Dylan Dog #403 - La lama, la Luna e l'orco
Il sangue, la notte e gli incubi
La lama, la Luna e l'orco è il terzo episodio di un ciclo narrativo in sei parti volto a ridefinire i primi passi dell'Indagatore dell'incubo. Un ciclo che - umilmente, per primi - avevamo definito Dylan Dog Year One, titolo che rappresenta anche un'analisi degli intenti dal punto di vista narrativo ed editoriale.
Realizzare un semplice "remake rimodernato" dei primi episodi di Dylan Dog avrebbe mostrato ben presto la corda e alla lunga stancato i lettori, vecchi e nuovi. Ben conscio di ciò, già nei due numeri precedenti (e in particolare in Dylan Dog #402) Roberto Recchioni, curatore della testata e sceneggiatore di questi albi, ha iniziato a inserire variazioni sul tema, elementi della trama che si discostano da ciò che il lettore immaginava di ritrovarsi a leggere.
[Quanto segue potrebbe contenere piccoli spoiler]
Il progetto che si sviluppa in queste pagine può essere definito come un vero e proprio reboot: una ridefinizione delle origini del personaggio con l'intenzione di attualizzarle e ricollegarle al presente.
In particolare, l'ispirazione esplicita per queste pagine proviene da Jack lo Squartatore (Dylan Dog #2 di Tiziano Sclavi e Gustavo Trigo) e Le notti della luna piena (Dylan Dog #3 di Sclavi, Montanari & Grassani), con un finale che rievoca Il fantasma di Anna Never (Dylan Dog #4 di Sclavi e Corrado Roi).
La scrittura è a tratti frammentaria, con frequenti cambi di scena e "salti" da una vicenda all'altra: le diverse trame racchiuse nell'episodio concedono forse troppo poco spazio allo sviluppo delle singole storie, ma il filo conduttore resta il racconto delle origini dell'Old Boy e l'aspetto davvero interessante che rende godibile e avvincente il tutto è seguire l'evoluzione del personaggio e scoprire differenze e analogie rispetto alle cose "come dovrebbero essere": siamo in un contesto narrativo contemporaneamente nuovo ma familiare, e in questa dissonanza si creano i presupposti per la godibilità dell'albo (e dell'intero ciclo finora).
Recchioni abbandona qui l'approccio maggiormente didascalico che in alcuni punti aveva caratterizzato i primi due episodi di questa "miniserie nella serie", a favore di una maggior rapidità e scorrevolezza nella scrittura, con un ritmo più sostenuto e dunque più affine all'usuale stile di scrittura dello sceneggiatore romano. Le frasi a effetto, il linguaggio, le citazioni e il dinamismo in generale creano una modernità stilistica avvincente, che contribuisce a mantenere alta l'attenzione.
Un dettaglio non trascurabile è che la storia sia stata realizzata con il contributo per il soggetto di Mauro Marcheselli (non accreditato nel tamburino a pagina 2 per errore, ma citato nella tavola d'apertura dell'albo), ovvero uno dei soggettisti più amati da tutti i lettori di Dylan Dog, nonché a lungo curatore editoriale della testata (e Direttore Editoriale della Bonelli tutta prima di Michele Masiero).
Il suo connubio con Tiziano Sclavi ha dato origine negli anni a diversi gioielli nel contesto della serie regolare (come Johnny Freak, Il lungo addio, Oltre la morte, Finché morte non vi separi e Il sorriso dell'oscura signora, giusto per citarne alcuni). Una curiosità rilevante è che in questo episodio compaiono personaggi con le fattezze di Recchioni, Nicola Mari (disegnatore dell'albo) e - appunto - Marcheselli, quest'ultimo in un ruolo peraltro non marginale.
Tra le azioni svolte dall'alter ego di Marcheselli rimarchiamo in particolare come sia proprio lui a esprimere uno dei concetti cardine del pensiero dylaniato "classico", ovvero che "i veri mostri siamo noi". Non è un caso: a livello metanarrativo, il motto viene espresso da una delle figure che hanno contribuito in maniera determinante a "forgiare" il pensiero di Dylan e a rendere il personaggio quello che conosciamo.
Ma veniamo ai disegni. Nicola Mari come sempre mostra il fascino di uno stile gotico e fatto di incredibili giochi di luci ed ombre. L'avevamo già accennato riguardo le tavole presenti nel numero precedente, ma lo ribadiamo in questa occasione: il livello di sintesi visiva ed espressiva raggiunto da Mari è davvero elevato. Ogni sua tavola è un gioiello da ammirare e rileggere.
