La “rivoluzione” di Angoulême - Dialogo con Stéphanie Le Cam
Intervista alla docente e ricercatrice, direttrice della Ligue des auteurs professionnels, per approfondire ciò che sta accadendo al Festival di Angoulême e le possibili ripercussioni di una mobilitazione di inedita portata
Abbiamo intervistato Stéphanie Le Cam, docente e ricercatrice presso l'Università di Rennes 2 e direttrice generale della Ligue des auteurs professionnels.
Il tema è il Festival Internazionale della Bande Dessinée di Angoulême: alla vigilia della 52ª edizione, che si terrà dal 29 gennaio al 1 febbraio 2026, il Festival sta affrontando un periodo estremamente problematico.
La società (privata) 9èmeArt+ che gestisce il Festival viene da più parti attaccata per mala gestione, collaborazioni con marchi commerciali, una situazione economica in continuo peggioramento e soprattutto per un clima lavorativo sfociato in casi di burn out e in particolare per il licenziamento di una collaboratrice del Festival, dopo che aveva presentato una denuncia di stupro. Aggiungiamo anche una forte critica da parte di autrici e autori per il comportamento dell'organizzazione verso di loro e avremo un quadro complesso e ancora in divenire. Inoltre, come dimostrano i vari stravolgimenti delle ultime ore, le decisioni sulla gestione futura del Festival sono ancora da prendere in maniera definitiva.
Nel frattempo moltə artistə, varie case editrici anche di peso e anche il Sindacato nazionale dell'editoria hanno deciso di boicottare la prossima edizione di Angoulême.
Trattandosi di una vicenda tanto delicata quanto importante, abbiamo deciso di fermarci un attimo per approfondire, interpellando un'interlocutrice che è addentro a questa situazione, a capo di un'organizzazione sindacale che tutela gli interessi di oltre 2800 autori, cercando anche di capire come chi realizza fumetti possa trovare il modo di riprendere in mano il proprio destino professionale.
Ciao, Stéphanie, benvenuta sulle pagine audaci. Parlaci un po' della Ligue des auteurs professionnels, di cosa rappresenta e di cosa comporta il ruolo di direttrice.
La Ligue des auteurs professionnels è un'organizzazione sindacale che difende gli interessi di oltre 2800 autori di libri: scrittori, illustratori, traduttori, sceneggiatori... Si batte per il riconoscimento del lavoro creativo come una vera e propria attività professionale, con i diritti sociali, la retribuzione e la protezione che ne dovrebbero derivare.
Il mio ruolo, in qualità di direttrice, è sia strategico che collettivo. Si tratta di coordinare le azioni della Lega con il team di due dipendenti (Jade Desvignes e Lorène Léguillon) e i quattordici membri del consiglio sindacale.
Mi occupo in particolare del dialogo con le autorità pubbliche, i sindacati degli editori, ma anche con tutti gli attori della filiera del libro: librai, distributori, biblioteche, piattaforme, venditori di libri usati e organizzatori di festival e fiere... La sfida è capire come tutto questo funzioni insieme, in una visione interprofessionale che rispetti gli interessi di tutti.
Si tratta anche di un ruolo politico: dare voce alle grandi trasformazioni del settore, che si tratti dell'ecologia del libro, della sovrapproduzione di libri che sono paradossalmente sottoutilizzati, o ancora dei cambiamenti legati all'intelligenza artificiale.
A titolo più personale, ciò che mi anima è creare legami, per rafforzare la protezione di coloro che creano libri e che ancora troppo spesso vivono in condizioni di precarietà. L'obiettivo, in fondo, rimane semplice: consentire a ogni autore e autrice di vivere dignitosamente del proprio lavoro creativo.
Questo sembra essere un momento molto delicato e complesso per il fumetto in Francia: quando è iniziato esattamente questo processo di "rivoluzione"? C'erano certamente dei prodromi, perché i problemi della gestione del Festival Internazionale de La Bande Dessinée di Angoulême vanno avanti da un po', no?
Quello che vediamo oggi ad Angoulême non è solo un problema di governance, ma è la cristallizzazione di una crisi più profonda che attraversa il mondo dei fumetti e dei libri da diversi anni.
In realtà, questa “rivoluzione” silenziosa è iniziata più di un decennio fa. Gli autori e le autrici denunciano la perdita di significato e trasparenza nelle istituzioni che strutturano il settore. Il Festival di Angoulême, vetrina della creazione, è diventato suo malgrado il simbolo degli squilibri che minano l'ecosistema: precarietà dei creatori, concentrazione editoriale, crescente dipendenza economica da pochi grandi attori e difficoltà a far sentire la voce di coloro che danno vita al fumetto ogni giorno: autori, piccoli editori e librai, tutti precari, tutti fragili.
