Bandabendata, la linea Monocolo e le sperimentazioni

Tre opere autoprodotte diverse per formato, ispirazione e tematiche, accomunate dal desiderio di sperimentare


BandaBendata è un collettivo che sin dal primo volume antologico "stagionale", Sunday Summer Stories, è riuscito a portare avanti una visione precisa e ambiziosa del fumetto indipendente, con una rara capacità di mettere in campo idee non banali e di curare a livello redazionale il prodotto nei minimi dettagli, dal concept iniziale all'editing, dalla grafica alle idee sui formati.

Il già citato antologico estivo (per il sottoscritto uno dei migliori esordi tra le autoproduzioni negli ultimi anni, ne avevo parlato qui) è la dimostrazione di come il collettivo (che ora è anche un'associazione) sia partito con un livello di maturità non comune, con le idee alquanto chiare sul fumetto e sull'editoria e una certa compattezza negli intenti, non accumulando semplicemente storie intorno a un tema ma dando al volume notevole cura e coerenza. Impressioni confermate negli anni anche dal successivo antologico invernale e dalla sperimentale e sgangherabile Zine (Sfuzine - Fogli Colla Valigia, che è valsa al collettivo il Premio Piola come miglior autoproduzione al Treviso Comic Book Festival 2022).

Il recente lancio della linea Monocolo, dedicata a opere monografiche autoriali e personali, ha permesso loro poi di alzare l'asticella della sperimentazione, con i formati, con i contenuti, con gli stili, mescolando il linguaggio del fumetto con quello dell'animazione, del teatro e della letteratura e dei manga, per dare origine a fumetti inediti e interessanti.

Parliamo in particolare delle prime tre produzioni pubblicate finora nella linea Monocolo, ovvero: J1ud4 0 di Daniele Dan Presicce, Pop-Corn di Alma Velletri e Tre Spicci d’Opera - La Ballata di Toni Lama di Teo Eustass Paolicelli.


Delle tre opere, J1ud4 (sì, l'autore conferma che si legge "Giuda") è l'unica di cui finora abbiamo a disposizione "solo" il numero zero, una sorta di antipasto che è anche una dichiarazione d'intenti utile per scoprire il suo approccio stilistico.
Qui Dan si cimenta con una silent tale ambientata in un un mondo dark/sci-fi popolato da figure misteriose dall’oscuro passato, tra androidi, divinità e conflitti millenari.
È un universo dilaniato da una guerra tra esseri umani e macchine, dove J1ud4, un androide, è in fuga da antiche divinità risorte per riprendersi il loro posto e cerca di riportare alla luce un linguaggio ormai perso nel tempo, in un viaggio che mescola azione e introspezione, riflessioni filosofico-esistenziali e temi cari alla fantascienza.

Una storia di autodeterminazione, una sorta di preambolo di un viaggio dell'eroe che è anche romanzo di formazione, in cui Dan riesce sapientemente a fare (quasi del tutto) a meno delle parole, sfruttando visivamente la recitazione dei corpi per la narrazione in un bianco e nero netto con un tratto marcato e plastico. 
Dan utilizza un linguaggio espressivo che rimanda in modo abbastanza esplicito ai manga e al mondo dell'intrattenimento orientale, anime compresi (tra i riferimenti nel worldbuilding difficile non citare anche Neon Genesis Evangelion, viste le tematiche affrontate), e lo fa in maniera assolutamente personale, dando origine a un racconto avvincente da cui si evince il notevole lavoro preliminare di ideazione di questo mondo immaginario (di cui ora abbiamo probabilmente solo scalfito la superficie).


Con Pop-Corn di Alma Velletri ci spostiamo in un altro ambito. Molto particolare innanzitutto la scelta del minuscolo formato tascabile (ma tascabile davvero), ottimale per un flipbook che, se sfogliato alla giusta velocità, ci dà davvero l'idea del movimento. Perché in questa storia, che si rifà in maniera evidente al linguaggio dell’animazione, ancor più importante della trama e dello stile è l'idea di riprodurre delle sensazioni, come nella madeleine di proustiana memoria, di rievocare il sapore, il profumo, lo scoppiettare dei ricordi, la condivisione dei piccoli momenti, che assumono la forma riconoscibile dei pop-corn.


Alma Velletri sceglie uno dei cibi che più facilmente riconduciamo a un suono, a un odore e a un sapore contemporaneamente e lo fa alimentando la narrazione con il tepore della memoria, di attimi condivisi con la nonna che cucina i pop-corn, in una storia che anche in questo caso fa a meno dei dialoghi perché semplicemente non ne ha necessità. È tutto lì, nella bellezza di alcuni attimi e di un "Pop".


Con Tre Spicci d’Opera - La Ballata di Toni Lama,  Teo Eustass Paolicelli (insieme a Benedetta Cosmano) adatta a fumetti L’Opera da 3 Soldi, opera teatrale Bertolt Brecht.
Un'opera ironica e dissacrante, una critica anti-capitalistica che spinge lo spettatore a prendere coscienza delle dinamiche sociali che lo circondano (già ripresa da Alan Moore ne La Lega degli Straordinari Gentlemen), che viene rielaborata in maniera colta e assolutamente efficace utilizzando il formato vintage delle strisce di un quotidiano (dunque "costringendo" BandaBendata a utilizzare un terzo formato, il più anomalo considerando quanto sia atipico per un'autoproduzione proporsi con le proporzioni giganti di un giornale).
Il formato è assolutamente appropriato e filologicamente ineccepibile per portare in scena la Londra di fine anni ‘20 (perché nei primi decenni del Novdcento, così come nei primi anni di nascita della nona arte, era proprio la strip sui quotidiani la modalità espressiva prediletta).

Le strisce propongono una commedia nera in rima e rievocano visivamente gli stilemi del fumetto d'altri tempi dando vita a un fumetto eccezionale e raffinato (e al tempo stesso volgare, in un apparente ossimoro che è connaturato all'opera).
Teo Eustass Paolicelli si concede persino di sfondare la quarta parete del fumetto, un po' come a teatro, e di rendere il suo protagonista metafumettisticamente "tagliente", di fargli distruggere la struttura stessa delle tavole, dando un senso iconoclasta di fuga dalla gabbia dei preconcetti.


E proprio qui risiede il senso intimo di questi tre fumetti, apparentemente minuscoli (tranne Tre Spicci d’Opera, che è enorme in tutti i sensi), ma in realtà giganteschi nella loro capacità di sperimentare con la struttura stessa del fumetto per cercare nuove strade. Poi non venite a dirci che con il fumetto non si può fare tutto (anche un raccoglitore per mettere insieme opere di formati così diversi, perché no?).

Giuseppe Lamola



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