Affinità-divergenze fra il fumetto e noi - Del conseguimento della maggiore età. 6: Per l'oracolo di Omaha!

Come ho imparato a NON amare Mister Wolf


Ok, ogni tanto occorre sacrificarsi e fare scelte difficili, impopolari e rischiose. Le fai quando sai che sei l’unica persona in grado di sobbarcartele e che, senza di te, nessuno si prenderà quel carico di impegno e responsabilità.
Io l’ho fatto perché l’Italia è il Paese che amo e ho deciso di scendere in…
…no, un attimo. Ricominciamo.
Mi sono letto Mister Wolf, il “fumetto Bonelli col tizio che è uguale a Fedez”.
La Bonelli mi perdonerà se non ho deciso di sganciare 25 succosi euro per l’edizione in volume e ho preferito – solo per sentirmi giovane, intendiamoci – leggerlo come webtoon, dimensione per cui era nato.


La recensione, come lessi in un commento quando furono diffuse le prime tavole, potrebbe esaurirsi così: il fatto che il protagonista somigli a Fedez non è il problema principale.
Inoltre, agganciarsi a volti noti è sempre stato un tratto Bonelli: Dylan Dog come Rupert Everett, Harlan Draka come Ralph Fiennes, Julia è Audrey Hepburn e – questo non so se è dichiarata o una somiglianza che ho sempre visto solo io – Martin Mystere è Michael Caine. Quindi insomma, fin qui tutto bene.
La cosa che fa la differenza però è che se le altre sono scelte artistiche, la somiglianza con Fedez ha tutt’altra motivazione. Qui però serve prima fare un po’ di contesto.

Questo fumetto nasce da una collaborazione tra Bonelli e Wolf Hungry For Life, un lifestyle program sulla finanza, che penso sia un modo milanese per indicare un ombrello di contenuti su quello specifico argomento. Contenuti tra cui c’è appunto anche Wolf (da The Wolf of Wall Street più che da Pulp Fiction): un podcast che parla di imprenditoria sana e onesta invitando alcuni ospiti eminenti in merito.
Come Briatore.
Badam Tschh.
Vabbé, torniamo al fumetto.
Mister Wolf pare quindi essere un tentativo con cui Wolf Hungry for Life vuol mettere una zampa nel fumettomondo. Per questo non è proprio un caso né una scelta estetica che il protagonista – Leonardo Luna – sia uguale a Fedez e conduca un podcast come il suo, occupandosi di finanzia etica. Del resto, anche Leonardo è un nome che evoca quello del reale figlio del rapper, Leone.

Ora, uno dei problemi di Mister Wolf sta proprio nella sua produzione: potete benissimo immaginare quanto un fumetto che parla praticamente di Fedez, realizzato in partnership con una realtà di cui Fedez è protagonista, sia sereno nel costruire ombre e punti deboli al suo protagonista.
  

Ed ecco che infatti la scrittura di Mister Wolf è… come potremmo definirla? È qualcosa che si colloca in una misteriosa quarta dimensione che sta tra l’apologetico, l’agiografico e il servile. Leonardo Luna non è solo bravo bravo bravo ma è, scopriremo, una delle menti più brillanti dell’ultimo trentennio. Cazzarola.
La sua ragazza Nico, che lo chiama verso l’inizio del primo episodio e che è ovviamente non meno che bellissima, litiga rivolgendogli delle vere frasi al vetriolo come: “Ti credi superiore perché hai un master all’IMPERIAL COLLEGE e un podcast con milioni di follower?”
Non trovate? È esattamente quel genere di cosa che qualunque ex arrabbiat* ti direbbe per evidenziare i tuoi difetti. Ma pensate che di difetti Leonardo Luna davvero non ne abbia? Scettici!
Il suo vecchio professore di economia, che è così al passo coi tempi che dice wellcamp invece di webcam, in un fresco umorismo sullo scontro di generazioni, in un flashback pone qualche perplessità sul rendimento di Leonardo al suo corso universitario.
Forse non è portato per la finanza… ma attenzione, non è che non gli interessi la materia! L’unico problema è che è troppo ribelle e pensa troppo con la sua testa!

È come quelle persone odiose che quando chiedi loro un difetto, ti dicono che si fidano troppo degli altri o sono troppo ordinate/rigorose/coscienziose.
Insomma, il sentimento più ovvio che, grazie a questa caratterizzazione, puoi provare per Leonardo Luna è quello di vederlo come cavia in un’astronave su Zeta Reticuli. Ma non è tutto.