E la strada che i decisori hanno scelto di intraprendere sabato scorso in merito al rinnovo della società 9èmeArt+ ha fatto sì che la fiducia fosse compromessa.
Quando gli autori, gli editori tradizionali, le case editrici indipendenti e persino il Sindacato nazionale dell'editoria si uniscono per denunciare l'opacità della governance, significa che c'è qualcosa di profondamente disconnesso tra lo spirito del festival e la realtà sul campo.
Ciò che gli autori rimproverano alla direzione è proprio questa sensazione di appropriazione di un bene comune. Il festival è stato concepito, in origine, come uno spazio di celebrazione collettiva, basato sulla condivisione e sulla passione. Nel corso del tempo è diventato una macchina commerciale in cui le logiche della comunicazione e della redditività prevalgono sulla missione culturale.
Anche se la situazione del Festival di Angoulême sembrava già fortemente critica, negli ultimi giorni la situazione è repentinamente cambiata. Cosa è successo?
Ciò che oggi accende la miccia è proprio questa mancanza di trasparenza e di rinnovamento. Il mantenimento della società 9èmeArt+ per altri nove anni rappresenta un blocco del sistema, proprio mentre ci troviamo tutti di fronte a sfide importanti (ecologiche, economiche, digitali) che ci costringono a rimettere tutto in discussione e a cambiare direzione. Questa decisione appare totalmente scollegata dalla realtà, fuori dal mondo.
La crisi di Angoulême, in questo senso, funge da rivelatore: mostra l'urgenza di ripensare il ruolo della cultura nell'azione pubblica, non come uno sfondo o uno strumento di comunicazione, ma come una questione democratica centrale.
Il problema è anche che, in un momento in cui il mondo della creazione sta attraversando una crisi senza precedenti, Rachida Dati, la ministra della Cultura, è più preoccupata per il suo futuro elettorale che per il futuro della cultura... Il che non migliora le cose.
Cosa ha convinto tanti autori e tante case editrici a decidere di boicottare un Festival così importante?
Attraverso questa crisi, viene messo in discussione un intero modello di governance culturale: come fare in modo che gli artisti non siano semplicemente comparse di un sistema che vive grazie a loro senza ascoltarli? Per la Ligue des auteurs professionnels (Lega degli autori professionisti), questa situazione rafforza la necessità di una rifondazione democratica del settore:
- Riportare i creatori al centro delle decisioni;
- Ripensare la ripartizione del valore nella filiera del libro;
- Garantire la trasparenza nelle istituzioni che pretendono di rappresentarli.
- E poi, al di là di queste sfide strutturali, è anche l'occasione per ricordare quanto sia urgente riportare al centro del dibattito valori che si tende troppo spesso a relegare in secondo piano: la lotta contro la violenza sessista e sessuale, la prevenzione delle discriminazioni, la protezione dei più fragili, la diversità sociale e culturale.
È un appello a ritrovare un senso comune, a ricostruire su basi sane, al servizio della cultura e non solo del suo sfruttamento.
Il Festival di Angoulême è una delle manifestazioni più importanti al mondo, ma la gestione da parte di 9èmeArt+ rimane opaca e si apre a numerose critiche. Quale potrebbe essere la soluzione migliore?
Per instaurare una migliore governance del Festival di Angoulême, occorre innanzitutto rimettere gli autori, i piccoli e medi editori e i librai al centro del dispositivo, non come semplici ospiti, ma come veri e propri partner di un progetto culturale. Una governance rinnovata deve basarsi su un approccio interprofessionale.
L'organizzazione di una vera e propria giornata professionale durante il festival consentirebbe di riunire tutti gli attori del settore: sindacati, istituzioni, organismi sociali, associazioni, case editrici in un luogo centrale, aperto e propizio alla concertazione e al coordinamento. È anche in questo spirito che occorre valorizzare tutte le professioni del fumetto, dai traduttori ai coloristi, spesso invisibili nonostante il loro ruolo essenziale nella creazione.
Infine, una migliore governance implica un'apertura verso il pubblico, basata sulla diversità e sulla responsabilità ecologica. Proseguire gli sforzi in materia di inclusività, sensibilizzare i visitatori al rispetto degli autori e ridurre l'impronta di carbonio del festival grazie ai trasporti pubblici o condivisi, tutto ciò contribuisce a una politica culturale più giusta, più sostenibile e più rappresentativa.
