Di educazione, rivoluzione, identità, buio e stelle: intervista a Percy Bertolini
Una chiacchierata con Percy Bertolini sui suoi fumetti - da Scuola di Butch a Bambinә matte e non solo - sull'arte, sull'educazione, sullo stigma sociale riservato alle identità non cis-etero e sulle rivoluzioni, quelle che sono e quelle che (speriamo) saranno
Il primo volume del suo Scuola di Butch è appena uscito per Eris Edizioni nella collana Gatti Sciolti. Attualmente sta pubblicando, con il suo progetto editoriale indipendente Catapecchia Editrice, la fanzine collettiva Bambinә matte, che ha vinto il premio come Miglior antologico al Belgioioso Indie Comics Awards (BICA) 2023.
Ciao a te!
Allora, diciamo che è una cosa maturata piano piano negli anni, ma la scintilla è avvenuta all’improvviso con la combinazione di determinati agenti chimici:
1) il suicidio di stato della professoressa Cloe Bianco, insegnante trans che è stata sospesa dal ruolo quando si è presentata a scuola vestita da sé e che poi si è tragicamente suicidata poco dopo, dandosi fuoco nella sua roulotte, e nella solitudine totale;
2) il fatto che questo episodio sia successo proprio quando stavo mettendo giù le pratiche per fare il concorso per diventare insegnante, e contemporaneamente stavo cominciando il mio percorso di affermazione di genere;
3) il fatto che per le strade urlavamo (io e le mie compagne di lotta): ”La rabbia di Cloe brucia ancora! Rivoluzione trans in ogni scuola!”;
4) il fatto che "il dispositivo dell’ordine" come ama chiamarsi la Polizia, è violenza di stato. E nonostante rappresenti questo potere terrificante, violento, repressivo, di tutela dello status quo dei più forti sui più deboli, viene costantemente idealizzata, edulcorata e resa desiderabile. Esistono centinaia di cartoni animati per bambini sulla polizia, migliaia di giocattoli di macchinine della polizia, jeep della polizia, maschere di carnevale a divisa della polizia, ecc. Insomma i bambini vengono educati da subito a desiderare di diventare dei fasci. Anche nei fumetti c’è sempre stata, ovviamente vista come "i buoni". Quindi ecco, è stata la combinazione di queste cose soprattutto a farmi desiderare di disegnare una sovversione totale.
E infatti appena ho visto il titolo del tuo
fumetto nella mia testa è subito partita la sigla di "scuola di
polizia" (di cui ho rimosso tutto tranne il ritornello della sigla,
appunto). Noi siamo della stessa generazione quindi abbiamo molti riferimenti
culturali comuni per quello che riguarda, come dicevi, giocattoli e cartoni
animati. Ma secondo te, dagli anni '80/'90 a oggi, l'impostazione
eteronormativa dei prodotti per bambinә – giocattoli, cartoni animati, ecc. - è
cambiata?
È proprio la canzone che ho ascoltato in loop mentre
disegnavo tutto il primo episodio. Mmmh. Secondo me no, non è cambiata. Forse è
solo più strisciante e quindi più pericolosa. Le forze dell'ordine sono ancora
molto in voga nei giochi, e va bene che le desiderino sia i maschi che le
femmine, l'importante è desiderare di essere fasci, ogni genere è benvenuto.
Allora, devo confessarti una cosa molto da
etero: questa è la terza volta nella mia vita che mi ritrovo a leggere la
parola "butch". Diciamo che se da un lato aumentano le narrazioni a
tema "queer", aumentano anche gli stereotipi e quindi la
marginalizzazione di certe identità. Prima hai fatto il nome di Cloe Bianco,
una donna che è stata considerata un po' una vittima di serie B, come accade
spesso con le donne trans. Perché, secondo te, certe categorie - come quelle
che racconti nel tuo fumetto - sono così poco presenti nella narrativa più
mainstream e quanto questo può contribuire ad aumentare lo stigma nei loro
confronti?
