BiComix: mettere il fumetto al centro di un festival
Intervista agli organizzatori del festival pugliese, che torna con un’edizione dal respiro internazionale e con riflessioni sui temi della guerra e della precarietà giovanile
La nuova edizione del BiComix è in arrivo. Dal 22 al 24 agosto torna infatti al Porto di Bisceglie il festival del fumetto organizzato da Associazione URCA (con la collaborazione del Comune di Bisceglie, Bisceglie Approdi e Libri nel Borgo Antico).
Chi ci segue sa che ormai da anni seguiamo da vicino, in qualità di media partner, il percorso di questo festival, evento fumettistico cruciale dell'estate pugliese che si apre sempre di più al resto d'Italia e al mondo. L'imminente sesta edizione conferma questa vocazione internazionale com un ospite di qualità come Martin Panchaud, vincitore del prestigioso Fauve d’Or di Angoulême, che presenterà Il colore delle cose (edito in Italia da Coconino Press), fumetto originale e sperimentale di grande spessore.
Poi c'è la mostra personale dedicata a Maicol & Mirco, con più di cento tavole originali (di cui trenta tavole inedite tratte da L'Isolo, in uscita a settembre per Bao Publishing), l'innovativo progetto di “Cantiere Fumetto” - un’installazione di oltre 30 metri di lunghezza - dedicato alla trilogia del nordest di Miguel Vila, autore italiano tradotto e apprezzato in Europa e negli USA, la Self Island, l'area del festival che ospita giovani fumettisti e collettivi indipendenti, selezionati attraverso una call pubblica e, ultimo ma non meno importante, il progetto realizzato in collaborazione con La Revue che ha coinvolto proprio gli artisti selezionati per la Self Island nella creazione di un fumetto sul tema del “Precariato Infinito”.
Insomma, un fitto calendario che si sviluppa tra talk, workshop e attività live e che, anche attraverso sfilate cosplay, sessioni di giochi da tavolo e giochi di ruolo, conivolgerà un pubblico di varie fasce d'età, cercando però sempre di non dimenticare la centralità del fumetto e la rilevanza delle tematiche, anche di estrema attualità, che la nona arte permette di affrontare.
Per raccontarci al meglio questa nuova edizione abbiamo dialogato con gli organizzatori, ovvero Giacomo Ferrucci, Stefania Galantino, Davide Sette, Vincenzo Fata e Valerio Ceglie, un team affiatato e vulcanico, capace di rendere questo evento un punto di riferimento e un appuntamento irrinunciabile.
Nella foto: G=Giacomo Ferrucci; D=Davide Sette; VI=Vincenzo Fata; VA=Valerio Ceglie; S=Stefania Galantino.
Come e perché nasce il BiComix?
G: Il BiComix è nato nel 2020, in piena pandemia, come un esperimento utile a sondare il reale interesse del pubblico rispetto a un evento completamente dedicato al fumetto. Ovviamente, anche a causa delle restrizioni Covid, non è nato subito come un “festival”, ma piuttosto come un modo per poter stare nuovamente insieme dopo i mesi di distanziamento sociale.
S: Ripensando adesso a quel primo anno, un po’ ci stupiamo dell’ingenuità e dell’incoscienza da cui è nato quello che è oggi il BiComix. L’Associazione URCA, d’altronde, non esisteva. L’abbiamo creata dopo la seconda edizione, quando abbiamo capito che il festival stava diventando troppo grande e che quindi era necessario creare un’organizzazione più strutturata.
Cosa caratterizza per voi il BiComix rispetto al resto dei festival in Italia?
VI: È difficile rispondere. Però una cosa che ci lascerà sempre spiazzati è l’affetto e il rapporto che si sviluppa con i tanti fumettisti che abbiamo avuto modo di ospitare al festival e agli incontri fuori stagione che facciamo.
G: È inspiegabile! Probabilmente si crea una forte empatia quando gli raccontiamo del progetto e del fatto che è un festival realizzato da pochi ragazzi.
VA: O forse è perché offriamo sempre da bere…
Quest'anno vi aprite a una dimensione internazionale ospitando Martin Panchaud, voce di spicco del nuovo fumetto contemporaneo e vincitore del prestigioso Fauve d’Or ad Angoulême. Cosa rappresenta per voi la sua presenza e cosa vi interessava comunicare attraverso la presentazione del suo Il colore delle cose?
D: Già lo scorso anno, quando abbiamo dedicato una serata del festival alla presentazione della collana BRICK edita da Coconino Press, abbiamo cercato di far conoscere al nostro pubblico fumetti che sfidassero le convenzioni del mezzo, ma soprattutto le convinzioni delle persone rispetto a quello che un fumetto può essere e a ciò che un fumetto può raccontare. Ci è sembrato quindi logico ospitare quest’anno uno degli autori più innovativi sia dal punto di vista stilistico che di modalità del racconto impiegate come Martin Panchaud. Un autore che è stato capace ancora una volta di spostare un po’ più in alto l’asticella.
