Letture seriali: Stray Dogs - L'Abbaiare degli Innocenti
Il thriller "alla Don Bluth" di Tony Fleecs e Trish Forstner
In realtà, la mia prima idea per il titolo di questa Lettura Seriale dedicata a Stray Dogs era "Anche i Cani finiscono all'Inferno", perché questo fumetto è uno di quei casi in cui la fantasia citazionista cinefila si scatena, ma mi rendo conto fosse un po' "cattivo", seppur dannatamente calzante, a dirla tutta e con sincerità.
Perché quella imbastita da Tony Fleecs e Trish Forstner è una storia che mischia il tono di un capolavoro animato del regista e animatore americano a quello, cupo, di un thriller alla Silence of the Lambs, anche se qui i protagonisti sono piuttosto degli adorabili cani.
Certo, l'illustrazione di copertina scelta da Saldapress per il suo brossurato, che raccoglie l'intera miniserie nominata agli Eisner, lascia pochi dubbi in proposito, ma ad ulteriore conferma c'è quella precisa indicazione nelle note biografiche della disegnatrice sull'aletta, che recita: "Adora l'animazione classica e, in particolare, è stata influenzata dai classici degli Anni Ottanta e Novanta". E basta una semplice sfogliata al volume, un semplice colpo d'occhio ai disegni della Forstner per capire quanto questo sia decisamente vero.
La nostra storia inizia con un flashback che, in modo semplice ed intuitivo, ci svela l'escamotage intorno a cui far ruotare tutto, quel dettaglio che dà il "la" alla trama: la memoria dei cani è a breve termine. Non odiano i loro padroni, li ricordano e ricordano i loro comandi, ma tutto il resto tende a svanire in poco tempo.
Eccoci così a passare a quella che sarà l'ambientazione principale, una casa isolata sul ciglio di una strada statale, un'abitazione come tante, circondata da un recinto, con la tipica cassetta postale sul vialetto d'ingresso, e al suo interno un vero e proprio campionario di razze canine che giocano, dormono e scrutano fuori dalla finestra, sinché non arriva il padrone, che vuol dire prima di tutto una cosa: cibo!
Stavolta, però, il padrone ha una sorpresa: una nuova piccola ospite di nome Sophie, una dolce ed impaurita cagnolina che non sa perché si trova lì e chi sono tutti quegli altri cani, sa solo che è terrorizzata. A rincuorarla, Rusty, quello che possiamo definire il leader del gruppo, che va a presentargli tutti gli altri e la prende sotto la sua zampa protettiva.
Victor, Gucci, i due Henry, Aldo, Roxanne, Killer, Imogene e Earl. Un nuovo gruppo di amici, che le fa fare il tour della casa, e che le spiega le regole. Dove si mangia, dove si può andare e dove no, seguendo un solo principio base: il padrone li ama e non li abbandonerà.
Nonostante la paura e la difficoltà, Sophie cerca di adattarsi alla nuova situazione, anche se qualcosa le dice che non è tutto a posto, che qualcosa non è come dovrebbe essere, che manca un tassello del puzzle. E sapete come funziona con la memoria e l'istinto, alle volte basta un non so che, come un odore familiare, a far scattare qualcosa. Magari una sciarpa, avvolta intorno a te dal padrone per farti sentire caldo, e che ti riporta alla mente la tua vera padroncina, e in particolare la notte in cui quell'uomo si è introdotto in casa vostra e qualcosa di terribile è accaduto... Sì, ma cosa?
Basta, il racconto deve necessariamente fermarsi qua, perché da adesso in poi è un continuo di avvenimenti, messi uno di fila all'altro come le tessere di un domino, che con pazienza porteranno non solo ad un risolutivo finale, ma soprattutto a stringervi il cuore in una morsa che vi terrà incollati alla lettura, avvinti come solo nei migliori titoli di genere.
Il tutto, per contrasto, mischiato alla dolcezza, alla semplicità e allo stupore di questi amici animali, che scopriranno che quella casa non è il rifugio che hanno sempre pensato, che il padrone è tutt'altro che una brava persona, e che le insidie possono nascondersi ovunque, anche all'interno di quella improvvisata famiglia.
