Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi - Johnny Freak

Raccontare l'altro da sé secondo Tiziano Sclavi

Inutile tergiversare: uno degli aspetti più affascinanti de Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi consiste nella possibilità di constatare quanto le storie più amate dell’Indagatore dell’incubo siano riuscite a resistere allo scorrere del tempo. Riscoprire oggi - e purtroppo-per-fortuna, ce n'è sempre bisogno - Tiziano Sclavi è quanto di meglio si possa fare perché, varcando indenne i confini del tempo e dello spazio, la sua opera continua a rivelarsi una fonte apparentemente inesauribile di spunti di riflessione esistenziale e di stimoli intellettuali e artistici.
Ed è proprio per dare un contributo personale e (ci auguriamo) originale all'interpretazione dell'opera dell'ideatore di Dylan Dog, che i vostri Audaci si apprestano a recensire l'amato Johnny Freak di Mauro Marcheselli, Tiziano Sclavi e Andrea Venturi.




"Questo è un albo speciale, perché 'Johnny Freak' è un po' il 'manifesto' della filosofia di Dylan Dog nei confronti dei 'diversi'. E 'Johnny Freak' ha buone probabilità di diventare un nome-simbolo, e un grido di battaglia." 
(tratto dal Club dell'orrore della prima edizione di Dylan Dog #81, Johnny Freak)
Potremmo affermare che ogni lettore di Dylan Dog (di lunga data e non) ha un rapporto privilegiato con Johnny Freak. Vincitrice del premio come Miglior storia a fumetti pubblicata nel 1993 (secondo un referendum promosso dalla rivista Fumo di china), si tratta senza dubbio di una delle storie più amate di sempre dai fan e gioca (insieme a pochissime altre, tra cui Il lungo addio, Storia di nessuno, Memorie dall'invisibile, Oltre la morte, Dopo mezzanotte, Morgana e Finché morte non vi separi) in un particolare campionato: quello per essere considerata LA storia per eccellenza tra quelle partorite dalla penna di Tiziano Sclavi (qui, lo ricordiamo, su soggetto di Mauro Marcheselli).
Tutti i fan dylaniati pensano a questa storia con particolare simpatia e, mai come in questo caso, il "patire insieme" dell'etimologia della parola greca è calzante per descrivere il sentimento comune che caratterizza chiunque posi i suoi occhi su queste pagine intrise di dolore, amore, speranza, disperazione e violenza.

Quando la storia uscì, nel giugno del 1993, non solo il Paese Italia ma tutto il mondo era un posto completamente diverso da quello che è oggi, e in questi ventiquattro anni sono mutati valori, comportamenti, usi e modi di considerare se stessi e gli altri. E questa, infatti, è proprio una storia sull'altro, sul diverso, sul debole. Se consideriamo questo aspetto, capiamo, una volta di più, quanto il sentire e lo scrivere di Sclavi fossero in anticipo sui tempi e sulle forme d'arte dell'epoca.
Sì, perché un conto è parlare al giorno d'oggi di diversità (fisiche, sociali, culturali, etniche...) un altro era farlo un quarto di secolo fa quando, inutile negarlo, queste differenze erano sentite - se non vogliamo dire "meno" -, possiamo dire, in modo differente.



Certamente la diversità legata all'aspetto fisico era già stata oggetto di numerose rappresentazioni artistiche e cinematografiche. Lo stesso Sclavi inserisce a p.44 (ultima vignetta) un riferimento a Joseph Merrick, meglio noto come "The elephant man", uomo affetto da una rara patologia che gli causò importanti deformità fisiche, reso immortale dal meraviglioso lungometraggio di David Lynch del 1980 (nonché ripreso da Michele Medda in Benvenuti a Wickedford, Dylan Dog #340 del 2014). Nel titolo dell'episodio è poi implicito il richiamo a Freaks, il famoso film di Tod Browning del 1932, e ai "fenomeni da baraccone" del mondo del circo (ai quali il disegnatore Andrea Venturi ha dichiarato di essersi ispirato per rappresentare le movenze di Johnny). Impossibile, in tema di diversità fisica, non pensare anche al Frankenstein di Mary Shelley e soprattutto alle sue innumerevoli trasposizioni cinematografiche, non a caso citate iconograficamente da Venturi tramite un poster a casa di Dylan (p. 80, prima vignetta).


p. 44

p. 80

L'emarginazione e la diversità sono temi che ritroviamo più volte anche in tutta l'opera di un altro grande autore italiano del Novecento, ovvero Fabrizio De André, in particolare in Anime salve. In quel suo ultimo album in studio, pubblicato nel settembre 1996, il cantautore genovese mise in musica le storie degli ultimi, dei dimenticati dalla società, con un approccio in qualche modo accostabile alla straordinaria umanità dimostrata da Sclavi non solo in Johnny Freak, ma in gran parte delle sue opere, e che in questo episodio trova forse il suo miglior compimento.