G: Era da tempo che volevamo rendere il BiComix un festival capace di dialogare con il panorama internazionale del fumetto. Il colore delle cose è un libro che abbiamo amato tutti moltissimo e siamo felici e onorati di poter dedicare l’anteprima di questa sesta edizione a un autore che, siamo sicuri, ci riserverà ancora tantissime sorprese in futuro. Coconino ha ristampato il fumetto, che nel frattempo era andato esaurito, quindi speriamo di poter creare tanti nuovi lettori che, come noi, ameranno questa opera così atipica.
Altro tassello importante negli ultimi anni per il BiComix è Cantiere Fumetto, installazione artistica che vi permette di porre in risalto opere sperimentali, quest’anno dedicata a Miguel Vila. Qual è il concept dietro Cantiere Fumetto e in che modo intendete valorizzare le opere della Trilogia del Nordest di Vila?
VI: Cantiere fumetto è nato in occasione del BiComix 2024 con due intenti. Il primo riguardava la possibilità di realizzare una “mostra” nelle zone del festival, che svolgendosi all’aperto sul mare, non permette di organizzarne una nel senso stretto del termine.
S: In questo senso abbiamo pensato a un ibrido tra una mostra ed un’installazione, realizzando dei pannelli in PVC di circa 3x2m che vengono poi fissati su degli orsogril da cantiere, alla cui base ci sono dei mattoni.
G: Il secondo intento è che Vincenzo voleva assolutamente invitare Ratigher al festival, da vero fan boy…
VA: E in un certo senso il nome e il format si prestava bene alla collana protagonista della prima edizione di questo progetto: la collana BRICK, edita da Coconino Press e curata da Ratigher.
D: Il “cantiere” è quindi da intendersi sia in senso letterale, che figurato. È un progetto che dedichiamo a quegli autori che con il fumetto sperimentano costantemente. E quindi quest’anno lo dedichiamo alla “trilogia del nordest” di Miguel Vila, uno dei progetti editoriali stilisticamente più interessanti degli ultimi anni.
Parallelamente al festival avete allestito una mostra dedicata egli Scarabocchi di Maicol & Mirco nelle prestigiose sale di Palazzo Tupputi. Quali opere saranno in mostra e su cosa è incentrato l’allestimento?
G: La mostra Naufragi Quotidiani è sicuramente una delle punte di diamante di questa edizione. Troverete trenta tavole originali, inedite, provenienti dal nuovo fumetto di Maicol & Mirco, ovvero L’Isolo, che uscirà poi a settembre per Bao Publishing. Si tratta di un’anteprima nazionale e siamo orgogliosi che un autore così importante, fondamentale per il fumetto italiano, abbia scelto il nostro festival per rivelare al pubblico la sua nuova opera.
D: In più, un’intera ala di Palazzo Tupputi, che ospiterà la mostra, sarà dedicata all’esposizione dei suoi Scarabocchi, quotidianamente pubblicati sulla prima pagina de Il Manifesto. Attraverso la vendita degli originali raccoglieremo fondi per sostenere le attività di Emergency nelle zone di guerra, aderendo così in maniera concreta alla campagna R1PUD1A. Il Comune di Bisceglie ripudia la guerra. E anche noi del BiComix.
Tra le novità di questa edizione c’è la pubblicazione di un albo originale realizzato in collaborazione con la rivista d’informazione a fumetti La Revue, che ha come tema quello del “Precariato Infinito”. Come avete scelto il tema e quali criticità ci sono state nella realizzazione di questo volume?
VA: Abbiamo proposto a Lorenzo Palloni e al resto della redazione de La Revue un paio di tematiche. Quando abbiamo presentato il tema del “precariato infinito”, Palloni ha subito risposto con entusiasmo: “Grande, man!”.
D: Ci è sembrato un tema particolarmente calzante, considerando anche la giovanissima età degli autori e delle autrici coinvolti.
VI: La lavorazione del volume è andata abbastanza liscia. La partecipazione dei membri della Self Island era facoltativa, ma tutti hanno accettato subito con entusiasmo! Alla fine abbiamo solo dovuto rompere le scatole ai fumettisti per rientrare nelle scadenze. Compito che ho svolto splendidamente, attirandomi le antipatie di tutti i partecipanti alla Self Island. Dell’impaginazione se ne è occupata La Revue, nella persona di Alessio Ravazzani, che ringraziamo di cuore.
S: Inoltre abbiamo stampato l’albo in una tipografia del territorio, praticamente a km 0.
G: Due delle storie contenute nell’albo verranno premiate da una giuria composta da Criminaliza, che ha realizzato la cover del fumetto, da Miguel Vila, che sarà nostro ospite, e dal “neo” fumettista Caparezza. Le storie scelte dai tre giudici verranno poi pubblicate sul trimestrale de La Revue.
Creare e organizzare un evento al Sud è molto complesso e faticoso?
G: Prima io e Vincenzo avevamo i capelli…
VA: Io prima non fumavo…
VI: Entrambe falsità!
S: È faticoso sopportare loro quattro!
