Letture seriali: Teenage Mutant Ninja Turtles, il rilancio di Jason Aaron

Potere Tartaruga

40 anni di Teenage Mutant Ninja Turtles, ci pensate?

È dal 1984 che Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Donatello fanno parte della nostra cultura pop, capaci di reinventarsi, adattarsi ai tempi, cavalcare, a suon di arti marziali e Cowabunga, l'immaginario.

Chi li ha conosciuti coi cartoni animati (non importa con quale serie e con quale segnale di stile), chi ricorda con affetto la vecchia trilogia live-action coi costumoni e l'animatrone di Splinter, e poi naturalmente loro, i Fumetti, quelli da cui è nata la leggenda.

In tutto questo tempo, la creazione di Kevin Eastman e Peter Laird è cresciuta, si è sviluppata, ha intrapreso un cammino editoriale che, tra alti e bassi, continua sino ad oggi, riuscendo anche a ramificarsi con pubblicazioni parallele (vedi The Last Ronin) ed intercettare piccole mode del momento (anche le TMNT hanno avuto il loro Black White and... Green, seguendo il recente proliferare di antologie simili in Marvel e DC).

In 40 anni le Tartarughe Ninja hanno detto tantissimo e tanto altro hanno dimostrato di voler raccontare ma, come spesso accade, per i potenziali nuovi lettori, che volevano approfondire questi personaggi anche attraverso le nuvolette parlanti, iniziava ad essere un poco difficile trovare il cosiddetto "Punto d'inizio ideale".

Naturalmente, val comunque la regola del "Compra un albo e vedi che succede", che è sempre un ottimo consiglio, perché ogni cammino, anche quello di un appassionato di comics, parte con un "primo passo", ma come il già citato The Last Ronin e il suo successo dimostrano, alle volte una ripartenza fresca, attenta al passato ma anche libera quanto basta da esso, può essere ciò che serve per... rinverdire (no pun intended) un fumetto.

E qui arriviamo al rilancio di IDW delle TMNT, quello tanto pubblicizzato, affidato ad un Jason Aaron che non vedeva l'ora di cimentarsi con le quattro Tartarughe, per presentarle a tutto un nuovo pubblico di appassionati, riaccendendo anche la scintilla in quelli vecchi.

Impresa non facile, ma che si è rivelata apprezzabile e vinta, giunta anche in Italia per Panini Comics, che abbraccia la trovata e la pubblica in spillati, di cui è stato di recente edito il terzo numero.

In America, invece, siamo già al settimo, il che mi permette, sempre senza spoiler, di presentarvi uno sguardo più ampio su quella che si sta rivelando una serie costruita con amore, nostalgia neanche tanto canaglia, e un tono rispettoso quanto adulto.

I primi quattro albi, per precisa scelta narrativa, Aaron decide di dedicarli ad ognuno dei quattro protagonisti: TMNT è sempre stata una serie "a quattro voci", ma dopo un non subito precisato evento, Donatello, Leonardo, Michelangelo e Raffaello si sono separati, ognuno per la propria strada, ognuno perseguendo un suo personale destino.

E il compito di aprire le danze spetta proprio a Raffaello: lo ritroviamo in carcere, a San Quintino, a scontare una pena detentiva. Con le sue abilità potrebbe scappare in qualsiasi momento, ma è lì per sua precisa scelta e onore. Il tono è serio, drammatico, le domande sono tante e la voglia di conoscere le risposte altrettanto.

Vengono piazzate le prime tessere del domino, qualcosa si muove nell'ombra e un antico nemico pare volersi fare strada e cercare di eliminare il nostro eroe, che combatte senza esitazione, capendo che deve ritrovare i suoi fratelli prima che sia tardi.

A disegnarlo, con un stile nervoso e "arrabbiato" tanto quanto Raffaello, una Joëlle Jones che ammanta di drammatico realismo una vicenda che si preannuncia violenta e cupa.

