Uncanny Cinecomics - Spider-Man: Far From Home
Lo stupefacente equilibrio tra poteri e responsabilità
Seconda pellicola diretta da Jon Watts, Spider-Man: Far Frome Home è il ventitreesimo film del MCU e l’ultimo della Fase Tre. Il lungometraggio chiude definitivamente il percorso della Saga dell’Infinito, fungendo da epilogo per il già citato Avengers: Endgame e da sequel per il promettente, sebbene imperfetto, Spider-Man: Homecoming - e se la lista di informazioni appena letta vi fa girare la testa, non prendetevela con chi vi scrive, ma con Kevin Feige.
Ambientato otto mesi dopo lo scontro finale con Thanos e la morte di Iron Man, Far From Home esplora questi eventi e le loro ripercussioni attraverso il cruciale momento dell’adolescenza liceale che tutti aspettano nella vita: la gita scolastica all’estero, in questo caso in Europa.
Dopo il Blip, l’evento che ha ripopolato metà dell’Universo costato la vita a Tony Stark, per Peter Parker (sempre interpretato dall’ottimo “Ultimate” Tom Holland) le cose non vanno benissimo. La vita di tutti i giorni ha ripreso il suo corso, ma il peso della perdita del proprio mentore si fa sentire e per Spider-Man, uno degli ultimi supereroi ancora in piena attività, sembra arrivato il momento di assumersi le proprie responsabilità e diventare l’eroe di cui il mondo ha bisogno. Come se non bastasse, i sentimenti per MJ sono cresciuti.
Con il viaggio in Europa alle porte, Peter ha tutta l'intenzione di superare la propria timidezza e dichiararsi alla ragazza dei suoi sogni. Diviso tra la spensieratezza dell’adolescenza e l’incredibile carico di poteri e responsabilità, il Peter Parker cinematografico non ha bisogno di zio Ben - la pellicola lo dimostra ancora una volta. Poco prima di partire alla volta di Venezia, Peter medita sul portare con sè o meno il costume dell’Uomo Ragno, decidendo di lasciarlo a New York. È un sottile, quasi impercettibile segno del tema portante di Far From Home: la riflessione sull’equilibrio tra Peter Parker e Uomo Ragno. Senza il suo mentore e per la prima volta da solo in un mondo completamente nuovo, toccherà al protagonista trovare la sua strada.
Il cast di comprimari si espande ma, al nocciolo, presenta poche variazioni. Jacob Batalon torna nel ruolo di Ned Leeds, questa volta affiancato da Angourie Rice / Betty Brant; Tony Revolori è l’ego-maniaco Flash Thompson, Remy Hii è Brad Davis, minaccia “al cuore” di MJ per Peter; Martin Starr e J.B. Smoove sono gli imbranati professori Harrington e Dell mentre tornano nel loro ruolo Marisa Tomei come zia May e Jon Favreau come Happy Hogan, insieme a una delle sottotrame comedy più riuscite del film. I personaggi “normali” del film costituiscono la fonte principale di comedy, imprimendo al film un’atmosfera leggera che la pellicola non abbandona salvo rare eccezioni. Far From Home, tonalmente, non si allontana dai lidi cinematografici di John Hughes, staccandosi dagli ovvi rimandi a Ferris Bueller’s Day Off in favore di atmosfere più camp in stile National Lampoon’s European Vacation - anche se non si arriva alla demenzialità della commedia con Chevy Chase.
Prendendo in prestito vari cliché dai classici teen movie, Peter Parker pianifica il viaggio perfetto per dichiararsi alla MJ simil-Daria interpretata da Zendaya. Le interazioni tra i due, il tira e molla will they/won’t they fa da filo conduttore sentimentale alla pellicola e dà vita ad alcune scene particolarmente adorabili, semplici eppure efficaci, segno della particolare alchimia tra Zendaya e Holland, bene in evidenza anche nelle interviste e nei backstage, trasposta perfettamente su schermo.
