Dylan Dog #416 - Il detenuto
L'oscuro abisso del Dylan Boyd di Uzzeo e Lauria
Tornando a Il detenuto, attendiamo con curiosità il seguito.
"Il detenuto"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 416
DATA: aprile 2021
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Mauro Uzzeo
DISEGNI E CHINE: Arturo Lauria
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2021 Sergio Bonelli Editore.
Dylan Dog è a cena con una ragazza e si accorge di essersi dimenticato il portafoglio a casa. Quando una pattuglia di poliziotti lo ferma e lo trova senza documenti, prende il via un diverbio che termina con il nostro Indagatore dell'incubo in cella d'isolamento, a fare i conti con sé stesso, con la sua identità e i suoi rimorsi.
Sono tante le occasioni in cui ci è capitato di ritrovare l'inquilino di Craven Road rinchiuso, apparentemente senza via d'uscita, e sono altrettanto numerose le volte in cui il nostro è riuscito a cavarsela, magari dopo essersi tolto un po' di polvere dalle spalle con una passata di mano.
Questa volta è diverso o, meglio, sembra essere diverso.
Quella raccontata ne Il detenuto (il n. 416, in edicola da fine aprile), sembra essere una di quelle occasioni in cui Dylan pare proprio non riuscire a trovare la via di fuga (non sono tante, ma vi basti pensare allo straordinariamente significativo esempio di Caccia alle streghe, classico indimenticabile firmato da Tiziano Sclavi e Piero Dall'Agnol nel giugno 1992).
La storia, prima parte di un dittico che si concluderà con l'albo in uscita a fine maggio, cattura sin dalle prime pagine e conduce il lettore in un abisso di ineluttabile e incontrovertibile follia.
Quella che aveva tutta l'aria di essere una serata come tante, passata insieme a una fanciulla come tante, Ilary, precipita l'antieroe nato dalla penna di Tiziano Sclavi in una storia che sembra scritta da Mark L. Smith (vedi appunto il film del 2015 Martyrs, diretto da Kevin e Michael Goetz, remake del film francese di Pascal Laugier citato nei dialoghi della prima scena) o, se preferite restare in ambito fumettistico, da Andrea Cavaletto (ecco spiegato il riferimento a Paranoid Boyd presente nel sottotitolo della nostra recensione).
Quella raccontata ne Il detenuto (il n. 416, in edicola da fine aprile), sembra essere una di quelle occasioni in cui Dylan pare proprio non riuscire a trovare la via di fuga (non sono tante, ma vi basti pensare allo straordinariamente significativo esempio di Caccia alle streghe, classico indimenticabile firmato da Tiziano Sclavi e Piero Dall'Agnol nel giugno 1992).
La storia, prima parte di un dittico che si concluderà con l'albo in uscita a fine maggio, cattura sin dalle prime pagine e conduce il lettore in un abisso di ineluttabile e incontrovertibile follia.
Quella che aveva tutta l'aria di essere una serata come tante, passata insieme a una fanciulla come tante, Ilary, precipita l'antieroe nato dalla penna di Tiziano Sclavi in una storia che sembra scritta da Mark L. Smith (vedi appunto il film del 2015 Martyrs, diretto da Kevin e Michael Goetz, remake del film francese di Pascal Laugier citato nei dialoghi della prima scena) o, se preferite restare in ambito fumettistico, da Andrea Cavaletto (ecco spiegato il riferimento a Paranoid Boyd presente nel sottotitolo della nostra recensione).
Non mancano i riferimenti al nuovo corso dell'epopea dylaniata: Dylan chiede di poter parlare con suo padre, il sovrintendente Bloch, o con l'agente Rania Rakim... (in realtà è così disperato che per lui in quel momento andrebbe bene chiunque, anche Carpenter).
Alla fine dell'episodio, all'Indagatore dell'incubo viene fatta una rivelazione (che non staremo qui a spiilerarvi) che spiazza tanto il fu old boy che noi.
Questo è quello che vi aspetta a inizio e a fine lettura: in mezzo un helter skelter così ripetitivo, ossessivo e claustrofobico che difficilmente riuscirete a uscirne indenni.
Lo sceneggiatore dell'albo è Mauro Uzzeo, che in questi ultimi anni stiamo apprezzando su Il Confine, e che continua nella sua opera di riscrittura e demolizione del mito e del contesto narrativo di Dylan Dog, opera che ha svolto già con egregi risultati (i più attenti ricorderanno che gli Audaci lo avevano insignito del Premio Fumetto Audacissimo 2017 agli Audaci Awards per lo splendido La fine dell'oscurità, con disegni di Giorgio Santucci, storia di cui siamo ancora in attesa dell'edizione in volume che merita). Uzzeo, come è nel suo stile, lavora di fino sul ritmo del racconto, rendendolo incalzante, suggestivo, angosciante e a tratti disturbante e affrontando tematiche per nulla banali come i recinti che regolano i confini delle nostre libertà e cosa sia necessario per spersonalizzare l'individuo e farne semplicemente un numero, una sigla (tutti argomenti che, astratti dalla singola storia, assumono una profondità e un'universalità davvero suggestive).