D: È complesso sicuramente reperire ogni anno i finanziamenti necessari a realizzare un evento che soddisfi le nostre ambizioni. Bisogna scontrarsi spesso con l’indifferenza o, peggio, con il pregiudizio che un festival del fumetto sia un evento unicamente destinato a bambini e ragazzini. Oppure una “sagra” in cui c’è dentro tutto e il contrario di tutto. Cantanti, doppiatori, cabarettisti, paninari. Tutti ma non i fumettisti. È ancora molto difficile far capire che un festival del fumetto possa avere una propria dignità culturale.
Il pubblico come ha recepito e recepisce il festival? Avete notato un cambiamento nelle persone nel corso degli anni?
G: Come diceva Davide, la nostra sfida è abituare il pubblico al fatto che un festival del “fumetto” ponga il “fumetto” al centro. Sembra banale ma non lo è. Al Sud come da altre parti, ormai. Le persone non sono stupide, ma è compito di chi organizza un festival offrire una proposta variegata, capace di intercettare target differenti, dal pubblico di appassionati a quello generalista. Vedere la fila al banchetto de La Revue per sottoscrivere un abbonamento o ragazzini di quindici o sedici anni che vengono un’ora prima per prendere il posto per seguire la lectio magistralis di Vincenzo Filosa sul manga, sono cose che non ci saremmo mai aspettati di vedere.
In questi anni il calendario delle manifestazioni fumettistiche si è riempito di nuovi eventi, spesso però il fumetto come medium è presente solo nel titolo della manifestazione? Qual è il vostro pensiero su questa bulimia di fiere?
VI: Quando è nato il BiComix. era l’unico festival del fumetto nell’area del nord-barese. I più vicini erano quelli nelle grandi città: a Bari, Foggia o Taranto. Adesso, invece, ce ne sono una decina solo nella nostra zona, sparsi nei vari paesi, anche dell’interno. È sicuramente un trend che, da appassionati, ci rende felici. La differenza la fa la qualità della proposta. Questa “proliferazione” dei festival ci ha spinto a rendere ancora più chiara l’identità del BiComix, in maniera tale da non correre il rischio di assomigliare ad altre manifestazioni.
Avete mai avuto dei momenti in cui avete pensato “ma chi ce lo ha fatto fare?”?
VI: Ciclicamente e ogni volta dico: “Questa è l’ultima edizione che faccio, da settembre mi trasferisco a Norcia e vado a fare l’eremita.”.
VA: Sì, soprattutto nei momenti in cui Giacomo sclera, però poi penso a tutti i momenti e gli episodi in compagnia che ci troviamo a vivere e quello cancella tutte le bestemmie.
D: È una domanda che mi pone costantemente il mio medico curante.
G: A gennaio di ogni anno, quando devo uscire di casa per trovare degli sponsor, mi pongo questa domanda.
S: Ad agosto di ogni anno…
Avete sempre cercato di riservare un occhio di riguardo verso il mondo delle autoproduzioni, in particolare negli ultimi anni tramite la Self Island. Come è nata questa vostra scelta?
S: È evidente che ci sia una tendenza nel mercato attuale del fumetto a spostarsi verso l’autoproduzione. Ed è una scelta che compiono anche autori e autrici affermati. Ci è sembrato quindi necessario dare ampio spazio a chi si autoproduce, perché altrimenti avremmo rischiato di lasciare fuori tantissimi progetti validi.
VA: Il BiComix, tra l’altro, nasce proprio con l’idea di condivisione e contaminazione. Quindi con chi si autoproduce è anche più facile e naturale creare iniziative, progetti, come è successo quest’anno con l’albo Precariato Infinito. O con la pubblicazione di un fumetto realizzato da due persone che si sono conosciute proprio grazie al BiComix, Davide e la fumettista Ester Santovito.
VI: Una cosa strana della scena del fumetto è che c’è stata un’inversione di tendenza al livello concettuale. Prima l’autoproduzione era il luogo per affrontare tematiche tabù o che comunque erano snobbate dall’editoria mainstream. Adesso, invece, le case editrici (alcune almeno) hanno assunto questo ruolo e il mondo “self” è diventato principalmente impegnato a sperimentare con il medium, giocando con formati, le modalità di stampa e realizzando storie a più mani.
Il sogno del cassetto che avete per le edizioni a venire?
VI: Mi piacerebbe un sacco dedicare Cantiere Fumetto a Kramers Ergot, antologia curata da Sammy Harkham. Però è davvero un sogno che non si realizzerà mai.
G: Sarebbe bello aprire il festival ad autori provenienti dal panorama americano e giapponese…
VA: In questi anni abbiamo cercato di creare degli “show” che unissero disegno dal vivo e musica. Sarebbe bello ospitare qualche nome interessante dal punto di vista musicale e farlo “dialogare” con l’arte dei nostri ospiti.
D: Un sogno nel cassetto? Non saprei, è difficile da dire. Però, Altan, se ci stai leggendo…
S: Ecco, anche secondo me Bisceglie è un posto che piacerebbe molto alla Pimpa!
Grazie e... appuntamento al BiComix!