Le dà il cambio Rafael Albuquerque: il disegnatore di Huck e American Vampire ci porta a Tokyo, a seguire le tracce di Michelangelo. Non che ci voglia molto a trovarle: il Nostro è in procinto di diventare una vera e propria star in Giappone, protagonista unico e solo di uno show televisivo, con tanto di sigla personale.

Anche per lui, le domande si affastellano, mentre i nemici sono pronti a bussare alla sua porta. Dovrà ritrovare il furore di un tempo, nascosto dietro le solite battute, per cavarsela, tra tavole ricche d'azione e un pizzico di rimpianto misto a rancore per il passato.

In qualche misura, inizia ad apparire chiaro come Aaron abbia scelto gli artisti a cui affidare i personaggi in base al carattere e all'inclinazione del racconto dettato dagli stessi: sensazione che si rafforza col terzo numero, illustrato dal bravo Cliff Chiang, per ritrovare un Leonardo che sta cercando la pace, attraverso la meditazione e il contatto con la natura, in mezzo a delle normali tartarughe. Anche per lui, diventa chiaro che dovrà bagnare le lame nel sangue, e non importa quanto lontano tu possa scappare, New York e soprattutto la famiglia sono un richiamo a cui non si può resistere. Chiang è "classico" nello stile, posato e pulito, al pari della tranquillità d'animo che Leonardo vorrebbe perseguire.

Siamo a tre, ne manca uno per completare il quadretto: Donatello, la "mente" del gruppo. Su questo Aaron decide di giocare "sporco", in quello che è il ritratto più intenso, più doloroso persino, trascinando il personaggio sull'orlo della follia, cambiando anche il tono del suo narrare, per dare al lettore un deciso gancio destro che lo conquista del tutto.

Un "assaggio" era già arrivato con l'albo Alpha, che ci introduceva a questo nuovo corso di storie, proprio presentandoci la poco invidiabile situazione in cui si è venuto a trovare Donatello, disegnato lì come in questo quarto numero da Chris Burnham.

L'artista ci mette il suo, con quel tratto grezzo, che non lesina il sangue e, appunto, lo "sporco", il marcio, esasperando i corpi e le botte, che arrivano più intense.

Sulle note finali, come già visto in precedenza, un altro sguardo a quello che si propone come il Big Bad di questo corso di episodi, la figura sulla quale Aaron intende costruire la sua maxitrama, un intrigo che diviene sempre più chiaro, man mano che i nostri quattro fratelli riprendono la via verso casa.

A lui spetta il quinto albo, anche qui impreziosito da un disegnatore ospite, scelto ancora una volta da Aaron con dannata efficacia: Darick Robertson, il "papà" grafico di The Boys.

E il procuratore distrettuale Hale, per patetico raffronto e rabbia repressa, non sfigurerebbe sulle pagine dei "Ragazzi". Aaron lo scrive con questo spirito, e ammirevole il lavoro di Robertson tanto quanto detestabile il personaggio. Dalla sua origin story, sino al disvelamento del piano di cui fa parte, tutto contribuisce a creare quella rete interconnessa che si sta andando a stringere sulle Tartarughe Ninja, inclusi i loro amici e alleati.

A questo punto, dopo cinque numeri altamente introduttivi quanto necessari per agganciare il lettore, Aaron ha il palcoscenico pronto per iniziare a mettere in moto il suo domino, che prende il via proprio col sesto numero, con l'arrivo dell'artista "regolare" Juan Ferreyra.

A lui il compito di disegnare il secondo arco narrativo, quello in cui i nodi inizieranno a venire al pettine e le tensioni sin qui accumulate non potranno far altro che esplodere, tra azione "esagerata" e quei "denti stretti" che da sempre accompagnano i fumetti delle TMNT, ben lontani dai sorrisoni e dalle pizzate dei cartoni animati.

Come ho scritto all'inizio, le Tartarughe Ninja hanno avuto nel tempo varie incarnazioni, e se quelle animate hanno sempre seguito una via più scanzonata, pensata per divertire i piccoli, i lettori di comics sanno bene quanta caratura drammatica possano invece riservare quelle a fumetti, dure e "cattive" sin dalle loro prime storie in bianco e nero.

