Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi - Le notti della luna piena

L'irresistibile richiamo della foresta nera




Si capisce che gli Audaci sono stra super iper mega ultra felici di questa nuova ristampa dylandoghiana, arrivata ormai al numero nove?! E quanto si staranno divertendo i curatori della collana a pescare nel mare magnum della produzione sclaviana? Tanto, difficile vada diversamente. E, comunque, si tratta davvero di un bello scegliere: date un'occhiata alle nostre recensioni e fatevene un'idea!

La mitica cover originale ad opera di Claudio Villa (sì, quella con Dylan con la camicia bianca).

A eccezione del leggendario n. 1, L'alba dei morti viventi, l'episodio di questo freddo gennaio è il più antico. Pubblicato originariamente nel dicembre 1986, Le notti della luna piena, numero tre della serie regolare, vedeva alla parte grafica l'esordio di due delle colonne portanti della serie: Giuseppe Montanari ed Ernesto Grassani.
Ed è proprio sul loro lavoro che ci soffermeremo, brevemente, nella parte iniziale della recensione.



"Bisogna inventare situazioni. Il racconto di Dylan Dog vive per frammenti. Devono esserci scene forti. E devono venire espresse graficamente. In Dylan, Sclavi, ma anche altri sceneggiatori, hanno chiesto ai disegnatori cose ai limiti dell'impossibile. Per esempio: un personaggio viene inghiottito dalla propria stanza. Certo, tu puoi anche scriverlo, ma cosa significa graficamente? Giuseppe Montanari ed Ernesto Grassani sono riusciti a disegnare questa cosa impossibile, grazie al loro stile essenziale e non-realistico". 
Gianfranco Manfredi dal saggio Making Of Dylan Dog (di Franco Busatta e Stefano Priarone, Edizioni If 2007).
La storia si apre con il mitico bianco maggiolone - targato DYD 666 - che affronta i sentieri poco battuti della Foresta nera, in Germania. Si tratta della primissima uscita "fuori porta" per l'irresistibile duo formato da Dylan e dal suo assistente, Groucho.
Come rivelato nell'intervista a Montanari e Grassani, che troverete nel cartonato, l'assistente di Dylan doveva avere le fattezze di Marty Feldman (qui sotto in uno studio del copertinista Claudio Villa). Infatti, le prove realizzate inizialmente dal duo e sottoposte al giudizio di Tiziano Sclavi e Decio Canzio, una volta approvate, vennero ridisegnate proprio per sostituire la figura dell'assistente originario con quella di Groucho.





I due autori, pur mostrando sin dalle prime pagine uno stile riconoscibilissimo, rendono evidente in alcuni dettagli la loro progressiva evoluzione. "Fummo quasi gli unici a utilizzare come riferimento il Dylan disegnato da Claudio Villa. Poi, con il tempo, trovammo una nostra versione, che è poi quella che usiamo tuttora!", affermano gli stessi autori. Infatti in questa storia il loro tratteggio è più ampio, meno rarefatto rispetto a quanto ci hanno poi abituato nel corso degli anni.


Un passaggio particolarmente "à la Villa".

Risulta poi molto interessante ripercorrere alcune scene in cui Montanari e Grassani hanno operato scelte alquanto peculiari. L'undicesima tavola dell'episodio, ad esempio, in cui Dylan raccoglie al volo la pistola e spara al licantropo, è una scena quasi muta (ad eccezione delle onomatopee) in cui il tempo sembra quasi fermarsi. "In Le Notti della Luna Piena, a mettermi in difficoltà furono le classiche strisce con tre vignette...", spiega Ernesto Grassani. "Agli albori della serie apparivano spesso, era una soluzione che serviva a descrivere un'azione precisa, dividendola in tre momenti, come in un ralenti". La scena è particolarmente suggestiva, con una stravagante scelta per le inquadrature ed è certamente tra le pagine meno convenzionali dell'albo. 


Il lavoro dei due artisti è uno dei più chiacchierati di sempre a causa della leggendaria svista nella lunga sequenza interna all'autovettura: Dylan si trova alla guida del maggiolone ma dal lato sbagliato! Considerato che i due protagonisti vengono dal Regno di sua maestà, la guida del veicolo dovrebbe trovarsi a destra, mentre nei disegni Dylan occupa il lato autista a sinistra e Groucho quello del passeggero, a destra. Anche questa è storia del fumetto: altri tempi, altre soglie di attenzione ma anche altre emozioni.

La storia è un evidente omaggio a film e romanzi appartenenti al filone licantropico-horrorifico, e non solo, in voga in quegli anni: impossibile non pensare al Frankenstein Junior di Mel Brooks (durante il già citato viaggio in auto), a Unico indizio la luna piena (tratto da un'opera di Stephen King), all'omonimo film del maestro francese Rohmer, e alle pellicole cui si fa esplicito riferimento nel redazionale (Un lupo mannaro americano a Londra e L’ululato)
Un altro superclassico citato direttamente è L’uomo Lupo, film del 1941 con Lon Chaney Jr.



Una scena dal Frankenstein Junior di Mel Brooks.
Dicevamo che la sgangherata coppia si trova in Germania, nel lugubre paesino di Wolfburg, che sta a Le notti della luna piena come la cittadina zombiesca di Undead sta a L'alba dei morti viventi, per indagare sulla sparizione della giovane Mary Ann Price, educanda in un rigido collegio femminile, gestito col pugno di ferro dalle anziane sorelle Edda e Helga Blucher (le quali si riveleranno essere due malvagie entità).

