Eat – Agnelli travestiti da lupi

Nagabe manipola il paradigma degli animali antropomorfi, mostrando desideri e debolezze dell’essere umano

Lufria è un professore inflessibile, anche un po’ sadico; tra gli studenti si è guadagnato il soprannome di “sicario” per via delle zampe bianche che spiccano contro la pelliccia nera. Avete letto bene: zampe e pelliccia. Lufria, infatti, è un lupo, un predatore dallo sguardo glaciale che ha tuttavia un piccolo, grande segreto: si eccita all’idea di essere mangiato. Naturalmente, si tratta di una fantasia irrealizzabile – o così crede fino al momento in cui uno dei suoi studenti, in preda alla fame, non lo aggredisce e lo morde. Lo studente in questione è Gulla, un caprone alto, massiccio e un po’ sprovveduto, con il pallino di voler assaggiare tutti i cibi del mondo. Nonostante lo scetticismo iniziale e i rischi che la cosa comporterebbe, Lufria decide di coinvolgere Gulla in un gioco sadomasochistico, attirandolo con la prospettiva di poter assaggiare carne di lupo. Tutto sembra procedere secondo i piani, finché la comparsa di una vecchia conoscenza di Lufria non cambierà le carte in tavola.

J-Pop Manga riporta in Italia Nagabe, uno degli autori più originali e riconoscibili dell’odierno panorama del manga. A tre anni dall’uscita di Monotone Blue (J-Pop, 2022), stavolta è il turno di Eat, volume unico in cui l’artista ripropone un genere a lui molto caro: il boys’ love.

Tuttavia, se queste opere sono generalmente popolate da bishōnen alti e spigolosi, per le sue Nagabe sceglie animali antropomorfi: persone in tutto e per tutto identiche a noi, meno che nella specie, inserite in un contesto antropizzato. Nelle pagine di Eat, come già in quelle di Monotone Blue e Wizdoms (J-Pop, 2020), ci imbattiamo in lupi, pipistrelli, gatti, conigli, agnelli e ogni genere di creatura del regno animale, riprodotta in proporzioni da homo sapiens e vestita con camicia e pantaloni.

La particolarità dell’estetica di Nagabe sta nella sua interpretazione del motivo etologico, cioè dell’uso del comportamento animale come chiave di lettura. Il mangaka manipola il paradigma di Esopo: nelle sue storie, le caratteristiche delle specie animali non sono accostate a pregi e difetti, ma piuttosto a desideri, preoccupazioni, debolezze, talvolta anche in maniera antitetica. Al centro di tutto è la diversità irriducibile degli individui, qui radicata in differenze biologiche che mimano le possibilità e i limiti a cui siamo sottoposti per natura.

In questo volume, Nagabe unisce il motivo degli animali antropomorfi al tema del BDSM – l’insieme di quelle pratiche relazionali/erotiche che inscenano rapporti di potere tra le persone coinvolte, spesso sovvertendo quelli della vita pubblica, oppure reiterandoli in maniera esasperata. Da un lato vediamo allora un lupo, predatore per eccellenza, che esplora un piacere proibito nell’essere divorato; dall’altro, un agnello (pur un po’ cresciuto) che freme dalla voglia di mangiare tutto, sebbene la sua fisiologia glielo impedisca. È interessante anche notare, peraltro, come il kink di Lufria abbia origine da un episodio di bullismo della sua infanzia, in cui era stato morso da un compagno: non è raro, infatti, che gli attori di una sessione di BDSM cerchino nell’umiliazione una forma di terapia da un trauma personale o identitario.

Raffrontando l’opera con altre storie di Nagabe di argomento simile, possiamo affermare come quella di Eat non sia una mera variazione sul tema, bensì l’evoluzione di un discorso su dominazione e desiderio. In Wizdoms, per esempio, l’autore aveva corteggiato l’idea della predazione tra specie (anche a parti invertite) come motivo erotico/affettivo, ma con delle criticità che riguardavano l’espressione del consenso, non sempre chiara. Era il caso della lepre che somministrava un filtro d’amore al gatto, o del capretto che accettava di essere morso dal lupo.

In Eat, al contrario di questi due casi, l’espressione del consenso è la chiave di volta della vicenda. Nel contesto del BDSM, infatti, anche la predazione può essere sublimata in desiderio, purché le parti si impegnino a rispettare i segni. Tutto ciò fa di Eat un’opera più consapevole, in cui l’elemento della sopraffazione viene decostruito e riassemblato in una cornice sicura, senza sacrificare la vertigine della violenza. Siamo tutti animali, dopotutto.

Al tratto carnoso e vagamente sporco, simile all’inchiostro, il disegno di Nagabe combina un realismo che si avvicina all’illustrazione anatomica (qui con un particolare gusto per fauci e artigli), rafforzando l’identità della sua cifra stilistica ormai inconfondibile.

Quanto alle tavole, l’artista dimostra un’ottima gestione degli scuri, sempre estremamente netti, che invece in passato aveva dato qualche problema di leggibilità – per esempio, nei notturni boscosi di Girl from the other side (J-Pop, 2019-2021). Si può apprezzare anche una regia più matura, con inquadrature vibranti che esprimono bene i valori semantici ed emotivi delle scene: i diversi piani descrivono la vicenda con armonia e decisione. La carta vincente è tuttavia il character design: in questo volume, Nagabe riesce a conferire una notevole carica erotica ai suoi personaggi, saggiandone con sapienza pose, vestiario e atteggiamenti: piccante nei momenti giusti, mai stucchevole.

Tutto ciò contribuisce a rendere Eat un manga ben al di sopra della media, che riesce a dialogare con i topoi e le criticità dei generi di riferimento, ma che anche preso in assoluto si dimostra un’opera solidissima.

Angelo Maria Perongini

Eat 
(Titolo originale: Eat)

Storia e disegni: Nagabe
Traduzione: Christine Minutoli
Editing: Federico Salvan
Lettering: Melinda Sue Bertona
Graphic design: Lucia Palombi
Art director: Giovanni Marinovich
Stampa: Grafiche Ambert, Verolengo (TO)
Casa editrice: Edizioni BD (ed. giapponese: Libre Shuppan)
Data di pubblicazione: ottobre 2025
Formato: tankōbon
Prezzo: 9,90 €

Post più popolari