Johnny Freak è la storia di un'amicizia, di un'adozione sui generis, se volete: Dylan si prende cura di questo ragazzino spaventato e maltrattato - e i paralleli con il dolcissimo cane Botolo si sprecano.
Johnny sembra essere un ragazzo malato: un male oscuro pare divorarlo lentamente e a questo si aggiunge il disagio di essere sordomuto dalla nascita... quindi il suo modo di conoscere la realtà è affidato alla vista e al tatto (quanto saranno importanti gli abbracci che il nostro Dylan saprà donargli con slancio, più che paterno, umanamente amicale); mentre per quello che "non si vede" (la realtà, secondo alcuni) si affida al suo cuore.

Botolo è il cane che Dylan ha già incontrato in precedenza (in Dopo mezzanotte, Dylan Dog #26, e Goblin, Dylan Dog #45) ed è uno dei veri protagonisti dell'albo: è lui, all'inizio della storia, a coinvolgere Dylan. Il parallelismo tematico circa l'accettazione della diversità diviene così subito palese: Dylan si schiera dalla loro parte, di chi è vittima di violenze e soprusi. La folle cattiveria di chi maltratta i cani randagi e li pesta fino a ucciderli è rivelatrice di una comune insensata matrice: trattare sia gli animali che gli esseri umani con la medesima rivoltante violenza. Inevitabile pensare non solo all'amore per gli animali dello stesso Sclavi, ma anche alle tante campagne contro l'abbandono degli animali a cui lo stesso Dylan ha prestato il volto nel corso degli anni.


p. 33, tra gli amici a quattro zampe di Botolo ce n'è qualcuno
che sembra omaggiare il lungometraggio animato Lilli e il vagabondo della Disney.

L'importanza di Johnny e di Botolo viene sancita ulteriormente dalla copertina di Gigi Cavenago per questa edizione: mentre nella cover originaria Angelo Stano anticipava il lato artistico di Johnny, reso evidente già a partire dalla tavola iniziale dell'episodio, Cavenago sceglie (per la seconda volta consecutiva, dopo Golconda!) di non mostrarci Dylan, qui solo un'ombra, per dare risalto agli ultimi, alle vittime.
La cover originale di Angelo Stano.
La cover di Mike Mignola per l'edizione statunitense targata Dark Horse.
La cover di Bruno Brindisi per la riedizione pubblicata con la Repubblica-L'Espresso,
dove per la prima volta compaiono in copertina anche i cani maltrattati.
La cover di Gigi Cavenago per Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi.

Dicevamo che Johnny sembra molto malato: una situazione insostenibile per i suoi genitori, i coniugi Martha e Fredric Arkham, la prima madre del ragazzo, il secondo patrigno, entrambi medici, i quali decidono di sottoporre alle loro personalissime "cure" il ragazzo con l'intento di dedicarsi al più giovane Dougal Arkham, il fratellastro di Johnny, frutto del loro amor perverso.
Molto azzeccata l'antitesi tra l'aspetto fisico e l'interiorità: laddove Douglas è "bello" e apparentemente sano, Johnny è un "freak", all'apparenza affetto da gravi malattie. Eppure l'aspetto senz'altro inganna, poiché è invece Douglas a rivelarsi malato (fisicamente e mentalmente) e malvagio. A p. 97 nell'ultima tavola si scopre poi che tutto ruota intorno a fatti realmente accaduti: ancora una volta la realtà supera la fantasia.