Loro sono i protagonisti, loro sono gli unici veri attori sulla scena, gli umani vengono sempre mostrati, se non strettamente necessario, solo dal collo in giù: il punto di vista è sempre a livello del pavimento, il loro punto di vista di quattrozampe, e Anthony Fleecs lavora di fino sui dialoghi, per mostrarcene l'ideale candore, usando frasi dal linguaggio semplice, con pensieri mai davvero complessi, anche ingenui, perché un bastone per un cane è un tesoro, e tutti i concetti intorno a cui ruotano le loro consapevolezze hanno questo tenore.
È impossibile non essere istintivamente dalla loro parte, dalla parte di Sophie, della sua ricerca testarda di una risposta, di una prova che quei ricordi sono tali, che non devono svanire dalla sua testa e dimenticare così chi era o il volto della sua padroncina.
Ma è difficile, quando la tua stessa natura ti rema contro e hai solo l'istinto a sorreggere le tue convinzioni, mentre la certezza che gli umani possono essere gli animali più pericolosi si fa lentamente strada, andando a minare un sentimento puro come la fedeltà.
Fleecs dà spazio a tutti i personaggi, alle loro storie con accurati flashback, finendo per far provare quella certezza ad ognuno di loro, mentre gli indizi si affastellano, e diventa sempre più difficile tornare indietro, e continuare a giocare a palla come il giorno prima.
Non mancano tensioni e confronti, mentre la lettura si fa frenetica e il brivido e sì, anche la paura accada loro qualcosa fa venire una naturale pelle d'oca.
Sensazione rafforzata dal comparto artistico, perché la matita segue una precisa linea stilistica, tutto deve farvi pensare ad un Anche i Cani Vanno in Paradiso, Brisby e il segreto di NIMH, i Fievel oppure Balto o Alla Ricerca della Valle Incantata, a quel tipo di storia dolce, edificante, ma anche capace di farsi drammatica. Grandi memorie cinefile di bambini, di film che non erano Disney e proprio per questo avevano una personale marcia in più, che dimostravano il potere dell'animazione, anche se per noi erano solo cartoni animati belli da guardare, titoli che portano le firme di Don Bluth e la produzione di uno Steven Spielberg, vere e proprie colonne dell'animazione degli '80 e '90, esatto.
Solo che qui quel sentimento ritorna e si trasforma, si fa adulto, terrificante, da occhi fissi sulla pagina, sperando nel Lieto Fine ancora di più. Al punto che quando l'orrore fa capolino, il contrasto è talmente forte da vincere e convincere appieno.
Altrettanto fanno i colori di Brad Simpson, con una tavolozza mai invadente, tenue e delicata, che pare quasi di trovarsi davanti ad uno schermo a tubo catodico, gambe incrociate sul tappeto del salotto, a guardare proprio un vecchio cartone in VHS.
Salvo poi, quando la tensione e il colpo di scena lo richiedono, caricarsi di toni scuri, accesi, che non lasciano, istintivamente appunto, il minimo dubbio sulla realtà terribile della vicenda raccontata.
Ne risulta così un titolo vincente, di quelli destinati a rimanere nella memoria come Cult, e non a breve termine beninteso, perfetto per le Letture Seriali e il loro scopo primigenio, parlarvi di quei titoli dove si respirano fotogrammi oltre le vignette, e Stray Dogs guarda così tanto al cinema da non stupire, alla notizia che Hollywood ne ha già opzionato i diritti.
Nella speranza di un adattamento ovviamente animato, niente live action, grazie.
Un successo e una poetica, quella di un candido orrore, di una innocenza che si scontra con la perfidia del mondo, che non sono passati inosservati ai suoi stessi autori, che hanno capito di poter formare un vincente "branco" artistico e lavorare ancora insieme.
Dopo Stray Dogs infatti, sono ritornati a trovare questi quattrozampe in Dog Days, una piccola antologia che punta ancora una volta i riflettori su ognuno di loro, dando piccole risposte e anche qualche risoluzione alle loro storie (in arrivo nel prossimo futuro nel catalogo dei Saldatori, prevedo facilmente).
Per poi puntare verso altri piccoli amici, quelli felini stavolta, con Feral, regular ancora in corso negli States, sempre per Image Comics, dove il panorama si fa più ampio e terribile persino.
Ma ne riparleremo a tempo debito, tranquilli... non me ne dimenticherò!