Dossier AkaB: 6 storie per (ri)scoprire AkaB (+1)

Alcuni consigli di lettura per addentrarsi (o reimmergersi) tra le opere di AkaB


Eccoci al pezzo finale (per ora?) di questo Dossier AkaB, il nostro omaggio a un autore che, con la sua "rancorosa ironia" riusciva sempre a "sfidare a muso duro il lettore con un ghigno disturbante", come suggeriva Marco Taddei nell'introduzione di
Plume; un artista dal tratto graffiante, sporco e spesso spigoloso, dallo stile cangiante e multiforme ("per me ogni nuovo libro deve in qualche modo contraddire quello precedente", diceva AkaB in un'intervista a Lo Spazio Bianco) eppure riconoscibile e unico.

Come (non) concludere un Dossier? Be', con le storie, ovviamente. Abbiamo dedicato delle recensioni a singole opere di AkaB (Le mani di Z o Non un atomo...) e, dopo aver aperto parentesi sull'essere umano oltre l'artista (qui e qui), torniamo al fumetto con sei tra le tantissime storie da lui realizzate (per inciso, questo dato di produttività certamente stupisce, considerando i relativi pochi anni di attività e che che ci sono sue storie rimaste ad oggi inedite). Sei più una, come vedrete, perché a volte scegliere è complicato (e ne abbiamo selezionate due appartenenti alla stessa raccolta).

I nostri criteri sono stati semplici: inserire le sue storie come autore unico (tralasciando ad esempio i pur meritevoli Le 5 fasi, opera collettiva di enorme valore, così come i più recenti Rubens e Iron Kobra, pubblicati da Stigma / Eris e realizzati rispettivamente insieme a Cammello /Spugna e Officina Infernale) e i fumetti attualmente reperibili e disponibili online o in libreria (quindi escludendo uno dei capisaldi come Defragment o alcune autoproduzioni).

È un percorso per forza di cose incompleto, sia perché ci auguriamo che in futuro (anche grazie al meritevole lavoro dell'Associazione AkaB) siano sempre di più le opere di AkaB disponibili, ristampate e nuovamente valorizzate, sia perché riteniamo giusto lasciarvi il piacere della scoperta, al di là di questi nostri consigli.


POP! VITE ASCENSIONALI

(Nuove Sido, Collana Tana, 2023)

Parlare della morte non è mai semplice. Forse la metafora di un gruppo di palloncini liberati in aria durante l’inaugurazione di un centro commerciale può aiutare a rendere l'argomento più leggero: mentre ascendono, essi ridono, soffrono, vivono, riflettono sulle loro esistenze che durano il tempo di un “pop!”. 

Una lettura stratificata dai tanti significati, che già dal titolo fa riferimento sia al rumore dello scoppio di un palloncino sia alla cultura popolare, mescolando programmaticamente il termine "pop" a qualcosa di "nefasto", perché in definitiva si parla del rumore che fa la fine delle nostre vite, veloci, precarie, passeggere.

AkaB riesce a sfruttare egregiamente la struttura dialogica ed eliminare ogni orpello, ad andare dritto all'essenza della narrazione. In questo, POP! può essere accostato a Eden 1.0, un dittico di opere accomunate dai pochi personaggi, dallo stile ironico e tagliente, con riflessioni brillanti che configurano un'indagine esistenziale da saggio filosofico, e dal medesimo metodo di produzione: "buona la prima e zero pretese" (quanto poi questo gesto apparentemente "tirato via" sia di un valore artistico assoluto sarebbe materia da studiare). Ma non è l'accuratezza del tratto o la cura negli sfondi a interessare all'autore, quanto la potenza teorica di un'affilata metafora che ci consegna pagine memorabili.

