Gone - La clandestinità spaziale come bisogno di fuga e ritorno

Jock ci porta nello spazio, attraverso una storia sulla lontananza e il ritorno alla propria casa che racconta il senso dell’assenza


Il passeggero clandestino è una figura ben specifica in determinata e piratesca letteratura. Egli vive una condizione unica nel suo genere, fra le pareti della nave, fuggiasco e ricercato in uno spazio limitato dal quale non può fuggire. Non può, vale a dire, rinunciare in alcun modo a questa condizione.

Vive in un mondo di intercapedini, in uno spazio limitato, ai margini di una comunità già selezionata e ristretta, tanto che spesso egli si sente più parte della nave in quanto oggetto che dell’equipaggio in quanto comunità: la prima lo protegge, il secondo lo ricerca per scacciarlo.


Gone, nato dalla penna e dai pennini di Jock e pubblicato in origine da DSTLRY e in Italia dal marchio editoriale di Star Comics Astra, è la storia di una clandestina, Abi. Cresciuta senza il padre all’interno di una bidonville futuristica, la nostra protagonista deve combattere nei bassifondi per garantire la sopravvivenza della sua famiglia, su tutti della madre. Sarà proprio questo ciò che la porterà a tentare un furto all’interno di una nave, che verrà però lanciata nello spazio proprio in quel frangente, portando la nostra Abi, suo malgrado, a divenire clandestina.

Gone ci propone un impianto deliziosamente fantascientifico, fra il planetary sci-fi e la più classica delle space opera. Spiegare il contesto di questo fumetto non è semplice. Il racconto del contesto narrativo di questa storia viene affidato dal suo autore più che altro alla narrazione grafica, lasciando intendere molto e raccontando poco del mondo che circonda i personaggi.

L’opera si svolge in modo circolare: il viaggio di Abi ruota sempre intorno alla sua famiglia, alla madre che la aspetta a casa, e al padre che non c’è più. Abi inizia un percorso che dura una vita e che la porta a conoscere un altro tipo di umanità, oltre che le profondità più recondite della grande nave in cui è imbarcata. Anche in un contesto così isolato la protagonista riesce a trovare altri come lei, persone che strisciano per lo scheletro del veicolo spaziale e disposte a ribaltarne la gerarchia di potere interno per ritornare a casa. Ecco dunque che Gone pone la sua riflessione intorno a questa condizione di isolamento integrato, un ottimo esempio di come la fantascienza spesso serva a estremizzare la condizione umana per farla risaltare, per urlarla al lettore nel modo più chiaro possibile.


Dal punto di vista grafico Jock ci presenta il suo stile piuttosto personale e riconoscibile: una gestione della tavola classica e che non gioca troppo con le inquadrature, un tratto spesso e sporco associato a una colorazione che dà personalità e crea un'ambientazione efficace anche grazie alla commistione con delle ombreggiature che, in inchiostrazione, si uniscono al lavoro sul colore garantendo un forte contrasto.

Gone è una storia che divide nettamente in due la sua estetica: la parte ambientata sulla Terra, prima che il viaggio della nostra protagonista cominci, è immersa in un cyberpunk degli slums, in un mondo povero e disperato. Quando la nostra si imbarca, invece, ci ritroviamo catapultati in piena estetica space opera.


Jock ci presenta il tipo di lavoro a cui spesso ci ha abituato in questi anni: fumetti verso i quali non si possono muovere critiche dal punto di vista formale. L’autore ci fa viaggiare in mondi compiuti, sensati e ben costruiti con trame piuttosto semplici che ci accompagnano piacevolmente dalla prima all’ultima pagina. Siamo lontani dal Jock del mondo supereroistico, che forse per ragioni produttive riesce a esprimere a pieno la propria arte e a essere più efficace. Nonostante questo, l'autore riesce sempre a portare ai nostri occhi storie che meritano di essere lette, e questo vale anche per Gone e per il suo viaggio spaziale.

Alessio Fasano

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