Concentrandosi sul protagonista, Tom Holland veste ancora perfettamente i (tanti) panni dell’Uomo Ragno, mai come in questo film capace di trasformarsi a seconda dell’occasione. Ma ancor più interessante del suo Spidey è Peter, che mostra segni di insicurezza puramente adolescenziale, nonostante ci sia davvero poco di normale nella sua adolescenza. Come già accennato, l’assenza di Iron Man come mentore pesa, specialmente se confrontato con il massiccio ed ingombrante ruolo che Robert Downey Jr. occupava in Spider-Man: Homecoming. Rimasto “da solo”, Peter fa fatica a trovare il proprio posto nel mondo di supereroi, improvvisamente impoveritosi dopo Avengers: Endgame. C’è ancora senso in essere “solo” un Amichevole Spider-Man di Quartiere? O è il momento di diventare qualcosa di più? Come nella migliore delle avventure di Stan Lee, Steve Ditko e John Romita Sr., raggiungere l’equilibrio tra Spider-Man, eroe a tutto tondo, e Peter Parker, adolescente nel pieno dei suoi anni migliori, diventa fondamentale, uno snodo critico in tutta la scrittura di Spider-Man: Far From Home.
Stabilito il percorso di Peter Parker, Jon Watts e gli sceneggiatori Chris McKenna e Erik Sommers costruiscono di pari passo la trama supereroistica. L’aggiunta al cast di Samuel L. Jackson e Cobie Smulders, nei ruoli di Nick Fury e Maria Hill, fa sì che Spidey venga coinvolto in una grande avventura in giro per il Vecchio Continente, preso di mira dagli Elementali, una minaccia legata alle forze della natura - e vagamente a villain classici dell’Uomo Ragno come Hydro-Man, Sandman, Cyclone e Molten Man. A salvare la Terra dalla minaccia Elementale ci pensa Mysterio, esule di Terra-833, prima prova del Multiverso nel Marvel Cinematic Universe, eroe in cerca di redenzione e se il pubblico riuscisse a bersi questa sequenza di bugie il film ne guadagnerebbe davvero tanto.
La natura stessa del Mysterio di Jake Gyllenhaal è centrale all’intera struttura del film, ne gestisce il ritmo e ne sottolinea alcuni temi fondamentali. Per qualsiasi appassionato dell’Uomo Ragno, ma anche per chi avesse un’infarinatura generale Marvel, avere la Boccia di Pesce su schermo è un campanello d’allarme suonato istantaneamente. È naturalmente impossibile fidarsi del Maestro dell’Inganno Quentin Beck, eppure Far From Home cerca disperatamente (riuscendoci) di dare tridimensionalità a Mysterio. Il rapporto tra “l’eroe Mysterio” e Spider-Man si aggancia alla ricerca di approvazione, di una guida e una figura paterna - anche in questa occasione, la presenza di un supereroe più esperto affascina Peter, trattato come pari e supportato nelle sue scelte. Beck è sicuro di sé, dalla risposta pronta e carismatico, l’uomo giusto al momento giusto. Per un Peter Parker alla disperata ricerca di sicurezze, così come dell’occasione perfetta per fuggire dalle proprie responsabilità, Mysterio è il perfetto fantoccio-sostituto di Tony Stark. Proprio sulla perpetrata somiglianza tra Stark e Beck, Far From Home costruisce la rivelazione dell’inganno: come nel miglior trucco di magia, proprio quando sembra che Mysterio abbia maturato un vero legame con l’ingenuo Peter, il castello di carte crolla, Quentin Beck rivela la sua natura malvagia e la pellicola si avvia verso il suo climax.
Per il secondo film consecutivo, l’Uomo Ragno si trova a dover affrontare un villain “creato” da Iron Man e a doverlo far suo. Sebbene Gyllenhaal non abbia la minacciosità dell’Avvoltoio di Michael Keaton, il suo Mysterio resta un personaggio intrigante e carismatico, mantenendo una certa nota di metanarratività, parlando al pubblico di quanto l’abitudine alle “storie assurde” di supereroi e supercattivi abbiano condizionato i processi di fiducia, distorto la verità e completamente cambiato il modo di percepire la realtà. La voce narrante di Quentin Beck, eroe della sua storia come tutti i villain che si rispettino, si confronta con un mondo canonicamente capace di accettare eventi come lo “Snap”, le invasioni aliene, le minacce arcane e la presenza di divinità come Thor.