Il secondo dei punti problematici di questo fumetto è il suo essere così tanto una copia dei peggiori cliché dei Bonelli classici, da sfiorare più volte l’effetto Dick Drago. Gli spiegoni messi a casaccio, l’umorismo rimasto ai tempi dell’invenzione della ruota come appunto il vecchio professore che non sa accendere il computer… perfino l’immancabile esclamazione iconica: nel momento in cui anche un “Giuda Ballerino” viene scritto dagli sceneggiatori di Dylan ormai con un pelo di imbarazzo, Mister Wolf nei momenti di preoccupazione cala un fantastico: “Per l’oracolo di Omaha!”.
All’inizio mi sembrava una roba un po’ troppo mistica, poi ho letto che si riferisce a Warren Buffet, imprenditore e filantropo e ho capito che è come se uno sceneggiatore di fumetti esclamasse: “Per la barba di Alan Moore! Per la droga di Grant Morrison!”
 

Inoltre, proprio come i personaggi più stereotipici del fumetto italiano, Leonardo Luna deve essere riconosciuto dal globo terracqueo come un gran figo. Per trasmettere questa sensazione, andiamo anche qui di concetti che potremmo far risalire alle pitture rupestri: essere molto ricco e avere una corte di donne che gli muoiono dietro.
Occuparsi di finanza etica non è che impedisca a Luna di avere infatti un garage privato con decine di costosissime macchine che sceglie come qualcuno sceglierebbe un paio di scarpe. E visto che nel 2023 abbiamo fatto passi da gigante nella rappresentazione femminile nei fumetti, non facciamoci scappare l’occasione di mostrare delle Tizie Generiche A Caso che guardano Leonardo sfrecciare sul suo gioiellino del giorno commentando con: “Che macchina! Che figo!”

Anche i dialoghi seguono abbastanza l’onda della parodia involontaria. La maggior parte di essi è funzionale a dare infodump a caso: memorabile la scena in cui il professore di Leonardo, dal nulla, si sente in dovere di spiegare a quest’ultimo come sono morti i suoi genitori, cosa che sa benissimo da solo.
Ma il mio dialogo preferito non è uno spiegone, bensì quello mostrato in flashback tra Leonardo e la sua ex (che a proposito, manco a dirlo, è anche un’abilissima hacker).
Nel flashback, Leonardo, che è pure un po’ poeta, sta guardando la luna alla finestra. Nico, che è ovviamente nuda, gli dice:
“Ci manca solo che inizi a ululare, Mister Wolf…”
“Per quello mi basta averti davanti…”
“Ah sì? Tiro fuori la bestia che è in te?”
“Vuoi vedere?”

Ecco, mi ha rievocato un altro dialogo simile, sempre tra i miei preferiti, nella sesta puntata di The Lady:
“Amore corporeo a prima vista!”
“Tentazione extrema e spericulata!”
Ma dove magari barcollano i dialoghi, una storia può essere tirata su da un buon soggetto.
Ecco, l’ultimo problema enorme di Mister Wolf è che scrivere di un argomento così specifico – e onestamente così noioso ai più – come la finanza, richiede la penna di qualcuno che ne sappia parecchio e sia allo stesso tempo appassionato, e che usi narrativamente la finanza come gancio emotivo.
Un esempio nel cinema è Wall Street di Oliver Stone: anche se non capiamo tutto di quel mondo e delle sue complicazioni, il tema dell’onestà, del delirio di onnipotenza da potere, arriva bello diretto ai nostri cuori.
Ma anche tra i fumetti c’è un esempio davvero ottimo: Black Monday di Jonathan Hickman, sulfureo fumetto sul mondo dell’occulto nella Borsa. Anche qui non abbiamo bisogno di capire tutto, nemmeno quando la trama si fa più arzigogolata. Hickman ci fa provare molto bene l’orrore pulsante di elite disumane che fondono ai rituali finanziari quelli della magia nera e il modo in cui le famiglie che gestiscono tutto questo ne escano corrotte. Sia Wall Street che Black Monday sono esempi fantastici di come rendere appassionante un contesto così ostico.

