A Kingdom of Quartz - Un'alchimia di estetiche
Il manga di BOMHAT contamina la dolcezza infantile con il cosmic horror, ma sarà all’altezza delle sue citazioni?
Indubbiamente, A Kingdom of Quartz si presenta in maniera accattivante, combinando l’estetica coquette a elementi gilded, e iniettando il tutto di orrore lovecraftiano e angeli biblicamente accurati. Un’alchimia interessante – è il caso di dire, visti anche gli innuendo al tema della pietra filosofale.
Grazie al tratto morbido, quasi soffice, il disegno di BOMHAT infonde le tavole di una splendida dolcezza – forse qualcuno potrebbe trovarla un pelino stucchevole alla lunga, specie nei momenti di tensione. Inoltre, è evidente già dal primo capitolo come l’artista padroneggi una gamma dettagliata di pose ed espressioni del viso, insieme a un uso sensibile delle ombre che, oltre a restituire profondità ai soggetti, li investe all’occorrenza di una carica emotiva davvero apprezzabile.
Punto di forza: il character design semplice ma vivido. Punto debole: una regia non proprio all’altezza delle inquadrature più ampie ed epiche, che sembrano pericolosamente più vicine all’illustrazione che alla scena.
Blue vive in un orfanotrofio nel distretto più esterno del regno, insieme agli amici Noah e Nellie e alla premurosa suor Beth, un angelo con una sola ala che si prende cura di loro. Un giorno, l’incontro con il principe Cassian, capo delle milizie angeliche, sembra segnare una svolta nella sua vita: il principe le regala infatti il suo stemma personale, con la promessa che Blue glielo restituirà quando sarà diventata un angelo.
Quella stessa notte, però, l’orfanotrofio viene attaccato da spaventosi demoni mai visti prima e, nel tentativo di difendere Blue, suor Beth rimane uccisa. La bambina allora perde il senno e sprigiona delle tenebre che la rendono così potente da distruggere il demone. Solo l’intervento di Cassian riuscirà a farla rinsavire. Ma invece che consegnarla alla giustizia, il principe ha in mente per lei un altro progetto: farla diventare un arcangelo. Che le sue intenzioni siano dettate da puro altruismo o c’è sotto dell’altro?
A Kingdom of Quartz, manga seinen pubblicato in Italia da J-Pop, è l’opera prima di BOMHAT, artista canadese molto popolare sui social, dove delizia i suoi follower con fanart e illustrazioni originali dai toni girly e un po’ piccanti. L’editore sceglie la settimana precedente alla data di inizio di Lucca Comics & Games 2025 per far uscire il primo dei cinque numeri che compongono la serie (conclusa in Giappone), suggerendo di voler puntare molto su quest’opera che all’estero ha già conquistato i cuori del grande pubblico e della critica.
Indubbiamente, A Kingdom of Quartz si presenta in maniera accattivante, combinando l’estetica coquette a elementi gilded, e iniettando il tutto di orrore lovecraftiano e angeli biblicamente accurati. Un’alchimia interessante – è il caso di dire, visti anche gli innuendo al tema della pietra filosofale.
Grazie al tratto morbido, quasi soffice, il disegno di BOMHAT infonde le tavole di una splendida dolcezza – forse qualcuno potrebbe trovarla un pelino stucchevole alla lunga, specie nei momenti di tensione. Inoltre, è evidente già dal primo capitolo come l’artista padroneggi una gamma dettagliata di pose ed espressioni del viso, insieme a un uso sensibile delle ombre che, oltre a restituire profondità ai soggetti, li investe all’occorrenza di una carica emotiva davvero apprezzabile.
Punto di forza: il character design semplice ma vivido. Punto debole: una regia non proprio all’altezza delle inquadrature più ampie ed epiche, che sembrano pericolosamente più vicine all’illustrazione che alla scena.
Devo ammettere, a questo punto, che nella lettura di questo primo volume sono stato accompagnato da un senso di déjà-vu neanche troppo fumoso. Le citazioni, gli omaggi, i debiti con alcune delle opere più significative degli ultimi quindici anni sono in realtà piuttosto leggibili. A Kingdom of Quartz imbastisce un incipit abbastanza familiare, molto vicino, per esempio, a quello di Atelier of Witch Hat: una bambina ansiosa di conquistare poteri al di là della sua portata incontra un algido bishōnen e, dopo aver perso una figura materna e aver compiuto una magia proibita, s’imbarca in un apprendistato. L’ambientazione, poi, somiglia anche troppo a quella di L’attacco dei giganti: un regno circondato da mura e diviso in distretti concentrici circolari, in ordine di privilegio, al di là del quale brulicano creature minacciose di cui non bisogna preoccuparsi troppo – almeno fino a un certo punto. Aggiungiamo l’innocenza e i sogni da ragazzina che si scontrano con il cosmic horror e anche Puella Magi Madoka Magica entra nell’equazione.
Ammesso che lo faccia in maniera consapevole, BOMHAT richiama tre grandi narrazioni che trattano tematiche difficili e quantomai attuali: il biopotere, il controllo delle informazioni, la resistenza armata, il capitalismo cannibale. Al netto delle somiglianze, tuttavia, in questo primo volume l’opera rimane al di qua di slanci speculativi originali.
Ammesso che lo faccia in maniera consapevole, BOMHAT richiama tre grandi narrazioni che trattano tematiche difficili e quantomai attuali: il biopotere, il controllo delle informazioni, la resistenza armata, il capitalismo cannibale. Al netto delle somiglianze, tuttavia, in questo primo volume l’opera rimane al di qua di slanci speculativi originali.
Data anche la brevità della serie, A Kingdom of Quartz promette di essere un prodotto ben confezionato che potrebbe attirare un buon numero di lettori e lettrici, grazie soprattutto a un comparto grafico ricco e al gioco di contrasti tra estetiche.
La storia di Blue si prospetta un gradevole coming of age che sicuramente conserva qualche asso nella manica – e questa è più che una figura retorica – e non teme di scendere nel truculento. Se poi dovesse riuscire a competere, a livello narrativo, con le opere da cui trae ispirazione, potremmo anche trovarci davanti a una piccola gemma.
Angelo Maria Perongini







