Jun Hayami - La vera natura di un uomo
Tra poco saranno trascorsi 42 anni. Ho iniziato nel mondo dello shōnen manga, ma dal momento che gli editor avevano troppe richieste ho deciso di passare al manga erotico dove invece veniva quasi tutto accettato e i miei lavori venivano pubblicati direttamente com’erano. All’inizio la maggior parte dei miei lettori erano uomini, ma andando avanti con gli anni mi sono reso conto che aumentava il numero di lettrici, fino a che oggigiorno il mio pubblico si divide in metà uomini e metà donne. Per questo credo che da parte dei lettori si sia arrivati a un’epoca in cui non bisogna più nascondere il fatto di leggere manga erotici. A livello individuale non ci si vergogna più e, di conseguenza, c’è più apertura verso questo genere, almeno per quanto riguarda la lettura.
Nonostante la violenza esplicita, le figure femminili nelle sue opere mantengono sempre un’aria di grande dignità, infatti vome diceva ha raccolto negli anni una folta schiera di fedeli lettrici. Pensa che l’ero-guro sia diventato un genere ormai accettato da tutti o ci sono ancora molte resistenze da parte del pubblico femminile?
Come dicevo prima, penso che siamo in un’epoca in cui a livello individuale non c’è più vergogna a leggere manga erotici, che si tratti di pubblico maschile o femminile. Ma, almeno in Giappone, dall’esterno si sente ancora molta pressione. Perciò si tende a non dire pubblicamente una cosa che si fa, comunque, nel privato della propria stanza. In Giappone questo genere viene spesso preso in giro e disprezzato; per questo mi sono sorpreso nel vedere che in Italia sembra non esserci questo atteggiamento. Mi chiedo perché un mangaka erotico giapponese, come me, trovi più tolleranza in Italia che non in Giappone.
Le sue opere sono molto apprezzate anche all’estero, com’è sapere che lettori di altri Paesi leggeranno i suoi fumetti? Ha mai paura che ci sia una differenza di sensibilità sugli argomenti trattati?
Mi fa piacere sapere che anche all’estero ho un mio seguito, però ovviamente mi preoccupo del fatto che i miei temi possano essere fraintesi. Nell’ero-manga generalmente si ritraggono spesso delle donne mature e si cerca di essere molto realistici. Io invece, pensando che questo possa anche essere recepito meglio dal pubblico, cerco di proporre delle figure femminili idealizzate - le cosiddette bishōjo - e di non essere troppo realistico su certi dettagli. Il fatto di avere un realismo leggermente inferiore, rispetto al resto dell’ero-manga e dell’ero-gekiga, secondo me aiuta le mie opere ad essere accettate all’estero.
In alcune precedenti interviste ha rivelato che agli inizi della sua carriera voleva lavorare nel mondo dei manga, ma che il rigido controllo degli editor le ha fatto cambiare idea. Perché secondo lei nel mondo del gekiga o del fumetto erotico ci sono meno imposizioni? È semplicemente una questione imputabile all’età dei lettori o è la scelta consapevole degli editor di lasciare più discrezionalità all’autore, visti i temi trattati?
Probabilmente la ragione per cui ci sono meno imposizioni nell’ambito del fumetto erotico è che, almeno nell’epoca in cui iniziai, gli editor lasciavano molta libertà. Anche se mi rendo conto che oggi non è più così, anche perché il quadro legale nel frattempo è cambiato. Il motivo per cui sono riuscito a trovare una mia nicchia, all’epoca, è che sono stato uno dei primi a combinare l’erotismo al grottesco (cosiddetto guroi). Perciò l’essermi riuscito a creare questa nicchia mi ha anche permesso una certa libertà da parte degli editor perché si confrontavano con un qualcosa di nuovo, che non era stato “normato” in precedenza. Una cosa che ho notato rispetto alla differenza tra quando ho iniziato io e oggi nel mondo dell’ero-gekiga, è che oggi si cerca di costruire storie per ragazzi giovani o per persone che magari hanno già avuto esperienze sessuali, quindi magari si descrivono dei rapporti anche verosimili. Questo però li porta a essere molto più simili agli anime rispetto a quello che era il manga alla sua epoca. Prima le storie erano più brevi ed era anche meno facile immedesimarsi nei personaggi. Nonostante questo, da quelle storie si vedeva veramente la passione dell’artista, dall’inchiostro trapelava l’erotismo e la passione che oggi non vedo più nell’ero-manga moderno.
