Non il solito Superman: Red Son

L’ucronia che reimmagina il mondo di Superman per far emergere i valori fondanti del supereroe

Con tutto l’entusiasmo generato dal nuovo film di James Gunn, ho deciso di mettere in atto un proposito che stavo rimandando ormai da molto tempo: andare oltre i film e le serie animate che mi hanno accompagnato fin da bambino – qualcuno ricorda ancora Superman TAS? – e scoprire il supereroe per antonomasia nella versione in cui è stato concepito, i fumetti.

Ad attirare la mia attenzione è stato Superman: Red Son, ristampato per l’occasione da Panini Comics (sia nella Superman Collection, insieme a Stagioni, All-Star e Per il Domani e altri, che in versione tascabile per la collana DC Pocket) e il motivo mi sembra abbastanza chiaro: dopotutto, chi non sarebbe curioso di vedere come sarebbe diventato l’Uomo d’acciaio se non fosse stato cresciuto dai Kent a Smallville, Kansas, ma da due contadini ucraini, in Unione Sovietica, nel pieno della guerra fredda?

Mark Millar, l’autore di Vecchio Logan e Civil War, dà presto una risposta tanto semplice quanto inaspettata: Superman resta Superman.

La notizia dell’esistenza di un essere sovrumano indistruttibile e inarrestabile al fianco di Stalin distrugge l’equilibrio di forza tra le due grandi potenze mondiali. Giornali, radio e televisione descrivono il “Campione dei lavoratori” come l’asso del regime per espandere la sfera di influenza sovietica, ma mentre gli strumenti di divulgazione di massa ne dipingono un’immagine terrificante agli occhi degli americani, l’Uomo del domani vola per tutto il globo per prestare soccorso a chi ne ha bisogno.

Come il Superman che ben conosciamo incarna i lati positivi della società americana – cementati nel motto Verità, giustizia e un domani migliore – la sua controparte rossa combatte per creare uno Stato che garantisca a tutti i cittadini uno stile di vita dignitoso, senza risparmiare le critiche verso le repressioni violente operate dal governo, ma rispettandone l’autorità.

Il contesto completamente nuovo offre a Millar l’occasione per conferire ruoli strategici a personaggi noti dell’universo DC che gli permettono di dare voce a entrambe le fazioni e di esprimere le sue critiche su ambo i fronti. A opporsi a Superman, infatti, dalla parte di Washington troviamo Lex Luthor, brillante scienziato incaricato dal governo di creare un’arma in grado di contrastare il supereroe, mentre Wonder Woman intrattiene relazioni diplomatiche con entrambi i paesi in qualità di principessa dell’isola di Themyscira e Batman incarna la voce del dissenso interno all’URSS.

Millar sceglie di concentrare l’attenzione sul conflitto tra Superman e Luthor, un chiaro parallelismo dello scontro tra le nazioni di appartenenza, con il secondo mosso inizialmente dal senso di sfida e poi dall’orgoglio, che non si fa scrupoli a mettere in pericolo i suoi stessi concittadini per attirare in trappola il nemico o ad allearsi con comandanti russi ostili all’alieno venuto da un pianeta lontano, mentre il primo, oltre a sventare i continui attacchi di Luthor nei suoi confronti, è tormentato dal dubbio che la sua volontà di proteggere le persone non si stia gradualmente trasformando in un eccesso di controllo sulle vite degli esseri umani.

Questo focus molto forte, unito alla brevità del racconto, offre al lettore dei punti di riferimento chiari per orientarsi in questa ucronia, ma porta Millar ad approfondire poco, o in qualche caso a eliminare completamente, lo sviluppo di alcuni personaggi secondari che avrebbero arricchito il micro-universo di Red Son. Il caso più emblematico è quello di Lois Lane, la giornalista di punta del Daily Planet e moglie di Lex Luthor, privata completamente della personalità e intraprendenza che contraddistinguono il personaggio, che finisce per essere la tipica moglie trascurata dal marito in carriera, senza che né la vita privata, né il lavoro da reporter la portino mai in conflitto diretto con un Luthor che cavalca la retorica anti-Superman per piegare gli Stati Uniti alle sue manie di potere.

Un aspetto che colpisce di Red Son è l’evoluzione del rapporto tra Superman e il resto del mondo durante il corso della storia: inizialmente, l’Uomo d’acciaio viene visto come un nemico in quanto arma sovietica, ma quando l’eroe con falce e martello mostra di essere il protettore di tutti e trasforma l’URSS secondo la sua visione di uno Stato ideale, l’ostilità nei suoi confronti viene ridiretta sulla sua natura aliena, un elemento di discriminazione che finisce per accomunare pian piano tutte le forze avverse a Superman, e che diventa il bersaglio finale della critica sociale di Millar in una conclusione molto divisiva nel contenuto, ma estremamente efficace nel messaggio.

Così come la trama si muove dal racconto fantapolitico dei primi due capitoli ad un finale più puramente supereroistico, anche il lato grafico riflette questa transizione. 

Nella prima metà del volume, Dave Johnson, disegnatore per Superpatriot: Liberty & Justice, WildC.A.T.s e numerose testate DC e Marvel, insieme agli inchiostri di Andrew Robinson, autore di Ryker Ruel e The Fifth Beatle, e al colorista Paul Mounts, ricreano un’estetica ispirata ai manifesti usati per la propaganda del regime durante la seconda metà del Novecento nelle sequenze ambientate in Russia, caratterizzate da chine forti e un uso quasi esclusivo di toni di rosso e grigio, mentre le vicende che si svolgono a Metropolis riprendono la grammatica delle storie classiche di Superman.

La transizione dalla coppia Johnson e Robinson a quella formata da Kilian Plunkett, disegnatore per le saghe a fumetti di Star Wars e Alien, e Walden Wong, noto per il suo lavoro con gli eroi della Justice League e X-Men, risulta meno brusca grazie a un secondo capitolo realizzato a otto mani, prima di cedere il posto a Plunkett e Wong nel terzo e ultimo capitolo, sempre affiancati da Mounts ai colori, e ai salti temporali presenti tra un capitolo e l’altro, che portano con sé il naturale invecchiamento dei personaggi e le conseguenti modifiche nel loro character design.

Nonostante tutti questi accorgimenti permettano una lettura scorrevole, è inevitabile notare come il capitolo finale sia ben realizzato dal punto di vista tecnico, ma meno ispirato nello stile, perdendo le peculiarità che catturano l’attenzione fin dalle primissime pagine del volume.

Nel complesso, Red Son riesce a trasmettere il fascino di Superman, con i suoi ideali e i suoi tormenti, e del suo storico antagonista, caratterizzato in modo comicamente esagerato nonostante conservi il suo temibile ingegno, proponendo un’estetica insolita e ben curata, ma al costo di una narrazione piuttosto frettolosa nei confronti dei personaggi secondari e di scelte narrative talvolta un po’ troppo asservite alle esigenze della trama principale.

Etalune

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