Mysterio, in questa versione Marvel Cinematic Universe, si è allontanato da Hollywood, trasformandosi in una figura Elon Musk-esca, figlio della Silicon Valley sperimentale e “illuminata”, meno interessato al bene comune e più alla soddisfazione del proprio ego. La sua reinvenzione tecnologica permette a Spider-Man: Far From Home di giocare con nuove tecniche, portando una ventata d’aria fresca al modo di interpretare l’azione nel MCU.
Come per Spider-Man: Homecoming, avere un villain che non sia la trasposizione 1:1 dell’eroe rende il film e la sua componente action una gioia per gli occhi. Nel primo atto di Far From Home sono gli Elementali a prendere il centro del palcoscenico, distruggendo Venezia e mettendo Praga a ferro e fuoco. Il massiccio utilizzo di CGI sembra stonare meno qui che in altre occasioni. I colossi d’acqua, fuoco, vento e terra sono ben integrati con l’ambientazione: le città prendono vita e sembrano pronte a stritolare il protagonista, mentre Peter è costretto a lavorare di nascosto dai suoi compagni di classe, nascondendosi dietro maschere veneziane e alias strampalati come Scimmia Notturna per mantenere la sua identità segreta. I ritmi sono serrati ma l’Uomo Ragno non sembra mai a suo agio, impegnato a reggere il gioco con Fury e Mysterio, nascondendo il proprio volto ai professori, agli amici e alle telecamere del mondo intero. Una volta superato “l’ostacolo Mysterio”, la pellicola sembra trovare nuove frequenze, compiendo un netto salto in avanti: l’esplosione delle piene potenzialità del Maestro dell’Illusione permette al regista Jon Watts di sperimentare con sequenze oniriche da vero Carnival dell’orrore, artigli che si conficcano nella mente di Peter e dello spettatore, giocando sulle peggiori paure del Ragnetto, le sue ansie e insicurezze.
Dal primo, vero scontro tra Spider-Man e Mysterio, Spider-Man: Far From Home inizia ad accelerare, costruendo un climax che coincide con la maturazione definitiva dell’Uomo Ragno targato Marvel Cinematic Universe. La colonna sonora di Michael Giacchino racconta perfettamente l’evoluzione e la presa di coscienza di Peter Parker, messo di fronte alla meschina realtà di Mysterio. La suspense monta, affiancata dalle note di tracce come High And Flighty e Bridging The Trap. Spider-Man affronta l’ultima trappola della “Boccia di Pesce” sorvolando e combattendo sul London Bridge, in un continuo susseguirsi di esplosioni e ragnatele. Tutto il cast di comprimari è riunito e i temi di identità e responsabilità vengono cuciti insieme in un nuovo costume rosso e nero, più fumettoso, tradizionale ma in linea con la storia del personaggio cartaceo. L’Uomo Ragno capisce di dover diventare la miglior espressione di sé, senza dover cercare l’approvazione di qualcuno - culminando il percorso di riflessione sulla propria identità, segreta e non.
Il ritorno a casa di Peter Parker ha, in questa occasione, ben più significato dell’Homecoming del precedente film. Allontanandosi da New York, da Iron Man e dalla Fase Tre del Marvel Cinematic Universe, Spider-Man ha trovato la sua forma definitiva in questo universo narrativo. Giovane, fresco e dalla battuta pronta, capace di caricarsi sulle spalle il peso del mondo intero e giostrare, al tempo stesso, amori ed amicizie. Senza entrare nel campo degli spoiler massicci, la prima scena post-credit è importante quanto, se non più, di tutto il film che lo ha preceduto. L’assaggio di “Fase Quattro” pone ancora di più il binomio Spider-Man/Peter Parker al centro della scena ed il debutto (o ritorno?) di un volto indimenticabile dell’era Raimi del personaggio sconvolge il mondo, appena costruito, del Ragnetto.