Da ragazzino leggeva molti manga, le capita di farlo anche adesso? Le viene mai la voglia di affacciarsi nuovamente al mondo dei fumetti per ragazzi?
Adesso non leggo più molti fumetti. Leggo magari qualcosa di strano che attira la mia attenzione, ma sono autori del passato. No, non credo che vorrei mettermi al lavoro su un fumetto per ragazzi perché oggi ci sono troppe restrizioni e imposizioni.
Nelle sue storie il sesso e la violenza sono spesso legati indissolubilmente. Le è mai capitato di doversi giustificare per una storia in particolare?
Sì, a causa appunto delle tematiche, ho avuto dei problemi con l’amministrazione del Governo della città di Tokyo che spesso mandava dei reclami ai miei editor, anche se io personalmente non ci ho mai avuto a che fare. Invece da parte dei lettori non è mai successo niente; in maniera simile a quello che succede oggi a Lucca, i lettori mi hanno sempre ringraziato dicendomi che le mie storie li hanno in qualche modo aiutati.
C’è una storia che le sta particolarmente a cuore tra quelle che ha ideato? Oppure una che avrebbe sempre voluto raccontare ma non ha potuto farlo?
Magari ci sono due o tre opere che i lettori reputano più rappresentative, però non me la sento di elevarne una sopra le altre. Per quanto riguarda una storia che avrei voluto raccontare, credo di aver raccontato più o meno tutto quello che volevo nel corso della mia vita. Ma leggendo la biografia di Dario Argento - nella quale spiega come l’uccisione delle donne nei suoi film non sorgesse da un desiderio omicida, ma da un profondo rispetto e attrazione verso la figura femminile - ho pensato che, siccome io mi sento esattamente nello stesso modo, mi piacerebbe a un certo punto scrivere qualcosa di autobiografico, in cui spiego questo sentimento.
Quanto tempo impiega per completare una storia dall’idea iniziale alla stesura finale?
Diciamo che solitamente scrivo storie di venti pagine e in un mese riesco a farne circa tre. Ho adottato questa politica: visto che cui non voglio fare più di tre storie al mese e, una volta che mi è venuta l’idea, disegnando circa dieci ore al giorno per quattro settimane riesco a fare sessanta pagine, che sono tre storie diverse. Quindi disegno quasi una storia in una settimana e mezzo. Il meglio che riesco a fare, lavorando al massimo, è appunto circa di tre pagine al giorno, però se dovessi compararlo con quello che riusciva a fare il maestro Osamu Tezuka - che in un giorno, se necessario, riusciva a fare anche cento pagine - mi sento un cretino.
Le sue storie sono affascinanti nonostante le tematiche violente. Quanto tempo ha impiegato a capire come bilanciare i vari elementi chiave?
Per le prime tre/quattro storie che pubblicai dopo il mio debutto nell’ero-manga, disegnavo storie dove semplicemente si faceva sesso e mi divertivo molto a farle, avevo avuto anche successo. Ma capii che per distinguermi come autore era giusto iniziare a contaminarlo con l’ero-guro, perciò dopo quelle prime tre/quattro storie ero arrivato a quel bilanciamento che si vede adesso nelle mie opere. Appunto citando Dario Argento, trovo che si possa rintracciare la bellezza anche nella violenza sul corpo femminile e per questo ho sempre cercato di rappresentarle, come anche dicevo prima, attenendomi a una bellezza che obbedisce a un mio codice. Avrei anche potuto farne molto più crudeli, ma questo non avrebbe reso onore alla bellezza femminile. Una cosa che mi fatto capire che questo bilanciamento di elementi poteva funzionare, è che poco tempo dopo il mio debutto, assistetti a una retrospettiva dedicata a Dario Argento: cinque film di seguito proiettati in una notte. Mi stupì il numero di spettatrici in sala, quindi mi resi conto che questa combinazione poteva funzionare probabilmente anche per il fumetto.
Riguardo le storie presenti in Solo un Uomo, ce n’è una in particolare che mi ha colpito molto: Ciak, Jun, Azione!. Nella storia si vede un autore che si sveglia e inizia a disegnare quello che ha sognato. È qualcosa che le è realmente accaduto?