Allora, le lesbiche Butch, soprattutto se politicizzate
quindi femministe e anticapitaliste, sono quasi la più sfigata delle lettere
della sigla, perché sono le più sovversive. Tutto di solito è oscurato dal
termine ombrello GAY, che è il gay maschio bianco, magari capitalista, razzista
e soprattutto patriarcale. È un po' come il maschile sovraesteso. Le lesbiche vivono
un tipo di oppressione specifica: la violenza di genere maschile sulle donne,
quindi l'oppressione patriarcale strutturale, la misoginia, il sessismo,
l'oggettificazione, il gender pay gap ecc., più la lesbofobia. In più vivono
anche un particolare tipo di violenza dato dalla feticizzazione.
Di diverso,
dalle donne etero, hanno una cosa soprattutto: che non instaurano rapporti
sessuoaffettivi con gli oppressori. E quindi ne sono libere, e questo loro
esserne libere sovverte anche il capitale in un modo un po’ troppo complesso da
spiegare qui, ma potrei consigliarvi dei libri sul materialismo lesbico. In più
si vestono per agire nel mondo e non per essere oggetto di veduta, sottraendosi
alla violenza del male gaze, quindi vengono considerate "brutte",
"cesse", "terrificanti", e le cesse non fanno vendere
prodotti.
Se ci pensi gli uomini cicci pelosi e ruttatori vengono comunque
considerati dei fighi, pensa a Bud Spencer, mentre una donna così non può
esistere. Per questo le lesbiche sono da sempre oltre i confini del genere, e
sono un genere a parte, non delle donne. Perché donne non si nasce, ma si
diventa in subalternità all’uomo. Cioè il genere donna è un’invenzione (come il
genere uomo) che ci posiziona politicamente e socialmente subalterne. Le
lesbiche non lo sono. E non ho visto nulla del genere nei fumetti. Mai.
Le cesse non vendono ma anche un certo stile
grafico non è proprio la cosa più acchiappasoldi... ne abbiamo parlato quando
ho avuto la fortuna di vedere le tavole originali del tuo Da sola (grazie!) ma vorrei parlarne meglio. Lo stile di Scuola di Butch è molto
diverso da quello del tuo lavoro precedente e mi hai detto che c'è un motivo
preciso. Puoi spiegarci il perché di questa scelta?
Dunque io vengo da una formazione pittorica e di arte
contemporanea, e la prima cosa che ho imparato è ragionare sul fatto che
l'oggetto è il contenuto. Lo stile che ho utilizzato per disegnare Scuola di
Butch è completamente aderente al mio pensiero lesbico transfemminista. Decostruisco
i canoni del bello, dell'esistere per essere viste, guardate, oggetto di veduta.
Decostruisco lo sguardo dell'oppressore su di me che mi vuole bella e
bravissima, ma anche quello dell’oppressore interiorizzato, che mi dice che
"devo piacere", "devo dimostrare di", oppure ancora quello
che porta certi autori a fare dei fumetti come se fossero estensioni del loro
lungo cazzo, degli assoli di virtuosismo tecnico autocompiacente per
misurarselo a vicenda. Io SO si saper disegnare benissimo, in tutte le tecniche
che voglio, in tutti gli stili che voglio. Conosco anche le tecniche antiche come
l'incisione. Non devo dimostrare niente a nessuno e non devo piacere. Anzi, se
potessero vomitargli gli occhi quando mi leggono sarei più felice. In più
questo stile è anche decostruzione abiliste di un metodo.
In che senso?
