BLACK [MON]DAY: il [buco nero del] complottismo finanziario.

Quel [gran] satanasso d’un Hickman che [forse non rivedremo più]


Frammento # 01

Avvertenza per il lettore.
Quanto riportato nelle parentesi quadre è il frutto di ricostruzioni successive del testo. Restano in alcuni casi problemi interpretativi che potrebbero non trovare soluzione.

Premessa [giustificativa]

[Il dimenticare] è un’arte dimenticata. “Mettere nel dimenticatoio” un’espressione obsoleta, il greco antico [una lingua] morta.
[…]
Abbiamo supporti tecnologici che rendono la memoria umana superflua; memorie per i numeri di telefono, nuvole virtuali per conservare milioni di dati, informazioni, ricordi; giornate della memoria, una gestione ricorsiva del ricordo di questo, quello e “quant’altro” (usato sempre a sproposito). Compleanni, ricorrenze, date, immagini, tutto catalogato sul social network.

Una [tua] foto che ritrae un bambino che mangia lo yogurt mentre è seduto sul vasino, postata per goliardia sul social del momento, resta per tutta la vita ed oltre in un indefinito presente. [Non si smette mai di essere bambini] soprattutto se quel bambino sei tu.

Sul piano del contenuto, tutte queste appendici virtuali di memorie ricorsive e dunque eterne sono però equiparabili alle [ziaredd o ziarell*] con cui accompagnare di domenica mattina l’aperitivo del meriggio. Inutile minuteria che resta lì ad occupare spazio, a fare da ingombro, a dare fastidio, ad incrostare la nostra esistenza limitata nel tempo.

Dimenticare: [impossibile]

Di contro [c’è anche dell’altro] artefatti, opere dimenticate, perdute, ancorate agli abissi della dimenticanza che si impongono per la loro bellezza, in tutta la loro fragilità, frammentarietà, precaria esistenza.

[…] ai primi lirici greci. Archiloco che brinda per la morte di Mirsilo, che [sempre Archiloco] abbandona il suo scudo durante la battaglia per salvare la vita.

Al culmine di questa mia personale ed inconcludente Balaklava (ma ne parleremo anche dopo compiutamente), mi son trovato non al cospetto del mio nemico («Là c'è il vostro nemico. Là ci sono i vostri cannoni, signore») bensì dinanzi ad un arduo dilemma amletico: dimenticare o [andare in bicicletta la mattina presto o] scrivere un’altra audace recensione di notte a babbo morto?

Dimenticare si deve [per fare un passo avanti].

Rilasciare un testo fragile, precario, incompleto per definizione è un atto d’amore verso la comunità di coloro che vorranno leggerlo. Solo questo. Nessun altro prodigio.[…][solo] il fallimento che incombe alle porte [e che] “è più facile cercare di capirlo un po’ più tardi, quando si è già capito che tutto quanto di era capito fino a quel momento non era vero”. Lo dice Douglas Adams ed io gli credo.

[Abbiate pietà,] il mondo in cui vivo è fuori squadro e sto facendo di tutto per rimetterlo in sesto! O almeno così ricorda d’aver sentito Orazio da un tale suo amico di nome Amleto (sempre lui). O forse era Satana?


Frammento #02
[Tutto inizia con un’idea. Tutto inizia con un’immagine. E quando ce l’hai... costruisci.]

Cominciamo, come prassi, dalle intenzioni.

È mia tetragona volontà parlarvi della serie originariamente pubblicata da Image Comics (2016) ed intitolata The Black Monday Murders, scritta da Jonathan Hickman per i disegni di Tomm Coker. In particolare costruirò la mia personale riflessione dopo l’attenta lettura dei due volumi dell’edizione italiana per i tipi della Mondadori nella collana Oscar Ink.

[Se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione.]

Porrò l’attenzione sulla relazione istintiva e figurativa esistente tra la trama imbastita da Jonathan Hickman, le teorie dei complotti, no vax, scie chimiche e terrapiattismo, passando con nonchalance dal pentastellato senatore Lannutti all’Umberto Eco de Il pendolo di Foucault con un tocco di Leibniz ed una spruzzata di Architetti dell’Universo. S.H.I.E.L.D. sempre di Hickman in coppia questa volta con Dustin Weaver.

A seguire similitudini con la carica della brigata leggera nella Battaglia di Balaklava: un Hickman che forse non rivedremo più.


