Quando tutto diventò blu
Chiara, le immersioni, la paura e il blu
"Sentivo nel petto la presenza oscura della paura, una morsa che non era ancora dolore, ma il primo passo in quel senso."
(Da Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar).
"Immersione" è uno dei primi concetti ad attraversare la mente del lettore anche solo sfogliando le pagine iniziali di Quando tutto diventò blu.
Immersione nelle profondità del mare.
Immersione negli abissi della mente.
Immersione nelle impervie rotte di un'esplorazione complessa verso una landa apparentemente irraggiungibile: la piena conoscenza di sé stessi e - in ultima analisi - la felicità.
Così da ritornare a respirare.
"Per tornare su, ci vogliono circa 20 minuti di decompressione. [...] 20 minuti... Sono lunghi e difficili...". È così che inizia la storia, con queste parole.
E non sappiamo definire bene se a esprimersi è la protagonista, Chiara, che spiega il suo percorso di risalita dalle immersioni subacquee, o piuttosto l'autore, Alessandro Baronciani, che ci introduce a una lettura solo apparentemente veloce (20 minuti, appunto?) nella quale racconta un percorso complesso, un viaggio interiore che necessita del suo tempo per essere metabolizzato e sedimentare nella mente del lettore (e magari di una rilettura o di soffermarsi su alcune tavole e concetti, per catturarne il senso profondo).
Pubblicato originariamente da Black Velvet (come Una storia a fumetti e Le ragazze dello studio di Munari), Quando tutto diventò blu viene riproposto da BAO Publishing in una veste cartonata elegantissima e monocromatica (preziosi i dettagli UV in copertina, nonché la proporzione del volume che lo rende un bell’oggetto e la carta giallognola interna che “riscalda” l’inchiostro blu). Abbiamo modo di apprezzare così un Baronciani intenso, che riesce a descrivere in maniera incredibilmente accurata le sensazioni, le paure, i pensieri che provano le persone che soffrono di attacchi di panico. L'autore dimostra notevole empatia verso chi sta passando attraverso questa condizione di cui non si parla spesso nelle opere di narrativa (e difficilmente in maniera seria e realistica).
Attraverso il flusso di coscienza di Chiara, il lettore esplora insieme a lei la sua interiorità, indossa i suoi panni e si immedesima nel percorso che la porta a comprendere le proprie emozioni e capire come superare i momenti bui.
La trama è asciutta e senza fronzoli e si sposa elegantemente con quella sintesi grafica che è caratteristica fondante dello stile di Baronciani.
Leggendo l'opera oggi, sembra non risentire dell'effetto del tempo trascorso dalla pubblicazione originaria, né dell'essere annoverata tra le prime opere dell'autore, anzi: ritroviamo tutta la potenza disarmante del suo tratto, la capacità di rappresentare su carta le emozioni umane e l'abilità di sfruttare al meglio il mezzo espressivo. Come non apprezzare quella regia impeccabile nel mostrarci spesso inquadrature ferme in vignette successive e solo pochi dettagli che cambiano, a scandire il passare del tempo e a sottolineare ciò che lo sguardo dell'autore vuole mettere in risalto? Come non innamorarsi della struttura geometricamente impostata di tavole che sono quasi tutte splash page o che contengono due vignette squadrate, immutabili (quasi alla Diabolik, verrebbe da aggiungere)? E, infine, come non provare un senso di liberazione quando, negli ultimi capitoli della storia, il bordo delle vignette non riesce più a essere incluso all'interno delle pagine, rendendo visivamente ed efficacemente il senso di riscatto di Chiara e la sua voglia di uscire dalla gabbia (delle vignette, così come delle paure)?
Un'esperienza, come suggerivamo all'inizio, davvero immersiva, favorita dall'aspetto monocromatico e dai contrasti tra luci e ombre, che contribuiscono alla creazione di un'atmosfera a tratti opprimente: un blu che diventa abisso senza fine, orizzonte che si confonde nella notte, nebbia che s'insinua e viene dal mare, buio di un sonno che non arriva, acqua profonda dove non riesci a respirare. Gli fa da contraltare, contrappasso emotivo ed esistenziale, un bianco accecante e tanto anelato, che ricorda la luce nelle giornate di sole che filtra attraverso le finestre spalancate di una casa nuova, un luogo dove costruire l'idea di un futuro meno cupo. E poter ricominciare a respirare.