Ora, la penna dietro Wolf – che comunque è di Davide Rigamonti, non certo dell’ultimo arrivato – sembra appassionata di finanza come un uomo costretto in catene e prigioniero in una galea corsara a scrivere di qualcosa che proprio non gli piace. Quindi la storia che ne esce è zoppa e piena di momenti wtf dall’inizio.
Tanto per dire: Leonardo sta indagando sul crack di una famosa banca nel 2008 e per farlo si guarda le foto di gente appena licenziata che esce in lacrime dalla suddetta, con gli scatoloni pieni di oggetti raccolti in fretta e furia dalle scrivanie. E già qui, insomma, non proprio il modo in cui immaginiamo che qualcuno indaghi su un qualche illecito.
A un certo punto, con quella che è tipo la supervista degna di una delle più brillanti menti degli ultimi trent’anni, nota un particolare minuscolo in una delle foto. Così minuscolo che, non esagero, ci vuole una godzilliardata di vignette di ingrandimento progressivo per notarlo: la data su uno degli scatoloni è 2023! Una data anacronistica per una foto del 2008!
Ma ingrandendo ancora di più è chiaro come nella scritta 2023 sia presente un minuscolo codice informatico criptato che a sua volta rimanda a un file custodito su chissà quale cloud, che rimanda ancora a delle fatture false che una banca di Milano sta emettendo!
Da qui parte ovviamente l’indagine ma…
…“Ma dove pensi di trovare le evidenze del reato? Uno mica le tiene nel cassetto della scrivania!”, obbietta il professore di Mister Wolf, quello che dice wellcamp invece di webcam e che ama spiegargli per bene come sono morti i genitori.
Per l’oracolo di Omaha, questa è un’idea! Del resto, dice Luna, anche Poe afferma che il posto migliore per nascondere qualcosa è proprio in bella vista!
Ora, nel mondo normale nessuno si sognerebbe davvero di cercare delle prove scottanti nel cassetto dell’indagato, specie se ricco e potente, visto che quelle prove sarebbero già state ragionevolmente distrutte o blindate in un costosissimo luogo super sicuro all’estero. Ma nel mondo di Mister Wolf, dove Leonardo Luna è Dio, è tutto vero e lui trova tutto dietro al quadro nell’ufficio del direttore della banca!
Da qui parte un alto tasso di delirio a base di droni assassini, server misteriosi, cani incredibili, hacker, e via così. Messa così suona pure bene, lo so.


Ora, vi sarete fatti un’idea del mio parere su questo fumetto, immagino.
Il punto è: a chi è indirizzato? Al pubblico giovane di Fedez che forse non è nemmeno così interessato a un fumetto con un linguaggio abbastanza retro? O quello più anziano della Bonelli che invece questa narrazione magari se la fa anche andare bene, ma che – almeno a giudicare dai commenti in rete – non nutre una grande simpatia per il rapper?
Chi di queste due fasce potrebbe essere disposto a spendere venticinque euro per un’edizione cartonata?

Perché, al netto di tutte le cose divertenti che ci siamo detti, l’impressione è che ancora una volta il fumetto – come media – sia stato sottovalutato e considerato alla stregua di una cazziatella che puoi pensare senza troppo impegno, appoggiandoti alla stampella di quei cliché consolidati novant’anni fa. Come se il linguaggio o il mondo non fossero mai cambiati.
Si può fare un fumetto marchetta a Fedez o ancor prima a Wolf Hungry for Life, beninteso. Anche senza la pretesa di fare, appunto, il Black Monday italiano, specie quando ci sono paletti nell’operazione perfettamente immaginabili.

Ritengo però sia anche doveroso vedere in che anno siamo e accorgersi che magari le Tizie Generiche che svengono davanti al macchinone gigante sono giusto un attimo fuori tempo massimo, per dirne una. Si può scrivere una trama investigativa che non suoni buttata lì con indizi improbabili e ricerca ancor più improbabile di questi ultimi, o ancora si può cercare uscire dalle catene del Protagonista Fenomeno, della Fidanzata Vestale, del Cane Fedele e del Cattivo Viscido. Forse, anche se sei sotto mille limitazioni, puoi insomma cercare anche di divertirti a pensare a una storia e non farne una checklist in cui barri dei punti come: “dialogo melenso con l’ex… fatto”, “cattivo che dice cose da cattivo… fatto”, “momento comico col vecchio impedito… fatto”.
Ma se proprio devi fare la checklist, e anche questo ci sta, almeno è doveroso far sì che il lettore non se ne accorga.


Mister Wolf si colloca come un’operazione che con molta generosità potremmo definire vintage e con meno bontà scarsa capacità di guardare il presente.
Presente con cui, tra momenti sì e momenti no, anche testate in giro da anni sanno ormai di dover fare i conti.

Cristiano Brignola

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