Vera Bushwack o l’elogio della solitudine
La coraggiosa e intensa storia, ambientata nei boschi del Canada, di un cuore selvaggio che desidera vivere nella natura
Il primo ambizioso fumetto di Sig Burwash (they/them) è un racconto emozionante, costruito sulla ricerca della propria identità, la gioia di vivere all’aria aperta e il dolore per traumi mai elaborati.
Nei boschi della Nova Scotia, in Canada, Drew, una persona non binaria, dedica anima e corpo al suo sogno: costruire una baita per vivere a contatto con la natura, insieme all’amata cagnolina Pony. Prima con l’aiuto di Spoons (un ragazzo che sembra avere doppi fini), poi da solə, Drew impara a usare la motosega. Alcune pagine del fumetto hanno l’aspetto di un manuale per abbattere gli alberi e per la manutenzione degli strumenti da lavoro: ma in realtà questo espediente permette a Sig Burwash di mostrare le proprie posizioni sul concetto di mascolinità e su ciò che viene generalmente considerato un lavoro “da uomini”. Tutte le persone che incontra sembrano avere un’opinione sulle sue scelte, e si chiedono se Drew non stia scappando da qualcosa: la decisione di vivere nei boschi, in completa solitudine, sembra incomprensibile.
Quando si ritrova a tagliare gli alberi senza l’aiuto di Spoons, Drew sprofonda in un momento di grande sconforto. Ha dei ripensamenti: è davvero in grado di costruire una baita e vivere in totale solitudine? Lo smarrimento è così grande che rischia di ricadere in vecchi schemi, come rispondere alla chiamata di un viscido ex professore. Ma grazie alla sua amica Ronnie e alla sua forza di volontà, torna a concentrarsi sui suoi obiettivi, senza dimenticare chi è e cosa vuole. Perché è questa la fatica più grande: tenere a mente chi siamo, malgrado le difficoltà della vita.
In Vera Bushwack troviamo profonde rivelazioni sull’amicizia: Drew ha uno splendido rapporto Ronnie e con Pony, l’aiutano a restare salda, a non lasciarsi abbattere. Vale la pena leggere questo fumetto anche solo per il rapporto tra Drew e Pony: i momenti di dolcezza, l’affetto incondizionato e le varie avventure renderanno inevitabile empatizzare con questa coppia in ogni scena.
Un altro argomento cardine è quello delle violenze sessuali, e Burwash riesce ad affrontare in maniera delicata questo tema, senza però farlo in modo consolatorio. Drew, a un certo punto, dice: “Quando vieni abusata… stuprata, molestata… di continuo, cominci a pensare di meritartelo”. Mettendo in luce il ruolo della violenza e della misoginia nella società, la narrazione fa emergere l’importanza del sostegno reciproco, dell’emancipazione e dell’espressione della propria identità.
In alcune tavole si notano le linee della matita non inchiostrate, come a dare l’impressione della mobilità: mentre in alcuni disegni l’aspetto complessivo è molto preciso (l’auto, la baita, le persone), le fantasie di Drew hanno dei tratti meno rigorosi e le distese di alberi sono rese con segni veloci e imprecisi. Anche il linguaggio visivo è molto interessante: le tavole hanno un aspetto dinamico, le azioni dei personaggi spesso sono rese con soluzioni che ricordano quelle di Gianni De Luca, in cui i movimenti dei personaggi si susseguono in un’unica tavola, mentre le pagine divise in nove sezioni ricordano le minuziose gabbie di Hugo Pratt.
Tutto in questo fumetto ha una vitalità tale da coinvolgere lə lettorə nella storia e nell’impresa della costruzione della baita: la costruzione di una casa per Drew, ma anche la costruzione della sua casa metaforica, la costruzione della sua identità e delle sue fondamenta, quindi il suo modo di stare al mondo e di trovare il proprio spazio sicuro. E come scrive Sig Burwash alla fine del volume: “Questo libro è per tutte le anime coraggiose in cerca di una gender euphoria, siete i miei eroi”.
Il primo ambizioso fumetto di Sig Burwash (they/them) è un racconto emozionante, costruito sulla ricerca della propria identità, la gioia di vivere all’aria aperta e il dolore per traumi mai elaborati.
Nei boschi della Nova Scotia, in Canada, Drew, una persona non binaria, dedica anima e corpo al suo sogno: costruire una baita per vivere a contatto con la natura, insieme all’amata cagnolina Pony. Prima con l’aiuto di Spoons (un ragazzo che sembra avere doppi fini), poi da solə, Drew impara a usare la motosega. Alcune pagine del fumetto hanno l’aspetto di un manuale per abbattere gli alberi e per la manutenzione degli strumenti da lavoro: ma in realtà questo espediente permette a Sig Burwash di mostrare le proprie posizioni sul concetto di mascolinità e su ciò che viene generalmente considerato un lavoro “da uomini”. Tutte le persone che incontra sembrano avere un’opinione sulle sue scelte, e si chiedono se Drew non stia scappando da qualcosa: la decisione di vivere nei boschi, in completa solitudine, sembra incomprensibile.
