Ikki Mandala 1, ritorna il Tezuka storico

Tra Cina e Giappone, una rivoluzione raccontata da una giovane contadina

Siamo agli albori del XX secolo, in Cina. Il paese ha conosciuto, nell’ultima metà del secolo precedente, una lunga sequela di guerre e rivolte: le guerre dell’oppio, due conflitti tra il 1839 e il 1860 che videro la Cina, sotto la dinastia Qing, contro il regno unito di Gran Bretagna e Irlanda che, attraverso la Compagnia delle Indie, aveva forti ingerenze militari e commerciali nei territori imperiali, la rivolta dei Taiping (1851-1864) contro l’impero Qing e soffocata nel sangue grazie anche all’aiuto dell’esercito britannico e per finire la prima guerra sino-giapponese (1894-1895) in cui i due imperi si contesero il controllo della Corea, che mise definitivamente alla luce la perdita di potere e credibilità agli occhi del popolo della dinastia Qing.

Seconda guerra dell'oppio

Il 1900, ci dice Tezuka, si apre con la forte contraddizione tra le miserabili condizioni della stragrande maggioranza della popolazione, colpita non soltanto dal malgoverno dei Qing ma anche da un lungo alternarsi di alluvioni violente e forti siccità che devastavano i raccolti e causavano carestie capaci di mietere milioni di vittime, e una concezione ideologica di governo completamente avulsa dalla realtà dei fatti:

«Il paradiso del Governo Illuminato è, nel recente passato della Cina, una concezione politica ideale che descrive un mondo di pace e serenità costruito dal sovrano.»

Sono parole che si sovrascrivono a una scena di incredibile violenza ai danni di un gruppo di contadini divorati dalla fame, bastonati a morte dagli esattori – la cui corpulenza è la perfetta sintesi grafica delle differenze tra il popolo e i funzionari corrotti – per non aver potuto pagare le tasse. Tra loro incontriamo subito la protagonista della nostra storia, Ji Sanniang, una contadina povera e senza famiglia che si autodefinisce “rozza e ignorante” ma che sarà testimone di uno dei periodi più intensi della storia recente cinese.

Figura a metà tra il dramma e il comico, Sanniang è vittima di un sistema che svilisce le vite dellə ultimə e ancor più quella delle donne – da notare, ad esempio, che il suo nome viene pronunciato pochissime volte e mai all’inizio della storia – soprattutto quelle povere, considerate poco più che merci. A causa del suo aspetto poco attraente, a Sanniang viene risparmiata l’umiliazione di essere venduta a un bordello ma è proprio la sua faccia ad alimentare la ferocia dei tanti uomini che, nel corso della storia, la picchieranno e tortureranno senza alcuna remora. Ma Sanniang è un tipo combattivo: all’ennesima violenza subita da un funzionario, lo uccide ed è costretta alla fuga.

La sua storia inizia qui, quando incontra un gruppo di donne capeggiate dalla Santa Madre del Loto Giallo, in marcia verso Pechino per unirsi agli altri rivoluzionari. Sanniang non sa di essere entrata nella storia, se accetta è solo grazie all’idea di avere protezione e cibo. La rivolta a cui aspirano le sue nuove compagne è quella nota come la ribellione dei Boxer, un sollevamento nato proprio tra le classi sociali più povere e sfruttate contro l’influenza colonialista e l’imperatrice Cixi della dinastia Qing che aveva permesso, agli occhi dei ribelli, di lasciare l’impero in mano agli occidentali.

Per Sanniang inizia così un periodo di violenze ed efferatezze di cui non sarà solo testimone ma partecipe attiva: la Santa Madre del Loto Giallo la costringe infatti, subito dopo la sua adesione alla rivolta, a torturare e uccidere due pastori cristiani fatti prigionieri. Sarà per Sanniang un trauma indelebile che per tutta la storia renderà difficili i suoi rapporti con l’altro sesso.

«Non mi sono unita al vostro gruppo per assassinare le persone, ma perché avevate detto che mi avreste dato da mangiare e portata a Pechino! Non voglio più stare con voi! Voglio tornare a casa!»

Nelle azioni spietate dei Boxer, Tezuka infonde tutto il dolore e la disperazione di una classe sociale incattivita dalle violenze, dai soprusi e dalla fame, subiti in particolar modo dalle donne. Nonostante le azioni terribili che è costretta a compiere – su ordine di qualcuno o semplicemente per salvarsi la pelle – Sanniang rimane (almeno per questo primo volume) un personaggio positivo: anche se combattiva e decisa a non farsi calpestare da nessuno, è una donna a suo modo giusta, che si lascia guidare dalla sua visione della vita, una visione semplice e non supportata da alcuna riflessione filosofica o politica ma basata su un innato senso di giustizia.

Buffa e facile all’innamoramento, Sanniang si lascia trasportare dagli eventi e accompagna il lettore in una storia complessa che è l’antefatto di una rivoluzione vera e propria nell’impero cinese e che – come vedremo nel prossimo volume – parlerà anche del Giappone e di tutto ciò che condusse le due principali potenze asiatiche all’interno della Grande Guerra.

Il titolo dell’opera, Ikki Mandala, può avere un doppio significato: il primo è “il mandala di Ikki”,  Ikki era infatti il soprannome di Terujiro Kita, noto come Ikki Kita. Incontreremo il suo personaggio nel prossimo volume, ma intanto – per capire il perché di questo riferimento nel titolo – possiamo accennare a due parole su di lui: vissuto tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, Kita fu un oppositore dell’impero Meji, animato da idee socialiste e fortemente nazionaliste. Visitò la Cina proprio negli anni della decadenza della dinastia Qing e tornò in Giappone sempre più convinto della volontà espansionistica del suo paese e della liberazione del continente dalle ingerenze occidentali e coloniali.

Ikki Kita

Ikki Mandala però, se scritto con caratteri differenti, può leggersi anche “il mandala della Rivoluzione” ed è proprio questa il tema portante e la vera protagonista della storia di Tezuka. Una rivolta non solo politica, non solo confinata nei palazzi imperiali del potere e gestita dagli eserciti e dai grandi funzionari, ma una rivolta nata dal basso, da un popolo stanco di provare a sopravvivere a una povertà mortificante, all’abbandono da parte dell’Impero, alle violenze e ai soprusi.

Con quest’opera ritorniamo a leggere il Tezuka “storico”, pronto a ribadire ancora una volta i suoi ideali antimilitaristi e pacifisti e capace di far propria la Storia con la S maiuscola e di regalare al contempo un appassionante romanzo a fumetti per lettorə adultə, il cui stile di disegni, più realistico e vicino a quello di titoli come Alabaster o Buddha, non tralascia momenti di comicità che sono diventati il suo marchio di fabbrica.

Claudia Maltese (aka Clacca)



[Le immagini e alcune delle informazioni sulle vicende storiche sono riprese da Wikipedia.]

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