Morgan Lost #20
L’imprevedibilità dei sogni
Un numero davvero memorabile, questo Sogni di qualcun altro.
Un Claudio Chiaverotti ispiratissimo
come testimoniano gli ultimi numeri di Morgan
Lost (Memorie di una telecamera, Le lacrime del diavolo, Jerome X ma potremmo continuare a
ritroso fino al numero 1!) e un Giovanni
Talami in stato di grazia assoluta che riesce a superare il suo lavoro
d’esordio, il magnifico Non lasciarmi, il numero due della
serie, recensito alla sua uscita dai vostri Audaci del cuore.
Il Divo Claudio dissemina la trama, come fa sempre, di
simboli nascosti facendo di questo Sogni
di qualcun altro uno dei momenti più alti dell’intera serie: qualcosa che
farebbe la felicità di un certo dottor Sigmund.
Grazie alla storia di questo mese, oltre a volere sempre più
bene a un Morgan capace anche di ironia rara, ma per questo ancor più preziosa,
entriamo sempre più nel mondo di New
Heliopolis, nei suoi meccanismi malati di controllo sulla vita dei suoi
abitanti e, soprattutto, in quelli decisamente perversi del sempre più
inquietante Tempio della Burocrazia.
Come sempre Morgan, il nostro cacciatore di serial killer preferito, non è destinato a essere il protagonista dell’azione
ma, anche questa volta, si fa rubare la scena dall’assassino di turno, questa
volta un misterioso essere che indossa una maschera da topo albino e che uccide
le sue vittime a colpi di martello («il martello presuppone odio, rabbia» dice
l’attenta dott.ssa Pandora Stillman).
Purtroppo, la sua indagine non porterà a salvare nessuna delle vittime
designate perché, come ampiamente dimostrato nei numeri precedenti, lui non è
uno di quegli eroi che risolvono sempre i casi; e quando riescono a risolverli
non è sempre grazie alle loro intuizioni o al coraggio o alla forza, ma anche e
soprattutto grazie agli arabeschi capricciosi del destino o, più semplicemente,
grazie al Caso. Ecco, in questo caso
è proprio un “clak” ad aiutare un Morgan ormai prossimo alla disperazione.
Chiaverotti aggiunge al solito thriller un’abbondante spruzzata di fantascienza, in un contesto
già di per sé distopico e decisamente poco augurabile. Alle ambientazioni
opprimenti (ci sono telecamere ovunque e tutti sono spiati dall’occhio vigile
dell’autorità) e ai metodi brutali e brutalizzanti alla 1984 o, se preferite, alla Brazil,
in questo numero l’autore torinese sovrappone altre atmosfere ricollegabili a
generi diversi ma comunque affini.
Quanto fanno male le tavole di un Talami sontuoso alle pp.
59, 60, 62, 64, 65, 68 e 69: stiamo parlando della lunghissima e dolorosissima
sequenza del trattamento, modo
subdolo e burocratese per identificare la tortura fisica ma soprattutto l’abuso
mentale ai danni dell’impiegata Lorna
Nesbit. E tutta questa sofferenza per che cosa o, meglio, in nome di che
cosa o di chi? Gli aguzzini della sezione
informazioni del Tempio della Burocrazia sono metafora della perdita del
lato umano di chi è asservito completamente all’idea di lavorare per un Ente Superiore
che gestisce il potere e rende possibile lo svolgimento della vita, mantenendo,
con il pugno di ferro, l’ordine. Infatti, le loro facce non sono quelle di
uomini, ma quelle di insetti irriconoscibili: chi sa se le SS naziste o i
medici dei lager dovevano apparire
così alle loro vittime… no, forse no. Forse la maschera peggiore, quella più
terrificante di tutte, è il nostro volto umano.
Infatti il messaggio di Claudio è questo: siamo sicuri che il
nostro mondo, quello nel quale viviamo la nostra vita di tutti i giorni, sia
poi così diverso e più rassicurante di quello spaventoso da lui rappresentato
sulle pagine di Morgan Lost? Rifletteteci
bene stanotte, prima di addormentarvi nel vostro letto comodo, mentre spegnete
la luce, o mentre vi alzerete, domattina, per andare a lavorare…
Il lavoro, già… Gli omicidi iniziali di questa storia
riguardano i lavoratori di uno stesso posto, ahinoi, già noto, all’interno del
quale Morgan non esiterà a mettere piede.
