Chanbara. Il lampo e il tuono
Lo strepitoso ritorno dei samurai di Roberto Recchioni e Andrea Accardi
Le avventure di spade e samurai realizzate da Roberto Recchioni e Andrea Accardi hanno esordito circa sei anni fa all'interno della collana Le Storie Bonelli con l'episodio La redenzione del Samurai. Un esordio che non è passato inosservato: caso abbastanza raro, la storia ha avuto un seguito all'interno della medesima collana, poco più di un anno dopo (I fiori del massacro). A seguire, l'annuncio di storie inedite, che si è concretizzato con Il lampo e il tuono, nuovo volume cartonato di 112 pagine. Un formato adottato perché, nel frattempo, la politica editoriale di via Buonarroti ha subito diversi cambiamenti, tra i quali la consuetudine ormai consolidata di presentare storie inedite direttamente in libreria in formato cartonato e poi, a distanza di tempo, riproporle in edicola nel classico formato bonelliano (è avvenuto, ad esempio, con Monolith e Mani nude).
Ichi, lo spadaccino cieco noto come il Giustiziere Vagabondo, si trova ad affrontare lo spietato Ryu Murasaki, detto il Diavolo Bianco, un ronin che, con la sua banda, distrugge tutto ciò che incontra.
Dopo un primo scontro tra i due, Ichi si vede costretto a chiamare i rinforzi: i guerrieri Tetsuo e Jun, ma anche l'irruento Daisuke Nagata, detto la Bestia Tonante, spadaccino dominato dall'istinto.
Una trama lineare e altamente godibile, che non necessita di conoscenze pregresse ma anzi mette sin dalla prima tavola il lettore a proprio agio. Il contesto storico-culturale si dimostra di nuovo particolarmente congeniale alla scrittura recchioniana, costruita sulla sintesi e sulla ricerca dell'impatto narrativo e visivo (su quest'ultimo aspetto torneremo in seguito). La storia è ambientata infatti in un'epoca in cui eccessivi discorsi risultavano ridondanti e invece assumeva un ruolo cruciale l'azione.
Il Giappone del XVII secolo, peraltro, può richiamare alla mente le dinamiche e i personaggi che animano altri luoghi e altre storie.
L'inevitabile occhio di riguardo verso il western
"Ho sempre avuto la passione per i western, sin da piccolo. Questo significa, sostanzialmente, che ho sempre avuto la passione per le storie di samurai. E viceversa. Perché se ci sono due generi narrativi affini e sovrapponibili, quelli sono il racconto epico della conquista della frontiera degli Stati Uniti d'America e la sanguinosa epopea del Giappone feudale dell'epoca Edo."
Con queste parole, espresse da Recchioni nel pezzo pubblicato in appendice al volume, si rende evidente come le distinzioni tra i generi possano essere a volte dei meri orpelli e le caratteristiche della narrazione possano rendere vicine anche opere insospettabilmente (e spazio-temporalmente) dissimili.
Il senso dell'onore, l'inarrestabile crudeltà umana, l'insensatezza di alcune morti violente, la necessità di contrapporsi al male assoluto, sono tutte tematiche sostanzialmente trasversali, affrontabili a prescindere dall'epoca storica scelta per ambientare il racconto.
Del resto, questo volume di Chanbara è incentrato sulle vicissitudini di quattro eroi, lo stesso identico numero di componenti del gruppo di pard che rappresenta il nucleo funzionale delle storie dedicate a un certo arzillo settantenne, personaggio di punta della casa editrice di Via Buonarroti. È ben nota la passione di Recchioni, come di tantissimi lettori italiani, per Tex (si veda ad esempio l'episodio conclusivo della sesta e ultima stagione di Orfani, albo nella cui realizzazione erano coinvolti proprio Recchioni e Accardi - accanto a Luca Casalanguida - o anche le storie sceneggiate da Recchioni per il Color Tex, tra le quali spicca la splendida Randy il fortunato, per i disegni - ancora una volta, guarda caso - di Accardi): non risulta dunque così peregrino pensare a dei riferimenti fumettistici western per questa storia, accanto a immancabili modelli cinematografici come le pellicole di John Sturges e Sergio Leone (opere citate dallo stesso Recchioni nella postfazione).