(Da Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar).
"Immersione" è uno dei primi concetti ad attraversare la mente del lettore anche solo sfogliando le pagine iniziali di Quando tutto diventò blu.
Immersione nelle profondità del mare.
Immersione negli abissi della mente.
Immersione nelle impervie rotte di un'esplorazione complessa verso una landa apparentemente irraggiungibile: la piena conoscenza di sé stessi e - in ultima analisi - la felicità.
Così da ritornare a respirare.
"Per tornare su, ci vogliono circa 20 minuti di decompressione. [...] 20 minuti... Sono lunghi e difficili...". È così che inizia la storia, con queste parole.
E non sappiamo definire bene se a esprimersi è la protagonista, Chiara, che spiega il suo percorso di risalita dalle immersioni subacquee, o piuttosto l'autore, Alessandro Baronciani, che ci introduce a una lettura solo apparentemente veloce (20 minuti, appunto?) nella quale racconta un percorso complesso, un viaggio interiore che necessita del suo tempo per essere metabolizzato e sedimentare nella mente del lettore (e magari di una rilettura o di soffermarsi su alcune tavole e concetti, per catturarne il senso profondo).
Pubblicato originariamente da Black Velvet (come Una storia a fumetti e Le ragazze dello studio di Munari), Quando tutto diventò blu viene riproposto da BAO Publishing in una veste cartonata elegantissima e monocromatica (preziosi i dettagli UV in copertina, nonché la proporzione del volume che lo rende un bell’oggetto e la carta giallognola interna che “riscalda” l’inchiostro blu). Abbiamo modo di apprezzare così un Baronciani intenso, che riesce a descrivere in maniera incredibilmente accurata le sensazioni, le paure, i pensieri che provano le persone che soffrono di attacchi di panico. L'autore dimostra notevole empatia verso chi sta passando attraverso questa condizione di cui non si parla spesso nelle opere di narrativa (e difficilmente in maniera seria e realistica).
Attraverso il flusso di coscienza di Chiara, il lettore esplora insieme a lei la sua interiorità, indossa i suoi panni e si immedesima nel percorso che la porta a comprendere le proprie emozioni e capire come superare i momenti bui.
La trama è asciutta e senza fronzoli e si sposa elegantemente con quella sintesi grafica che è caratteristica fondante dello stile di Baronciani.
Leggendo l'opera oggi, sembra non risentire dell'effetto del tempo trascorso dalla pubblicazione originaria, né dell'essere annoverata tra le prime opere dell'autore, anzi: ritroviamo tutta la potenza disarmante del suo tratto, la capacità di rappresentare su carta le emozioni umane e l'abilità di sfruttare al meglio il mezzo espressivo. Come non apprezzare quella regia impeccabile nel mostrarci spesso inquadrature ferme in vignette successive e solo pochi dettagli che cambiano, a scandire il passare del tempo e a sottolineare ciò che lo sguardo dell'autore vuole mettere in risalto? Come non innamorarsi della struttura geometricamente impostata di tavole che sono quasi tutte splash page o che contengono due vignette squadrate, immutabili (quasi alla Diabolik, verrebbe da aggiungere)? E, infine, come non provare un senso di liberazione quando, negli ultimi capitoli della storia, il bordo delle vignette non riesce più a essere incluso all'interno delle pagine, rendendo visivamente ed efficacemente il senso di riscatto di Chiara e la sua voglia di uscire dalla gabbia (delle vignette, così come delle paure)?
Un'esperienza, come suggerivamo all'inizio, davvero immersiva, favorita dall'aspetto monocromatico e dai contrasti tra luci e ombre, che contribuiscono alla creazione di un'atmosfera a tratti opprimente: un blu che diventa abisso senza fine, orizzonte che si confonde nella notte, nebbia che s'insinua e viene dal mare, buio di un sonno che non arriva, acqua profonda dove non riesci a respirare. Gli fa da contraltare, contrappasso emotivo ed esistenziale, un bianco accecante e tanto anelato, che ricorda la luce nelle giornate di sole che filtra attraverso le finestre spalancate di una casa nuova, un luogo dove costruire l'idea di un futuro meno cupo. E poter ricominciare a respirare.