Animali domestici e dove trovarli - Intervista a Bianca Bagnarelli
A Lucca Comics & Games 2024 abbiamo intervistato Bianca Bagnarelli, illustratrice e fumettista affermata a livello internazionale, in occasione dell'uscita in libreria della sua prima raccolta di storie a fumetti, Animali domestici, pubblicata da Coconino Press.
Benvenuta, Bianca! Tu hai già una carriera ben avviata, con una produzione molto ampia che spazia dai fumetti all'illustrazione. Hai lavorato con molte realtà importanti come il The New York Times, National Geographic o Penguin Random House, per citarne alcune, e sei anche co-fondatrice della casa editrice indipendente Delebile. Vorrei quindi iniziare quest’intervista chiedendoti se c’è un progetto nella tua carriera che ti ha segnato particolarmente e come queste esperienze hanno influenzato la tua evoluzione artistica.
Se devo scegliere un progetto è sicuramente Delebile. Delebile è un’autoproduzione più che una casa editrice e devo purtroppo fare un annuncio ufficiale: non esiste più, in realtà dal 2018. È stata un’esperienza durata dal 2010 al 2018, quindi quasi dieci anni, e l’autoproduzione ti fa fare tutto, capisci come si fanno i libri. Prima ancora che ti venga l’idea della storia devi riuscire a trovare una tematica che stia sopra e che riesca a parlare e a far lavorare tanti artisti diversi e tanti autori diversi, che tiri fuori delle idee che non siano scontate, quindi un tema che riesca ad essere sia generale che specifico. Una volta che arrivano le storie c’è il lavoro di composizione delle antologie con l’accostamento dei vari racconti, devi riuscire ad avere degli alti e dei bassi che stiano insieme e che parlino, è un po' come una composizione musicale alla fine. Poi c’è tutta la parte di produzione che è impagabile: imparare come si impagina un libro, come ci si rapporta con la tipografia, cosa vuol dire preparare un file per la stampa. È proprio una palestra che ti prepara ad essere un autore migliore.
Insomma Delebile ti ha permesso di farti le ossa.
Esatto.
Guardando indietro da dove sei adesso c’è qualcosa del tuo percorso che cambieresti? O è andata bene com’è andata?
Non ha senso guardare indietro con rimpianto secondo me, non si possono cambiare le cose quindi va bene quello che c’è.
Le tue illustrazioni e i tuoi fumetti sono spesso e volentieri pervasi da un’aura di malinconia poetica. Come riesci a coniugare la parte scritta e dialogata con quella illustrata rimanendo coerente con queste sensazioni?
Io parto sempre dalla scrittura, sia per il fumetto che per le illustrazioni. Per i fumetti prima scrivo e poi quella cosa viene tradotta in immagini. Invece per le illustrazioni c’è sempre un testo, nel senso che l’illustrazione vive come una traduzione di immagini di un articolo, di un romanzo o di un racconto breve, per cui diciamo che la scrittura determina la sensazione e il contenuto che dev’esserci nell’immagine. Poi quello che io cerco di fare, se devo pensare dove ci sono delle scelte deliberate nel cercare di trasmettere sensazione ed emozioni, è lavorare sulla gestione del colore e della luce. Ad esempio durante il Covid mi è capitato di fare tantissime illustrazioni che parlavano della pandemia e mi sono ritrovata a riutilizzare ossessivamente sempre la stessa palette di colori perché trovavo che riuscisse a dare bene quelle sensazioni di malattia, un po' ansiogena. Non che fosse una palette brutta da vedere o disarmonica ma erano dei colori che secondo me evocavano ansia. Quindi se devo pensare a dove c’è un lavoro deliberato è attraverso il colore.
Rimanendo in tema di zone grigie e descrizione delle ambiguità dell’animo umano, quanto è difficile trattare questi argomenti e tradurli in fumetto mantenendo comunque l’eleganza dei tuoi lavori e la luminosità delle tue tavole?
Non ne ho idea, non lo faccio apposta, ahahah.
Ti viene naturale quindi! Parliamo un po' di Animali domestici adesso. A me, da lettrice, alcuni racconti hanno toccato e fatto riflettere più di altri, li ho sentiti molto intimi, e sono sicura che anche per gli altri sia così. Ti capita di partire da spunti autobiografici per costruire le tue storie e i tuoi personaggi?
Io parto sempre dal vissuto, non necessariamente nel senso che le storie sono autobiografiche, ma nel senso che cerco sempre di trasmettere almeno una sensazione che so di aver provato, per cui di partire da uno stato emotivo verso cui voglio portare il lettore. Da questo punto di vista forse c’è dell’autobiografia però non nel senso stretto del termine: non ho mai schiacciato un gatto nel divano-letto, ahahah.
Ahahah, meno male! Da questa uscita si percepisce anche come ti piaccia un po' sperimentare con le ambientazioni e i generi. Per esempio Cara F. si distingue dalle altre storie per le sue tinte più fantasy. Come ti vengono queste idee? Come riesci a spaziare così da un genere all’altro, ti viene anche qui naturale?
Io ti ringrazio per dire che c'è spazio tra i generi perché secondo me non è così, ahahah.
Non ti rivedi in questa lettura?
No, non è che non mi rivedo, è che mi sembra di avere proprio un prototipo di storia che funziona sempre più o meno nello stesso modo, però sono contenta se invece arrivano letture diverse.
