Lapis Blue - Aliena a me stessa

Un fumetto autoprodotto che lascia il segno, un horror fantascientifico sulla paura del cambiamento, la solitudine e la contrapposizione tra il sé e l’altro

Barbara Mazzi, laureata all’Accademia delle Belle Arti di Bologna nel 2022, è una fumettista freelance: ha collaborato con storie brevi a varie antologie per etichette indipendenti come Iron Circus Comics, Pink Clover Press e Attaccapanni Press, fa parte del collettivo artistico Gibin Press e ha partecipato alla ShortBox Comics Fair 2022 con Hourglass, la sua prima graphic novel, che uscirà anche negli USA per Silver Sprocket a marzo 2025.

È tornata alla ShortBox Comics Fair nel 2024 con il suo nuovo fumetto, Lapis Blue, autoproduzione vincitrice del Premio BettySelf 2024 come Miglior Fumetto Singolo e del Premio BICA (Belgioioso Indie Comics Award) 2024 come Miglior Storia a fumetti nella Categoria Cornacchie.

Lapis Blue è un horror fantascientifico ambientato nello spazio, in un mondo distopico che diventa un mezzo per parlare delle battaglie interiori della protagonista, Aina.

“Cosa c’è che non va in me? Sono tutti pronti ad andare avanti. Quindi perché? Perché io voglio restare…?”

Siamo a Dis-Tru, dove si sta concludendo il progetto di analisi del terreno alieno cui ha lavorato anche Aina, che si ritrova così con la possibilità di scegliere che cosa fare del suo futuro, per la prima volta dopo anni. Mentre le persone che la circondano sembrano entusiaste all’idea di andarsene, lei rimane paralizzata dalla paura del cambiamento. Lì ha creato una routine rassicurante, una ripetizione di gesti in cui perdersi per non doversi interrogare sulla propria identità. Finché farà sempre le stesse cose e penserà sempre le stesse cose nulla potrà andare male. Nella sua profonda solitudine, non riesce a farsi capire da chi le sta intorno ed è sopraffatta da una sensazione di incomunicabilità.

“Quando penso a quello che viene dopo, io non vedo…niente. È una tabula rasa. Un vuoto infinito, come lo spazio. E al centro di tutto ci sono io. Solo io, da sola. La stessa di adesso, che lavora nello stesso laboratorio. Che si ripete per sempre, senza cambiare mai.”

Aina scopre però di non essere del tutto sola: da qualche tempo infatti le sembra che la sua immagine riflessa (negli specchi, nelle foto) la stia osservando. Lei, che odia guardarsi, si accorge che il suo riflesso non ha difetti, è un’immagine perfetta. È una creatura aliena che può essere tutto quello che lei desidera, tutto quello che ha sempre sognato di essere. Può darle un nuovo significato, essere la sua versione migliore.

In quel momento di incertezza per il futuro, in cui davanti a lei c’è una tabula rasa, l’essere alieno nel riflesso contiene in sé tutte le possibilità, e gliele mostra.

Sono visioni umane, ma allora perché ad Aina non sembrano reali? Se Aina fosse il suo riflesso non si sentirebbe forse meno aliena nel mondo in cui vive? Chi è davvero l’aliena tra le due?


“Non devi sognare. Mi assomigli già così tanto che sembri quasi una copia.”

Nel racconto è volutamente lasciata ambigua la natura dell’alieno, proiezione di un malessere intimo e profondo. Un malessere difficile da comunicare a parole, che ha bisogno di essere reso visivamente.

I disegni di Barbara Mazzi, il cui stile molto caratteristico ha influenze orientali, sono estremamente suggestivi e arricchiscono la narrazione. Il tratto è morbido, con una consistenza che ricorda il pastello.

Per veicolare il senso di oppressione della protagonista e il suo bisogno di sicurezza, l’autrice sperimenta con la ripetizione anche all’interno dei layout.

La palette limitata (blu, nero, bianco) usa i colori in modo mirato. Il blu diventa il colore di una realtà superiore cui aspirare, ci mostra il divino. Il nero ci riporta all’umano, a un volto imperfetto ripetuto all’infinito.

“Ma che differenza fa? Ho questa vita ora. Da quel giorno…ho sempre avuto solo questa vita.”

Lapis Blue non ha un messaggio edificante, non viene in soccorso di chi legge, lascia molte domande e nessuna certezza.

Alla sofferenza non è sempre possibile sfuggire e la bravura di Mazzi sta nell’obbligarci a vedere la nostra in quella di un personaggio che abbiamo appena conosciuto. Sono 64 pagine da leggere e rileggere, forse perché alla fine anche noi, quando dobbiamo fare i conti con i nostri turbamenti, non abbiamo altra via d’uscita se non perderci nella ripetizione.

Il merito di questo fumetto è anche quello di scatenare una reazione in chi lo incontra, senza lasciare la possibilità di rimanere indifferenti. E questa è una cosa sempre più rara.

Non ci possiamo salvare, né da soli né insieme, ma fuori c’è uno spazio in cui le stelle stanno ferme con uno scopo. Alla fine non saremo forse né il nero né il blu, ma ci resta il bianco.

Lavinia Buffa


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