Le tensioni, le contestazioni, il boicottaggio: a cosa possono portare, nella migliore e nella peggiore delle ipotesi, gli scenari che si sono aperti e che coinvolgono un numero sempre maggiore di artisti e di case editrici?
Tutto dipenderà dalla capacità del settore di trasformare questa crisi in un momento di lucidità collettiva. Nel peggiore dei casi, se le tensioni continueranno ad aggravarsi, il Festival di Angoulême rischia di essere annullato e di perdere ciò che ne costituiva la forza: la sua dimensione federatrice e internazionale. Il disimpegno degli editori, la sfiducia degli autori e il disinteresse del pubblico potrebbero indebolirlo in modo duraturo.
Ma nel migliore dei casi, questa mobilitazione senza precedenti può diventare una svolta storica. È l'occasione per ripensare in profondità la governance, per ridare voce ai creatori e ricostruire un modello basato sulla trasparenza, la concertazione e la responsabilità sociale. Questo momento di tensione può anche servire a ricostruire un progetto comune, in cui ognuno ritrovi il proprio posto.
Riusciremo a trasformare l'indignazione in intelligenza collettiva e questa crisi, per quanto dolorosa, potrà diventare una leva per una rifondazione.
Probabilmente non c'è mai stata una mobilitazione così forte e profonda in nessun evento fumettistico mondiale: come portale di critica fumettistica crediamo che sia un segnale molto forte e necessario e vorremmo la tua opinione a riguardo.
Sì, si tratta effettivamente di una mobilitazione senza precedenti, sia per la sua portata che per la sua profondità. Vedere così tanti autori e autrici, di tutte le generazioni e di tutti gli orizzonti, riunirsi per difendere un bene comune è un segnale forte. Ciò dimostra che il mondo del fumetto non è frammentato, come a volte si è creduto, ma che è in grado di alzarsi collettivamente quando è in gioco qualcosa di essenziale.
Il segnale inviato è quindi necessario e persino salutare. Dice: «Non vogliamo più essere gestiti senza essere ascoltati». E questo, in un mondo culturale troppo spesso governato dall'alto verso il basso, è un messaggio profondamente democratico. Se questa mobilitazione porterà a una reale riforma dei processi decisionali, allora segnerà un momento fondante nella storia della nona arte.
La Ligue des auteurs professionnels come si sta approcciando al problema? Che consigli può darci anche sul panorama italiano?
La Ligue des auteurs professionnels affronta questa crisi con una chiara convinzione: i problemi del fumetto, e più in generale del libro, non possono essere risolti individualmente. Richiedono un'organizzazione collettiva forte, strutturata e rappresentativa. È esattamente ciò che stiamo cercando di costruire in Francia: un'istanza in grado di dialogare su un piano di parità con i poteri pubblici, gli editori e gli altri attori del mondo del libro.
Concretamente, il nostro lavoro si basa su tre assi: il riconoscimento del lavoro creativo come attività professionale a pieno titolo, l'attuazione di dispositivi di protezione sociale adeguati e la concertazione permanente con gli altri attori della filiera del libro.
Per l'Italia, collaboriamo già con strutture equivalenti, penso in particolare a MeFu con cui abbiamo lavorato e discusso molto sui problemi dell'IA durante l'elaborazione del manifesto EGAIR. Allo stesso modo, abbiamo lavorato con un fantastico collettivo di autori e autrici di webtoon italiani (Kotopopi, Dazarhis dello Studio Myrà, Alice “Antiga” Borganti), all'elaborazione di una prima indagine promossa dalla Lega degli autori professionisti per conoscere le condizioni di lavoro dei webtoon.
Bisogna puntare sull'unione e sulla rappresentanza: creare uno spazio in cui gli autori e le autrici possano parlare con una sola voce, indipendentemente dalla loro disciplina. Non si tratta di un modello da copiare, ma di un approccio da adattare: partire dal campo, identificare le urgenze comuni come precarietà, status, accesso ai diritti. Dobbiamo essere uniti per costruire una rete di protezione per gli autori di fumetti.
Ciò che mi sembra essenziale è non aspettare che le soluzioni arrivino dall'alto.
I cambiamenti duraturi nascono dal dialogo collettivo e dalla solidarietà professionale. La Ligue ne è un esempio tra tanti: dimostra che, organizzandosi, i creatori possono riprendere in mano il proprio destino professionale.
Grazie per questo dialogo, Stéphanie.
Intervista a cura di Luca Frigerio e Giuseppe Lamola