Non è proprio qualcosa che mi è accaduto, ma più una sorta di proiezione di un mio desiderio. In quella storia lì ad alcuni personaggi, leggendo le storie, esplodono gli occhi o gli si scioglie il cervello. Ecco, spero che le mie storie possano suscitare quelle reazioni nei miei lettori.
Nella storia Tutto in gola, fino in fondo c’è un bel colpo di scena finale. È partito da questa idea e ha costruito la storia a ritroso o si è sviluppata mentre stava disegnando?
In quella storia sapevo cosa volevo raccontare già prima di mettermi a disegnare, volevo creare una struttura narrativa che non avevo mai utilizzato prima. Ritengo che i finali felici siano noiosi, quindi volevo immaginare un happy ending un po’ diverso dal solito.
Nella storia Penetrazione il maniaco omicida pronuncia la frase che dà il titolo alla raccolta: “Sono solo un uomo”. Trova che rappresenti l’indole violenta nascosta in ogni uomo? Uomo inteso come maschio o essere umano?
Ho capito solo ora a cosa è dovuto il titolo dell’edizione italiana, perché non avevo capito che si rifaceva a quell’esatto ballon di quella storia. Sì, ho ideato quel personaggio pensando a quello che un po’ tutti gli uomini - intesi come maschi - hanno nel loro profondo. Questo non vuol dire che poi queste persone arrivino effettivamente a uccidere. Anzi, mi è capitato, durante un firmacopie in Giappone di qualche anno fa, che un insegnante di liceo mi abbia detto “Grazie ai suoi fumetti ho perso qualsiasi desiderio di far del male alle studentesse, anzi le sue opere un po’ mi hanno guarito”. Non conosco l’animo femminile al punto da sapere se anche loro hanno questi sentimenti, posso garantire solo per gli uomini.
Ci sono film che hanno influenzato il suo lavoro?
Si, i film sono stati una grande fonte d’ispirazione per me. Guardavo, e guardo ancora adesso, un sacco di cinema italiano del passato. Una cosa che mi ha un po’ scioccato fu vedere Silvia Mangano, in Riso Amaro, tutta sudata. Non avevo mai visto questa figura femminile in un film. Penso che la mia più grande fonte d’ispirazione sia Dario Argento.
Intervista a cura di Simon Savelli, con il contributo di Giuseppe Lamola.
Traduzione di Giovanni Stigliano Messuti.
Sbobinatura di Giosuè Spedicato.
Ringraziamo Giovanni Stigliano Messuti per l'eccezionale lavoro di traduzione e In Your Face Comix per la collaborazione.
Jun Hayami
Jun Hayami è lo pseudonimo di un enigmatico mangaka e gekigaka nato a Hiroshima, che ha iniziato a sconvolgere il pubblico giapponese a partire dal 1983. Prima di approdare al genere ero-gekiga, tentò la via della rivista Garo (Seirindō), senza ricevere risposta. In seguito si avvicinò al fumetto shōnen, proponendosi a Weekly Shōnen Sunday (Shōgakukan), dove ottenne una menzione d’onore alla seconda edizione del Shōgakukan Newcomer Comic Award, debuttando nell’agosto del 1978 con il racconto Yukiyama no Taiketsu.
Dopo questa prima pubblicazione, si ritirò per cinque anni, tornando nel 1983 con il nome che lo ha reso celebre nel mondo del gekiga erotico. Il suo stile, caratterizzato da una violenza estrema e visivamente disturbante, lo colloca in quello che Kazuhiko Miyaya definì Nikudan Jidai (“Era della fleshbomb”): un sottogenere che intreccia eros e thanatos, con figure maschili forti, spesso rappresentate in modo iperrealistico e muscolare.
Nel 1989, a seguito degli efferati delitti del serial killer Tsutomu Miyazaki, Hayami interrompe la propria attività di disegnatore, dedicandosi a lavori d’ufficio e al ruolo di editor di manga erotici.
Tornerà a disegnare solo nel 2000, anno in cui verrà pubblicata la raccolta Love Letter from Kanata (Ohta Shuppan), considerata il suo capolavoro assoluto. Da allora ha collaborato con varie case editrici, tra cui Seirin Kōgeisha, Kubo Shoten e Issuisha.