Groucho riveste un ruolo tutt'altro che marginale nell'episodio, e come in tutti gli episodi emotivamente più coinvolgenti, perde la sua proverbiale loquacità (p. 68) in un momento particolarmente triste. Durante la storia si dichiara anche ateo in una vignetta davvero intensa ("Questi sono i casi in cui un ateo come me quasi quasi crede che Dio esista... E sia malvagio!").


p. 72
Un punto di contatto con la storia pubblicata in precedenza in questa collana, Golconda!, può essere trovato nel ricorso all'alcol da parte di Dylan il quale, nonostante abbia poco prima affermato di essere un alcolista anonimo, a p. 39 butta giù un bicchiere di whisky perché non riesce a sostenere la pesantezza del momento (in Golconda! aveva avuto bisogno di bere scotch perché aveva capito di essersi innamorato della bella Amber).

p. 39

Passando a dialoghi più "leggeri" ma altrettanto interessanti, poche pagine prima (p. 31) Dylan afferma di avere diciotto giacche uguali (altro tema ricorrente nella serie).

p. 31

Tra gli spunti che Sclavi dà al lettore, cita Johann Sebastian Bach (p. 46), Pablo Picasso e Wolfgang Amadeus Mozart (p.50).


P. 46, con lo spartito di Aria sulla 4a corda dalla suite n.3 in Re di J.S.Bach
P. 50
E ora una piccola divagazione sul tema dei nomi, sempre rivelatori in Sclavi.

Johnny, Giovanni, proprio come il Santo decollato - battezzatore di Cristo - è una vittima della violenza e della prepotenza altrui. E proprio come il Battista offre la vita per rinascere a nuova vita dopo la morte: il Battista dona la vita eterna a Gesù, battezzandolo, Johnny dona il suo cuore permettendo a chi gli ha fatto del male di continuare a vivere. Figura decisamente cristologica, questa di Johnny; chiamato "Freak" da giornalisti senza scrupoli in cerca di gloria e di una copia in più, proprio come i martiri, e Gesù prima di loro, viene dileggiato, umiliato, sottoposto a vessazioni indicibili e proprio come Gesù sulla croce sa perdonare i suoi carnefici perché è già oltre, è già (o è sempre stato? Almeno così appare agli occhi di uno sbalordito e distrutto Dylan nel finale) dall'altra parte, dove non esiste più né odio né violenza né rancore ma solo pace e silenzio.
L'accostamento religioso viene suggerito anche da due vignette chiave, dalla forma molto peculiare, che si espandono a invadere le vignette sovrastanti e richiamano evidentemente l'iconografia religiosa cristiana, con Dylan e Dora al capezzale di Johnny (pp.104 e 107).

p. 104
Piero della Francesca, Pala di Brera (o Pala Montefeltro). Le analogie sono ad esempio nell'abside semicircolare sotto al quale si svolge la scena e le teste dei personaggi tutte allineate...

Il cognome della famiglia di Johnny, Arkham, ricorda invece il nome del manicomio criminale di Gotham City con cui ha avuto spesso a che fare Batman (e la madre di Bruce Wayne, come noto ai più, si chiama Martha, proprio come la madre di Johnny), e questo potrebbe rappresentare un piccolo segno premonitore riguardo la follia della famiglia d'origine di Johnny.

Dora Hyams è l'infermiera al Saint James Hospital: è la classica figura femminile della quale il nostro Dylan non può non innamorarsi. Dora - oltre a essere una ragazza splendida - ha anche un'indole buona e dolce ma, ce lo rivela il suo nome, è profondamente "addolorata", sia per quello che, in particolare, Johnny subisce sia per tutto il male che l'uomo, in generale, si dimostra in grado di compiere.

L'intramontabile successo di Johnny Freak è dimostrato dai numerosi richiami fatti all’interno delle storie di Dylan Dog a partire già dall'aprile del '97, quando, dopo nemmeno quattro anni, la storia conobbe un seguito, il discusso Il cuore di JohnnyDylan Dog #127 (sempre su soggetto di Marcheselli e sceneggiatura di Sclavi, disegnato stavolta da Giampiero Casertano). Il personaggio di Johnny è stato poi ripreso in numerose altre scene, tra ricordi, sogni e desideri dell’Indagatore dell’incubo, come ne Il Calvario (Dylan Dog #335), ma anche ne Il Senza Nome (Dylan Dog Gigante #13) fino ad arrivare, solo pochi giorni fa, a Oltre i confini della realtà, lunga storia in tre parti contenuta nell'ultimo Maxi Dylan Dog, in cui l'Old Boy sembra rincontrare Johnny.


