Oltre l'autobiografia: intervista a Baru da ARF! X
Uno dei protagonisti della X edizione di ARF!, il Festival del Fumetto che si è svolto a Roma dal 24 al 26 maggio scorsi, è stato certamente Baru, considerato uno dei “padri nobili” della bande dessinée, al quale è stata dedicata una mostra di originali, O partigiano, portami via, e che ha incontrato il pubblico nel corso di talk e sessioni di firmacopie (qui gli abbiamo chiesto i suoi 4 fumetti della vita).
Tu sei un autore apertamente politico. Perché hai scelto proprio il fumetto per raccontare le tue storie e denunciare ciò che vedi intorno a te?
Dopo aver finito il liceo iniziai a disegnare. Ho da sempre sentito la necessità di esprimermi e di impegnarmi, socialmente parlando. La scelta del fumetto come mezzo di espressione fu una cosa naturale, visto che i miei punti di riferimento erano, casualmente, proprio dei fumettisti. Tra i tanti potrei citarti Jean-Marc Reiser, ma comunque tutti quelli che pubblicarono su Hara-Kiri prima e Charlie Hebdo poi, riviste molto provocatorie su cui mi sono formato.
Se uno ti chiedesse qual è l'obiettivo che ti prefiggi ogni volta che realizzi un fumetto, cosa risponderesti?
Sono da sempre una persona molto sensibile alle ingiustizie sociali, alle lotte operaie e per i diritti civili. Coi miei fumetti cerco di fare da megafono a tutto questo. Voglio sottolineare e mettere in mostra gli aspetti più controversi e oscuri della nostra società.
Parlando di A Caro Prezzo, il tuo ultimo fumetto, al termine del primo volume sostieni di essere, in quanto cantastorie, un bugiardo. In effetti ci racconti una storia, quella della famiglia Martini, che non esiste, ma che nasce da tanta verità. Perché, dunque, ti dici bugiardo?
A Caro Prezzo è una storia che mi appartiene, a tratti anche autobiografica, ma non è (solo) la mia storia. Con quella frase ho voluto specificare che quanto letto dai lettori si tratta di una finzione, dove in quanto tale ho potuto raggruppare non solo i miei ricordi ma anche quelli di amici, parenti, insieme a molte informazioni recuperate documentandomi. Sai, definire un libro autobiografico è sempre un rischio, poiché là fuori è pieno di persone pronte a mettere in dubbio la verità di quello che dici, ad andare personalmente a verificare nel tuo passato quanto da te scritto e disegnato. Non vedono l’ora di trovare un'incongruenza per screditare il tuo lavoro. Mi sono liberato da tutte queste preoccupazioni definendomi, per l’appunto, un bugiardo, in modo da poter essere libero di scrivere la storia nel modo che più ho preferito. Personalmente lo ritengo il modo giusto di fare le cose: raccontare la finzione per arrivare alla verità “vera”, perdona il gioco di parole. Credo sia il metodo migliore per far emergere tutto ciò di cui ho parlato nel fumetto.
Sempre nel primo volume, connettendomi alla domanda precedente, fai un discorso molto interessante riguardo al canto popolare Bella Ciao, sulla sua presunta origine e su quanto questa possa o meno “intaccare” la sua importanza. Da dove nasce l’idea?
Riguardo a questo c’è un aneddoto. Io sono sempre stato convinto che Bella Ciao fosse un canto partigiano. Nella mia famiglia lo cantavamo spesso. Mentre stavo scrivendo il primo libro, parlandone con amici, anch'essi di origine italiana, uno di loro mi ha raccontato quanto in realtà l’origine di Bella Ciao sia complessa e confusa. Mi inviò anche un articolo del giornale la Repubblica dove ne parlarono in maniera approfondita. In questo modo sono venuto a conoscenza di tutto questo, e ho voluto assolutamente inserirlo nel libro, pensando che si sposasse alla perfezione con la storia che stavo raccontando.
A Caro Prezzo si apre e si chiude con Aigues-Mortes, il massacro del 1893 e l’aggressione a sfondo razziale del 2012. Sono due eventi che ti hanno segnato?
Si, particolarmente. L’intento è quello di mettere in guardia chi legge, mostrandogli come, purtroppo, la storia tenda a ripetersi. Come queste tragedie siano cicliche.
Nella trilogia di A Caro Prezzo concludi ciascuno dei tre volumi con i dettagli di una ricetta italiana. Perché?
Il cibo occupa un aspetto molto importante nella mia vita. Per me mangiare va ben al di là del nutrirsi: si tratta di cultura, fa parte del patrimonio di un popolo, di una nazione. Il mio inserire una ricetta al termine di ciascuno dei tre volumi è, oltre a un omaggio all’Italia, anche un modo per mettere in luce tutto questo.
Grazie mille e a presto!