Uncanny Cinecomics - Avengers: Endgame

Dopo oltre dieci anni di storie, i fratelli Russo buttano il cuore oltre l’ostacolo


Con estremo orgoglio e un pizzico d'emozione vi presentiamo una nuova rubrica, Uncanny Cinecomics, frutto dell'inedita collaborazione con Fabrizio Nocerino, fondatore della pagina Uncanny Comics e già collaboratore di realtà come GeekArea e Dimensione Fumetto
E una rubrica sui cinecomics poteva essere inaugurata in queste settimane in maniera migliore che parlando di Avengers: Endgame?
Ecco a voi dunque l'analisi dettagliata, ragionata e (inevitabilmente) emotivamente coinvolta del film dei fratelli Russo che chiude un'era.

(Ci teniamo a dirvi che quanto segue contiene spoiler sulla trama, nella malaugurata ipotesi in cui voleste avventurarvi a leggere il pezzo prima di vedere il film!)



Il discorso da affrontare riguardo Avengers: Endgame è più complesso di quanto possa sembrare. Nei 181 minuti diretti dai fratelli Joe e Anthony Russo confluiscono scelte di trama, caratterizzazioni psicologiche ed evoluzioni maturate nel corso di dieci anni di storie, raccontate da migliaia di menti diverse, impegnate nella costruzione di un unico, immenso universo condiviso. Ogni singolo autore, sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore e artista degli effetti speciali ha lavorato all’unisono, variando sul tema, parlando con una voce propria ma mantenendo una visione d’insieme. Cambiamenti, debolezze, avventure incredibili e colpi di scena - tutti i personaggi di Endgame vengono da percorsi unici, una crescita lunga il tempo di ventuno film differenti. Il diciannovesimo di questi segnò un drastico cambiamento nel rapporto tra l’opera e lo spettatore.

Infinity War, in tutta la sua brutale sincerità, divenne un vero “film con i supereroi” grazie ad un semplice schiocco di dita. Infinity War sconvolse il pubblico perché non ebbe paura di raccontare del fallimento degli Eroi Più Potenti della Terra. Endgame costruisce sulle basi di quel fallimento, racconta la vita dopo lo Schiocco di Thanos - e cosa vuol dire essere eroi dopo la caduta.

Normale, dunque, che la prima ora di Avengers: Endgame sia avvolta da un’aria cupa, grigia, colma di rancore e tristezza, ma anche rabbia e frustrazione. Miracolosamente salvato dall’oblio spaziale grazie a Captain Marvel, Tony Stark torna dal cosmo deperito, sul punto di morte ma colmo d’odio e disperazione. Brucia ancora lo smembramento degli Avengers dopo Captain America: Civil War. Il primo confronto tra i due, riuniti dopo l'annientamento degli Avengers, è ricco di rabbia: se il Capitano non avesse dato retta alla sua morale, forse gli eroi della Terra sarebbero rimasti uniti contro Thanos, forse ci sarebbe stata una possibilità. Il seme del dubbio e del malcontento viene sputato in viso da Iron Man, ma condiviso da tutti. Da War Machine a Bruce Banner, da Nebula a Thor, dalla Vedova Nera allo stesso Capitan America, tutti loro vivono il primo atto di Endgame a capo chino, in lutto.


All’apice di questa cronaca del fallimento, la distruzione dell'ultima speranza: le Gemme dell’Infinito vengono polverizzate da Thanos, in un barbaro gesto di spregio. Gli Avengers, increduli, vedono svanire anche l’ultima possibilità di redenzione, ventuno giorni dopo lo Schiocco. La frustrazione diventa collera e il Titano Pazzo, impotente, viene decapitato dalla Stormbreaker di Thor. L’ira del Dio del Tuono chiude il primo atto del film con una vendetta incredibilmente vuota. Lo spettatore è frastornato, non ha mai visto i suoi eroi in questa drammatica condizione. Dal momento più basso mai raggiunto dagli eroi, Avengers: Endgame salta nel futuro di ben cinque anni.
Tony Stark e Pepper Potts hanno messo su famiglia, genitori di una bellissima bambina. Bruce Banner ha trovato l’equilibrio, riuscendo a diventare un intelligentissimo, pacato Hulk. La Vedova Nera osserva ciò che resta del mondo come faceva Nick Fury. Il Wakanda resiste, lo spazio profondo porta ancora problemi, così come Clint Barton, Occhio di Falco, diventato un vigilante letale, lacerato, corrotto dallo Schiocco di Thanos. Capitan America è tra la gente, gli ultimi rimasti di quello che sembra un pianeta fantasma. Gli Avengers sono irrimediabilmente feriti, divisi, con poco da dirsi - il nome di Thanos, anni dopo, spezza ancora il fiato in gola. Una ferita che può essere rimarginata solo ammettendo di essere vulnerabili e tremendamente soli.

Nel silenzio assordante, un fascio di raggi quantici libera Ant-Man dalla sua prigione: non sa cosa sia successo, non sa chi sia Thanos, ma è vivo ed ha un piano per sconfiggerlo. Il ritorno di Scott Lang sa di deus ex machina, di casuale. Nella maniera piú fumettosa possibile, Ant-Man rappresenta l’eroe giusto al momento giusto, con l’escamotáge narrativo giusto: il viaggio nel tempo.

