Fieser Wixer: un piccolo trattato sul superamento del trauma

Armin Barducci ritorna su uno dei protagonisti del suo Misantromorfina in una storia sui traumi, pubblicata nella collana Gatti Sciolti di Eris

Trauma. Qualcosa che lascia un danno, che segna, sia in modo fisico che mentale. Il trauma è parte di ciò che siamo. Che lo vogliamo o meno siamo fatti anche di quello che ci succede, o meglio, siamo fatti di quello che abbiamo passato, delle nostre storie, ma soprattutto di come le abbiamo affrontate, di quanto ci siamo lasciati cambiare dai fatti e da quanto ci siamo saputi adattare nei confronti del reale, del mondo che ci viene incontro con i suoi avvenimenti incontrollabili.

Possiamo accettare l’accaduto o rifiutarlo, nasconderci, e in quel nasconderci, probabilmente, perdere noi stessi. Ecco che la nostra difesa diviene nostra nemica, ciò che ci porta all’autoannullamento e fa diventare il trauma una ferita in suppurazione, qualcosa di cronico e inguaribile.

Fieser Wixer di Armin Barducci, edito da Eris Edizioni nella collana Gatti Sciolti, racconta la storia di Fieser, che poco tempo prima dell’inizio della nostra storia ha subito un pestaggio, è stato legato ad una sedia, in uno sgabuzzino, e il suo corpo è stato frollato di colpi. Fieser Wixer racconta la storia di questo ragazzo e del suo trauma. 

Il fumetto, sia per durata che per svolgimento, è estremamente semplice, e questo non è necessariamente un difetto, anzi. L’opera parla con semplicità e in questa semplicità nasconde volutamente molti non detti. Il personaggio di Fieser è personaggio due volte, oltre che del fumetto che abita, anche del suo quartiere, dove le persone che lo vedono, che interagiscono con lui, lo descrivono, se lo raccontano, per ciò che gli è successo.

Fieser diventa il suo accaduto recente, che cancella tutto ciò che è stato prima di quel momento: divenendo “quello del pestaggio” egli non è altro che il suo trauma, costretto a riviverlo ogni qual volta incontra qualcuno. Gli altri, allora, diventano parte di quel trauma, facendo sprofondare ancora di più Fieser nel suo stesso annichilimento, che egli esprime con la sua volgarità e antisocialità.

Lo stile di disegno messo in campo da Armin Barducci è estremamente grezzo e allo stesso tempo influenzato dal cartooning americano di matrice moderna, e dal fumetto indipendente italiano proprio delle fanzine e del fumetto autoprodotto. Il suo tratto underground è giusto per la sua penna, i suoi dialoghi sboccati e dal suono realistico, a tratti possono suonare forzati (ma sembra essere una forzatura pienamente pensata) e si adattano perfettamente a un disegno caratterizzato da spesse outline digitali. 

Alla fine Fieser Wixer è un fumetto che non vuole far altro che raccontare la sua storia, ponendo il focus non solo sulla vita di un personaggio, ma anzitutto sulla discrasia che ognuno di noi vive fra la sua persona e la visione, il ruolo, che gli altri assegnano a essa. La maschera è il simbolo di questo fumetto, una storia che nello svolgersi si aggrappa al ricordo, all’identità perduta e da ritrovare. 

Siamo tutti un po' Fieser, ognuno di noi ha qualcosa da nascondere, da repellere e allontanare, anche con forza, a volte anche con violenza, un moto guidato dalle nostre paure e che ci conduce lontano da tutto, e lontani da noi stessi. 

Alessio Fasano

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