I dipendenti del Tempio della Burocrazia, a detta del viscido
capufficio Mendelson, fanno parte di
una élite invidiata da tutto il resto
della società. Ma qual è il prezzo da pagare per ottenere un posto presso
questo prestigioso ente? Niente rapporti tra colleghi di lavoro, 14 ore di
lavoro giornaliero («gli impiegati trascorrono i due terzi del loro tempo qui,
tornando a casa solo per dormire…»), nessun interesse al di fuori del lavoro,
nessuna famiglia (perché la famiglia è l’ufficio). Spaventoso, non è vero? Il
Tempio, infatti, come l’economia del mondo di Morgan, si basa sui singoli, i
quali coltivano più desideri e spendono più soldi: un sistema ecodinamico impeccabile a detta degli economisti e dei
politici, forse, ma che porta purtroppo a un altissimo livello di crack mentale (equivalente delle nostre
depressioni ed esaurimenti nervosi) e a non avere una vita extralavorativa come
testimoniano le scrivanie delle vittime, desolatamente vuote come le loro vite.
Per una volta non posso non citare anche il lavoro – per
altro sempre efficacissimo – del letterista, Riccardo Riboldi: gli dèi hanno voluto che la mia lettura di p. 24
(quella che vede Morgan andare a indagare nell’ufficio dove tutti gli impiegati
battono a macchina) coincidesse con il mio simultaneo ascolto del brano Frantic, dei Metallica, proprio nel punto in cui Hetfield canta Frantic tick
tick tick tick tick tick tock: l’effetto, ve lo assicuro, è stato di un
realismo esasperato: quel battere dei tasti, i TIK TIK TIK che sembravano
venire verso di me, la musica, il cantato… tutto ha fatto in modo di rendere
quella lettura uno di quei momenti indimenticabili in cui arti diverse si
incontrano per creare qualcosa di unico e magico.
Talami, invece, lo abbiamo già anticipato a inizio
recensione, riesce davvero a realizzare qualcosa di straordinario: il suo
tratto rende alla perfezione tutta l’amarezza e la disperazione dei dipendenti
del Tempio (alle pp. 8, 9 e 10), la fredda e ferma prepotenza – ma, al momento
opportuno, anche tutta l’umanissima solitudine – del capufficio Mendelson (e
anche in questo Claudio è un genio: come si fa a non essere solidali con
quest’uomo vedendo la camera da letto che divide con la moglie, a p. 57).
Una storia sull'abbrutimento mentale che fa del cervello
umano – la più potente e terribile macchina che esista – l’eminenza grigia di
tutto l’albo: un’oscura presenza che ci porta nei più profondi abissi del
Tempio a scoprire segreti che per il momento restano celati a Morgan e al mondo
in superficie.
Come non concludere – dulcis
in fundo – con la copertina di Fabrizio
De Tommaso? Sicuramente quello in forza alla serie di Chiaverotti è il
miglior copertinista in circolazione in Italia al giorno d'oggi e, girando
l’albo, tremiamo davanti alla magnificenza della copertina del numero in uscita
domani, 21 giugno, il numero 21: La trama di Oz.
Intanto noi facciamo gli auguri di buon compleanno e buona
vita al nostro amico Claudio Chiaverotti e vi salutiamo con questo appello:
Morgan Lost deve
continuare! Noi Audaci non abbiamo mai avuto dubbi a riguardo, ma adesso, con
la pubblicazione di questo Sogni di qualcun altro e, si spera,
la sua vasta diffusione e lettura, proprio tutti i lettori di fumetto d’autore non potranno che concordare con noi.
RolandoVeloci
MORGAN LOST “Sogni di qualcun altro”
NUMERO: 20
DATA: maggio 2017
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Claudio Chiaverotti
NUMERO: 20
DATA: maggio 2017
SERGIO BONELLI EDITORE
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Claudio Chiaverotti
DISEGNI E CHINE: Giovanni Talami
COLORI: Studio Arancia
COPERTINA: Fabrizio De Tommaso
Tutte le immagini: © 2017 Sergio Bonelli Editore.