Canary: mostri e western, cosa chiedere di più?
Scott Snyder e Dan Panosian creano un'opera solida, che racconta il rapporto col passato per coloro che cercano di convivere col presente
Il western è un genere che è stato esplorato in ogni direzione, esattamente come i pionieri di cui raccontano le grandi avventure della prateria e del deserto. Scrittori da tutto il mondo, e non solo americani, affascinati dal mito del selvaggio west, hanno voluto lasciare la loro firma su questo mondo che sembra lontano e allo stesso tempo vicino. Vicino per via della sua ruralità, del suo essere naturale e selvaggio, vicino al più ancestrale degli animi umani. Noi italiani abbiamo dato il nostro particolare contributo e siamo stati forse, insieme agli orientali, fra i più grandi appassionati del genere al di fuori degli Stati Uniti: non è un caso se il nostro fumetto nazionale, il più venduto, il più amato, il simbolo stesso del fumetto italiano sia quel Ranger che sempre si accompagna a fedeli pard e a uno spiccato senso della giustizia.
Ai lettori di Tex, infatti, potrebbe piacere molto Canary, firmato da Scott Snyder alla sceneggiatura e Dan Panosian per il lato grafico, pubblicato con il marchio editoriale Astra da Star Comics. Soprattutto coloro che sono appassionati del Tex più esoterico non possono lasciarsi scappare Canary.
Il titolo dell’albo riconduce al nome della città in cui la nostra storia si svolge. Will Holt, il nostro protagonista, marshall degli Stati Uniti e leggenda vivente del west, conosce molto bene questa piccola città nel deserto. Essa è legata al suo passato e alla sua leggenda, ma anche a un trauma impossibile da cancellare. Quando il destino lo richiama in questa città misteriosa, Will sa che dovrà affrontare anche il suo passato. Strane ombre s’addensano intorno alla miniera di Canary, le persone impazziscono, uccidono in modo efferato, si trasformano o spariscono in modo misterioso.
Canary non è altro che l’indagine del nostro Holt, che serve non solo a fare chiarezza nel suo passato ma anche a rivelare il suo trauma, ad affrontarlo e superarlo in qualche modo, nonostante tutto. Snyder, come spesso gli succede, sviluppa la sua storia con un doppio sguardo: se da un lato abbiamo la storia in sé, l’indagine del nostro protagonista, dall’altro lato assistiamo alla ricostruzione del passato del protagonista stesso. Siamo noi lettori a farne un’archeologia, una ricostruzione di un personaggio duro e misterioso.
Canary è un fumetto classico, per certi versi bonelliano nella sua struttura, che sembra non avere niente di particolarmente nuovo da dire, ma semplicemente è efficace, funziona e ha senso di esistere per via della bravura del suo sceneggiatore che, pur riutilizzando marchingegni di sceneggiatura estremamente abusati, riesce a costruire una storia interessante di cui non vediamo l’ora di scoprire il finale.
La sceneggiatura di Snyder però non reggerebbe da sola questo (buon) lavoro. Snyder infatti può essere uno sceneggiatore problematico per molti disegnatori, innanzitutto perché è ingombrante e chiede molto spazio sulla pagina con la sua iperverbosità, in secondo luogo perché, soprattutto quando si muove al di fuori del panorama supereroistico, le sue trame possono risultare macchinose se non gestite con una regia all’altezza.
Panosian si fa trovare pronto alla chiamata, con uno stile altrettanto solido e scegliendo una regia che non solo accompagna la narrazione ma la valorizza, anche attraverso un uso del colore che riesce a dare a questa storia una patina continua di surreale. Non esiste il cielo nel mondo disegnato da Panosian, si tratta sempre di una campitura piena che parrebbe essere monocromatica ma è, in realtà, una composizione di variazioni di tono intorno a un tema centrale, il tutto mosso da dei segni materici lasciati sulla tavola. Questa atmosfera si contrappone a una realizzazione dei personaggi che aderisce perfettamente allo stile classico del fumetto occidentale contribuendo a dare l’idea di western di cui la storia, per ovvi motivi, necessita.
Unica, piccola delusione è forse il design dei mostri, che non brilla in originalità. Per quanto ben realizzati, infatti, questi ultimi somigliano un po’ troppo a tutta una serie di creature che abbiamo già visto e non presentano nessuna particolare variazione sul tema che faccia felici gli occhi dei lettori.
Nonostante tutto Canary si presenta come una lettura piacevole, con non pochi guizzi creativi da un punto di vista sia narrativo che grafico, il tutto sotto il segno di un'altissima capacità, da parte dei due artisti che lo hanno creato, di raggiungere il lettore attraverso una tecnica solidissima.
Tramite i suoi mostri, Canary ci porta a esplorare i sentimenti del protagonista, al confronto coi demoni del passato che qui, nel deserto allucinato disegnato da Panosian, passano dall’essere ideali a diventare reali, impressionando non tanto per il loro aspetto quanto per il loro significato metaforico, che ricorda a tutti quanto il passato, quando ritorna, possa essere spaventoso, e come, in un modo o nell’altro, nonostante tutto, bisogna trovare il coraggio di affrontarlo.
Alessio Fasano