Questo è quello che vi aspetta a inizio e a fine lettura: in mezzo un helter skelter così ripetitivo, ossessivo e claustrofobico che difficilmente riuscirete a uscirne indenni.
Lo sceneggiatore dell'albo è Mauro Uzzeo, che in questi ultimi anni stiamo apprezzando su Il Confine, e che continua nella sua opera di riscrittura e demolizione del mito e del contesto narrativo di Dylan Dog, opera che ha svolto già con egregi risultati (i più attenti ricorderanno che gli Audaci lo avevano insignito del Premio Fumetto Audacissimo 2017 agli Audaci Awards per lo splendido La fine dell'oscurità, con disegni di Giorgio Santucci, storia di cui siamo ancora in attesa dell'edizione in volume che merita). Uzzeo, come è nel suo stile, lavora di fino sul ritmo del racconto, rendendolo incalzante, suggestivo, angosciante e a tratti disturbante e affrontando tematiche per nulla banali come i recinti che regolano i confini delle nostre libertà e cosa sia necessario per spersonalizzare l'individuo e farne semplicemente un numero, una sigla (tutti argomenti che, astratti dalla singola storia, assumono una profondità e un'universalità davvero suggestive).
È accompagnato ai disegni da Arturo Lauria, che i fan dylaniati ricorderanno per la copertina del Dylan Dog Color Fest n. 16 del 2016 (albo indimenticabile per mille motivi, come avevamo narrato qui). Laura si lancia - e precipita il lettore - in un abisso di nero terrore e si fa realizzatore visivo della sofferenza provata da tutti i martiri della storia, impresa tutt'altro che semplice.
La citazione a Caparezza e al suo Prisoner 709.
L'artista porta qui a compimento il suo percorso autoriale suggestivo e di notevole impatto, un'evoluzione stilistica irrequieta e sempre attiva. Affrancandosi dalle influenze di maestri assoluti come Eduardo Risso, Frank Miller e Mike Mignola (tra i riferimenti imprescindibili per chiunque voglia sfruttare appieno la potenza di un bianco e nero netto, sintetico e deciso), il disegnatore lucano, ormai a ragion veduta classificabile tra i grandi del fumetto italiano (e non solo), trova la sua strada nell'intagliare dal nero e dal bianco contorni fragili e imperfetti, ombre che catturano e pervadono e, in un abile gioco di specchi e di ribaltamenti visivi, si trasformano in luce accecante, in bianco assordante, in chiarore dissonante. I suoi tratteggi si intensificano, incrementando la meticolosità e viaggiando verso nuovi approdi stilistici, ancor più personali nonché efficaci per descrivere gli abissi umana follia, dunque perfetti per questo racconto.
La sua è una di quelle voci fuori dal coro, autoriali e di grande personalità, di cui il fumetto seriale ha estremo bisogno per continuare a essere pienamente incisivo, sondare strade differenti ed evitare di inabissarsi nel solco del déjà-vu. Non vediamo l'ora, per la cronaca, di ritrovare il suo stile tra le pagine del prossimo Color Fest, in uscita l'8 maggio, e osservarlo cimentarsi con la sfida del colore (con risultati che, stando alle anteprime, si preannunciano alquanto psichedelici).
Citiamo in chiusura anche la cover di Gigi Cavenago che, come tutti gli albi mensili Bonelli pubblicati ad aprile, ha una particolare impostazione grafica per festeggiare gli 80 anni della casa editrice: il protagonista è al centro dell'immagine e, alle sue spalle, uno sfondo con l'ambientazione che ne caratterizza le avventure. È stato interessante apprezzare come le varie cover di Julia, Zagor, Dampyr, Tex, Dragonero, Martin Mystère (e così via) ci abbiano permesso di osservare autori differenti cimentarsi nel medesimo schema compositivo, ognuno con il proprio stile peculiare.
Tornando a Il detenuto, attendiamo con curiosità il seguito.
Rolando Veloci & il Sommo
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 416
DATA: aprile 2021
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Mauro Uzzeo
DISEGNI E CHINE: Arturo Lauria
COPERTINA: Gigi Cavenago
Tutte le immagini © 2021 Sergio Bonelli Editore.