Letture Seriali: Outcast - Raccolta 1

Questione di Fede

È curioso, sapete? Quando mi è stata proposta l'idea di questa rubrica qui su Gli Audaci, l'idea alla base di Letture Seriali, il mio primo pensiero è andato verso Outcast, il fumetto di Robert Kirkman e Paul Azaceta, che ora saldaPress ripropone in una nuova edizione, due "Raccolte" da 500 pagine l'una, due bei balenotteri di cui il primo è da poco arrivato nelle migliori librerie e fumetterie del Bel Paese.

Sarà per la storia, editoriale e - appunto - televisiva, di quest'opera, con la sfortunata Serie TV sviluppata di pari passo al comic book, presentata in pompa magna da Cinemax con quello strillone "Dal creatore di The Walking Dead" e poi chiusa dopo sole due stagioni.

Ma continuavo a focalizzarla nella mia mente come una sorta di "bussola morale" della pagina, un contorto ed intrigante Nord su cui basare il rapporto tra fumetto e serialità.
Infatti, coincidenza più o meno inconscia, il primo appuntamento con Letture Seriali fu proprio con Samuel Stern, che di Outcast è una sorta di figliastro, indubbiamente chiaro, sin dalle prime pagine, come sia stato ispirazione per Filadoro e Fumasoli, i creatori del rosso libraio di Edimburgo, che ogni mese convince nuovi lettori nelle edicole italiche.

D'altronde, fu proprio l'edicola a tenere a battesimo nel Nostro Paese l'epopea drammatico/religiosa del "Reietto" Kyle Barnes, con quella prima edizione "bonellide" e in B/N, che poi è il formato della Raccolta.


Un bianco e nero curato, approvato e supervisionato dallo stesso Azaceta (non una decolorazione, ma una ridefinizione in bicromia, di fatto una versione unica al mondo), quasi a rendere ancor più cupa una vicenda già di per sè non propriamente felice.

Una storia dalle chiare venature horror, differente da The Walking Dead, dove l'orrore dei morti viventi è scusante per raccontare come a fare davvero paura siano gli uomini e le loro azioni.
In Outcast, invece, il Terrore arriva perché ricercato, perché in una storia di esorcismi, di Fede contro Dannazione, di demoni e preghiere, c'è spazio e volontà per mostrare e ricercare lunghi brividi lungo la schiena, conoscendo sin dal principio la fine del viaggio: per la prima volta, infatti, su sua stessa ammissione, Kirkman ha sempre avuto chiaro dove avrebbe portato il suo protagonista, quale sarebbe stata la destinazione finale della storia.

Questo indubbiamente traspare da questo primo "balenottero", perché la storia e i suoi colpi di scena sono studiati, non giocati sull'istinto, ma sul preciso intento di portare il lettore a riflettere, pensare a quello che il racconto gli sta dicendo, i dubbi che gli sta ponendo lungo il cammino.
Infatti, più che la presenza di un protagonista in odor di esorcista e di un prete carismatico come "spalla", è il modo in cui viene trattato il tema principale della possessione il vero punto di contatto tra Outcast e Samuel Stern.


Lasciando che, oltre ad un mero ed ancestrale discorso di Fede, ad incutere il vero timore sia il ragionamento, il guardare da un altro lato qualcosa che ormai abbiamo quasi dato per scontato all'interno del genere Horror, il Male come un sintomo, come una malattia da analizzare, curare ed estirpare, anche se può sembrare un tumore benigno.
Perchè Kirkman sceglie un'altra strada, sceglie di rappresentare la possessione come un cancro che s'insinua nella società di una piccola cittadina, che viene accettato come un dono, come un miglioramento del proprio io, come qualcosa che non deve essere sradicato, quanto piuttosto accettato, lasciando che il confine tra Bene e Male si annulli in maniera inedita.
Ne consegue una lotta impari, con il protagonista che deve capire il suo ruolo di "Reietto" e il reverendo Anderson, il primo alleato in questa Guerra, colui che inizialmente si trova a remare controcorrente per via di un riluttante Kyle, per poi farsi travolgere dal fiume in piena di eventi che metterebbero alla prova chiunque, figuriamoci un prete.
Un prete che capisce di essere solo un uomo, che pensa di essere in missione per conto di Dio, di essere il suo Pastore di un gregge malato, e che forse l'Onnipotente ha smesso di ascoltare sin troppo tempo fa.