Giuseppe Lamola


EDEN 1.0

(Eris Edizioni, Collana Gatti Sciolti, 2025)

Dio è uno stronzo. Soprattutto in funzione del fatto che sia intercambiabile con il Diavolo, ma poi perché fondamentalmente fa un sacco di asserzioni senza dare mezza giustificazione, un po’ come gli over cinquanta incarogniti in una qualsiasi sezione commenti. Il che non implica che di ragioni non ne abbia, eh, però potrebbe sforzarsi un po’ più d’essere intellettualmente onesto: non gli piace Quello di sotto, e a Quello di sotto non piace Lui (sarà ché si somigliano?). Mica c’è niente di male, comunque; basterebbe ammetterlo. Perché in mezzo ci siamo noi.

O meglio, nell’Eden 1.0 ci sono Adama ed Evo, le nostre versioni beta, di cui magari non saremo spiccicati uguali, ma con cui senza dubbio condividiamo sorti comuni: schivare gli escrementi che si lanciano Quello di sopra e Quello di sotto sulla scacchiera bianca del niente, che è tutto quello che c’è nell’Eden 1.0, esattamente come la nostra realtà dell’Eden 2.0, il tutto possibile, che in quanto tale non può risolversi che nel niente. Quindi, visto che non abbiamo altra scelta che esistere, che per lo meno qualcuno ci dia una spiegazione, perché il dover ingoiare la merda divina che piove dal cielo può anche andar bene, ma almeno sia chiaro il perché non possiamo lavarci i denti.

Jacopo Corradini


HUMAN KIT

(Bauci Press, serigrafia, 2023)

Human Kit è il racconto claustrofobico di un viaggio attraverso le varie stanze di un laboratorio dove il protagonista deve scoprire qualcosa. Anzi, arrivare a conoscere l'entità divina che lo governa. O forse semplicemente indagarsi dentro.

In questa breve storia, riproposta da Bauci Press in serigrafia e rilegata a mano, AkaB disseziona l'essere umano e lo ricompone a modo suo. E così aggiunge ulteriori livelli di lettura e di complessità a una storia apparentemente lineare. Se, come scrive Matteo Contin, AkaB rinchiude spesso i suoi personaggi in luoghi angusti dove sono costretti a porsi domande su se stessi, qui si parte da una sorta di prigione, che è il laboratorio dove si compiono esperimenti sull'umanità, ma anche il corpo è a sua volta una gabbia. Quella struttura complessa e articolata che è il nostro organismo ci spinge spesso a tenerci tutto dentro, come se un groviglio di arterie e nervi non facesse uscire nessuna delle pulsioni che tendiamo a nascondere. E che, scandagliando chirurgicamente l'anima come fa AkaB, magari potrebbero trovare il modo di evadere e di venire allo scoperto. Perché in definitiva non c'è nessun kit in grado di renderci umani, ma forse porci domande su noi stessi e sulle dinamiche complesse dell’esistenza e del cosmo è una di quelle attività che ci definiscono.

Giuseppe Lamola


MONARCH

(#logosedizioni, 2013)

Per quanto riguarda il fumetto credo in alcuni assiomi:

- Non mi piaceranno mai i finali dei fumetti di Mark Millar;

- Love & Rockets è uno dei più grandi fumetti mai pubblicati;

- I lavori di AkaB mi colpiranno con violenza ogni volta che li leggo o li rileggo.

Scrivo lavori perché nel caso di Monarch il confine tra fumetto o libro illustrato è labile e tutto sommato marginale; in più questa differenza non interessava ad AkaB stesso, figuriamoci se debba importare a chi lo legge.

Si parte da un fatto storico, ovvero il progetto MKUltra (qui se ne volete saperne di più), ma è un pretesto per poter indagare sull’identità degli esseri umani, sul concetto della dualità e su come il meccanismo dello schierarsi per una parte invece che un’altra nasconda spesso la semplificazione della realtà per poterla comprendere, o forse accettare semplicemente. 

Dualità che troviamo nella struttura materica stessa di Monarch: un flip book che ci permette di immedesimarci nei due punti di vista. Il carnefice e la vittima. Nulla è lasciato al caso, troppo semplice sarebbe dare la colpa al destino o a forze esterne perché tutto è simbolismo e tutti i riferimenti sono facce di un gigantesco poligono sfaccettato e allucinante che porta alla distruzione dell’identità della vittima ma che non lascia nulla alla spettacolarizzazione della vicenda. Fisicamente è un dolore leggerlo, perché quando si pensa di aver capito allora è il momento di capovolgere il volume e di scoprire che il nostro punto di vista è parziale e che dobbiamo decostruire quello che pensavamo essere il senso stesso di Monarch.

