Ecovanavoce – L'eco delle cose che restano
Nova e Isa DePica firmano un albo intimo e luminoso sull’arte di convivere con l’assenza
Ci sono libri che non si leggono, ma si respirano. Ecovanavoce è uno di questi. Pubblicato da Eris Edizioni e firmato da Nova e Isa DePica, è un fumetto snello e luminoso come un fiammifero acceso nel buio. Il suo formato particolare è parte della sua sostanza: il lettore non lo sfoglia, lo attraversa, come chi cammina in una casa che conosce ma non ricorda più bene. Ogni pagina è una stanza, ogni vignetta un respiro, e da qualche parte, nascosto tra il buio e il silenzio, c’è un ricordo che bussa piano, come il ticchettio di un orologio che scandisce le ore di una lunga domenica pomeriggio.
Il fumetto si apre dentro un luogo chiuso: una casa immersa nel buio, che non è solo buio fisico ma memoria, sospensione, oblio. Eppure, tra le ombre, qualcosa si muove. Una lama di luce si insinua nella stanza, scivola sulle pareti, si posa su un tavolo, su una fotografia, sul lavello della cucina. È una luce affilata, impietosa e insieme tenera, che svela senza mai spiegare, che ci mostra ciò che rimane quando tutto il resto se ne va.
Nova e Isa DePica costruiscono questo spazio come la memoria ci ripresenta i ricordi, attraverso dettagli e intermittenze, ritorni e mancanze. La casa di Ecovanavoce è piena di presenze invisibili, di rumori che conosciamo senza averli mai sentiti davvero, è un fumetto che parla di assenze, ma lo fa parlando di ciò che rimane. Ma chi è rimasto ad abitare quella casa? Ebbene tra le pagine del fumetto, che si scorrono come istantanee, riconosciamo la routine di una vita tranquilla e semplice, che si muove tra le faccende che occupano il nostro quotidiano, lavare i piatti, occuparsi delle pulizie, fare la spesa e poi andare a visitare qualcuno al cimitero, cambiare i fiori sulla lapide e poi tornare a casa e mettere a posto la spesa: la quotidianità diventa qui un rito di sopravvivenza, una forma di preghiera.
«C’è molta vita intorno alla morte», scrivono le autrici e questa frase è forse il cuore di tutto il libro perché Ecovanavoce è un racconto di presenze che ci accompagnano anche dopo la scomparsa di chi amiamo: le percepiamo nei luoghi condivisi, nelle azioni interrotte, nei gesti che ripetiamo quasi per tenerle in vita. È un fumetto che parla di elaborazione del lutto e convivenza con l’assenza, e per questo il titolo, come il fumetto stesso, è palindromo: si può leggere in entrambi i sensi, e il risultato non cambia. Come il lutto, che si riavvolge e ritorna, come i ricordi che affiorano in ordine sparso, ma sempre con una loro logica segreta. Ecovanavoce è davvero l’eco di una voce che non c’è più, una voce che si spegne per lasciare dietro di sé un flebile, persistente eco.
Il tempo in quest'opera è un animale docile e crudele insieme: si ripiega su sé stesso, si riavvolge, torna indietro come un’onda che non vuole morire sulla riva. Se il titolo, come dicevamo, è un palindromo, forse il significato è che sentimenti e ricordi non hanno direzione, non hanno un prima e un dopo. Si muovono in cerchio, si ripetono e si trasformano in un moto continuo.
Nova e Isa DePica disegnano tutto questo con un tratto veloce e tratti quasi infantile, fatto di colori stesi come con un pennarello, di figure spigolose e dolci allo stesso tempo. È un’estetica che si avvicina alla memoria più che alla realtà: non ciò che è stato, ma ciò che ricordiamo. L’elaborazione del lutto non è mai lineare, e Ecovanavoce lo sa. È per questo che il suo tempo è circolare: ogni ricordo si ripete con una piccola variazione, ogni gesto quotidiano diventa un modo per restare ancorati al mondo. Il fumetto non racconta tanto la perdita, quanto la convivenza con l’assenza, quella presenza silenziosa che continua a vivere nei luoghi, nelle abitudini, nei pensieri che tornano di notte.
Ecovanavoce non è un dramma gridato: nessun colpo di scena, solo una dolcezza malinconica che scava piano, come una goccia d’acqua che leviga la pietra. Leggendolo, ci si ritrova a pensare alle persone che non ci sono più, ma anche a quelle che restano, a tutto ciò che sopravvive nel gesto quotidiano: accendere una luce, chiudere una porta, guardare fuori dalla finestra. È un fumetto che ci ricorda, con gentilezza, che il mondo continua a muoversi anche quando ci sembra fermo.