Spider-Man: Far From Home continuerà a dividere il pubblico. Per i Ragnisti intransigenti, vedere un personaggio crescere all’ombra di Tony Stark resta un boccone amaro, così come l’abuso di iper-tecnologia e atmosfere leggere. Per chi è disposto ad adattarsi al contesto, Far From Home è la consacrazione di un nuovo Uomo Ragno, un po’ Ultimate, un po’ classico ma capace di staccarsi dalla carta. Un modello di partenza riformulato dalle basi per un nuovo tipo di pubblico, capace di apprezzare l’inganno di Mysterio e le origini prettamente “supereroistiche” di Peter Parker.
Dietro la facciata spensierata e squisitamente romantica, avventurosa e adolescenziale come nei primi anni di Lee, Ditko e Romita Sr., proprio come in un perfetto gioco di specchi la pellicola di Jon Watts, Sommers e McKenna nasconde interessanti approfondimenti che mancavano ad Homecoming, lasciando al protagonista molto più spazio di manovra e possibilità di sviluppare entrambi gli aspetti della sua personalità.
Film godibilissimo in tutta la sua visione, divertente come solo un blockbuster estivo può essere ed epilogo di una saga decennale, Spider-Man: Far From Home è tanto un film dedicato a Peter Parker quanto a Spider-Man ed è in questo equilibrio che si trova il perfetto mix di poteri e responsabilità.
Tra tutti i supereroi Marvel, nessuno è più legato a New York dell’Uomo Ragno, nonostante essa sia il
centro vitale di molti eroi della Casa delle Idee. Sin dalla sua nascita, l’Amichevole Uomo Ragno di Quartiere di Stan Lee e Steve Ditko divenne il
simbolo di tanti ragazzi come lui, un ragazzo del Queens cresciuto e diventato
uomo e supereroe, capace di combattere minacce extraterrestri e demoniache così
come di sventare rapine in banca, assalti alle bodegas, salvando l’occasionale
gattino sull’albero per qualche anziana signora, giostrando poteri e
responsabilità, vita privata e supercriminali, amore e pericoli.
L’Uomo Ragno è talmente Newyorkese da avere addirittura una giornata dedicata
in suo onore, lo “Spider-Man Day” del 14 Ottobre, istituito nel 2013 dall’ex
sindaco della Grande Mela Michael Bloomberg.
(Ci teniamo a dirvi che quanto segue contiene qualche spoiler sulla trama, nella malaugurata ipotesi in cui voleste avventurarvi a leggere il pezzo prima di vedere il film!)
Allontanarsi da New York è pratica comune per un Vendicatore, costretto a
girare l’Universo Marvel cartaceo a seconda dell’occasione. Tuttavia, nel
Marvel Cinematic Universe post-Endgame il mondo di Peter Parker ha subito enormi
cambiamenti - e allontanarsi da casa appare come l’occasione perfetta per
riprendere fiato e mettere da parte l’Uomo Ragno per un po’.
(Ci teniamo a dirvi che quanto segue contiene qualche spoiler sulla trama, nella malaugurata ipotesi in cui voleste avventurarvi a leggere il pezzo prima di vedere il film!)
Illustrazione di Salmorejo Studio. |
Seconda pellicola diretta da Jon Watts, Spider-Man: Far Frome Home è il ventitreesimo film del MCU e l’ultimo della Fase Tre. Il lungometraggio chiude definitivamente il percorso della Saga dell’Infinito, fungendo da epilogo per il già citato Avengers: Endgame e da sequel per il promettente, sebbene imperfetto, Spider-Man: Homecoming - e se la lista di informazioni appena letta vi fa girare la testa, non prendetevela con chi vi scrive, ma con Kevin Feige.
Ambientato otto mesi dopo lo scontro finale con Thanos e la morte di Iron Man, Far From Home esplora questi eventi e le loro ripercussioni attraverso il cruciale momento dell’adolescenza liceale che tutti aspettano nella vita: la gita scolastica all’estero, in questo caso in Europa.
Dopo il Blip, l’evento che ha ripopolato metà dell’Universo costato la vita a Tony Stark, per Peter Parker (sempre interpretato dall’ottimo “Ultimate” Tom Holland) le cose non vanno benissimo. La vita di tutti i giorni ha ripreso il suo corso, ma il peso della perdita del proprio mentore si fa sentire e per Spider-Man, uno degli ultimi supereroi ancora in piena attività, sembra arrivato il momento di assumersi le proprie responsabilità e diventare l’eroe di cui il mondo ha bisogno. Come se non bastasse, i sentimenti per MJ sono cresciuti.
