Il Mecenate Audace: Kingzilla

Cosa succede quando il re dei mostri ha fame? Ce lo racconta Marco Fontanili in quest'albo autoconclusivo

Dopo l'antologia Tales from the Grave, Marco Fontanili torna con una storia breve che ha come protagonista il kaiju più famoso del Giappone e del mondo intero, alle prese con i morsi della fame... tanto da arrivare a distruggere una città intera! Quale miracoloso alimento potrà soddisfare il suo bestiale appetito? E quali oscuri e violenti personaggi sono pronti a tutto, pur di distruggerlo per sempre?


L'autore ha un amore viscerale verso tutto quello che è il weird e l'horror classico, come dimostrano i suoi lavori passati e presenti, ma in Kingzilla: Hungry like a Monster troviamo uno stile più cartoonesco rispetto al solito. Se in Tales from the Grave è comunque presente un certo tipo di umorismo, macabro e sottile, in questa storia breve invece è presente una certa leggerezza che ci ricorda i lavori "Spaghetti and Meatballs" di Basil Wolverton, autore americano che, soprattutto a partire dagli anni Cinquanta, si distinse per i suoi disegni grotteschi e le sue caricature deformanti. Molto probabilmente il riferimento non è direttamente Wolverton, ma il mondo grafico è lo stesso: abbondanti rivoli di bava, mozzarella e salsa di pomodoro grondanti, sputi distruttivi, pelle a brandelli, ecc.

Anche in Kingzilla è presente un tratteggio maniacale, che in questo caso si perde nel descrivere la pelle del mostro, definire le ombre e arricchire ulteriormente scie di fumo, macerie ed esplosioni assortite, senza mai lasciare troppo bianco. Rispetto ai lavori precedenti le atmosfere sono meno cupe e il nero pieno è presente sono in alcune situazioni particolari, per enfatizzare le emozioni dei personaggi, ma in generale il fumetto si mantiene più sui toni di grigio, cosa che enfatizza la "leggerezza" di questo albo rispetto ad altre storie più cupe dell'autore.

Ritroviamo un'altra delle caratteristiche dei fumetti di Fontanili: la mancanza di dialoghi. Eppure Kingzilla non è un fumetto muto: le sue grandi tavole, ricche di tanti piccoli dettagli, sono costellate da numerose onomatopee che, prima ancora di riprodurre dei suoni, hanno soprattutto una funzione grafica. Citiamo ad esempio un ROAR di Kingzilla che addirittura diventa una vignetta che contiene il mostro: il lettering diventa quindi parte della struttura della tavola, tanto quanto le vignette stesse. Da apprezzare è inoltre il gusto artigianale e "old school" dei diversi font, tutti realizzati a mano e senza una pre-costruzione alle spalle.

Il fumetto è stampato su un formato piuttosto grande (24x34 cm), caratteristica che rende ancora più immense le grandi vignette in cui Kingzilla troneggia sulla città distrutta. L'autore si prende tutto lo spazio che gli serve per evidenziare le dimensioni del mostro, ma si ritaglia anche delle vignette più piccole da dedicare ai particolari: questa alternanza tra grandi scene e piccoli dettagli ritma il fumetto dall'inizio alla fine, portando il lettore verso l'insolito finale.

Per concludere, Kingzilla rappresenta una pausa stravagante dalla nostra quotidianità. Verrà apprezzato soprattutto da quei lettori che non disdegnano un certo tipo di disegno weird e cartoonesco... oltre che dai fan dei kaiju e dai "mostri di una volta"!

Se poi vorrete intrattenervi con un tipo di horror che si prende un po' più sul serio, vi consigliamo Miasma: una raccolta di storie brevi pubblicate da Leviathan Labs, un editore indipendente che pubblica diversi titoli di genere.

Il Mecenate Povero
(Vanessa e Marco)

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