“Perché tutti scambiano la mia indipendenza per instabilità invece che per forza!”Nessunə riesce a capire questo forte desiderio di indipendenza. Chi legge, invece, viene trascinatə nell’atmosfera liberatoria della natura indomita: può assistere da vicino ai teneri momenti tra Drew e Pony, alle loro scorribande, alla potenza del corpo in azione e per questo può comprendere della scelta di vivere nei boschi. Quando Drew impugna la motosega o è alla guida della sua moto da cross (a cui ha dato il nome di Vera) le griglie si aprono, si perdono i contorni delle vignette e l’azione viene raccontata con l’espediente della splash page: ritroviamo Drew che indossa abiti da cowboy e cavalca un cavallo. In queste fantasie, il monster truck, i cavalli, la nudità sono simboli di totale libertà: queste trasformazioni diventano emblema della liberazione del corpo, della sua forza e della sfida ai ruoli di genere.
Quando si ritrova a tagliare gli alberi senza l’aiuto di Spoons, Drew sprofonda in un momento di grande sconforto. Ha dei ripensamenti: è davvero in grado di costruire una baita e vivere in totale solitudine? Lo smarrimento è così grande che rischia di ricadere in vecchi schemi, come rispondere alla chiamata di un viscido ex professore. Ma grazie alla sua amica Ronnie e alla sua forza di volontà, torna a concentrarsi sui suoi obiettivi, senza dimenticare chi è e cosa vuole. Perché è questa la fatica più grande: tenere a mente chi siamo, malgrado le difficoltà della vita.
In Vera Bushwack troviamo profonde rivelazioni sull’amicizia: Drew ha uno splendido rapporto Ronnie e con Pony, l’aiutano a restare salda, a non lasciarsi abbattere. Vale la pena leggere questo fumetto anche solo per il rapporto tra Drew e Pony: i momenti di dolcezza, l’affetto incondizionato e le varie avventure renderanno inevitabile empatizzare con questa coppia in ogni scena.
Un altro argomento cardine è quello delle violenze sessuali, e Burwash riesce ad affrontare in maniera delicata questo tema, senza però farlo in modo consolatorio. Drew, a un certo punto, dice: “Quando vieni abusata… stuprata, molestata… di continuo, cominci a pensare di meritartelo”. Mettendo in luce il ruolo della violenza e della misoginia nella società, la narrazione fa emergere l’importanza del sostegno reciproco, dell’emancipazione e dell’espressione della propria identità.
“Non volevo sentirmi limitata dal mio genere, volevo essere solo Drew”.
In alcune tavole si notano le linee della matita non inchiostrate, come a dare l’impressione della mobilità: mentre in alcuni disegni l’aspetto complessivo è molto preciso (l’auto, la baita, le persone), le fantasie di Drew hanno dei tratti meno rigorosi e le distese di alberi sono rese con segni veloci e imprecisi. Anche il linguaggio visivo è molto interessante: le tavole hanno un aspetto dinamico, le azioni dei personaggi spesso sono rese con soluzioni che ricordano quelle di Gianni De Luca, in cui i movimenti dei personaggi si susseguono in un’unica tavola, mentre le pagine divise in nove sezioni ricordano le minuziose gabbie di Hugo Pratt.
L’opera di Sig Burwash ha chiaramente un valore artistico, una ricercatezza espressiva e comunicativa che riesce a emozionare il lettore attraverso le immagini, dosando le parole e i dettagli per non appesantire la pagina. Le tavole si presentano con pochi colori: arancio e nero per le fantasie di Vera, viola e grigio nei momenti più riflessivi, altre volte, invece, troviamo pannelli monocromi. Nelle pagine dedicate alla masturbazione assistiamo all’esplosione del rosso e delle sue varietà, mentre l’epilogo si conclude con un rassicurante rosa.
Tutto in questo fumetto ha una vitalità tale da coinvolgere lə lettorə nella storia e nell’impresa della costruzione della baita: la costruzione di una casa per Drew, ma anche la costruzione della sua casa metaforica, la costruzione della sua identità e delle sue fondamenta, quindi il suo modo di stare al mondo e di trovare il proprio spazio sicuro. E come scrive Sig Burwash alla fine del volume: “Questo libro è per tutte le anime coraggiose in cerca di una gender euphoria, siete i miei eroi”.
Raffaella Migliaccio