Con il viaggio in Europa alle porte, Peter ha tutta l'intenzione di superare la propria timidezza e dichiararsi alla ragazza dei suoi sogni. Diviso tra la spensieratezza dell’adolescenza e l’incredibile carico di poteri e responsabilità, il Peter Parker cinematografico non ha bisogno di zio Ben - la pellicola lo dimostra ancora una volta. Poco prima di partire alla volta di Venezia, Peter medita sul portare con sè o meno il costume dell’Uomo Ragno, decidendo di lasciarlo a New York. È un sottile, quasi impercettibile segno del tema portante di Far From Home: la riflessione sull’equilibrio tra Peter Parker e Uomo Ragno. Senza il suo mentore e per la prima volta da solo in un mondo completamente nuovo, toccherà al protagonista trovare la sua strada.
Il cast di comprimari si espande ma, al nocciolo, presenta poche variazioni. Jacob Batalon torna nel ruolo di Ned Leeds, questa volta affiancato da Angourie Rice / Betty Brant; Tony Revolori è l’ego-maniaco Flash Thompson, Remy Hii è Brad Davis, minaccia “al cuore” di MJ per Peter; Martin Starr e J.B. Smoove sono gli imbranati professori Harrington e Dell mentre tornano nel loro ruolo Marisa Tomei come zia May e Jon Favreau come Happy Hogan, insieme a una delle sottotrame comedy più riuscite del film. I personaggi “normali” del film costituiscono la fonte principale di comedy, imprimendo al film un’atmosfera leggera che la pellicola non abbandona salvo rare eccezioni. Far From Home, tonalmente, non si allontana dai lidi cinematografici di John Hughes, staccandosi dagli ovvi rimandi a Ferris Bueller’s Day Off in favore di atmosfere più camp in stile National Lampoon’s European Vacation - anche se non si arriva alla demenzialità della commedia con Chevy Chase.
Prendendo in prestito vari cliché dai classici teen movie, Peter Parker pianifica il viaggio perfetto per dichiararsi alla MJ simil-Daria interpretata da Zendaya. Le interazioni tra i due, il tira e molla will they/won’t they fa da filo conduttore sentimentale alla pellicola e dà vita ad alcune scene particolarmente adorabili, semplici eppure efficaci, segno della particolare alchimia tra Zendaya e Holland, bene in evidenza anche nelle interviste e nei backstage, trasposta perfettamente su schermo.
Concentrandosi sul protagonista, Tom Holland veste ancora perfettamente i (tanti) panni dell’Uomo Ragno, mai come in questo film capace di trasformarsi a seconda dell’occasione. Ma ancor più interessante del suo Spidey è Peter, che mostra segni di insicurezza puramente adolescenziale, nonostante ci sia davvero poco di normale nella sua adolescenza. Come già accennato, l’assenza di Iron Man come mentore pesa, specialmente se confrontato con il massiccio ed ingombrante ruolo che Robert Downey Jr. occupava in Spider-Man: Homecoming. Rimasto “da solo”, Peter fa fatica a trovare il proprio posto nel mondo di supereroi, improvvisamente impoveritosi dopo Avengers: Endgame. C’è ancora senso in essere “solo” un Amichevole Spider-Man di Quartiere? O è il momento di diventare qualcosa di più? Come nella migliore delle avventure di Stan Lee, Steve Ditko e John Romita Sr., raggiungere l’equilibrio tra Spider-Man, eroe a tutto tondo, e Peter Parker, adolescente nel pieno dei suoi anni migliori, diventa fondamentale, uno snodo critico in tutta la scrittura di Spider-Man: Far From Home.