L'amore per la cultura giapponese
“Forte di una sensibilità condivisa e dello straordinario talento di Andrea Accardi, in questo volume affronto il genere del jidai-geki (racconti storici del Giappone feudale, n.d.r.) e del chanbara (storie di combattimenti con la spada, n.d.r.) direttamente, senza doverlo nascondere dietro il velo di qualcos’altro.”
D'altra parte, e qui risiede la differenza con altre loro opere, ne Il lampo e il tuono i due autori possono dare sfogo alla loro passione per la cultura giapponese in maniera diretta e non hanno la necessità di trasfigurarla in qualcos'altro, di reinterpretarne gli stilemi in chiave diversa (fantascientifica o western o altro). Gli elementi che caratterizzano l'arte e il pensiero nipponico pertanto possono essere ripresi in maniera diretta, senza filtri. Come opportunamente sottolineato in un'approfondita analisi di Andrea Gagliardi per il blog Comics Calling, Recchioni e Accardi riprendono alcuni classici del genere per reimmaginarli seguendo la loro sensibilità artistica. Dagli imprescindibili film di Akira Kurosawa agli anime, passando per riferimenti videoludici e senza trascurare opere fondamentali per la Nona arte come il Lone Wolf and Cub di Kazuo Koike e Goseki Kojima: l'amore verso ognuna di queste opere e mezzi espressivi è totale, trasuda da ogni tavola e possiede una potenza tale da trasmettersi inalterato e prorompente al lettore.
Un "universo condiviso"
"Noi non facciamo arte. Noi facciamo cadaveri." Era questo uno dei leit motiv di Orfani. E l'assunto ritorna qui, sfigurato, nelle parole di Ichi, il quale descrive il suo avversario suggerendo che egli "pratica l'arte del sangue... ma ottiene solo cadaveri".
Aggiungiamo: alcuni personaggi sembrano ricordarne altri vistri altrove. Come non intravedere in Daisuke Nagata, la Bestia Tonante, la classica spavalderia di tanti protagonisti (o villain) di opere recchioniane, a partire dal mai troppo compianto John Doe?
E i Corvi, l'avanguardia del Diavolo Bianco, non hanno lo stesso nome - e svolgono persino una funzione molto simile - degli indimenticabili personaggi di Orfani introdotti nell'arco della seconda stagione (senza nemmeno stare a citare Il Corvo di James O'Barr, al quale recentemente Recchioni si è dedicato in coppia con Werther Dell'Edera)?
È tutto parte integrante di un gioco di rimandi, sempre presente nelle storie di Recchioni, che invita il lettore a considerare le diverse storie e serie dell'autore romano come parte di un unico grande racconto personale, in qualche modo coerente e conforme alle proprie regole.
Una di queste è, appunto, il citazionismo, non solo di opere proprie: da Andrea Pazienza a Luigi Pirandello, tutto può costituire terreno fertile per creare un substrato condiviso con il lettore, metterlo a proprio agio e farlo sentire un po' a casa.
La cura infusa da Andrea Accardi in quest'opera è assoluta. Non temiamo smentite se affermiamo che la sua dedizione, l'accuratezza e la minuziosità hanno pochi eguali nel panorama italiano e mondiale contemporaneo. Potremmo rimanere ore e ore ad ammirare le sue tavole senza mai stancarci: ricche di dettagli, dense di riferimenti visivi, colgono appieno lo spirito di questo progetto, ovvero richiamare stilisticamente la cultura giapponese senza ricalcarne pari pari le modalità espressive bensì reinterpretandole in maniera personale, autentica e sublime. Non siamo assolutamente dalle parti della sterile riproposizione dell'arte dei maestri nipponici: Accardi mette in gioco il proprio talento nel creare qualcosa di inedito.
Alla ricercatezza iconografica si aggiunge una straordinaria capacità nella scelta delle inquadrature, nella resa delle espressività dei personaggi e nella costruzione armonica delle tavole che rasenta davvero la perfezione.
Concludendo...