Come per il precedente, l'albo si conclude con una "preview" dell'episodio del prossimo mese, che riprenderà Il fantasma di Anna Never. I disegni di queste enigmatiche otto tavole finali sono ad opera di Sergio Gerasi, un artista mai pago e in costante evoluzione. Se già in passato, per alcuni numeri di Mercurio Loi, avevamo fatto cenno a influenze di autori come Cyril Pedrosa, le incursioni stilistiche di Gerasi sembrano condurlo in queste pur poche pagine a rievocare (non sappiamo se intenzionalmente o meno) uno dei grandi maestri della Nona arte, ovvero Guido Crepax, con uno stile che si fa via via sempre più raffinato e sublime.
La cover presenta, come le due precedenti, un "effetto speciale" (in questo caso il logo e la lama riflettenti). Non siamo collezionisti sfegatati e gli effetti ci interessano meno rispetto all'illustrazione in sé: ancora una volta, Gigi Cavenago mette tutti d'accordo. Anche i detrattori dell'attuale ciclo narrativo difficilmente potranno negare la maturità artistica di un copertinista che non ha nulla da invidiare a nessun altro artista al mondo.
In conclusione, perché leggiamo queste storie? Non è solo per il fascino dell'eroe maledetto, dal passato tenebroso, che (ancora) alza il gomito e non è ben certo di dove finisca la realtà e inizino gli incubi e le allucinazioni. È anche per comprendere fino in fondo il nuovo contesto in cui l'Old Boy si trova ad agire, con inediti legami a persone ben note e alcuni tarli nella testa dei lettori che iniziano a urlare (a mo' di campanello che fa "Uaaaargh") che qualcosa non è al suo posto in questo universo narrativo. E sì, vogliamo scoprire cosa sia.
"La lama, la Luna e l'orco"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 403
DATA: marzo 2020
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO: Roberto Recchioni e Mauro Marcheselli
SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Nicola Mari e Sergio Gerasi
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2020 Sergio Bonelli Editore.
La lama, la Luna e l'orco è il terzo episodio di un ciclo narrativo in sei parti volto a ridefinire i primi passi dell'Indagatore dell'incubo. Un ciclo che - umilmente, per primi - avevamo definito Dylan Dog Year One, titolo che rappresenta anche un'analisi degli intenti dal punto di vista narrativo ed editoriale.
Realizzare un semplice "remake rimodernato" dei primi episodi di Dylan Dog avrebbe mostrato ben presto la corda e alla lunga stancato i lettori, vecchi e nuovi. Ben conscio di ciò, già nei due numeri precedenti (e in particolare in Dylan Dog #402) Roberto Recchioni, curatore della testata e sceneggiatore di questi albi, ha iniziato a inserire variazioni sul tema, elementi della trama che si discostano da ciò che il lettore immaginava di ritrovarsi a leggere.
[Quanto segue potrebbe contenere piccoli spoiler]
Il progetto che si sviluppa in queste pagine può essere definito come un vero e proprio reboot: una ridefinizione delle origini del personaggio con l'intenzione di attualizzarle e ricollegarle al presente.
In particolare, l'ispirazione esplicita per queste pagine proviene da Jack lo Squartatore (Dylan Dog #2 di Tiziano Sclavi e Gustavo Trigo) e Le notti della luna piena (Dylan Dog #3 di Sclavi, Montanari & Grassani), con un finale che rievoca Il fantasma di Anna Never (Dylan Dog #4 di Sclavi e Corrado Roi).
La scrittura è a tratti frammentaria, con frequenti cambi di scena e "salti" da una vicenda all'altra: le diverse trame racchiuse nell'episodio concedono forse troppo poco spazio allo sviluppo delle singole storie, ma il filo conduttore resta il racconto delle origini dell'Old Boy e l'aspetto davvero interessante che rende godibile e avvincente il tutto è seguire l'evoluzione del personaggio e scoprire differenze e analogie rispetto alle cose "come dovrebbero essere": siamo in un contesto narrativo contemporaneamente nuovo ma familiare, e in questa dissonanza si creano i presupposti per la godibilità dell'albo (e dell'intero ciclo finora).
