da p.67 il concetto viene ripreso visivamente con il travestimento di Mercurio (e con la mascherina di Ottone) durante il carnevale.
Bilotta sembra insomma aver intrapreso una via personale e riuscita per un fumetto colto e popolare, pieno di stimoli letterari e tematiche affrontate in maniera mai banale, andando oltre il puro intrattenimento per suggerire riflessioni esistenziali e profonde.
Rolando Veloci e il Sommo
“La legge del contrappasso”
SERIE: Mercurio Loi
NUMERO: 2
DATA: giugno 2017
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Alessandro Bilotta
DISEGNI E CHINE: Giampiero Casertano
COLORI: Stefano Simeone
COPERTINA: Manuele Fior
Per le immagini: © 2017 Sergio Bonelli Editore.