Non va trascurata comunque l'importanza del già citato contributo, in fase di ideazione del soggetto, da parte di Mauro Marcheselli, a lungo curatore della testata: il connubio tra Sclavi e Marcheselli ha infatti dato origine negli anni a diversi gioielli inarrivabili nel contesto della serie regolare noti ai più (come i già citati Il lungo addio, Oltre la morte e Finché morte non vi separi, ma anche Il sorriso dell'oscura signora), unitamente ad altre storie tutte da (ri)scoprire (a titolo esemplificativo: Il volo dello struzzo, Dylan Dog #109 e soprattutto Totentantz, Dylan Dog Gigante #1). Come ricorda il curatore Roberto Recchioni nel suo pezzo d'apertura, il finale ideato originariamente da Marcheselli era più "crudo, realistico e amaro" di quello poi messo nero su bianco nella sceneggiatura di Sclavi, il quale volle dare una conclusione in qualche modo romantica e commovente alla vicenda.
Nel corso degli anni la storia ha ricevuto critiche di "buonismo", quasi che rappresentasse con eccessivo semplicismo il lato fanciullesco e semplicistico delle storie dylaniate. Dal nostro punto di vista ci sembra invece persino superfluo rimarcare come tante delle caratteristiche di questa storia siano piuttosto intrinseche nel DNA del personaggio e della serie. Dylan Dog, come suggerisce Marco Nucci nell'articolo introduttivo dell'albo, è un "antieroe", un "personaggio che definisce se stesso nelle sue mancanze": tutt'altro che infallibile, è portato per la sua stessa natura ad essere ironico, romantico, a farsi coinvolgere emotivamente, a schierarsi dalla parte dei più deboli e a non nascondere le proprie fragilità.

Ai disegni troviamo Andrea Venturi, che aveva esordito su Dylan Dog l'anno precedente con L'uomo che visse due volte (Dylan Dog #67). Chiamato a rappresentare una storia dal ritmo peculiare e sui generis, dall'andatura del tutto irregolare e piena di cambi di registro, il disegnatore bolognese dimostra una maturità artistica che lo distacca completamente da quelli che lui stesso dichiara come suoi modelli (da Claudio Villa a Giampiero Casertano, a cui potremmo forse aggiungere anche Corrado Roi). La maestria del futuro copertinista di Magico Vento è eclatante nelle sequenze mute, come quella di dodici tavole che apre la storia, in cui utilizza sapientemente le ombre per evitare di mostrare sin da subito il volto di Johnny e al contempo riesce, quando ne ha l'occasione, a conferire agli sguardi un'espressività notevole. Per i disegni realizzati da Johnny durante la storia, lo stesso Venturi rivela nell'intervista in appendice al volume di essersi ispirato al surrealismo di Salvador Dalì e ai fantasiosi dipinti di Hieronymus BoschIn generale, al di là di poche e trascurabili eccezioni, il tratto di Venturi ben si adatta alla nuova colorazione vintage realizzata da GFB Comics e Luca Bertelè, un apporto mai invasivo e destinato a convincere anche coloro che avevano amato la versione in bianco e nero.



Insomma, questo nuovo appuntamento mensile ci sta proprio prendendo la mano. D'altronde, come resistere a un invito così allettante? Le storie di Tiziano Sclavi riproposte a colori e con corposi apparati redazionali inediti: non bisognerebbe aggiungere altro. Ma se vi sussurriamo all'orecchio che, dopo la triade iniziale formata da Attraverso lo specchio, Golconda! e Johnny Freak, il numero in uscita il prossimo mese sarà Memorie dall'invisibile... Come si fa a non gioire!? Si può solo giubilare per questo tripudio di sclavianità e ringraziare la casa dei sogni di via Buonarroti per questa preziosa occasione che sta fornendo ai lettori.
Arrivederci dunque tra un mese, con un altro episodio davvero indimenticabile.

RolandoVeloci & Giuseppe Lamola



"Johnny Freak"
SERIE: Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi (Dylan Dog Book 253)
DATA: luglio 2017
SERGIO BONELLI EDITORE

SOGGETTO: Mauro Marcheselli
SCENEGGIATURA: Tiziano Sclavi
DISEGNI E CHINE: Andrea Venturi
COLORI: GFB Comics e Luca Bertelè
COPERTINA: Gigi Cavenago





Per le immagini: © 2017 Sergio Bonelli Editore

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