The End is Nigh - La fine del mondo, numero zero
Guerra, Carestia, Pestilenza, Morte. Mentre i quattro cavalieri dell’Apocalisse osservano l’umanità dall’alto con aria beffarda, i migliori fumettisti sulla piazza impugnano le matite e si riuniscono con uno scopo ben preciso: rendere i nostri ultimi istanti sulla Terra un po’ meno amari.
A guidare il gruppo, un generale d’eccezione: Michael Rocchetti, aka Maicol & Mirco, che nella prefazione del numero zero sintetizza perfettamente la filosofia del progetto: “Questa è La fine del mondo: i migliori fumetti dei migliori autori, tutti i mesi a pochi euro. Fumetti che raccontano il mondo, proprio mentre il mondo sembra morire.”
«E che fumetti!», verrebbe da aggiungere. Gipi, Shintaro Kago, Zerocalcare, Lise e Talami, Alice Socal, Kalina Muhova, Zuzu, Eliana Albertini, Martina Sarritzu, Dottor Pira, Bruno Bozzetto, Blu e naturalmente lo stesso Maicol & Mirco sono i protagonisti della prima uscita: una raccolta di fumetti brevi, molto dei quali incipit di un racconto più lungo a puntate. Non per niente questo numero è dedicato alla memoria di Tuono Pettinato, il “re delle storie brevi” (una dedica doverosa per un artista indimenticabile).
Ma perché proprio una rivista?
Com'è noto, l’Italia ha una grandissima tradizione di periodici dedicati alla nona arte. Da Linus a Eureka, da Lanciostory a Skorpio fino a Corto Maltese, le riviste sono state per decenni un punto di riferimento per il fumetto d’autore e popolare. In tempi più recenti si sono visti tentativi di rinnovare quel formato: basti pensare a La Revue, trimestrale di giornalismo a fumetti, alle riviste autoprodotte dai collettivi indipendenti (tra gli ultimi esempi citiamo Iperibiza) o anche all’inserto Alias Comics, pubblicato dallo stesso il manifesto qualche anno fa, tra il 2017 e il 2018 (a dimostrazione che l'interesse del quotidiano verso il fumetto non è certamente da considerarsi effimero).
La fine del mondo raccoglie dunque un testimone storico, ma lo rilancia in chiave contemporanea, cercando una via innovativa che possa interessare, al contempo, lettori, autori e case editrici. Lo fa proponendosi come uno spazio di sperimentazione artistica, dove i fumettisti e le fumettiste possono avere la libertà di esplorare nuove tecniche narrative e visive, anche uscendo dai soliti binari editoriali in cui siamo abituati a vederli.
Non più solo graphic novel, dunque, ma storie a episodi con un nuovo tipo di frequentazione tra autore e lettore: un appuntamento mensile. Come sottolinea Maicol & Mirco in un'intervista al manifesto: “A pochi interessa una storia di Gipi o di Zuzu di otto pagine, ma a tutti interessa il nuovo lavoro di Gipi o di Zuzu, serializzato per mesi e mesi.”
Allo stesso tempo, la rivista si propone come rampa di lancio per fumettisti emergenti, chiamati a condividere le pagine con giganti del settore. In questo senso, La fine del mondo si propone come un utile strumento di talent scouting per le case editrici. E se in questo numero i nomi, per chi bazzica il mondo del fumetto, sono in gran parte ben noti (e tutti di grande qualità), l'auspicio per il futuro è quello di poter vedere anche voci completamente inedite, proprio per dare maggiore concretezza a questo encomiabile intento.
Come spiega Maicol & Mirco, poi, questa prima uscita è stata numerata con zero “perché fa fico”, ma in realtà si presenta già come una pubblicazione corposa e ricca di contenuti. Tredici fumetti in tutto, per un totale di circa 75 pagine, accompagnati dalla prefazione di Maicol & Mirco e da un’introduzione di Andrea Fabozzi (direttore del manifesto).
Scorrendo le pagine della rivista, colpisce la varietà di toni e visioni con cui gli autori declinano il tema apocalittico. Gipi, con Dio della guerra, torna con una storia di guerra definita come “fantascienza contemporanea”; Shintaro Kago, con World Hygiene Expo, racconta in un muto surreale la fusione tra uomo e macchina sotto la pressione delle scadenze; Zerocalcare rompe gli schemi con Che pasticcio signor Gattini! (colorato da Alberto Madrigal), che si apre con una tavola a tutta pagina in cui il protagonista è già morto impiccato; Lise e Talami, con Sulla cassa del morto, incentrano il racconto su un vecchio pirata sbronzo che scambia un ospizio per una locanda; Alice Socal, con Potrebbe andare peggio, affronta la rottura di una relazione; Kalina Muhova, con Art School, esplora la spensieratezza di un sogno d’infanzia; Zuzu, con La locanda, ci introduce in un racconto kafkiano sull’alcolismo con protagonista Sergio lo scarafaggio; Eliana Albertini, con Il lavoro dei sogni, riflette sul mestiere del fumettista nel capitalismo contemporaneo; Martina Sarritzu, con First loves I failed, racconta la scoperta dell’amore e del sesso con occhi infantili; Ken il Corriere, del Dr Pira, è un fumetto comico che scimmiotta - o forse omaggia? - il manga di Hara e Buronson; Maicol & Mirco, con Il mio amico Satana, ripone l’ultima speranza dell’umanità (e di Luisa) nel re degli inferi; Bruno Bozzetto, con I Disumani, presenta dialoghi ironici che smontano le verità dell’esistenza; e infine Blu, con la tavola Ultima spiaggia, invita a riflettere sui danni causati dall’iper-industrializzazione.
A livello stilistico, se per alcune storie è forse ancora presto per esprimersi (trattandosi delle prime pagine di una storia più lunga che si svilupperà nei prossimi numeri), in altri casi è doveroso soffermarsi per aggiungere alcune annotazioni. A partire da World Hygiene Expo di Shintaro Kago che, oltre a dimostrare la vocazione anche internazionale della rivista e il suo aprirsi a stili molto variegati, è una piccola perla autoconclusiva che riesce a sintetizzare temi complessi in pochissime pagine, fregiandosi dello stile tagliente e per nulla edulcorato dell'artista.
Va aggiunto poi, riguardo Zerocalcare, come la libertà che gli è stata concessa gli abbia permesso non solo di proporre una storia a colori ma anche di non esserne il protagonista, distaccandosi in tal modo praticamente da tutta la sua produzione degli ultimi quindici anni.
Infine Zuzu, in una delle storie migliori della rivista, porta avanti il suo percorso stilistico e sopratutto riesce a sfruttare egregiamente la struttura a puntate, lasciando a chi legge l'ardente desiderio di proseguire.
Insomma, se l’apocalisse arriva carica di fumetti, ben venga allora La fine del mondo.