Avengers: Endgame si concede dunque una via di fuga, una soluzione impossibile, impensabile ma conveniente, in grado di cambiare il corso del film. I Russo, così come gli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen McFeely, ammettono di star esponendo il fianco in una sorta di curioso commentario meta-testuale. Ritorno al Futuro diventa un parallelo dentro e fuori la pellicola e non ci vorrà molto prima che le spiegazioni e le soluzioni dei geni scientifici e magici della storia ricordino le divagazioni ultra-semplicistiche (ma efficaci) di Doc Brown. Per sconfiggere Thanos, bisogna viaggiare indietro nel tempo attraverso il Regno Quantico, recuperare le Gemme dell’Infinito in momenti salienti della loro storia e riportare l’universo a com’era prima dello Schiocco. Il tutto, ovviamente, senza interferire sul corso naturale degli eventi, senza entrare in contatto con i sé del passato, riportando le Gemme al loro punto d’origine non appena compiuto il misfatto.


Queste regole vengono infrante in un battito di ciglia, nonostante tutti gli avvisi e le precauzioni, le migliori intenzioni. Il secondo atto di Avengers: Endgame potrebbe essere stato diretto da Robert Zemeckis in persona senza che nessuno se ne accorgesse. Come anticipato, la formula á la Ritorno Al Futuro cattura il film e porta lo spettatore a rivivere vecchi film da un’altra prospettiva - e se la trama sembra progredire per tappe obbligatorie che sembrano ridondanti, nello stesso momento il film diventa più “Avengers”. L’aria funerea del primo atto viene messa da parte e le dinamiche del Marvel Cinematic Universe, le sue caratteristiche fondamentali tornano protagoniste con una certa prepotenza.

Il termine “prepotenza” non è casuale. Questa allegria caciarona ed eroica, come già detto tipica del Marvel Cinematic Universe, sembra vuota, imposta. Gli eventi si susseguono in maniera necessaria, macchinosa e lenta. Un controsenso, ma per quanto sia divertente, la seconda ora di Avengers: Endgame sa di routine, impreziosita da qualche chicca. Si viaggia tra Avengers, Guardians Of The Galaxy, Thor: The Dark World. Come Marty McFly che osserva se stesso suonare Johnny B. Goode, gli Avengers hanno una prospettiva diversa sul loro passato ma lo spettatore rivive un episodio già visto.

Sulla struttura sovraimposta e sullo schema “classico” del viaggio nel tempo vengono iscritte nuove sfumature di personaggi che lo spettatore ha imparato a conoscere. Grazie a questo Ritorno al Futuro in salsa Marvel, possiamo osservare quanto questi personaggi siano maturati nel tempo. Grasso, suscettibile e ipersensibile, incapace di reagire agli eventi, Thor cade in lacrime tra le braccia della madre che non è riuscito a salvare; le sue parole amorevoli risvegliano il Dio del Tuono dal torpore, neanche i suoi errori possono nascondere l’eroe in lui. Nebula affronta suo padre e sua sorella, Thanos e Gamora: per la prima volta, la figlia imperfetta del Titano Pazzo ha modo di rimediare ad una infanzia nera, tempestata di odio e morte.
Tony Stark ha una lunga chiacchierata con il padre Howard - una discussione che tocca corde inedite per il personaggio e lo mette in nuova luce, sottolinea le responsabilità da padre che Iron Man ha assunto in questo film e, anche qui, permette ai personaggi sotto esame di far pace col proprio passato. Il peso degli anni e delle responsabilità raggiunge Clint Barton e Natasha Romanoff, quest’ultima costretta al sacrificio finale. Una morte necessaria, una strada intrapresa “ad ogni costo”, pur di ottenere la Gemma dell’Anima, intrappolata su Vormir nel passato.


La morte della Vedova Nera viene posta sull’altare, in chiusura di questa seconda parte di Endgame, che nasconde molto più di quanto si possa credere. Complicati e innecessari ragionamenti sui viaggi nel tempo, azione e risate in superficie custodiscono introspezione, dramma ed evoluzione caratteriale sullo sfondo. Sebbene la trama di Avengers: Endgame non si stacchi dalla struttura in tre atti (Antefatto, Sviluppo e Risoluzione), il film dimostra uno spessore considerevole quando viene messo sotto la lente d’ingrandimento e vissuto tramite i propri protagonisti.
Nel frattempo, lo spettatore freme. Desidera fortemente che qualcosa lo scuota, che tutto si compia il prima possibile, che il piano riesca così da mettere in moto la vera e propria fine dei giochi. Con il Guanto dell’Infinito tra le loro mani ed il suono di un nuovo schiocco di dita, gli Avengers rimediano ai loro sbagli e la vita torna in tutto l’universo.

