Essentials: Grendel di Matt Wagner
Per quanto sarebbe bello che tutte le scelte del mondo fossero divisibili secondo un sistema binario, rendendo quindi ogni singolo dilemma morale tutto sommato più semplice, così purtroppo non è. Quindi, nella grande lotta fra il bene e il male, ai lati del ring ci sono due combattenti pronti a fare la loro mossa quando meno ce l'aspettiamo, ovvero le domande “Che cos'è il bene?” e “Che cos'è il male?”.
Nella narrazione del fumetto americano mainstream, per anni la distinzione era
piuttosto netta: il bene era il tipo in pigiama che sorrideva e voleva salvare
il mondo, mentre il male era il tipo in pigiama che faceva la faccia
corrucciata ed il mondo lo voleva far saltare per aria.
Ma poi le carte in tavola sono cambiate un attimo, e con le carte in tavola
intendo la vita della gente: le mode, i costumi e tutto quel bellissimo aspetto
sociologico che è poi la vera base fondante della critica fumettistica, molto
prima di parlare di che cosa sia un disegno. E sì, sono serissimo.
Detto ciò, dall'alba dei tempi il male, l'antagonista, il cattivo di una storia aveva bisogno di qualcosa di più, doveva essere come minimo intrigante, avere un qualcosa a cui potersi aggrappare, avere qualche aspetto che potesse prendere chiunque fruisse della storia e fargli dire: “Aspetta un secondo. Forse quello che dice ha senso”.
Sarà forse la seconda cosa più pleonastica che leggerete in queste righe, ma tutti i grandi cattivi della storia hanno quel certo non so che dietro di loro, sono emarginati, non capiti, sono, spesso e volentieri, più come noi dei buoni. Perché, andiamo, Superman si alza dal letto ogni mattina e dice “Oggi sarò buono”? Anche quando qualcuno ti fa uno sgarro? Non è umano. Non è possibile. Pare quasi un fumetto.
Perciò anche nei fumetti si è provato sempre di più a dare ai cattivi più attenzione, partendo dal dargli dei costumi molto più ganzi di quelli dei buoni ed arrivando a dargli tutta una caterva di serie regolari o miniserie meteoriche, che purtroppo non raggiungevano quasi mai gli onori della cronaca, perché sopra il fascino ci sono le regole della storia che dicono che alla fine il cattivo perde, e vogliamo forse leggere solo storie di qualcuno che perde?
Questo però non fermerà Matt Wagner, che lancerà in un antologico per la casa editrice Comico una serie chiamata Grendel, che vedeva come protagonista per l'appunto un supercriminale, tale Hunter Rose, genio miliardario playboy filantropo che la sera combatte lupi mannari a colpi di lancia.
La serie avrà un buon riscontro di pubblico, tanto che la Comico deciderà di dare a Wagner un albo tutto suo... che sarà chiuso dopo soli tre numeri per problemi interni alla casa editrice!
L'autore non si arrenderà, e rilancerà le avventure di Grendel come backup della sua seconda serie Comico, Mage, e piano piano darà vita ad un impero che andrà oltre le stelle.
Perché certo, bello questo Hunter Rose, interessante il suo essere un poco parodia di certi eroi, un poco omaggio al fumetto europeo e alla sua esplorazione dei personaggi “negativi”, peccato che Hunter Rose dopo alcuni numeri muoia, nell'ultimo scontro con il suo arcinemico, il lupo mannaro Argent.
E quindi? Che si fa adesso? Semplice, si cambia protagonista, e Grendel dall'essere un seducente scrittore miliardario diventa una madre di famiglia, un uomo disperato, un ribelle eretico, un conquistatore del futuro, un robot guerriero, senza mai perdere di vista che forse dietro quella maschera c'era davvero un diavolo.
Attraverso tutta una serie lunga e complessa di stratagemmi, che vanno da una lunga serie regolare (sempre targata Comico), ad una serie di storie one-shot disegnate da una squadra di alcuni dei più grandi disegnatori della storia dei comics, illustrata usando solo tre colori (bianco, nero e rosso sangue), ai romanzi, ai crossover con altri grandi personaggi dei fumetti, Matt Wagner riesce piano piano non solo a far evolvere tutta la sua serie andando oltre l'essere una storia di supercattivi, ma anche a farla trascendere, facendola diventare la sua forma finale: un trattato a fumetti sulle varie forme della violenza.
E Matt Wagner fa tutto questo evolvendosi sia come persona che come narratore, riuscendo a dare sempre più corpo a questa creatura oscura che è il Grendel, un personaggio la cui maschera è davvero troppo stretta per appartenere ad una sola persona.