«Sei un privilegiato, uomo... tu hai visto ciò che nessuno, nel ventesimo secolo, lontanamente immagina... hai visto un incantesimo!» dice Helga Blucher a Dylan dopo che il nostro ha assistito alla metamorfosi in lupo di alcuni uomini (chiamati dagli abitanti di Wolfburg "stranieri") sotto il suo controllo.
Sempre Helga rivelerà a Dylan: «Noi esistiamo da sempre, e sempre esisteremo. La nostra è una civiltà parallela: viviamo in mezzo a voi ma non siamo come voi».
Così dicendo la terribile strega, come nel più classico dei momenti culmine dei film di paura, snocciola al protagonista, in apparente scacco mortale e senza più nulla da perdere, il suo piano contro natura, degno delle peggiori SS naziste (non per niente la storia è ambientata in Germania): fare accoppiare le ragazze del collegio con le sue creature metà uomo metà lupo per generare una nuova e potente razza ibrida.



Quella che solo apparentemente può risultare una classica storia horror a sfondo licantropico è, in realtà, uno strumento che Sclavi utilizza per condurre la sua personale battaglia contro le violenze sugli animali e contro le sperimentazioni sugli esseri viventi in senso lato. La potenza, la profondità e l'attualità del dettato sclaviano sono davvero sconvolgenti: usare, nel 1986, il fumetto per dire NO agli esperimenti sugli animali era una cosa così in anticipo sui tempi che ancora oggi non è attuale!

«E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce».
Così traduceva Giacomo Leopardi il passo di Giovanni l’evangelista, mettendo le parole in epigrafe al suo ultimo capolavoro, La ginestra o il fiore del deserto.
L'uomo può fare il bene ma tende, per sua natura, al male. In questo caso Sclavi non tratta propriamente di uomini ma di streghe: ma di che cosa sono simbolo le due sorelle Blucher se non del desiderio dell'uomo di spingersi oltre i limiti imposti dalla ragione? Di volersi sostituire a dio? Di voler assoggettare la natura ai propri interessi? La tracotanza è un peccato che i celesti non perdonano e chi si lancia in simili imprese viene distrutto senza pietà. E anche in un mondo senza dio, quanto sarà disposta la natura ad aspettare prima di spazzarci tutti via con il giorno della Rivelazione finale? Quanto ancora potrà essere paziente con l'uomo?
Con il fatto che l’albo si conclude con un bambino che viene allattato da una lupa, Sclavi ci dice che quel giorno è ancora purtroppo/per fortuna lontano e che altri abominî verranno dalla buia grotta alla luce del sole.
Il bambino è figlio della scomparsa Mary Ann Price, il padre della quale aveva ingaggiato Dylan. Il nome della ragazza è illuminante: Maria Anna. Maria e Anna. I due nomi delle due madri per eccellenza della nostra cultura. Maria è il nome della madre di Cristo, Anna è il nome della madre della stessa Maria, la Madonna, la nostra signora. E quindi quale nome migliore per identificare colei che metterà al mondo una nuova terrificante creatura mai esistita prima? Santità e blasfemia insieme: una perversa meraviglia. E che dire, poi, del cognome della giovane, Price? È un certo omaggio al mitico attore americano Vincent Price, volto storico di tantissime pellicole del terrore della Hammer film e voce satanica in The number of the beast, brano dell'omonimo album della band inglese Iron Maiden.


Vincent Price.
The number of the beast degli Iron Maiden.
Un'ultima segnalazione, secondo noi, degna di rilievo. Le due megere, all'interno del collegio, si servono di un ragazzo, Otto, visibilmente deforme e affetto da ritardo mentale. È lui il primo di una lunga serie di freak cui Sclavi si dedicherà con animo e corpo. Il giovane, sul finale, in un sussulto di amore verso il prossimo che caratterizza i deboli secondo Sclavi, aiuta Dylan a salvarsi e svolge proprio la parte del deus ex machina. Il suo ruolo da assistente sembra poi coincidere con quello di Gnaghi, problematico aiutante di Francesco Dellamorte, protagonista del romanzo sclaviano Dellamorte Dellamore (1991), e presente sia nel libro che nell’omonima trasposizione cinematografica di Michele Soavi (1994).


Dellamorte Dellamore.
Inutile ricordare, invece, che il commissario Durrenmatt, che indaga poco e male parallelamente a Dylan in questa storia, ricorda il celeberrimo scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt, autore, tra tanti piccoli gioielli, del romanzo La promessa. Requiem per un romanzo giallo (portato sul grande schermo da Sean Penn alla regia e con l'ultima straordinaria interpretazione di Jack Nicholson) e della pièce teatrale Playing Strindberg (che riprende e rifà la Dödsdansen del drammaturgo svedese).
Se tutta questa carne di lupo messa al fuoco non vi sembra abbastanza sappiate che lo stesso è parso a Sclavi il quale, dopo circa sei anni, coadiuvato per la prima volta da Mauro Marcheselli, ha scritto il riuscito sequel di questa storia, L'ultimo plenilunio, Dylan Dog n. 72, disegnato ancora una volta da Montanari e Grassani..
Se a questo aggiungete anche la nuova cover di Gigi Cavenago, che rivisita in chiave pop gli elementi chiave del racconto, direi che proprio di più non si può chiedere a una storia di oltre trent'anni fa. 
Non siete ancora d'accordo?! Ma allora siete come il lupo: perdete il pelo ma non il vizio!



Rolando Veloci
(con il contributo di Giuseppe Lamola)




"Le notti della luna piena"
SERIE: Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi 
NUMERO: 9
DATA: gennaio 2018
SERGIO BONELLI EDITORE

SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Tiziano Sclavi
DISEGNI E CHINE: Montanari & Grassani
COLORI: GFB Comics e Luca Bertelè
COPERTINA: Gigi Cavenago







Per le immagini: © 2018 Sergio Bonelli Editore.

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