Recchioni abbandona qui l'approccio maggiormente didascalico che in alcuni punti aveva caratterizzato i primi due episodi di questa "miniserie nella serie", a favore di una maggior rapidità e scorrevolezza nella scrittura, con un ritmo più sostenuto e dunque più affine all'usuale stile di scrittura dello sceneggiatore romano. Le frasi a effetto, il linguaggio, le citazioni e il dinamismo in generale creano una modernità stilistica avvincente, che contribuisce a mantenere alta l'attenzione.
Un dettaglio non trascurabile è che la storia sia stata realizzata con il contributo per il soggetto di Mauro Marcheselli (non accreditato nel tamburino a pagina 2 per errore, ma citato nella tavola d'apertura dell'albo), ovvero uno dei soggettisti più amati da tutti i lettori di Dylan Dog, nonché a lungo curatore editoriale della testata (e Direttore Editoriale della Bonelli tutta prima di Michele Masiero).
Il suo connubio con Tiziano Sclavi ha dato origine negli anni a diversi gioielli nel contesto della serie regolare (come Johnny Freak, Il lungo addio, Oltre la morte, Finché morte non vi separi e Il sorriso dell'oscura signora, giusto per citarne alcuni). Una curiosità rilevante è che in questo episodio compaiono personaggi con le fattezze di Recchioni, Nicola Mari (disegnatore dell'albo) e - appunto - Marcheselli, quest'ultimo in un ruolo peraltro non marginale.
Tra le azioni svolte dall'alter ego di Marcheselli rimarchiamo in particolare come sia proprio lui a esprimere uno dei concetti cardine del pensiero dylaniato "classico", ovvero che "i veri mostri siamo noi". Non è un caso: a livello metanarrativo, il motto viene espresso da una delle figure che hanno contribuito in maniera determinante a "forgiare" il pensiero di Dylan e a rendere il personaggio quello che conosciamo.
Ma veniamo ai disegni. Nicola Mari come sempre mostra il fascino di uno stile gotico e fatto di incredibili giochi di luci ed ombre. L'avevamo già accennato riguardo le tavole presenti nel numero precedente, ma lo ribadiamo in questa occasione: il livello di sintesi visiva ed espressiva raggiunto da Mari è davvero elevato. Ogni sua tavola è un gioiello da ammirare e rileggere.
Come per il precedente, l'albo si conclude con una "preview" dell'episodio del prossimo mese, che riprenderà Il fantasma di Anna Never. I disegni di queste enigmatiche otto tavole finali sono ad opera di Sergio Gerasi, un artista mai pago e in costante evoluzione. Se già in passato, per alcuni numeri di Mercurio Loi, avevamo fatto cenno a influenze di autori come Cyril Pedrosa, le incursioni stilistiche di Gerasi sembrano condurlo in queste pur poche pagine a rievocare (non sappiamo se intenzionalmente o meno) uno dei grandi maestri della Nona arte, ovvero Guido Crepax, con uno stile che si fa via via sempre più raffinato e sublime.
La cover presenta, come le due precedenti, un "effetto speciale" (in questo caso il logo e la lama riflettenti). Non siamo collezionisti sfegatati e gli effetti ci interessano meno rispetto all'illustrazione in sé: ancora una volta, Gigi Cavenago mette tutti d'accordo. Anche i detrattori dell'attuale ciclo narrativo difficilmente potranno negare la maturità artistica di un copertinista che non ha nulla da invidiare a nessun altro artista al mondo.
In conclusione, perché leggiamo queste storie? Non è solo per il fascino dell'eroe maledetto, dal passato tenebroso, che (ancora) alza il gomito e non è ben certo di dove finisca la realtà e inizino gli incubi e le allucinazioni. È anche per comprendere fino in fondo il nuovo contesto in cui l'Old Boy si trova ad agire, con inediti legami a persone ben note e alcuni tarli nella testa dei lettori che iniziano a urlare (a mo' di campanello che fa "Uaaaargh") che qualcosa non è al suo posto in questo universo narrativo. E sì, vogliamo scoprire cosa sia.
Il sommo Audace
(con illuminanti suggestioni del Fosco)
(con illuminanti suggestioni del Fosco)
"La lama, la Luna e l'orco"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 403
DATA: marzo 2020
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO: Roberto Recchioni e Mauro Marcheselli
SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Nicola Mari e Sergio Gerasi
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2020 Sergio Bonelli Editore.