Hunter Rose inizia il suo turno da demonio come un ragazzo arrogante che, oltre a essere migliore degli altri esseri umani, crede che il suo destino sia dominarli, e finisce ogni volta che viene riscritto e reintrodotto nel mythos del personaggio nell'essere sempre più ridicolo nelle sue convinzioni, sempre più meschino, sempre meno un protagonista carismatico, e sempre di più un personaggio che si ama odiare.
Christine Spar, seconda Grendel, è forse la protagonista delle avventure più classiche della saga, una madre a cui viene rapito il figlio che deve fare un patto col diavolo per salvarlo, solo che il diavolo alla fine era lei stessa, in una serie piena di misteri e traumi a catena che risulta però essere alla fine di tutto l'arco di Grendel più completo in assoluto, quello che preso nel vuoto riesce a reggersi meglio solo sulle sue gambe.
Brian Li Sung è il Grendel lisergico, il Grendel folle che si perde dentro se stesso e dentro la maschera, e per cui la seduzione del male non è il dolce canto di una sirena ma l'urlo angosciante di un'anima in pena.
Eppy Thatcher e Orion Assante sono due modi diversi di affrontare lo stesso problema. Se Eppy è il lavoratore sfruttato che vuole distruggere il sistema con la violenza, Orion è l'aristocratico a cui il potere toglie tutto quello che ama e lo porta a voler distruggere il sistema... con le banane (giuro), per poterne poi prendere il controllo.
E Grendel-Prime, ibrido uomo macchina, summa di tutto quello che dovrebbe essere Grendel... beh, la sua storia non è ancora finita mentre scrivo questo pezzo, ma è sicuramente il diavolo che ha più raffinato la sua arte, ovvero fare a pezzi chiunque lo incontri.
Tutta una serie di pedine, tutta una serie di personaggi che di nuovo contano molto meno rispetto ai veri protagonisti della storia, che sono tutti i temi sociali che Wagner e la sua folta schiera di collaboratori trattano con un mix di rara crudezza e pura follia, creando un'alchimia che rispecchia molto meglio la realtà di tante altre opere coeve e successive più blasonate.
Perché la vera eredità di Hunter Rose non è certo la sua maschera, non è certo il suo nome, è l'influenza che ha sul mondo attorno a sé. Quella maschera, quel simbolo, attira le folle. Più la gente parla del Grendel, di questa creatura oscura che altro non faceva che lottare per il suo posto al sole, più il Grendel diventa forte, e cambia faccia. E per molti la violenza che porta il diavolo, non è più un qualcosa di spaventoso, non è più qualcosa di ributtante, è una parte integrante di cosa siamo come esseri umani, e diventa una religione. Una religione che prende e divide il mondo, lo spacca, lo frantuma, e lo ricostruisce a sua immagine così tante volte che si perde del tutto non solo il primo senso di lettura del fumetto, ma anche il secondo, il terzo e il quarto.
Si inizia a leggere Grendel che si è qualcosa, e si finisce per essere qualcos'altro. Che può essere un bene od un male: per quanto io sia follemente innamorato di questa serie, è vero che ci troviamo davanti ad un qualcosa che non sempre riesce a colpire dove vuole colpire, e a tratti risulta quasi confuso più che geniale.
Perché la saga di Wagner e soci è una danza sottile fra il voler rompere ogni schema possibile, ed avere il giusto talento per farlo, con albi verbossimi che sembrano più libri illustrati che fumetti, libri illustrati venduti come fumetti, e remix continui di vecchie storie che alla lunga lasciano il lettore stranito, e senza una vera direzione.
Parte della grande, grandissima bellezza di Grendel è proprio il suo essere un fumetto totalmente indipendente, un fumetto che sta solo alle regole del suo creatore, e che quindi può permettersi di sperimentare, di rompere, di creare nuove vie, portandosi però dietro il rischio di fallire, perché sappiamo tutti che “nuovo” non significa sempre “migliore”.
Detto ciò, l'autore ci è venuto in aiuto, e nelle ultime ristampe del personaggio, edite da Dark Horse dopo il fallimento della Comico, si è occupato di mettere le storie nell'ordine giusto, quello da lui pensato per essere il modo migliore di fruire la saga, gesto che personalmente ho apprezzato moltissimo.
E ora dopo aver fatto questa piccola chiosa dove trovo il pelo nell'uovo di una saga lunghissima che è riuscita a restare sempre solidissima sebbene ne abbia viste di ogni sia al suo interno che al suo esterno, potrei perdere ore ed ore a parlare di ogni singolo artista che si è approcciato al personaggio, e ho dibattuto a lungo se farlo o meno, e sono giunto alla conclusione che forse per un rubrica che si chiama Essentials sia più interessante parlare degli artisti che più sono riusciti a prendere il diavolo per le corna e ad incatenarne l'essenza, spero non me ne vogliate, e non me ne vogliano tutti i grandi professionisti che hanno lavorato alla serie.