Outcast è una storia di persone comuni di fronte ad una minaccia che fa crollare le certezze di una vita, le stesse su cui basiamo il nostro agire quotidiano, quelle che diamo per scontate, come respirare, come la persona che ci dorme di fianco nel letto la notte.
E quando queste certezze vengono meno, tutto è possibile, perché il demone peggiore da affrontare è l'essere umano messo alle strette, quello che ha tutto da perdere e non vuole rinunciare a ciò che dà un senso alla sua esistenza, anche a costo della propria anima.
È una lotta impari, e proprio per questo affascinante da seguire, con quella sua cornice di provincia, che amplifica l'orrore e il brivido di sfogliare pagine che trasudano nero (e non mi riferisco alla china).

In questo, Kirkman ha saputo confermare di essere uno di quegli autori dall'occhio chirurgico nell'individuare il talento adatto a cui affiancarsi in ogni particolare occasione: Paul Azaceta è il disegnatore giusto per l'incubo giusto.
I volti, i corpi, il modo in cui entrambi "recitano" e si esprimono sulla scena, con quella cadenza cinematografica della tavola, con quel montaggio caratterizzato da piccoli "schermi nello schermo" (picture in picture, direbbero i cinefili appassionati), che amplificano il dettaglio, ampliano la prospettiva del lettore sulla scena, come una telecamera che sa quando zoomare e scandire il ritmo della sequenza, una di quelle cose in cui la serie televisiva, per paradosso, ha fallito, non riuscendo a replicare quello stesso effetto.

Anzi, va detto che le differenze tra serie televisiva e fumetto sono davvero tante, e dopo un inizio abbastanza simile, ad un certo punto, vuoi perché sviluppate in parallelo, prendono due strade abbastanza diverse, quasi a voler sperimentare diverse soluzioni e vedere quale delle due sarebbe arrivata lontano. E se di Outcast in TV ce ne ricordiamo ormai in pochi, il fumetto è alla sua ennesima, preziosa, ristampa: penso che la risposta su quale percorso si sia rivelato migliore sia abbastanza ovvia.


Perché, e forse è qui che sta il vero punto forte dell'opera di Kirkman e Azaceta, Kyle non è un "Eroe" in una splendente armatura, è un uomo che ha perso tutto, che ha compiuto degli sbagli agli occhi della gente che non sa, che si ritrova prigioniero di qualcosa che non ha ancora compreso, che gli ha distrutto la vita e di cui non riesce a parlare. All'inizio lo troviamo così male in arnese, che la parola "Reietto" sulla copertina non ci sembra descriva solo la sua condizione di "ammazzademoni", ma piuttosto la sua vita reale, tra sporco e abbandono.
Ma poi, visto che il Signore opera per vie misteriose (e in questo caso il Dio è Kirkman, che tutto vede e tutto sa, a differenza nostra, sempre un doveroso passo indietro, in attesa di stupirci), ecco la "chiamata", e da quella prima richiesta di aiuto, da quel primo ragazzino salvato, si innesca un domino che conduce inesorabile verso una meta imprevedibile.

Qui sta però la forte differenza con il già citato Samuel Stern: mentre il rosso libraio di Edimburgo vuole saldamente rimanere sugli scaffali delle edicole per ancora molto tempo, con una storia che si dipana mese dopo mese, caso dopo caso, con giusto piccoli sbocchi di trama che aprono a conseguenti scenari, le vicende di Kyle Barnes sono un flusso ininterrotto di eventi, non ci sono singoli esorcismi, ma un'intera comunità da salvare prima che la presa del Male li condanni alla dannazione eterna, anche se il significato di queste parole si fa dubbio ad ogni nuovo capitolo.


Se mai la definizione di "Graphic novel", nella sua accezione letterale di "Romanzo grafico", ha un senso per voi, allora risiede proprio in questa nuova edizione di Outcast.
Leggerlo proprio come un romanzo, con quell'incedere costante, con quelle rivelazioni che si rincorrono lungo una main street fatta di persone che si conoscono, di una comunità che vive le sue giornate con quella tranquillità che solo le cittadine di provincia conoscono, con le loro piccole storie, i loro drammi, i loro trascorsi umanissimi.
E che quando vengono posti sotto assedio, stretti in una morsa, ci fanno ancora più paura, perché le loro ombre, così come le loro piccole gioie, sono spesso anche le nostre.

Questione di Fede, scrivevo all'inizio.
E se del sottoscritto potreste dubitare, abbiatene in due eccellenti narratori come Kirkman e Azaceta e date una seria possibilità ad "Outcast": potrebbe diventare una delle vostre letture preferite in questa lunga estate alle porte!




Outcast Raccolta 1
saldaPress, 2022

Testi: Robert Kirkman
Disegni: Paul Azaceta


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