Frammento #03
Complotti & teorie mentula canis


Se la memoria non mi inganna, possiamo cominciare con il diavolo: Christian Charles Philip Bale. In occasione della sua premiazione per il film Vice agli scorsi Golden Globe, l’attore ha ringraziato Satana per averlo ispirato nell’interpretazione del ruolo di Dick Cheney (il vice del titolo). Voleva essere una battuta ma si sa il diavolo “is the new black” in quest’epoca convulsa di fake news e cospirazioni planetarie. 
Viviamo la stagione delle paranoie grandi quanto interi caseggiati della periferia urbana di una metropoli incolore. Convinzioni a tema persecutorio, più altri rilievi di contenuto complottista vecchio stampo sempre di moda nonostante le prove che ne smentiscono la veridicità.

Un esempio?

“Il Gruppo dei Savi di Sion e Mayer Amschel Rothschild, l'abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale, portò alla creazione di un manifesto: "I Protocolli dei Savi di Sion". ”
Il cinguettio è del senatore della Repubblica Italiana Elio Lannutti.
Giusto per rimanere in tema, forse il senatore dovrebbe leggere Il complotto. La storia segreta dei Protocolli dei Savi di Sion”di Will Eisnerqui). Non dico altro, per decenza.

Rebus sic stantibus, tutto quanto detto poc’anzi ci consente di rilevare alcuni topoi cui il saggio Hickman attinge per la trama di Black Monday.

Alla ciclica crisi dell’economia capitalista segue, quale effetto sociale, l’emersione di temi cospirativi e complotti autoreplicanti sempre uguali a se stessi. Se su questo bello spezzatino ci mettiamo la salsa barbecue luciferina, abbiamo il piatto pronto in tavola servito dai cuochi Jonathan e Tomm.

Magari, all’inizio, partiamo con un'idea alla Harry Potter, scuole di magia et similia. 
Casate che si scontrano per il potere mondiale ed i loro signori protagonisti disturbati e disturbanti con poteri demoniaci.
A legare tutto troviamo uno sbirro (quello sbirro siamo noi) che testardamente cerca di unire i punti per arrivare ad una verità che solo Balaklava conosce.
Questo in sintesi e senza spoiler la trama/ricetta del fumetto in trattazione.

Si tratta di un classico thriller da cui, frullando storia, storia dell’economia e soprannaturale, emerge forte la narrazione di un mondo, nascosto nel fondo della terra, che esige il costante sacrificio di quelli che stanno sopra, noi, i poveri cristi che non possono partecipare al gioco crudele della finanza.


Ho trovato molto aderente all’oggetto di questa recensione la seguente definizione di Jacques Le Goff:
“… questo romanzo magico sulla magia, questo romanzo misterioso sul segreto e sulla creatività della finzione, questo romanzo tumultuoso, questo romanzo luminoso su un mondo sotterraneo…”.
Il romanzo di cui parla Le Goff è Il pendolo di Foucault di Umberto Eco. Trovo questa affermazione calzante anche per Black Monday perché vi intravedo diverse analogie e/o allusioni ed un paio di divergenze sul piano del contenuto e della struttura.
Alcune le abbiamo già viste più sopra. Veniamo alle altre.
In primo luogo troviamo in entrambe le opere diagrammi astratti e simboli. In apertura di ciascun capitolo di Black Monday fa la sua comparsa qualcosa di simile all’"Albero Sefirotico" simbolo e sintesi della Cabala ebraica.
Eco ed Hickman ci parlano di cospirazioni globali. Per lo scrittore americano risultano essere pretesti narrativi per diversificare il setup di partenza, la scontro tra le scuole di magia. Egli non prende posizione in merito. Non ci dice se è buono o brutto.
Eco, invece, nel creare di sana pianta una trama sovversiva ne fa poi una parodia, “decostruisce” le macchinazioni cospirative. Sono proprio i personaggi che evolvono da redattori scrupolosi e scettici ad ingenui creduloni. Emerge una critica pungente verso questo tipo di letteratura postmoderna. Un gioco sottile e non un semplice pretesto, appunto.
Per dirla meglio, Hickman cerca di spiegarci la ricorrenza dei tonfi della finanza mondiale adoperando questa messinscena cospirazionista di origine demoniaca. Umberto Eco rideva sotto i baffi. A noi, pensando anche a Lannutti, non resta che piangere.