Ovviamente, iniziamo con Matt Wagner, la cui evoluzione dai primi schizzi della Comico agli ultimi numeri di varie miniserie uscite negli ultimi anni sembrano il salto dalla trilobite ad un superuomo. Wagner ha un senso dalla gravitas, della composizione della tavola fuori scala, riesce a dare vita a personaggi solidissimi, pesanti nei loro movimenti eppure aggraziati nel loro turbine continuo di violenza brutale, riuscendo anche a fare esperimenti che vanno dal semplice ma efficace al folle ma devastante. Citiamo un passaggio nella mini Behold the Devil dove vediamo una serie di doppie splash page seguire una traccia di sangue che diventa sempre più grande, sempre più disgustosa, sempre più grottesca, per culminare poi in una pagina doppia che ci mostra Grendel Tronfio dell'aver dato vita ad una carneficina, con tutta una serie di cadaveri alle spalle.
In Red, White and Black possiamo ammirare Jill Thompson, che utilizza uno stile terribilmente morbido, da libro per l'infanzia che racconta con un'estrema dissonanza cognitiva una delle parentesi più crude della vita di Grendel, con una pagina finale da strapparsi il cuore.
Tim Sale ha prestato la sua matita alla causa del diavolo moltissime volte, ed ogni volta si è dimostrato un titano fra i giganti.
John K. Snyder III ha illustrato la mia seconda storia preferita di Grendel di sempre, e il suo uso delle ombre e delle prospettive distorte ha lasciato un segno nel mo cuore.
Jay Geldhof ha invece disegnato la mia vignetta preferita della serie tutta, e
non potevo non citarlo.
E per finire, Patrick Mceown, con il suo tratto che oscilla fra il fino ed il
fitto con una facilità impressionante, è riuscito a dare una personalità
completamente diversa ad una delle avventure più particolari della saga intera.
E quindi sì. È complesso parlare di Grendel, è complesso parlarne perchè dentro queste pagine c'è molto di più della somma di quello che c'è scritto e disegnato (e parliamo comunque di centinaia di pagine, non di due robette), eppure continuo a credere che ne valga la pena.
Non solo per il coraggio e la tenacia di Wagner di creare costruire un'impalcatura così complessa per un fumetto americano indipendente, ma anche per essere uno degli esperimenti più interessanti del mondo dei comics tutti.
Non ci sono molto fumetti come Grendel sugli scaffali, azzarderei a dire che non ce n'è nessuno. Perché, di nuovo, ho iniziato questo articolo dicendo che nelle storie i cattivi perdono, che sono le regole del gioco, eppure ad almeno una persona che sta leggendo questo articolo sarà venuta in mente una storia dove il cattivo vince. Della serie, abbiamo sotto casa quasi mille numeri di un fumetto di un ladro internazionale vestito di nero che vince quasi sempre, e per quanto il nostro re del terrore Diabolik sia un trendsetter non è certo l'unico.
La vera regola è che non si vuole il cambiamento, ma solo l'illusione dello stesso. Perché la routine, la ripetizione, la sicurezza che qualcosa finirà come ce lo aspettiamo, sotto sotto, è uno dei più grandi conforti che possiamo immaginare. E a questa regola Matt Wagner ha detto no, non ci sto. E così ha fatto, e ha tessuto per più di quarant'anni una tela di un qualcosa che avrebbe mandato in cortocircuito più di uno scrittore, e lo ha fatto con una maestria ed una grazia che hanno quasi del sovrannaturale, come se il diavolo stesso ci avesse messo lo zampino.
Matt Wagner dice, in una delle più belle storie del personaggio, che al buio crescono solo due cose: la paura e l'odio. Ecco, io scrivo di fumetti dal 2011 su internet, a fasi alterne diciamo, ma lo faccio, da sempre, al buio. Non chiedetemi il perché, non saprei dirvelo, e non sono qui per annoiarvi sulla differenza che c'è fra il buio della notte e quello della mattina. Sappiate solo che in questo momento sono al buio. E non ho paura, di mostrare tutto il mio amore per questo fumetto, definendolo una delle più grandi saghe della nona arte del 20esimo secolo.
E quando la leggerete, e quando ne verrete afferrati, e quando come la lancia del Grendel queste parole si faranno strada nella vostra mente e nel vostro cuore, io saprò che non sono solo, ad aver dato al demone quello che gli spetta.
Giovanni Campodonico