Visione d'inferno – Quando l’orrore diventa specchio dell’umanità

Con il suo segno nero e ossessivo, Hideshi Hino ci trascina in una visione che parla tanto di incubi quanto di memoria


“Mia terra natia
In una nazione d’inferno io son nato
Figlio di invasori, poi di sconfitti
Demonio infernale io son nato
Inferno… tu sei la mia terra natia”.

Visione dinferno è un manga autoconclusivo scritto e illustrato dal maestro dellhorror Hideshi Hino nel 1984 e recentemente pubblicato in Italia nella collana Kaiki Manga di In Your Face Comix.

Fin dalle prime pagine, lopera sconvolge e disgusta: il narratore, un pittore folle precipitato negli abissi dellinferno, è ossessionato dalla magnificenza del sangue e dalla creazione della sua opera definitiva, una visione dinferno” capace di segnare la fine del mondo.

Le tavole grondano di liquidi densi e vischiosi: corpi decapitati che vagano in cerca della propria testa, forni crematori, ghigliottine implacabili. È una spirale di orrore e splatter che il narratore accoglie con un entusiasmo disturbante, quasi infantile, come un bambino che si diverte a strappare le ali a un insetto. La stessa complicità sembra trasparire dallautore, che si diverte a spingersi sempre oltre, testando i limiti dello shock e del disgusto dei suoi lettori (e forse anche di se stesso).

La follia è un tratto comune: ogni personaggio appare immerso in un delirio che lo porta a gesti estremi. Il protagonista, ad esempio, trova uneuforia stranamente pura nel tagliare la propria carne, raccogliere il sangue in secchi e usarlo come colore per i suoi dipinti.

Nonostante lo shock iniziale, Visione dinferno attinge però ad una vena di terrore più profonda; il punto di forza del manga infatti è il collegamento tra gli orrori della storia di fantasia e quelli della storia dellautore.

Nato tra le brutali difficoltà del secondo conflitto mondiale, Hino infatti fa riferimento alla sua esperienza da rifugiato nella zona contesa della Manciuria, in Cina, alla fuga e alla paura di ritorsioni. Inoltre Hino appartiene alla generazione cresciuta in un Giappone devastato dalla guerra atomica e, attraverso lopera, ci presenta la visione straziante delle conseguenze di un attacco nucleare. La famiglia del narratore appare quindi condannata alla follia e alla violenza perché il mondo che li circonda è folle e violento. Lobiettivo del pittore di dipingere un paesaggio infernale e apocalittico, in fondo, non è poi così forzato, perché è quello il mondo che lo circonda.

Hino disegna tutto questo con uno stile grottesco ed un uso magistrale del nero: lutilizzo delle relazioni tra spazi positivi e negativi è una scelta compositiva che crea il massimo dellinquietudine. Le figure in nero sono già condannate a una vita di follia e violenza: non c'è grazia salvifica, qui, nessuna morale, nessuna qualità redentrice.

Così, pagina dopo pagina, il manga diventa una sorta di ascensione rovesciata, un viaggio nelle spirali della follia che ci costringe a guardare con lucidità il mondo che abitiamo. E da qui la domanda: se linferno non è un altrove ultraterreno, ma una realtà immanente, parte integrante dellumanità stessa, non dovremmo forse riconoscerlo come una componente imprescindibile della nostra stessa natura?

Giulia Sacchetti

Post più popolari