Letture seriali: Universal Monsters - Dracula

Il Dracula di Bela Lugosi secondo James Tynion IV e Martin Simmonds

Una carrozza trainata da cavalli. All'interno, un composito gruppo di viaggiatori. Giunti a Passo Borgo, i passeggeri scendono, tranne uno che è pronto a ripartire, alla volta del castello del Conte Dracula. Gli abitanti, al solo udire quel nome, inorridiscono, e lo invitano a trascorrere la Notte di Valpurga tra mura più sicure. Ma il viaggiatore ha fretta, l'appuntamento è a mezzanotte, ad un crocevia, e, prima di andar via, un'anziana del villaggio gli fa dono di una croce.

L'uomo sorride, incurante di quelle sciocche superstizioni. Il suo nome? R. M. Renfield...

Inizia così quello che è un autentico Classico del Cinema, datato 1931, ovvero il Dracula di Tod Browning, capostipite di un genere, destinato ad iscrivere Bela Lugosi nel mito come interprete del vampiresco Conte nato dalle pagine di Bram Stoker, con quel look che sarebbe diventato icona del personaggio nel secolo a venire.

Un "Universal Monster" in tutti i sensi, potremmo dire: sia in quello letterale, ossia di "Mostro Universale" per antonomasia, di quelli a cui basta una sola immagine per essere immediatamente riconosciuto, ma anche come "Mostro della Universal", inteso come lo studio cinematografico che poi avrebbe visto arrivare il Frankenstein e La Mummia con Boris Karloff e L'Uomo Lupo di Lon Chaney Jr., dando appunto il via a un genere.

Riviste oggi, sono pellicole d'atmosfera, figlie del loro tempo, e che vanno incasellate nel giusto contesto storico, quello di un cinema ancora acerbo, e che s'ingegnava in mille e un modo per rendere "spettacolari" effetti visivi che adesso magari possono far sorridere, sempre però con enorme ammirazione cinefila per tanta arte artigiana (che ad usare la CGI ci son buoni tutti).

Mi fermo qui con lo spiegone introduttivo, prima che vada fuori tema e questo diventi un excursus di altro tipo, ma era necessario partire dal grande schermo per arrivare al Fumetto, che solitamente, qui sulle Letture Seriali, avviene il contrario.

Perché a questo giro ho il piacere di parlarvi del Dracula firmato da James Tynion IV e Martin Simmonds, la coppia dietro quel gioiello complottistico di The Department of Truth, a cui è spettato l'onore di aprire le danze di una nuova collana della Skybound di Robert Kirkman dedicata appunto ai "Mostri della Universal", storie autoconclusive pensate come omaggio con stile attuale ad autentici caposaldi del cinema, rispettandone i canoni ed ampliando il racconto secondo prospettive altrimenti inedite.

La propone in Italia il sempre validissimo team di Saldapress, e d'altronde non poteva che essere il Conte di Bela Lugosi il primo e più intrigante protagonista.

Così rieccoci in Transilvania, nuovamente al cospetto dello sguardo penetrante dell'attore ungherese, reso ancora più ipnotico con un semplice, ma efficace, gioco di luci.

Tra le sue grinfie, il gentile ma ingenuo Renfield è creta pura, destinato a diventare suo schiavo e a precipitare in un abisso di follia, la cui unica colpa è aver ceduto ad un Male puro, incontrastato, come quello rappresentato dall'elegante e ferale Dracula.

Perché continuo a porre l'accento sul personaggio ritratto sullo schermo con gigionesca bravura da Dwight Frye? Perché Tynion IV ha deciso di puntare proprio su di lui per questa sua incursione tra i fotogrammi di una pellicola che ha sempre visto dominare, a ragione, Lugosi.

E non è una scelta di stile così peregrina, d'altronde, quanto piuttosto di un ragionamento che nasce dal profondo amore per l'originale: a riguardare il film infatti, oltre Dracula, oltre il Van Helsing di Edward Van Sloan che a lui si oppone, oltre alla bellezza eterea della Mina di Helen Chandler, è proprio l'interpretazione folle e patetica di Frye che riesce a risaltare, con lo sceneggiatore che rende onore a quella pazzia, limando gli aspetti più "leggeri" e conferendo al suo Renfield un che di dolente e drammatico.