Ci costringe a pensare ed è una situazione che non ci aspettavamo perché spesso richiediamo, anche inconsciamente, di essere presi per mano e accompagnati nella lettura (o nella visione o ascolto di un’opera): un atto di violenza primordiale che ha bisogno di qualcuno come AkaB che non ci indori la pillola, non ci dia delle vane speranze di sentirci migliori o più intelligenti, perché alcuni meccanismi presenti in Monarch sono meccanismi presenti nella vite reale di ogni giorno.

Non lo ripeterò mai abbastanza, per me Gabriele Di Benedetto è stato un genio, uno dei pochi intellettuali moderni e mi riempie di rabbia che una società culturalmente mediocre come la nostra non abbia mai valorizzato a sufficienza (a parte alcune oasi felici) i suoi lavori. Mi taccio qui altrimenti finirei questo pezzo con una bestemmia.

Luca Frigerio


PLUME - UNTITLED

(Storia contenuta nell'antologico Plume, Douglas Edizioni, 2017)


"Ci hanno fatto credere che il viaggio sia tutto fuori. Verso l'alto. Verso l'altro. E invece è tutto dentro. Ma dentro cosa?"
AkaB in Plume - Untitled

Introdotta dalla frase “Chacun porte sa croix/moi je porte une plume” (“Ciascuno porta la sua croce/io porto una piuma”, ripresa da un detto francese), che dà il titolo all'intero volume, questa storia di 9 pagine è colma di riflessioni esistenziali e teologiche, che dimostrano e sintetizzano la capacità di AkaB di affrontare temi anche complessi con riflessioni e spunti non banali, spesso controcorrente, parlando del nostro rapporto con Dio, del libero arbitrio, della religione e del legame tra l'interiorità e il mondo esterno.

Il protagonista, insieme al suo cane JJ, contrappone la ricerca razionale della verità e il pensiero logico al dogma, la menzogna, l'ignoranza. E se il personaggio (l'unico in scena, oltre al cane) indossa una maschera è forse perché ognuno di noi ne indossa una, per fingere di essere qualcosa che non siamo. E quel simbolo religioso citato (e rappresentato in copertina), il grande corvo nero, è ben più che un semplice animale: rappresenta la morte e la trasformazione; il suo colore, il nero, indica l'oscurità e il caos; è il simbolo della nigredo, primo stadio della ricerca alchemica, dove la materia viene sottoposta a un processo di putrefazione e decomposizione, rompendo le sue forme precedenti per prepararla alla trasformazione e raggiungere il divino splendore dell'oro alchemico.

AkaB sembra suggerire insomma che anche in una piuma, con la sua apparente leggerezza, può celarsi qualcosa di profondo e pesante. Allo stesso modo in cui lui, con le sue storielline a fumetti, sganciava macigni.

Giuseppe Lamola


CLAUSTROPHOBIA

(Storia contenuta in Dylan Dog Color Fest 16, Sergio Bonelli Editore, 2016)

Nel 2016 AkaB ebbe modo di collaborare con la casa editrice simbolo del fumetto seriale italiano su uno dei suoi personaggi di punta (collaborazione per inciso proseguita anche con una comparsata in un numero di Orfani Nuovo Mondo). L'occasione fu fornita dalla nuova incarnazione del Color Fest di Dylan Dog, sotto la guida di Roberto Recchioni: la rivista trimestrale con storie brevi dell’Indagatore dell’incubo iniziava un nuovo corso di natura ancor più sperimentale, aprendosi anche ad autori difficilmente inquadrabili, voci fuori dal coro come quelle di Ausonia, di Marco Galli, del copertinista Arturo Lauria e, appunto, AkaB.