Saltando avanti ed indietro nel tempo, i fratelli Russo hanno aperto interessanti falle nel tessuto spazio-temporale. Una conseguenza naturale, un male necessario di questa formula narrativa sotto certi aspetti. Da questi buchi nel continuum, riemerge il Titano Pazzo. Thanos è tornato dal passato, a capo di una flotta invincibile. Come Biff Tannen nel 1955, ha visto il futuro, una realtà radiosa che marca la sua vittoria - che raggiungerà ad ogni costo. Ventuno film e due ore dopo, Avengers: Endgame può finalmente cominciare - preamboli alle spalle, McGuffin magici recuperati e miracoli avvenuti.

Il ritorno di Thanos rende impossibile ed impraticabile qualsiasi discorso logico riguardo il terzo ed ultimo atto del film. L’oggettività viene scagliata con violenza fuori dalla finestra. L’analisi critica lascia il posto ad un’irresistibile frenesia, un furor che costringe lo spettatore a piantare le unghie nella poltroncina in sala. Eccolo, il momento in cui tutto cambia - eccolo, il momento che si è fatto tanto attendere. La visione d'insieme costruita in dieci anni prende forma in questo preciso momento. Anthony e Joe Russo lo sanno, Christopher Markus e Stephen McFeely lo sanno, così come Robert Downey Jr., Chris Evans, Josh Brolin, Chris Hemsworth. Tutti lo sanno.
Endgame diventa un altro film.



All’improvviso, tutto si fa veloce, elettrizzante e bellissimo. La colonna sonora di Alan Silvestri accoglie Mjölnir, in volo sul grugno di Thanos, rimbalzando sullo scudo di Capitan America, giostrando con i laser di Iron Man. La potenza, la furia del nemico definitivo degli Avengers si manifesta in tutta la sua cattiveria. Il film respira, il campo di battaglia si allarga e restringe. L’immagine di Capitan America, con lo scudo spezzato, da solo contro l’esercito di Thanos lascia senza parole. Vederlo impugnare il martello di Thor scioglie il nodo alla gola, un urlo di gioia. Uno dopo l’altro, tutti tornano in aiuto del Capitano, di Iron Man e Thor. Ant-Man, Wasp, Scarlet, il Dottor Strange, Spider-Man, Pantera Nera, Capitan Marvel, i Guardiani della Galassia. Dopo dieci lunghi anni, Steve Rogers osserva portali magici aprirsi alle sue spalle e il ragazzo gracile di Brooklyn guida gli Eroi Più Potenti della Terra alla riscossa, al grido “Avengers, uniti!”.
La sublimazione del fanboy è finalmente compiuta.


È la “Battaglia Finale” definitiva, uno spettacolo mai visto prima su schermo. L’unico futuro (su 14.000.605 che Strange osservò alla fine di Infinity War) si realizza di fronte agli occhi dello spettatore - eppure Thanos sembra ancora insormontabile. La sconfitta ineluttabile si riaffaccia alla porta. Il sacrificio definitivo dei fratelli Russo e del Marvel Cinematic Universe cade sulle spalle di Iron Man. Il personaggio che nel 2008 aprì l’universo condiviso è costretto, idealmente, a chiuderlo. L’ultimo schiocco di dita di Endgame segna la morte di Tony Stark e la vittoria definitiva. Ad ogni costo, anche il più pesante, anche il più drammatico.


Le Gemme dell’Infinito vengono distrutte per sempre. Il mondo torna alla normalità, l’universo ritorna a vivere. Avengers: Endgame piange i caduti, l’Universo Cinematografico Marvel piange la perdita del suo simbolo. Non solo: i fratelli Russo ci tengono a chiudere tutte le trame lasciate in sospeso e anche per Capitan America è tempo di appendere il costume al chiodo. L’ultimo viaggio nel tempo del film trascina Steve Rogers tra le braccia di Peggy Carter per vivere la vita che non ha mai vissuto, felice, lontano da mille battaglie. Lo scudo passa nelle mani di Sam Wilson, Falcon, aprendo inediti spiragli per il futuro.
Servirebbe un’altra ora di pellicola per dare un epilogo ad ogni personaggio.

Coronazione e chiusura di dieci anni di storie, Avengers: Endgame butta il cuore oltre l’ostacolo. I difetti “umani” della pellicola vengono eclissati dall’emozione, dalla imponente scala degli eventi, dalla sensazione di far parte di questo Universo Cinematografico. Il pubblico vive la battaglia finale al fianco dei propri eroi - l’epica sempiterna e moderna del supereroe diventa la colonna portante di Endgame, in barba alle confuse meccaniche dei viaggi nel tempo che possono stuccare. “Il film con i supereroi” ha accompagnato una generazione di spettatori, ha avuto il coraggio di mostrare i propri protagonisti cadere e, soprattutto, ha avuto l’audacia di farli rialzare. Infinity War ed Endgame hanno spiegato perfettamente perché questo tipo di film funziona - e perché i supereroi continueranno a funzionare.
Sono la prova del nostro cuore, delle nostre vulnerabilità e di cosa siamo disposti a fare pur di accettarle e diventare più forti, umani, eroi.

Fabrizio Nocerino


Le locandine e le illustrazioni inserite nel post sono ad opera di: Skinner Creative, BossLogic, Gabriele Dell'Otto.

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