In questa versione a fumetti, infatti, l'autore di Something is Killing the Children preferisce lasciare in disparte figure come quella dell'inserviente (nel film è ciò che oggi potremmo definire "l'intermezzo comico") e, lavorando di concerto con le pennellate di Simmonds, carica il tutto di un'incorporea, ma sempre ben presente, atmosfera maligna ad ogni pagina, che aleggia perturbante su tutti i personaggi, ma in particolare su Renfield, succube del suo padrone, in bilico costante tra pazzia e quella consapevolezza lontana di aver perso la propria umanità, di essere ormai completamente asservito al volere del suo padrone.

Tynion IV gioca di addizione, ci mostra risvolti della storia che il grande schermo ci ha negato, accennandoli solamente: è tra le pieghe di quei dialoghi che mette in scena questo suo "remake", aggiungendo particolari e momenti di sicuro impatto, anche emotivo, come quando Mina decide di parlare con quel paziente così peculiare, regalandogli un piccolo scampolo di dolcezza, in contrapposizione alla cieca malvagità di Dracula.

Quest'ultimo è un'ombra, un animale feroce che impartisce ordini e detta le regole a distanza, pronto a colpire al calare delle tenebre su virginali colli da cui succhiare la vita.

Così la parabola di Renfield assume una più evidente valenza, rendendo quel tragico epilogo (dopo quasi un secolo, è ancora tacciabile di spoiler?) più solido persino.

Ne emerge una versione particolarmente gotica della storia raccontata al cinema, più inquietante persino, dove al bianco e nero si sostituisce il colore e quella inquietudine che ormai il tempo ha lavato via dai fotogrammi, la si ritrova, rinnovata, in queste pagine, pensate per intrigare un pubblico moderno, ma senza tradire mai la fonte originale.

Simmonds, dal canto suo, risponde con la sua Arte, e ci metto la maiuscola, perché questo artista lavora di concerto tra colore e china, tra sfumature cromatiche e virtuosismo visivo, graffiando dove serve per ottenere l'effetto desiderato.

Una piacevole "vacanza" dalle atmosfere spesso surreali e difficili da decifrare del "Dipartimento della Verità", questo suo calarsi tra le strade di Londra è un susseguirsi di nebbie impalpabili, sguardi rosso fuoco che si mischiano allo scarlatto del sangue.

I volti sono quelli del cinema, riletti secondo il suo stile, e questo Dracula prende da Lugosi lo sguardo, ma da Stoker e tutto l'immaginario che ha partorito il resto.

Il bianco e nero qui è assente, i colori esplodono sulla pagina, trascinando il lettore su quelle strade, tra i corridoi del manicomio e nell'abbazia che conoscerà l'esito della vicenda.

Il risultato, tra testo e soprattutto disegni, è affascinante, colpisce i sensi e sa soddisfare sia il cinefilo alla ricerca di un pezzo da collezione particolare, sia gli estimatori del buon (?) Conte, ma anche, ovvio sottolinearlo, chi ama riporre un gran bel fumetto in libreria.

D'altronde, con personaggi come Dracula è così: ne esistono miriadi di versioni, riletture, trasposizioni e parodie, diventando sfide che ogni autore, che sia con il pennino o la matita, tende a voler affrontare, un cimento in cui ognuno riversa la propria inclinazione.

In questo caso, il salto è doppio carpiato: rileggere un film che ha fatto epoca, tratto da un libro che ha fatto la Storia.

E in un tempo in cui la parola inglese per "rifacimento" suona come una parolaccia tale da far sbuffare e salire sugli scudi di chissà quale "originalità" da ricercare ad ogni costo, questo volume è la dimostrazione che invece, in mani davvero capaci, ogni idea può e deve raccontarsi ancora e sempre, perché ci sono... vene che continuano a pulsare di vivo sangue creativo!



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