DYLAN DOG #350
Tears in Hell
Da Dylan Dog a Napoleone a Jan Dix, passando per Le
Storie e senza dimenticare Nico
Macchia, la penna di Carlo Ambrosini conserva un’invidiabile coerenza,
mettendo in campo tutta una serie di peculiarità che rendono le sue opere
decisamente riconoscibili.
In Dylan Dog l’autore bresciano, pur
rimanendo fedele al personaggio, è sempre riuscito a declinare in modo
personale e fortemente peculiare le caratteristiche di base delineate da Tiziano Sclavi.
Le storie da lui sceneggiate e disegnate costituiscono quasi un universo a se
stante, in cui l’impronta noir s’incastra con elementi onirici e irrazionali,
senza trascurare mai tematiche difficili come l’identità, il valore dei
sentimenti e il rapporto con l’ignoto e con la fede. Proprio questi ultimi elementi
sono tra i motori di Lacrime di pietra,
numero 350 della serie interamente a colori.
Dopo il numero precedente, in cui Dylan Dog, Bloch e Groucho avevano affrontato in maniera molto grottesca Nora e Gus, Ambrosini mette in scena un episodio decisamente più cupo, che si ricollega al precedente esclusivamente per alcuni dettagli (Bloch in convalescenza, il cellulare coinvolto nell'esplosione). Dylan scopre (come se ci fossero dubbi a riguardo!) che l'ex-ispettore Bloch è ben poco "ex", dato che la sua strada si incrocia ben presto con quella di un malvivente su cui il nostro non riesce a esimersi dall'indagare. Molto più centrale è però il rapporto che lega lo stesso Bloch, che in vari punti ruba la scena all'Old Boy, e Crispille, una ragazza portoghese non vedente di cui, lo apprendiamo già dalle prime pagine, l'ex-ispettore si è (irrimediabilmente?) innamorato. Con gli usuali "voli pindarici" surreali e sovrannaturali alla Ambrosini, il destino della ragazza si lega a filo doppio con quello di una statua posta di fronte alla cappella dell'ospedale e dedicata a una santa che porta il suo stesso nome (e le cui sorprendenti e tenebrose origini ci vengono narrate in un flashback).
In mano a un altro autore, gli stessi ingredienti avrebbero generato una storia difficilmente digeribile. Ambrosini invece, con la sensibilità e profondità che lo contraddistingue, è riuscito a delineare situazioni intense e a descrivere, anche in pochi scambi di battute, personaggi dotati di notevole carica emotiva. Il suo Bloch è umanissimo, per niente imbalsamato. I comprimari mostrano una notevole complessità, come Crispille, divisa tra i suoi trascorsi difficili e il suo presente dolentissimo. Volutamente alcuni aspetti vengono lasciati irrisolti. Lo stesso ruolo di Dylan Dog, insieme a ciò che lo lega al contesto rappresentato, non sono esplicitati in maniera razionale e lineare. Quello che emerge come punto non perfettamente riuscito è soprattutto l'inizio, forse troppo lento e verboso per dare il via alla trama (ma è decisamente cosa trascurabile rispetto al resto!).
Oltre all'aspetto narrativo, la statua della Beata Crispelle anche graficamente è uno dei punti cardine dell'episodio. Ben presente a partire dalla splendida cover di Angelo Stano, la statua va a completare una sorta di triangolo compositivo che vede agli apici inferiori Dylan e Bloch, stagliandosi in alto, con il viso percorso da inquietanti lacrime di sangue. Oltre alla cover, è presente anche in alcune tra le tavole più riuscite dell'albo: basterebbe citare la splendida sequenza muta delle prime due pagine, in cui, a partire dalla primissima vignetta, si familiarizza con quell'oscurità che aleggerà intorno alla santa portoghese durante tutta la storia. Impossibile non citare poi una delle tavole più riuscite di sempre da parte di Ambrosini, ovvero pagina 87. Qui l'autore smette di rappresentarci la storia per come Dylan la sta vivendo e passa a una sovrapposizione con la statua che, in maniera molto emblematica, spezza la cosiddetta "gabbia bonelliana" (formata dalle sei classiche vignette per pagina) ponendosi al centro della tavola e quasi distogliendo l'attenzione dalla tragedia in corso. Il parallelo tra la ragazza cieca e la statua qui raggiunge il suo climax, dimostrandoci ancora una volta che, oltre a badare a cosa narrare, è del tutto influente la modalità con cui si sceglie di rappresentare determinate scene.
La spirito profondo che conferisce ai propri personaggi, spesso Ambrosini lo esprime anche csul tavolo da disegno. Nonostante alcune piccole imperfezioni, soprattutto i suoi primi piani risultano al solito molto espressivi e capaci di toccare le corde giuste.
Un gran lavoro in tal senso viene svolto da Giovanna Niro, che già aveva colorato le sue tavole in Orfani: Ringo #3 e che conferma di essere in grado di interpretare al meglio le atmosfere rappresentate dall'autore bresciano, scegliendo le tonalità migliori per conferire profondità e concretezza alle tavole. Una colorazione moderna e veramente riuscita che completa un lavoro graficamente molto riuscito.
Lacrime di pietra è un numero celebrativo che celebra ben poco (nessun allettante legame con il passato di Dylan Dog, nessun matrimonio o altro evento cardine per la biografia del protagonista) e sembra riconfermare quanto l’Indagatore dell’incubo e il suo contesto narrativo abbiano ancora spunti da offrire, quando affidati nelle mani giuste.
Il sommo Audace
SERIE: DYLAN DOG
NUMERO: 350
DATA: ottobre 2015
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO, SCENEGGIATURA, DISEGNI E CHINE: Carlo Ambrosini
COLORI: Giovanna Niro
COPERTINA: Angelo Stano
COPERTINA: Angelo Stano