Stabilito il percorso di Peter Parker, Jon Watts e gli sceneggiatori Chris McKenna e Erik Sommers costruiscono di pari passo la trama supereroistica. L’aggiunta al cast di Samuel L. Jackson e Cobie Smulders, nei ruoli di Nick Fury e Maria Hill, fa sì che Spidey venga coinvolto in una grande avventura in giro per il Vecchio Continente, preso di mira dagli Elementali, una minaccia legata alle forze della natura - e vagamente a villain classici dell’Uomo Ragno come Hydro-Man, Sandman, Cyclone e Molten Man. A salvare la Terra dalla minaccia Elementale ci pensa Mysterio, esule di Terra-833, prima prova del Multiverso nel Marvel Cinematic Universe, eroe in cerca di redenzione e se il pubblico riuscisse a bersi questa sequenza di bugie il film ne guadagnerebbe davvero tanto.
La natura stessa del Mysterio di Jake Gyllenhaal è centrale all’intera struttura del film, ne gestisce il ritmo e ne sottolinea alcuni temi fondamentali. Per qualsiasi appassionato dell’Uomo Ragno, ma anche per chi avesse un’infarinatura generale Marvel, avere la Boccia di Pesce su schermo è un campanello d’allarme suonato istantaneamente. È naturalmente impossibile fidarsi del Maestro dell’Inganno Quentin Beck, eppure Far From Home cerca disperatamente (riuscendoci) di dare tridimensionalità a Mysterio. Il rapporto tra “l’eroe Mysterio” e Spider-Man si aggancia alla ricerca di approvazione, di una guida e una figura paterna - anche in questa occasione, la presenza di un supereroe più esperto affascina Peter, trattato come pari e supportato nelle sue scelte. Beck è sicuro di sé, dalla risposta pronta e carismatico, l’uomo giusto al momento giusto. Per un Peter Parker alla disperata ricerca di sicurezze, così come dell’occasione perfetta per fuggire dalle proprie responsabilità, Mysterio è il perfetto fantoccio-sostituto di Tony Stark. Proprio sulla perpetrata somiglianza tra Stark e Beck, Far From Home costruisce la rivelazione dell’inganno: come nel miglior trucco di magia, proprio quando sembra che Mysterio abbia maturato un vero legame con l’ingenuo Peter, il castello di carte crolla, Quentin Beck rivela la sua natura malvagia e la pellicola si avvia verso il suo climax.
Per il secondo film consecutivo, l’Uomo Ragno si trova a dover affrontare un villain “creato” da Iron Man e a doverlo far suo. Sebbene Gyllenhaal non abbia la minacciosità dell’Avvoltoio di Michael Keaton, il suo Mysterio resta un personaggio intrigante e carismatico, mantenendo una certa nota di metanarratività, parlando al pubblico di quanto l’abitudine alle “storie assurde” di supereroi e supercattivi abbiano condizionato i processi di fiducia, distorto la verità e completamente cambiato il modo di percepire la realtà. La voce narrante di Quentin Beck, eroe della sua storia come tutti i villain che si rispettino, si confronta con un mondo canonicamente capace di accettare eventi come lo “Snap”, le invasioni aliene, le minacce arcane e la presenza di divinità come Thor.
Mysterio, in questa versione Marvel Cinematic Universe, si è allontanato da Hollywood, trasformandosi in una figura Elon Musk-esca, figlio della Silicon Valley sperimentale e “illuminata”, meno interessato al bene comune e più alla soddisfazione del proprio ego. La sua reinvenzione tecnologica permette a Spider-Man: Far From Home di giocare con nuove tecniche, portando una ventata d’aria fresca al modo di interpretare l’azione nel MCU.