Claustrophobia, la storia firmata da AkaB, è particolarmente incisiva e significativa. Così come Ausonia, AkaB criticava apertamente la nostalgia e un certo attaccamento da parte dei lettori alla staticità del personaggio, il desiderio che continui a rimanere rinchiuso in certi canoni. AkaB ritrae Dylan sul fondo di un pozzo, in mezzo al bosco, dove ha il tempo per riflettere su se stesso e sul suo mondo. L'accezione metafumettistica impressa dall'autore diventa evidente quando, sotto l'effetto di un fungo, l'inquilino di Craven Road inizia a vedere il suo mondo fatto di carta ("Case di carta. Strade di carta. Città di carta"), quasi come se si vedesse con i nostri occhi, sfogliasse con noi le pagine del suo stesso fumetto, bidimensionale. E si sofferma sul tema della ciclicità ossessiva, dell'uscita mensile dell'albo, del suo rimanere (anche figurativamente) immobile ("è la mia vita sempre uguale che si ripete in una oramai noiosa pretesa d'infinito").

Una storia di Dylan Dog pienamente autoriale insomma, che distilla in poche pagine tante delle tematiche chiave akabiane e che ha rappresentato anche il grimaldello con cui AkaB, piuttosto che continuare a esprimere la sua natura iconoclasta al di fuori delle dinamiche editoriali convenzionali, ha provato a scardinarle direttamente dall'interno.

Giuseppe Lamola



+ 1

ALFREDINO VERMICINO

(Storia contenuta nell'antologico Plume, Douglas Edizioni, 2017)


AkaB rievoca la storia di Alfredo Rampi detto Alfredino, bambino di 6 anni che nel 1981 cadde accidentalmente in un pozzo artesiano e morì dopo quasi tre giorni di inutili tentativi di salvataggio, una vicenda che ebbe all'epoca un'enorme risonanza mediatica; la narrazione akabiana è raccontata dal punto di vista del bambino.
Come dice bene Marco Taddei nell'introduzione del volume Plume, Alfredino Vermicino è un "episodio monumentale di antifumetto in cui tempo e passioni sono scandite minimalmente dal battito vivido del bianco sul nero". Già, perché il nero assoluto della disperazione di una storia tragica e straziante è intaccato unicamente da un tondo bianco, che è la luce in cima al pozzo (o fondo al tunnel?) ma anche la luce dell'illuminazione trascendentale. Così la struttura da 9 vignette per pagina diventa una gabbia (concetto determinante in AkaB, come dicevamo) dalla quale già sappiamo che il protagonista non potrà evadere. Anche per questo leggere i pensieri di Alfredino è angosciante, opprimente. I suoi tormenti si rispecchiano nei nostri, che siamo come il pesce nella bolla d'acqua in Acquarietto (altra storia pensata per Verticalismi e raccolta in questo volume). A salvarci, forse, saranno le storie. Del resto, come suggerisce lo stesso AkaB nella storia breve di Dylan Dog, "abbiamo bisogno di racconti per vivere".

Giuseppe Lamola


Siamo dunque alle battute conclusive del nostro Dossier.
Come dicevamo, non abbiamo pretese di completezza o di esaustività: ci interessava aprire porte e provare a dare sguardi inediti.
Sono tante le persone che abbiamo coinvolto in questo nostro Dossier ma altrettante quelle che per un motivo o per un altro non abbiamo avuto modo di incluedere (e con le quali ci scusiamo, sperando non si siano sentite escluse): abbiamo provato, come sempre, a fare del nostro meglio. Allo stesso modo, abbiamo parlato di vari temi e di diversi fumetti, ma non abbiamo racchiuso davvero l'Opera Omnia di AkaB. Forse un giorno questo verrà fatto (da noi o da qualcun altro), ma intanto speriamo abbiate apprezzato il viaggio, anche perché questo non vuole essere l'arrivo. Piuttosto ci auguriamo che rappresenti l'inizio di un percorso di riscoperta di uno dei maggiori autori italiani degli ultimi decenni.
Nel frattempo grazie per averci seguito fin qui. Ma non spegnete il motore, il viaggio riprenderà presto.

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