Prima di Balaklava, spendo due parole anche su Tomm Coker
Un tratto realistico, quasi fotografico nelle pose dei personaggi. Personalmente non mi ha entusiasmato, non mi ha fatto sobbalzare sulla seggiola. Piacevoli i continui contrasti di colore ed il sangue che sprizza ovunque e che vuole venir fuori dalla tavole. Un disegno al servizio della storia. Ma con Hickman è così.



Balaklava
L’atto conclusivo di una recensione senza senso. L’esaltazione di un male inutile ed inconcludente.


Correva l’anno 1854, il posto prescelto era la Crimea. A darsi battaglia erano Inglesi, Francesi ed Ottomani da una parte ed i Russi dall’altra. Con i primi c’era anche un manipolo di soldati “italiani” del Regno di Sardegna. Un particolare inutile. La guerra è sempre per interesse.
La battaglia imperversava quel 25 ottobre a Balaklava. Il comandante britannico lord Raglan desiderava che la cavalleria avanzasse rapidamente, seguendo il nemico così da impedirgli di portare via i cannoni. Quali cannoni? Quelli sottratti dai Russi agli alleati Turchi. Lui li vedeva bene dalla sua postazione. “Eseguite subito” era la chiosa finale che non ammetteva dubbi. Lo zelante capitano Louis Edward Nolan si lanciò a cavallo lungo i sentieri scoscesi per consegnare gli ordini al marchese di Lucan, comandante della divisione di cavalleria. Sia Lucan che il marchese di Cardigan, a capo della Brigata Leggera, non avevano modo di vedere i cannoni cui faceva riferimento l’ordine. Alla richiesta di ulteriori chiarimenti, Nolan sbottò «There is your enemy. There are your guns, my Lord.» («Là c'è il vostro nemico. Là ci sono i vostri cannoni, signore»). Il povero sciocco puntava il dito verso il fondo della valle in cui erano raggruppati quattordici cannoni e la cavalleria russa, precedentemente respinta in altro frangente.
Cardigan condusse alla carica i suoi 600 cavalieri nella valle mentre i Russi li bersagliavano da tutti i lati con scariche di fucileria e cannonate. A ciò si aggiunsero anche le cariche della cavalleria russa man mano che gli inglesi si addentravano nella valle. Dopo aver lasciato sul campo 360 uomini (compreso il capitano Nolan) le posizioni tra i contendenti tornarono ad essere quelle mantenute prima dello scontro.

Cosa voglio dire?

Hickman è un po’ Lord Raglan, ha chiaro “lo grande disegno”. Impartisce l’ordine; è perentorio nell’esecuzione. Poi si trasforma, negli scoscesi saliscendi della storia, nel capitano Nolan e a noi, lettori nonché soldataglia a cavallo, sprezzante indica il cul-de-sac. Tutto il canagliume del mondo è il portato di presenze sotterranee demoniache. Ci hai frantumato, reso carne da cannone e poi? Tutto ritorna come prima? O qualcosa cambia. E quel cambiamento si paleserà prima o poi?

Dietro tutta questa fuffa cospirazionista, questa irrequietezza, frutto di notizie false e ben orchestrate, cosa si cela? Esiste un punto fermo? Cadremo nella ricorsività?

Scatole cinesi. Restiamo come tanti “birlicchini”*.

Certo non dobbiamo pensare (e non lo facciamo) che tutto ciò non abbia una conclusione più strutturata. Dovremo attendere, ma lo scrivente dubita seriamente che ciò avverrà nell’immediato. Ci attendono i cannoni dei Russi e stiamo andando alla carica. Quanto durerà?

Tutti a Balaklava!


Scrivo queste due ultime righe per menzionare Leibniz. L’ho lasciato appiedato tra i miei pensieri. Troverò il modo di fargli fare un giro sul mio trattore. 
Altre due parole sussurrate in merito all’edizione italiana. Le copertine soft touch fanno molto cool oggi giorno, solo che lasciarci le impronte sopra non è molto gradevole. Gusto personale. La mancanza poi di un apparato redazionale che possa aiutare, data la distanza di pubblicazione tra i due volumi, a rientrare nelle complesse trame della storia, è un altro mio piccolo dispiacere.

Scusatemi tutti, muoio qui. Punto.

Rick Tavoletta Fortin


* “Ziaredd” termine dialettale corrispondente all’italiano “inezia”, cosa di poco o nessun conto o di scarso valore.






Black Monday

Testi: Jonathan Hickman
Disegni: Tomm Coker

Mondadori, Oscar Ink

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