Come per Spider-Man: Homecoming, avere un villain che non sia la trasposizione 1:1 dell’eroe rende il film e la sua componente action una gioia per gli occhi. Nel primo atto di Far From Home sono gli Elementali a prendere il centro del palcoscenico, distruggendo Venezia e mettendo Praga a ferro e fuoco. Il massiccio utilizzo di CGI sembra stonare meno qui che in altre occasioni. I colossi d’acqua, fuoco, vento e terra sono ben integrati con l’ambientazione: le città prendono vita e sembrano pronte a stritolare il protagonista, mentre Peter è costretto a lavorare di nascosto dai suoi compagni di classe, nascondendosi dietro maschere veneziane e alias strampalati come Scimmia Notturna per mantenere la sua identità segreta. I ritmi sono serrati ma l’Uomo Ragno non sembra mai a suo agio, impegnato a reggere il gioco con Fury e Mysterio, nascondendo il proprio volto ai professori, agli amici e alle telecamere del mondo intero. Una volta superato “l’ostacolo Mysterio”, la pellicola sembra trovare nuove frequenze, compiendo un netto salto in avanti: l’esplosione delle piene potenzialità del Maestro dell’Illusione permette al regista Jon Watts di sperimentare con sequenze oniriche da vero Carnival dell’orrore, artigli che si conficcano nella mente di Peter e dello spettatore, giocando sulle peggiori paure del Ragnetto, le sue ansie e insicurezze.
Dal primo, vero scontro tra Spider-Man e Mysterio, Spider-Man: Far From Home inizia ad accelerare, costruendo un climax che coincide con la maturazione definitiva dell’Uomo Ragno targato Marvel Cinematic Universe. La colonna sonora di Michael Giacchino racconta perfettamente l’evoluzione e la presa di coscienza di Peter Parker, messo di fronte alla meschina realtà di Mysterio. La suspense monta, affiancata dalle note di tracce come High And Flighty e Bridging The Trap. Spider-Man affronta l’ultima trappola della “Boccia di Pesce” sorvolando e combattendo sul London Bridge, in un continuo susseguirsi di esplosioni e ragnatele. Tutto il cast di comprimari è riunito e i temi di identità e responsabilità vengono cuciti insieme in un nuovo costume rosso e nero, più fumettoso, tradizionale ma in linea con la storia del personaggio cartaceo. L’Uomo Ragno capisce di dover diventare la miglior espressione di sé, senza dover cercare l’approvazione di qualcuno - culminando il percorso di riflessione sulla propria identità, segreta e non.
Il ritorno a casa di Peter Parker ha, in questa occasione, ben più significato dell’Homecoming del precedente film. Allontanandosi da New York, da Iron Man e dalla Fase Tre del Marvel Cinematic Universe, Spider-Man ha trovato la sua forma definitiva in questo universo narrativo. Giovane, fresco e dalla battuta pronta, capace di caricarsi sulle spalle il peso del mondo intero e giostrare, al tempo stesso, amori ed amicizie. Senza entrare nel campo degli spoiler massicci, la prima scena post-credit è importante quanto, se non più, di tutto il film che lo ha preceduto. L’assaggio di “Fase Quattro” pone ancora di più il binomio Spider-Man/Peter Parker al centro della scena ed il debutto (o ritorno?) di un volto indimenticabile dell’era Raimi del personaggio sconvolge il mondo, appena costruito, del Ragnetto.
Spider-Man: Far From Home continuerà a dividere il pubblico. Per i Ragnisti intransigenti, vedere un personaggio crescere all’ombra di Tony Stark resta un boccone amaro, così come l’abuso di iper-tecnologia e atmosfere leggere. Per chi è disposto ad adattarsi al contesto, Far From Home è la consacrazione di un nuovo Uomo Ragno, un po’ Ultimate, un po’ classico ma capace di staccarsi dalla carta. Un modello di partenza riformulato dalle basi per un nuovo tipo di pubblico, capace di apprezzare l’inganno di Mysterio e le origini prettamente “supereroistiche” di Peter Parker.
Dietro la facciata spensierata e squisitamente romantica, avventurosa e adolescenziale come nei primi anni di Lee, Ditko e Romita Sr., proprio come in un perfetto gioco di specchi la pellicola di Jon Watts, Sommers e McKenna nasconde interessanti approfondimenti che mancavano ad Homecoming, lasciando al protagonista molto più spazio di manovra e possibilità di sviluppare entrambi gli aspetti della sua personalità.
Film godibilissimo in tutta la sua visione, divertente come solo un blockbuster estivo può essere ed epilogo di una saga decennale, Spider-Man: Far From Home è tanto un film dedicato a Peter Parker quanto a Spider-Man ed è in questo equilibrio che si trova il perfetto mix di poteri e responsabilità.
Fabrizio Nocerino