Sì, a me è sembrato così da lettrice esterna.
Cara F., visto che l'abbiamo nominata, era una storia commissionata dal Museo delle Arti Applicate di Vienna: ti assegnavano un oggetto presente nel museo e tu dovevi farci sopra una storia. L’oggetto che avevano assegnato a me era una sorta di camera prefabbricata, preassemblata, degli inizi del ‘900. Bellissima, tutta di legno e in stile art nouveau. Era un modello di stanza che doveva essere usata e riprodotta come stanza che ha tutti i suoi componenti fatti su misura e a me questa cosa aveva fatto pensare subito ad una nave spaziale. C’è l’idea di questa stanza, esattamente com’era stata progettata agli inizi del ‘900, come una stanza in cui uno può vivere tutta la sua vita e avere tutti i suoi bisogni riuniti in un unico spazio.
E così hai fatto questo collegamento con la nave spaziale. Tornando ad Animali domestici, questa è la tua prima pubblicazione di ampio respiro in Italia. Come ti senti a riguardo? Percepisci differenze con le pubblicazioni uscite all’estero?
Sono molto contenta di come è venuto il libro e anche di aver lavorato con Coconino. Non avevo mai lavorato con un editore italiano, mi sono trovata molto bene. In Italia finora avevo sempre solo fatto autoproduzione per cui hai un controllo totale e puoi fare tutto quello che vuoi. Devo dire che mi sono trovata molto bene.
Rispetto alle uscite estere invece, questo è il primo libro veramente lungo per cui anche se questi fumetti erano usciti per Nobrow Press o su riviste americane qui è diverso il peso che uno sente. Questa uscita la vedo più significativa.
E rimanendo nell’ambito del fumetto italiano ci sono autori o autrici che pensi stiano contribuendo a innovare il panorama o che segui con particolare interesse?
Il mio fumettista italiano preferito dell’ultima generazione è Paolo Cattaneo: per me il suo Non mi posso lamentare è bellissimo. È un fumetto incredibile e meraviglioso, uno di quei fumetti che quando lo finisci lo chiudi e pensi: “Questo volevo scriverlo io, maledetto Paolo!”.
Invece per le letture che ho fatto ultimamente e che mi sono piaciute ti dico il libro di Kalina Muhova, Odio l’estate, è molto bello.
E come ti approcci alla realizzazione di illustrazioni rispetto alla creazione di un fumetto? Lavori in modo diverso?
Sì, sono due aspetti completamente diversi. Il fumetto come linguaggio è molto più complesso delle illustrazioni, contiene molte parti mobili che devi tenere insieme, ci sono molte più occasioni di sbagliare qualcosa e di non riuscire a fare arrivare quello che tu avevi in testa e che volevi dire al lettore. L’illustrazione alla fine la vedo veramente come una traduzione diretta di un testo in immagine. Non per sminuirlo o per dire che non abbia le sue complessità ma sono due livelli diversi. Poi c’è da dire che per me i fumetti sono una cosa proprio solo personale perché lavoro sulle mie storie, sulla mia scrittura, sui temi che interessano a me. Invece l’illustrazione è un lavoro di compromesso, sono comunque commissioni che arrivano dall’esterno, da clienti che ti pagano e quindi hanno chiaramente il diritto di dirti che qualcosa non va bene, che è da vedere in un’altra maniera o che una certa visione non piace, quindi devi fare molti più compromessi rispetto alla visione che avevi in testa inizialmente.
Ti è mai capitato di essere in difficoltà e non trovare idee per un’illustrazione commissionata?
Sì, capita. Magari un tema ti risuona meno di altri o in quel momento non hai la giusta apertura mentale o disponibilità però alla fine ci sono un sacco di sistemi per costringerti a rientrare nel flusso e riuscire a creare comunque qualcosa. Dopo averlo fatto per tanti anni credo davvero che la maggior parte delle illustrazioni siano già nel testo per cui semplicemente leggendo il testo e poi trovando le parole chiave puoi fare un lavoro all’indietro, così le illustrazioni poi vengono.
Ci sveli invece qualcosa sui tuoi prossimi lavori?
Per ora non ho niente in cantiere. Tante illustrazioni editoriali, tanti lavori con giornali e collaborazioni che porto avanti sempre. Spero di continuare a fare altre storie brevi e che un giorno, magari prima di dieci anni, verranno raccolte in un altro libro.
E noi saremo qui ad aspettarti! Grazie ancora per il tempo che ci hai dedicato.
Bianca Bagnarelli
Nata a Milano nel 1988, è illustratrice e fumettista. Le sue illustrazioni sono state pubblicate su testate internazionali come The New Yorker, The New York Times, The Washington Post, The Atlantic, Vanity Fair, National Geographic. Ha realizzato copertine per Penguin, HarperCollins, Einaudi, Feltrinelli, Mondadori, oltre ad aver illustrato tre libri su testi di Kazuo Ishiguro e Chimamanda Ngozi Adichie per la casa editrice Einaudi e per l'editore inglese Faber. Il suo primo libro a fumetti, Fish, è stato premiato nel 2014 con la Gold Medal della Society of Illustrators di New York. Nel 2024 ha realizzato la sua prima cover per il magazine statunitense The New Yorker. Vive e lavora a Bologna.