I primi due episodi di questa saga ci avevano fatto letteralmente impazzire. Anche solo sfogliandolo in libreria, questo volume ci era parso imperdibile. E in effetti dopo un'attenta lettura si conferma un'opera sublime, splendido nuovo punto di partenza per una serie che non smette di appassionarci, di colpirci con la rapidità di un lampo e conquistarci con l'irresistibile irruenza del tuono.
Chanbara. Il lampo e il tuono
DATA: ottobre 2018
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI, CHINE E COPERTINA: Andrea Accardi
Per le immagini: © 2018 Sergio Bonelli Editore.
"Ecco il lampo...
Tutti si ritraggono,
tranne il tuono."
Le avventure di spade e samurai realizzate da Roberto Recchioni e Andrea Accardi hanno esordito circa sei anni fa all'interno della collana Le Storie Bonelli con l'episodio La redenzione del Samurai. Un esordio che non è passato inosservato: caso abbastanza raro, la storia ha avuto un seguito all'interno della medesima collana, poco più di un anno dopo (I fiori del massacro). A seguire, l'annuncio di storie inedite, che si è concretizzato con Il lampo e il tuono, nuovo volume cartonato di 112 pagine. Un formato adottato perché, nel frattempo, la politica editoriale di via Buonarroti ha subito diversi cambiamenti, tra i quali la consuetudine ormai consolidata di presentare storie inedite direttamente in libreria in formato cartonato e poi, a distanza di tempo, riproporle in edicola nel classico formato bonelliano (è avvenuto, ad esempio, con Monolith e Mani nude).
Ichi, lo spadaccino cieco noto come il Giustiziere Vagabondo, si trova ad affrontare lo spietato Ryu Murasaki, detto il Diavolo Bianco, un ronin che, con la sua banda, distrugge tutto ciò che incontra.
Dopo un primo scontro tra i due, Ichi si vede costretto a chiamare i rinforzi: i guerrieri Tetsuo e Jun, ma anche l'irruento Daisuke Nagata, detto la Bestia Tonante, spadaccino dominato dall'istinto.
Una trama lineare e altamente godibile, che non necessita di conoscenze pregresse ma anzi mette sin dalla prima tavola il lettore a proprio agio. Il contesto storico-culturale si dimostra di nuovo particolarmente congeniale alla scrittura recchioniana, costruita sulla sintesi e sulla ricerca dell'impatto narrativo e visivo (su quest'ultimo aspetto torneremo in seguito). La storia è ambientata infatti in un'epoca in cui eccessivi discorsi risultavano ridondanti e invece assumeva un ruolo cruciale l'azione.
Il Giappone del XVII secolo, peraltro, può richiamare alla mente le dinamiche e i personaggi che animano altri luoghi e altre storie.
"Ho sempre avuto la passione per i western, sin da piccolo. Questo significa, sostanzialmente, che ho sempre avuto la passione per le storie di samurai. E viceversa. Perché se ci sono due generi narrativi affini e sovrapponibili, quelli sono il racconto epico della conquista della frontiera degli Stati Uniti d'America e la sanguinosa epopea del Giappone feudale dell'epoca Edo."
Con queste parole, espresse da Recchioni nel pezzo pubblicato in appendice al volume, si rende evidente come le distinzioni tra i generi possano essere a volte dei meri orpelli e le caratteristiche della narrazione possano rendere vicine anche opere insospettabilmente (e spazio-temporalmente) dissimili.
Il senso dell'onore, l'inarrestabile crudeltà umana, l'insensatezza di alcune morti violente, la necessità di contrapporsi al male assoluto, sono tutte tematiche sostanzialmente trasversali, affrontabili a prescindere dall'epoca storica scelta per ambientare il racconto.