Jason Aaron, attento lettore lui in primis, ben conosce la differenza, e sa anche quello che serve per intercettare l'attuale pubblico, quello cresciuto, fumettisticamente parlando, anche con i suoi fumetti, dal Tonante della Casa delle Idee sino a Southern Bastards.

Le TMNT hanno dalla loro 40 anni di storia, e rimanere canonici quanto concedersi sprazzi personali e autoriali sa essere complicato quanto affascinante da perseguire.

Aaron ci mette l'amore dell'appassionato e l'impegno dello scrittore, per un risultato che dimostra sia la responsabilità di essere il traghettatore di questo rilancio, sia quella di non voler esagerare nel (ri)presentare queste icone, sapendo già quanto siano conosciute.

L'imprinting con le quattro Tartarughe è immediato da sempre, i loro colori, i loro caratteri, in qualche modo questo non è mai cambiato e mai deve cambiare.

La serietà da stratega e leader di Leonardo, il "sangue caldo" di Raffaello, la giocosità di Michelangelo e l'intelligenza acuta di Donatello: iconiche quanto le loro armi.

Puoi instillare in loro il dubbio, lasciare che la rabbia serpeggi tra le loro fila, che le discussioni si risolvano prima a pugni e poi con le parole, ma quel legame tra di loro può piegarsi (alla penna dello sceneggiatore, in particolare), ma mai spezzarsi veramente.

Proprio perché ormai consolidati, questi tratti si offrono malleabili quanto basta per poter ancora costruire un racconto libero da catene precedenti, per quanto sempre in stretta continuity, il che spiega, per esempio, l'assenza di quella colonna morale che è Splinter.

Non sarò io a svelarvelo e altrettanto decide di fare Aaron, lasciando quel sospeso, come altri, a quella sana curiosità che IDW per prima spera prenda ai lettori di voler recuperare "le puntate precedenti". Non sono necessarie per leggere queste nuove storie, così come non erano necessarie, ad esempio, per addentrarsi nel tetro futuro di The Last Ronin. Ma una volta catturati, a quel punto è la passione a voler fare e conoscere il resto.

La minaccia poi si presenta importante, attuale persino, ma universale al contempo, appassionante da seguire e foriera, di volta in volta, del giusto colpo di scena, quello che, inevitabilmente, ti spinge a comprare il successivo, da sempre carburante per una presenza duratura sugli scaffali. Perchè se le chiamano "regular" un motivo ci deve pur essere.

Salire a bordo di questo rilancio è stato sicuramente uno dei tanti - e in questo caso, migliori - salti della fede fumettistici del 2024, ormai diventato 2025 per noi italiani.

Possiamo amarli al cinema, possiamo seguirne le avventure sul piccolo schermo, potete - e qui sta il mio consiglio - non perdervi neanche una tappa di questo nuovo corso, perché Leonardo, Raffaello, Donatello e Michelangelo ci hanno sempre conquistato, e mettere le loro storie a scaffale è un "dovere" tanto quanto soprattutto un divertente piacere.

Son ripartite da uno, e lo hanno fatto proprio con lo spirito di chi ha deciso di farsi abbracciare, ancora una volta e sempre con forza, da una nuova generazione.

Magari, a leggere queste storie, nello scoprire un lato anche - perché no? - più "oscuro", qualcuno potrebbe iniziare a trovare stonato quel "Teenage" della loro sigla.

Dimenticando che quel termine porta con sé tante di quelle sfumature, tra leggerezza e maturità, da riuscire a conferire tridimensionalità autentica, caratteriale e narrativa, adulta e giovane quando e quanto serve, anche a quattro tartarughe mutanti, esperte lottatrici quanto golose di pizza, figlie della cultura popolare così come un pilastro della stessa.

D'altronde, è proprio questo loro saper essere "forever young" il loro vero superpotere, quello che da quarant'anni riecheggia più del "Cowabunga"!

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