Nel senso che rispetta di più la mia impulsività, la mia
libertà di segno, la velocità dei miei pensieri, che erano troppo veloci per
gli stili lenti, per le strutture preimpostate, per il "fatto con tutti i
crismi" della scuola di fumetto, con conseguenza che il mio flusso creativo
si bloccava. Con questo stile io rispetto il mio modo di essere. Ho bisogno di
adrenalina e di fare scorrere veloci i miei pensieri, invece che cercare di
"normarmi", inoltre è uno stile che potrei fare pure se perdessi un
braccio, mi infilerei una penna tra le dita dei piedi e verrebbe uguale.
Per sviluppare questo metodo anti metodo, ho usato delle
regole inventate da me, una delle quali è non usare mai la gomma, proprio come
insegna la prof Marmista Femminista a lezione.
Tantissimo, infatti cercando nei miei temi delle elementari ho trovato tanti elementi che fanno ancora parte di me. Può capitare a qualsiasi bambino maschio di arrossire di fronte a una scena di nudo femminile, e i genitori non ne sarebbero altro che orgogliosi. Magari gli darebbero pure una pacca sulle spalle e gli direbbero qualcosa come "ehi macho, un giorno saranno tutte ai tuoi piedi!", mentre invece se un desiderio simile capita a una bambina questa sa già che lo deve tenere per sé. Anche se gli adulti credono che la sessualità non sia una cosa che riguarda i bambini, non è vero. Veniamo già educati all’eterosessualità da bambini: giochiamo a sposarci, ad accudire bebè, a trovare il fidanzatino. Nei cartoni animati le protagoniste si baciano coi protagonisti e poi li sposano. L’unico tipo di sessualità che deve restare fuori dall’infanzia è quella lesbica gay. Mi ricordo bene la prima volta che ho sentito la parola lesbica: stavo guardando Senti chi parla. La madre della protagonista scoprì che sua figlia si era fatta fare la inseminazione, e le disse "oh mio dio non sarai mica lesbica!", e lì capii che era una cosa terribile.
E invece la scuola? Che ruolo ha nella creazione
delle nostre identità?
La scuola dovrebbe essere un posto dove noi impariamo per
essere liberi* e anche un posto dove impariamo quello che i genitori non
possono insegnarci, anche dal rapporto con gli altri studenti. Ma purtroppo è
un dispositivo di controllo e di ordine che si limita a produrre e riprodurre
la norma. La scuola è un'istituzione classista, abilista, razzista, patriarcale,
cattolica, e controlla e opprime tanto le alunne quanto le insegnanti. Lì impariamo
persino i valori dell’obbedienza cieca, della competitività, della paura del
diverso, ecc. Come diceva uno slogan di piazza "l'educazione o sarà transfemminista,
o non sarà!"
Spero che questa cosa non ti deluda ma una delle
mie scene preferite (la trovo davvero bellissima!) di Scuola di Butch è quella del notturno, ci sono
tutte le bambine sveglie a guardare il cielo stellato. E ho pensato che è molto
bella perché è inusuale che le bambine (e i bambini) non solo vanno a letto
presto ma spesso e volentieri tra scuola, sport, lezioni di musica, compiti a
casa, giochi e tv sembra che non abbiano né tempo né spazio per riflettere. Cos'è
quella scena per te?
Le bambine sono tornate nelle loro case, un posto che per
loro non è molto sicuro. Nelle loro case sono sole: gli mancano le loro simili.
Ma adesso hanno scoperto che esistono. Sanno che le loro simili si trovano da
qualche parte sotto al cielo stellato, e tutto è diverso. Nelle loro camerette,
si ritagliano uno spazio "per sé" in quella solitudine che serve per
sentire. Si dedicano a belle cose come la lettura di libri che non sono
propriamente "per bambine" come i un libro di incisioni dei capricci
di Goya. Perché ognuno può prendere dallo scaffale che preferisce senza troppi
muri per adulti/per bambini per maschi/per femmine. I capricci di Goya sono
incisioni contro le superstizioni, l'ignoranza, la violenza. E io li ho ammirati
proprio da bambina. Ma lo sguardo delle piccole va ben oltre il foglio, oltre
le grate delle finestre. Ora sanno immaginare quello che fino a poco prima era
l'impossibile.