Del resto, questo volume di Chanbara è incentrato sulle vicissitudini di quattro eroi, lo stesso identico numero di componenti del gruppo di pard che rappresenta il nucleo funzionale delle storie dedicate a un certo arzillo settantenne, personaggio di punta della casa editrice di Via Buonarroti. È ben nota la passione di Recchioni, come di tantissimi lettori italiani, per Tex (si veda ad esempio l'episodio conclusivo della sesta e ultima stagione di Orfani, albo nella cui realizzazione erano coinvolti proprio Recchioni e Accardi - accanto a Luca Casalanguida - o anche le storie sceneggiate da Recchioni per il Color Tex, tra le quali spicca la splendida Randy il fortunato, per i disegni - ancora una volta, guarda caso - di Accardi): non risulta dunque così peregrino pensare a dei riferimenti fumettistici western per questa storia, accanto a immancabili modelli cinematografici come le pellicole di John Sturges e Sergio Leone (opere citate dallo stesso Recchioni nella postfazione).
L'amore per la cultura giapponese
“Forte di una sensibilità condivisa e dello straordinario talento di Andrea Accardi, in questo volume affronto il genere del jidai-geki (racconti storici del Giappone feudale, n.d.r.) e del chanbara (storie di combattimenti con la spada, n.d.r.) direttamente, senza doverlo nascondere dietro il velo di qualcos’altro.”
Roberto Recchioni nella postfazione del volume.
Un "universo condiviso"
"Noi non facciamo arte. Noi facciamo cadaveri." Era questo uno dei leit motiv di Orfani. E l'assunto ritorna qui, sfigurato, nelle parole di Ichi, il quale descrive il suo avversario suggerendo che egli "pratica l'arte del sangue... ma ottiene solo cadaveri".
Aggiungiamo: alcuni personaggi sembrano ricordarne altri vistri altrove. Come non intravedere in Daisuke Nagata, la Bestia Tonante, la classica spavalderia di tanti protagonisti (o villain) di opere recchioniane, a partire dal mai troppo compianto John Doe?
E i Corvi, l'avanguardia del Diavolo Bianco, non hanno lo stesso nome - e svolgono persino una funzione molto simile - degli indimenticabili personaggi di Orfani introdotti nell'arco della seconda stagione (senza nemmeno stare a citare Il Corvo di James O'Barr, al quale recentemente Recchioni si è dedicato in coppia con Werther Dell'Edera)?
È tutto parte integrante di un gioco di rimandi, sempre presente nelle storie di Recchioni, che invita il lettore a considerare le diverse storie e serie dell'autore romano come parte di un unico grande racconto personale, in qualche modo coerente e conforme alle proprie regole.
Una di queste è, appunto, il citazionismo, non solo di opere proprie: da Andrea Pazienza a Luigi Pirandello, tutto può costituire terreno fertile per creare un substrato condiviso con il lettore, metterlo a proprio agio e farlo sentire un po' a casa.
Le tavole di Andrea Accardi (ovvero: dove le parole iniziano a perdere significato)
La cura infusa da Andrea Accardi in quest'opera è assoluta. Non temiamo smentite se affermiamo che la sua dedizione, l'accuratezza e la minuziosità hanno pochi eguali nel panorama italiano e mondiale contemporaneo. Potremmo rimanere ore e ore ad ammirare le sue tavole senza mai stancarci: ricche di dettagli, dense di riferimenti visivi, colgono appieno lo spirito di questo progetto, ovvero richiamare stilisticamente la cultura giapponese senza ricalcarne pari pari le modalità espressive bensì reinterpretandole in maniera personale, autentica e sublime. Non siamo assolutamente dalle parti della sterile riproposizione dell'arte dei maestri nipponici: Accardi mette in gioco il proprio talento nel creare qualcosa di inedito.
Alla ricercatezza iconografica si aggiunge una straordinaria capacità nella scelta delle inquadrature, nella resa delle espressività dei personaggi e nella costruzione armonica delle tavole che rasenta davvero la perfezione.
Concludendo...
I primi due episodi di questa saga ci avevano fatto letteralmente impazzire. Anche solo sfogliandolo in libreria, questo volume ci era parso imperdibile. E in effetti dopo un'attenta lettura si conferma un'opera sublime, splendido nuovo punto di partenza per una serie che non smette di appassionarci, di colpirci con la rapidità di un lampo e conquistarci con l'irresistibile irruenza del tuono.
Il sommo audace
Chanbara. Il lampo e il tuono
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI, CHINE E COPERTINA: Andrea Accardi
Per le immagini: © 2018 Sergio Bonelli Editore.