Hanna Harendt parlava del desiderio (che contiene la parola sidera,
stelle) come di una scala a pioli. Senza sponda. La sponda è la norma, che ci
protegge ma ci impedisce anche di muoverci in tutte le direzioni. Salire la
scala a pioli è pericoloso ma anche eccitante. E di solito queste scale si trovano
proprio sulle soffitte delle case, per raggiungere i tetti. Lì dove ci sono
cielo e stelle.
Casper e Buio, lә tuә protagonistә, sono due
personaggә invisibili: Casper è un fantasma e Buio è un buco nero - oltre che
il tuo alter ego. Perché hai scelto proprio loro come protagonistә?
Casper è un fantasma e quindi è un essere che ha superato
la morte, per essere qualsiasi cosa sia. Di sicuro noi creature del margine
abbiamo superato la morte. È anche l'invisibilità delle nostre esistenze, e
l'impossibilità. Senza contare che adesso per definire le diversità si usa la
parola spettro! Spettro dell’autismo, spettro dell’asessualità, ecc. Mentre
Buio... La nostra cultura occidentale ama nominare "buio" tutto ciò che non conosce.
Nominiamo buio l'assenza di luce, e quindi lo identifichiamo con l’assenza. Mentre
invece se pensiamo a due metafore cosmologiche, il buco nero e la materia
oscura, scopriremmo che per una volta è il buco a significare l’eccesso. E non
la mancanza. Il buco nero è ciò che succede dopo la morte nera di una stella.
La stella disperde un’incredibile quantità di luce e si trasforma in un nucleo
densissimo di materia (tutto il contrario di un’assenza!). Mentre la materia
oscura è tutto ciò che il nostro sguardo scientifico non riesce a vedere, ma
esiste ed è infinita. Un’infinita possibilità.
Tingiamo di nero ciò che
fuoriesce dallo spettro di luce percepibile dal nostro sguardo per fare sì che
nella nostra mente non manchi niente.
Io ho una prospettiva un po' da persona
disabilizzata e ripensando alla mia infanzia/adolescenza non ricordo di aver
subito grosse imposizioni dovute al mio genere. in realtà che io fossi femmina
non è stata la cosa più determinante della mia vita da piccola, al punto tale
che per molti anni non credo di averla nemmeno capita questa cosa. Molto
spesso, anzi, il mio essere femmina è stato negato. Ho scoperto solo da grande
quali e quante sono le imposizioni che subiscono le ragazze in quanto tali e
alle tue bambine butch succede lo stesso, subiscono un sacco di imposizioni con
violenza. Ora, io saprei spiegare il perché di questo dal punto di vista di una
persona disabile, ma vorrei conoscere quella che viene dalle bambine
butch/trans: perché non ci è concesso essere semplicemente chi siamo?
Quando le bambine passano
dall' infanzia all’età "adulta" è lì che devono diventare donne. Gli
viene chiesto di occupare una precisa posizione politica e sociale. Se ci pensi,
diventiamo Donne col ciclo mestruale, e quindi con la possibilità di adempiere
al nostro unico ruolo: procreare. Diventare madri, sposarci, diventare di un
uomo. Prima di diventare uomini e donne, i bambini sono socialmente simili agli
animali, Dopodiché crescere significa diventare normali, passare da essere dei
piccoli mostri ad essere degli strumenti di produzione del capitale (anche fare
figli e sposarsi rientra nel pil). È utile che non ci facciano fuoriuscire da
queste due categorie sociali e politiche (una oppressa e una che opprime) in
modo da continuare a perpetrare questo sistema. Tutto qui.
Torniamo un attimo ai fumetti: oltre alle
pubblicazioni con le case editrici tu hai fondato una casa editrice tua, anzi,
una Catapecchia!, con cui stai pubblicando una zine che si chiama Bambinә
matte. Puoi raccontarci cos'è, perché pubblicare questi lavori su una zine
autoprodotta, chi sono le persone che lavorano con te a questo progetto,
eccetera?
Bambinә matte nasce con due intenti: il primo è essere
progetto di autofinanziamento per le spese da sostenere per autodeterminarsi,
per fare il percorso di affermazione di genere che è costosissimo, ma anche
solo per sopravvivere in un mondo che non ci fa nemmeno lavorare e dove noi
lesbiche e trans siamo tra le persone più povere. Il secondo è essere ricerca,
ma anche creazione di spazio di auto narrazione libero da censure e da
edulcorazioni.
Come dicevo già prima, per me è fondamentale ricercare nell'infanzia, in quella fase della nostra vita dove non eravamo ancora stati
ammaestrati, normati, il principio del nostro essere. Le nostre identità di
genere lesbiche (che come ripeto è anche un’identità di genere, non solo un
orientamento sessuale) e i nostri orientamenti sessuali fuori
dall'eterocisnormatività. La nostra anti-identità di genere (quale il queer
sarebbe, in origine). Questa ricerca io l'ho iniziata con la pittura e ora l'ho voluta estendere al fumetto e ho voluto fare qualcosa per lә altr*:
coinvolgerle, dare loro dello spazio. Uno spazio di carta liberato dal cis
etero patriarcato dove potersi esprimere. Uno spazio che nella vita non hanno,
nemmeno in editoria, perché le persone che coinvolgo non sono fumettist* professionist*,
e nel cercarle non guardo quanti follower hanno o se sono brave oppure no. Cerco
di passare a loro quello che so, se ne hanno bisogno.
Parto sempre da un
oggetto, mai da "un tema" perché i temi sono quelli di chi ci guarda
da fuori. L’oggetto è un oggetto creato dal Cis etero patriarcato: la bambola,
i vestiti. E lascio che le autrici raccontino le loro vite, in relazione a
quell'oggetto. Le autoproduco perché voglio massima libertà, sia per me che
per loro, e perché i tempi dell’editoria sono troppo lenti rispetto a quelli
della necessità e dell'urgenza. Inoltre così possono circolare in un tessuto
sotterraneo, proprio dove si trovano le piccole amiche a cui ci rivolgiamo. Ed
a un prezzo accessibile.
Quali sono i tuoi prossimi progetti, oltre a Scuola
di Butch di cui usciranno (purtroppo soltanto) ancora due volumi?
Scuola di Butch mi terrà impegnato per tutta l'estate
ancora. Fra pochi giorni inaugura una mostra collettiva di street artist alla
galleria Street Level Gallery di Firenze, a cui partecipo con una mia opera.
Tema: dinosauri. Tutto ciò che vorremmo di estinguesse sarà dinosaurizzato. Io
ho fatto un dinosauro dottore che ti diagnostica la incongruenza di genere,
vorrei che si estinguesse la patologizzazione.
Poi sarà la volta dei videclip
musicali animati per Nancy Tungsten, cantautrice e composer lesbica butch. A giugno
annuncerò una fanzine a fumetti fatta con Arci Modena che parla di spazi
festosi liberati dalla violenza di genere e dall’abilismo, la protagonista è
un’aliena di nome Concetta che atterra in una città di provincia assieme alla
sua gatta magica. Sotto Natale, uscirà Bambinə
matte 3, poi direi che dormo per due anni.
Beh, ci starebbe in effetti! Grazie mille per il
tempo che ci hai dedicato e per le risposte interessantissime! Imboccallupo per
tutti questi progetti e a prestissimo! ♥️
Grazie a teeeee!
Per approfondire: recensione di Scuola di Butch e intervista ad Anna Matilde Sali su Gatti Sciolti su claccalegge.it; abbiamo parlato di Gatti Sciolti anche qui.
Claudia (aka Clacca)